Concordati “con riserva” transfrontalieri: primi problemi applicativi
19 Aprile 2013
Affinché possano essere perseguiti, con le ulteriori e recenti modifiche apportate alla legge fallimentare italiana dal c.d. Decreto Sviluppo (F. LAMANNA, Il c.d. decreto sviluppo: primo commento sulle novità in materia concorsuale, in ilfallimentarista.it; Id. La legge fallimentare dopo il “Decreto sviluppo”, in Il civilista, Milano, 2012), gli scopi che il Legislatore si è prefisso, occorre verificare l'operatività dei nuovi istituti introdotti nei casi - tutt'altro che infrequenti - in cui la crisi dell'impresa si contraddistingua per la presenza di creditori e, in particolare, di beni dislocati in diversi Stati membri. In altre parole, va chiarito in che rapporto tali modifiche alla nostralegge fallimentare (rectius: i nuovi “procedimenti” che essa contempla) si pongono rispetto alladisciplina europea delle insolvenze transfrontaliere e quali regole sono destinate a trovare applicazione, qualora la domanda di concordato “con riserva” (o, se si preferisce, di “pre-concordato”) (P. Vella, Il controllo giudiziale sulla domanda di concordato preventivo “con riserva”, in Fall., 2013, 82. Di “domanda di concordato incompleta” parla laCircolare Assonime, n. 4, 7 febbraio 2013 ; cfr. anche Lamanna, E' corretto parlare di concordato in bianco o con riserva per una domanda proposta "al buio"? Non sarebbe meglio parlare di procedura meramente prenotativa?, in ilFallimentarista.it) exart. 161, comma 6, l . fall . sia proposta da un imprenditore con center of main interests (c.d. COMI) in Italia e beni dislocati in differenti Stati membri soggetti all'applicazione delRegolamento CE n. 1346/2000 (v. I. Queirolo, Le procedure d'insolvenza nella disciplina comunitaria. Modelli di riferimento e diritto interno, Torino, 2007, 130 ss. e spec. 131; G. Montella, Disposizioni transitorie e finali, in P. De Cesari e G. Montella, Le procedure di insolvenza nella nuova disciplina comunitaria, Milano, 2004, 263 ss.).
Di seguito, alcuni dei quesiti che traggono origine dalla fattispecie poc'anzi descritta.
Le ipotetiche risposte sembrano presupporre: da un lato, l'analisi del modello di “governo” delle insolvenze transfrontaliere accolto in ambito europeo con il Regolamento CE n. 1346/2000 , delle regole cardine cui è affidato il suo concreto funzionamento, nonché dei criteri di selezione delle procedure che rientrano nel suo alveo applicativo; dall'altro, l'analisi del nuovo istituto del concordato “con riserva” e del suo posizionamento rispetto alle altre procedure concorsuali (e non) contemplate dalla nostra legge fallimentare, al fine di verificare se esso debba essere considerato quale semplice modalità alternativa di accesso ad altre procedure già disciplinate (concordato preventivo o accordo di ristrutturazione dei debiti) o se, al contrario, ad esso possa essere in qualche modo riconosciuta natura autonoma, nell'ambito di un'ipotetica (e ancora tutta da verificare) categoria di “procedure concorsuali cautelari”.
Su questi aspetti si tenterà di svolgere alcune sintetiche riflessioni, nella piena consapevolezza della materiale impossibilità di fornire in questa sede una soddisfacente e adeguata giustificazione delle soluzioni proposte (rectius: accennate). A tal fine, si terrà conto della disciplina europea attualmente in vigore, segnalando ove possibile (e opportuno) il tenore delle modifiche proposte dalla Commissione Europea nel dicembre 2012, all'esito del procedimento di “revisione” del Regolamento CE n. 1346/2000 . Non verranno esaminate, invece, le ulteriori questioni derivanti dall'assenza nel Regolamento di disposizioni analoghe a quelle che nella nostra legge fallimentare rendono ininfluenti, ai fini del radicamento della competenza, i trasferimenti di sede avvenuti nell'anno antecedente all'esercizio dell'iniziativa ( 2, l . fall .;art. 161, comma 1, l . fall .).
Sul punto, ci si può limitare ad osservare che, anche in caso di concordato “con riserva” transfrontaliero, la collocazione del COMI dovrebbe essere vagliata tendo conto della situazione sussistente al momento in cui viene presentata la relativa istanza ( Corte di Giustizia CE, 17 gennaio 2006 , in causa C-1/04; Corte di giustizia CE, 20 ottobre 2011 , in causa C-396/09, Interedil, in ilFallimentarista.it, con commento di G. Montella, La Corte di Giustizia e il COMI: eppur (forse) si muove!). Il modello europeo di governo delle insolvenze transfrontaliere e i criteri di riparto della giurisdizione
Il Regolamento CE n. 1346/2000 ammette l'apertura di più procedure concorsuali nazionali a carico del debitore. Ruolo cruciale assumono, in quest'ottica, le norme cui è affidata la disciplina di tale “concorrenza” tra procedure, a partire da quelle (art. 3) che fissano i criteri di riparto della international jurisdiction e dalle quali discende la distinzione tra:
Così distribuita la giurisdizione tra i fori dell'Unione, la funzionalità del modello europeo di governo delle insolvenze transfrontaliere dovrebbe essere garantita dall'applicazione alla procedura concorsuale della legge dello Stato di apertura, dall'automatico riconoscimento della decisione di apertura e delle altre decisioni che da essa derivino, nonché dalla propagazione in ambito europeo degli effetti connessi alla procedura principale.
La regola generale sul conflitto di leggi è consacrata dalle disposizioni dell'art. 4. Questa norma - senza fare invero alcuna distinzione tra procedura principale e procedure locali - impone che si applichi “ alla procedura di insolvenza e ai suoi effetti la legge dello Stato membro nel cui territorio è aperta la procedura” (art. 4, par. 1). Vale a dire, quanto alla procedura principale, che la lex fori è destinata a spingersi oltre i confini dello Stato di apertura, determinando anche negli altri Stati dell'Unione gli effetti da essa previsti. Lo stesso art. 4 fornisce un elenco non esaustivo delle materie disciplinate dalla lex fori concursus (art. 4, par. 2), nel quale rientrano:
La regola della lex fori subisce un'eccezione rispetto a specifiche fattispecie (artt. 5-15) ( C. PUNZI, Le procedure d'insolvenza transfrontaliere nell'Unione Europea, in Riv. dir. proc., 2003, 1013 e 1024 ), per le quali l'individuazione della legge applicabile avviene in virtù di criteri di collegamento distinti rispetto a quello dello Stato di apertura. Ci ò avviene, ad esempio, in relazione ai diritti reali dei terzi (art. 5) o ai contratti di lavoro (art. 10).
Con specifico riferimento agli effetti della procedura principale rispetto alle azioni esecutive individuali intraprese dai creditori su beni collocati in Stati diversi da quello di apertura, la Corte di Giustizia ( Corte di Giustizia CE, 21 gennaio 2010 , in causa C-444/07, MG Probud Gdynia, in Fall., 2010, 911, con nota di I. Queirolo ) ha affermato che: “successivamente all'apertura di una procedura principale (…), le autorità di altro Stato membro - in cui non sia aperta alcuna procedura [locale] - non hanno il diritto di ordinare, sulla base della lex fori, provvedimenti esecutivi sui beni del debitore qualora i) non lo permetta la legislazione dello Stato di apertura e ii) non siano soddisfatti gli ulteriori presupposti indicati nello stesso Regolamento” (caso MG Probud Gdynia).
Ne consegue che, di regola, la procedura principale impone a tutti creditori (stranieri e non) - e rispetto a tutti i beni del debitore, ovunque collocati all'interno dell'Unione - lo stay previsto dalla legge dello Stato di apertura. (segue) Automatico riconoscimento della decisione di apertura, criterio di priorità e propagazione degli effetti
La circolazione in ambito europeo della decisione di apertura - da intendersi, “in relazione all'apertura di una procedura d'insolvenza o alla nomina di un curatore, [quale] decisione di qualsiasi giudice competente a aprire tale procedura o a nominare un curatore” (art. 2, lett. e) - e dei suoi effetti è affidata alle seguenti disposizioni.
L'art. 16, par. 1, fa sì che la procedura aperta per prima nello Stato in cui si ritiene sia individuabile il COMI, dovendo essere automaticamente riconosciuta in tutti gli altri Stati, divenga la sola procedura principale ammissibile nell'Unione. A ciò si aggiunga che, di regola, gli stessi effetti che la lex fori associa alla decisione di apertura della procedura principale si producono negli altri Stati membri, non appena diviene efficace nello Stato di apertura. L'apertura di una procedura principale in Italia, ad esempio, produrrà effetti - come lo spossessamento (totale o parziale) del debitore o il divieto di azioni esecutive individuali o cautelari imposto ai creditori - che si estendono automaticamente agli altri Stati, senza che siano richiesti un procedimento preventivo di delibazione, il passaggio in giudicato della decisione di apertura o l'espletamento di particolari adempimenti pubblicitari (v . M. Montanari , Fallimento e sentenza straniera di accertamento di un credito verso il fallito, in Fall., 2002, 653 ).
Prescindendo dall'analisi dei problemi segnalati dalla dottrina e insiti in un'applicazione troppo rigida del criterio di priorità temporale, si può osservare che il suo corretto funzionamento presuppone:
Ebbene, il primo va determinato in base alle previsioni della legge dello Stato di apertura.
Quanto alla seconda, invece, la Corte di Giustizia ha riconosciuto una decisione di apertura nella pronuncia con cui il giudice di uno Stato membro (Irlanda), prima del definitivo accoglimento dell'istanza di avvio di una procedura concorsuale elencata nell'Allegato A, aveva nominato un provisional liquidator dotato di poteri gestori “sostitutivi” rispetto a quelli degli amministratori della società debitrice ( v . I. Queirolo, L'insolvenza transnazionale, cit., 821 ); con la perdita dei poteri di gestione del debitore sul proprio patrimonio e con la nomina del provisional liquidator, dovrebbero ritenersi già verificate l e due conseguenze tipiche di una procedura d'insolvenza (nomina di un curatore previsto dall'Allegato C e spossessamento del debitore) e sussisterebbero tutti gli elementi identificativi delle procedure comprese nel campo di applicazione del Regolamento (art. 1) (Corte di Giustizia CE, 2 maggio 2006 , in causa C-341/04, cit. ).
Il che ci conduce al rapporto tra le disposizioni dell'art. 1, par. 1, e gli Allegati.
Va ancora osservato, però, che nel caso Eurofood il conflitto positivo di giurisdizione tra i giudici di due Stati membri (Italia e Irlanda) è stato risolto dando valore ad una decisione “provvisoria” o “cautelare” (nomina del provisional liquidator irlandese), adottata prima ancora che fosse accertata da parte del medesimo giudice la sussistenza di tutti i presupposti - compresa, a quanto pare, la propria giurisdizione ex art. 3 - per l'avvio della procedura concorsuale richiesta ( F.M. Mucciarelli, Società di capitali, trasferimento all'estero della sede sociale e arbitraggi normativi, Milano, 220; P. De Cesari e G. Montella, Insolvenza transfrontaliera, cit., 89 ss. ). Infine, la posizione assunta dalla Corte di Giustizia riecheggia nella proposta di modifica elaborata dalla Commissione Europea e, in particolare, nella nuova versione dell'art. 2 lett. d, secondo cui, configura una decisione di apertura “(i) the decision of any court to open insolvency proceedings or to confirm the opening of such proceedings, and (ii) the decision by a court appointing a provisional liquidator”.
L'art. 1, par.1, indica i requisiti che le procedure devono possedere affinché rientrino nel campo di applicazione del Regolamento, beneficiando in tal modo anche dell'automatico riconoscimento della decisione di apertura, oltre che della propagazione degli effetti connessi alla procedura principale. Gli Allegati, invece, contengono un elenco di tali procedure (Allegato A e Allegato B) e dei soggetti che in esse assumono la veste di curatore o liquidator (Allegato C).
Nel dettaglio, stando all'attuale formulazione dell'art. 1, par. 1, il Regolamento si applica alle procedure: (1) concorsuali; (2) fondate sull'insolvenza del debitore; (3) che comportino il suo spossessamento (parziale o totale); (4) oltre che la designazione di un curatore. La concreta verifica della sussistenza di tali presupposti risente (e va operata tenendo conto) delle peculiarità delle singole procedure concorsuali nazionali, giacché, sia per quanto concerne i presupposti oggettivi e soggettivi, sia per quanto concerne gli effetti tipici che esse determinano, il Regolamento non si sostituisce alle leggi fallimentari che le contemplano. Anche per questo motivo (forse), nell'intento di aggirare ostacoli di natura interpretativa che potrebbero sorgere nell'individuazione dei quattro requisiti applicativi, il Regolamento fornisce un dettagliato elenco di procedure soggette alla sua applicazione e di organi nominati in occasione della loro apertura.
Nel dettaglio, l'art. 2 precisa che:
( a ) per “Procedura di insolvenza”, si intendono le procedure di cui all'art. 1, par. 1, il cui elenco figura nell'Allegato A;
( b ) per “Curatore”, si intende qualsiasi persona o organo la cui funzione è di amministrare o liquidare i beni dei quali il debitore è spossessato o di sorvegliare la gestione dei suoi affari; l'elenco di tali persone e organi figura nell'Allegato C.
Le disposizioni poc'anzi richiamate hanno spinto gli interpreti a chiedersi se una procedura non compresa nell'Allegato A possa comunque rientrare nel campo di applicazione del Regolamento, qualora soddisfi le quattro condizioni poste dall'art. 1, par. 1 (P. De Cesari, Disposizioni generali, in Le procedure di insolvenza nella nuova disciplina comunitaria, cit. , 82 ). Il carattere tassativo delle elencazioni contenute negli Allegati, infatti, fa sì che solo le procedure ivi indicate ricadano nella sfera applicativa del Regolamento, con tutto ciò che ne consegue in ordine al (mancato) riconoscimento della decisione di apertura e alla (mancata) propagazione dello stay ai creditori.
Ebbene, la funzione dell'art. 1, par. 1, va di certo valutata anche in prospettiva, nel senso che le previsioni ivi contenute indicano i requisiti che devono essere soddisfatti affinché gli Allegati possano essere aggiornati con l'inserimento di nuove procedure, introdotte in ambito nazionale dopo l'entrata in vigore del Regolamento.
Resta il dubbio se in un determinato momento storico, in assenza (o in attesa) di formali integrazioni degli Allegati e pur senza svalutare il ruolo ad essi attribuito, possa ritenersi soddisfacente la soluzione che limita l'applicabilità del Regolamento alle sole procedure “elencate”. Se cos ì fosse, verrebbero sottratte alla disciplina europea - ovvero: al regime di automatico riconoscimento della decisione di apertura e di propagazione degli effetti - tutte le procedure nazionali introdotte ex novo, che, seppur conformi all'art. 1, par. 1, non “risultino” ancora negli Allegati.
Va detto, però, che la stessa Corte di Giustizia sembra aver optato per il carattere tassativo degli elenchi di procedure forniti dagli Allegati ( Corte di Giustizia CE, 21 gennaio 2010 , in causa C-444/07 ). Vi è di più che la Commissione Europea ha espressamente manifestato la volontà di non modificare il meccanismo in base al quale il campo di applicazione del Regolamento si identifica con le procedure “listed in Annex A”; sono gli Stati membri a dover richiedere l'inserimento di eventuali nuove procedure e la Commissione potrà valutare, in tal caso, “whether a national insolvency procedure notified actually fulfils the conditions of the revised definition. This will ensure that only proceedings which fit the rules of the Regulation are listed in the Annex”.
Ciononostante, non si può negare che questa soluzione resti insoddisfacente nella misura in cui determina - con l'esclusione di una procedura dal campo di applicazione del Regolamento per motivi meramente “formali” - la frustrazione degli obiettivi di politica legislativa perseguiti con l'introduzione di nuove procedure che siano in sintonia “sostanziale” con il Regolamento e con le policies ad esso sottese.
Occorre ora chiedersi se il concordato “con riserva” proposto dal debitore con COMI in Italia possa beneficiare della propagazione degli effetti protettivi ad esso associati dalla legge fallimentare italiana. Il rilievo pratico della questione è lampante, ove si consideri, per un verso, che tale procedimento può avere anche una durata di sei mesi; per l'altro, che in tale periodo le eventuali azioni individuali (cautelari o esecutive) su beni dislocati in altri Stati membri possono sensibilmente influenzare l'elaborazione della “proposta” di composizione della crisi d'impresa.
Sul punto, sembrano astrattamente prospettabili due ricostruzioni alternative del nuovo istituto introdotto con il c.d. Decreto Sviluppo, che dovranno, a loro volta, essere confrontate non solo con l'attuale formulazione del Regolamento, ma anche con le modifiche proposte dalla Commissione Europea.
Nella prima ricostruzione, il concordato “con riserva” potrebbe assumere la veste di semplice domanda “cautelare” o “anticipatoria”, sia rispetto all'apertura della procedura di concordato preventivo, sia rispetto all'alternativo ricorso di omologazione degli accordi di ristrutturazione dei debiti. Si avrebbe in tal modo una modalità nuova e differenziata per l'eventuale accesso a procedure già disciplinate, ed alla cui struttura il concordato “con riserva” sarebbe in qualche modo riconducibile.
Nella seconda ricostruzione, invece, il concordato “con riserva” potrebbe assumere esso stesso la veste di “procedura concorsuale cautelare”, pur sempre funzionale rispetto all'apertura (alternativa) di altre procedure, ma dotato di autonomi presupposti e connotati di “concorsualità”.
In entrambi i casi, la tutela “cautelare” (della domanda o dell'intera procedura) si manifesta rispetto alla posizione del debitore che da essa ottiene un beneficio diretto e immediato, piuttosto che nei confronti dei creditori che vedono momentaneamente anestetizzato il proprio diritto di azione. In entrambi i casi, a ben guardare, occorre verificare se e quando possano dirsi integrate le condizioni richieste dal Regolamento e dalla Corte di Giustizia per la configurazione di una decisione di apertura.
Il “nuovo” art. 161 l. fall . stabilisce che:
Ne consegue che la domanda di concordato “con riserva” è in qualche modo funzionale alla composizione della crisi (e alla soddisfazione dei creditori) attraverso una successiva procedura (concordato preventivo “tradizionale” o accordo di ristrutturazione dei debiti), sebbene siano astrattamente ipotizzabili, non solo la successiva dichiarazione di fallimento, ma anche il ritorno in bonis dell'imprenditore. Ad ogni modo, nell'ottica del Regolamento e della giurisprudenza della Corte di Giustizia poc'anzi richiamata, si potrebbe dire che essa assume carattere “cautelare” o “anticipatorio” rispetto alla (eventuale e) successiva apertura del concordato preventivo “tradizionale” o, in alternativa, rispetto all'omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti. Vale a dire, sia rispetto ad una procedura presente nell'Allegato A del Regolamento (concordato preventivo), sia rispetto ad una procedura al momento non inserita in tale elenco (accordo di ristrutturazione).
Per quanto concerne gli effetti nei confronti dei creditori e prescindendo dalle disposizioni dell' art. 169 l. fall ., alla domanda di concordato “con riserva” (rectius: al momento in cui essa diviene pubblica con l'iscrizione nel registro delle imprese) (P. Valensise, Gli accordi di ristrutturazione dei debiti nella legge fallimentare,Torino, 2012, 255), al pari della domanda di apertura del concordato “tradizionale”, è immediatamente associato l'automatic stay dei creditori: “dalla data della pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese e fino al momento in cui il decreto di omologazione del concordato preventivo diventa definitivo, i creditori per titolo o causa anteriore non possono, sotto pena di nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del debitore” ( art. 168, comma 1, l. fall .). Inoltre, i creditori non possono acquistare diritti di prelazione con efficacia rispetto ai creditori concorrenti, salvo che vi sia autorizzazione del giudice nei casi previsti dall' art. 167 l. fall ., e le ipoteche giudiziali iscritte nei novanta giorni che precedono la data l'iscrizione nel registro delle imprese sono inefficaci rispetto ai creditori anteriori ( art. 168, comma 3, l. fall .). (S. Ronco, Brevi note sul blocco delle misure esecutive e cautelari nel concordato preventivo: problemi esegetici e novità della riforma, in ilFallimentarista.it; nonché F. Rolfi, La generale intensificazione dell'automatic stay, ivi.) L'intento del nuovo istituto è evidentemente quello di consentire al debitore, nell'arco temporale che va dall'iscrizione del ricorso alla scadenza del termine concesso dal tribunale, di beneficiare “di un ombrello protettivo contro le aggressioni esecutive dei creditori, le azioni cautelari e l'iscrizione unilaterale di diritti di prelazione” (F. Lamanna, La problematica relazione tra pre-concordato e concordato con continuità aziendale alla luce delle speciali autorizzazioni del Tribunale, in ilFallimentarista.it).
Per quanto concerne gli effetti nei confronti del debitore, quest'ultimo, a partire dal deposito del ricorso e fino al decreto di ammissione exart. 163 l. fall ., conserva la possibilità di compiere gli atti di ordinaria amministrazione, analogamente a quanto previsto dall' art. 167, comma 1, l. fall . in caso di concordato “tradizionale”. Gli atti di straordinaria amministrazione, invece, risentono dello spossessamento parziale (o attenuato) (F. Lamanna, La problematica relazione, cit.) subito dal debitore, che potrà compierli solo a due condizioni:
Tanto dovrebbe consentire di affermare che nel concordato “con riserva”, ovvero dal deposito del relativo ricorso in cancelleria, il debitore è soggetto ad un partial divestment, cui corrisponde il potere di autorizzazione spettante al Tribunale nelle diverse (e significative) ipotesi previste. Il Tribunale, inoltre, può supervisionare lo svolgimento dell'attività e la fase “cautelare”, imponendo al debitore l'adempimento di precisi obblighi informativi ( art. 161, comma 8, l. fall .). In breve, l'organo della procedura in questa fase, e a fronte dello spossessamento attenuato del debitore, è il Tribunale.
A questo punto, se il concordato “con riserva” fosse ricondotto nell'alveo del concordato preventivo “tradizionale” e inquadrato semplicemente quale nuova modalità anticipata e distinta di accesso alla seconda procedura, nella prospettiva del Regolamento potrebbero dirsi già integrati i quattro requisiti dell'art. 1, par. 1. Vi è di più che il concordato preventivo compare tra le procedure “elencate” nell'Allegato A. Ciononostante, sembrerebbe sussistere comunque un problema di applicabilità della disciplina europea: pur essendo, infatti, evidentemente assegnata al Tribunale la funzione del liquidator - da intendere come qualsiasi persona o organo la cui funzione è di amministrare o liquidare i beni dei quali il debitore è spossessato o di sorvegliare la gestione dei suoi affari (art. 2, lett. b) - esso non figura nell'elenco di tali organi previsto dall'Allegato C; elenco cui la stessa Corte di Giustizia ha fatto esplicito riferimento nel caso Eurofood, al fine di individuare la decisione di apertura assunta per prima e di risolvere il conflitto di giurisdizione sorto tra giudici italiani e irlandesi. In altre parole, attribuendo carattere tassativo all'elencazione fornita dagli Allegati, bisognerebbe ammettere che, nonostante il partial divestment subito dal debitore e il corrispondente ruolo di liquidator assunto dal Tribunale nel concordato “con riserva”, difetta uno dei requisiti formali richiesti affinché possa configurarsi una decisione di apertura ai fini dell'art. 16, par. 1.
La mancata nomina di un liquidator elencato nell'Allegato C impedirebbe così la realizzazione delle policies sottese alla legge fallimentare riformata e, allo stesso tempo, impedirebbe al concordato “con riserva” transfrontaliero di beneficiare dell'estensione in ambito europeo dell'automatic stay imposto ai creditori. Il che, a ben guardare, appare in contrasto con quanto emerge dalla stessa proposta di modifica al Regolamento, nella quale il nuovo art. 1, par. 1, oltre ad estendere l'ambito di applicazione anche alle “interim proceedings”, menziona esplicitamente, sia le procedure nelle quali “the debtor is totally or partially divested of his assets and a liquidator is appointed”, sia le procedure in cui “the assets and affairs of the debtor are subject to control or supervision by a court”.
Pertanto, in questa prima ipotesi ricostruttiva del concordato “con riserva”, tenuto conto del carattere tassativo degli Allegati, il “dettaglio” che pare impedisca la propagazione in ambito europeo dell'automatic stay è rappresentato dalla mancata nomina di un liquidator espressamente contemplato. Dettaglio che, oltre a sembrare insufficiente a limitare gli obiettivi di politica legislativa perseguiti con le modifiche alla legge fallimentare , dovrebbe restare travolto dall'entrata in vigore della nuova versione del Regolamento proposta dalla Commissione Europea. Al contrario, potrebbe essere più fondata l'obiezione di chi rilevi che il concordato “con riserva” può anticipare non solo una procedura presente nell'Allegato A (concordato preventivo o fallimento), ma anche una procedura al momento non inserita in tale elenco (accordo di ristrutturazione), sicché mancherebbe un ulteriore presupposto individuato dalla Corte di Giustizia nel caso Eurofood, ovvero: la funzionalità del provvedimento “cautelare” o “anticipatorio” rispetto ad una procedura elencata. Ciò, prescindendo in questa sede dagli sviluppi del dibattito sugli accordi di ristrutturazione dei debiti e sulla possibilità di un loro futuro inserimento negli Allegati.
Se, invece, il concordato “con riserva” fosse idoneo ad assumere esso stesso la veste di “procedura concorsuale cautelare”, è rispetto a tale nuova procedura che andrebbe autonomamente verificata la sussistenza di tutti i requisiti richiesti dall'art. 1, par. 1 (concorsualità; insolvenza del debitore; spossessamento e nomina di un curatore), allo scopo di una sua autonoma inclusione nell'elenco di procedure fornito dall'Allegato A. In questo modo, peraltro, il concordato “con riserva” sarebbe svincolato dal riferimento ad altre procedure “elencate” o meno negli Allegati.
Non pare sussistano dubbi, in tal caso, sullo spossessamento (attenuato) del debitore e sulla presenza di un organo (il Tribunale) cui è affidato un ruolo (temporaneo) di supervisione, controllo e autorizzazione rispetto alla gestione dell'impresa.
Neppure sembra discutibile la necessaria sussistenza dei noti presupposti soggettivi e oggettivi per l'imprenditore che intenda proporre un ricorso di concordato “con riserva”. Cui va senz'altro aggiunta la giurisdizione del giudice italiano, ovvero la presenza in Italia del COMI del debitore.
Quanto alla concorsualità, infine, si potrebbe affermare che il concordato “con riserva” presenta caratteri, sia di universalità, investendo l'intero patrimonio del debitore, sia di generalità, coinvolgendo l'intera schiera dei suoi creditori (A. Nigro, La disciplina delle crisi patrimoniali delle imprese. Lineamenti generali, in Trattato Bessone, Torino, 2012, 146 ss.). L'aggettivo “cautelare” esprimerebbe l'attitudine di tale procedura “concorsuale” ad imprimere un vincolo di destinazione sul patrimonio del debitore - con conseguente subentro di un organo in posizione di controllo e supervisione - non immediatamente funzionale alla soddisfazione dei creditori o alla composizione della crisi d'impresa, bensì all'apertura di una successiva procedura (concorsuale o meno) a ciò devoluta, fallimento compreso.
Un importante appiglio in questo senso, anche al netto delle norme che attribuiscono natura prededucibile a diverse tipologie di crediti sorti in questa fase, potrebbe essere fornito dalle nuove disposizioni dell' art. 69- bis, comma 2, l. fall ., che cristallizzano la regola della consecuzione tra procedure, prendendo come possibile riferimento per il decorso a ritroso del “periodo sospetto” anche l'iscrizione del ricorso di concordato “con riserva” nel registro delle imprese. Del resto, la stessa modifica proposta al Regolamento include nel suo campo di applicazione le “interim proceedings”.
In entrambe le ipotesi ricostruttive, dando per scontato il carattere tassativo degli Allegati, sarebbe opportuno sollecitare l'inserimento delle opportune indicazioni nei relativi elenchi. In entrambe le ipotesi, inoltre, sembrerebbe possibile rintracciare una decisione di apertura nel decreto con cui il Tribunale assegna i termini previsti dall' art. 161, comma 6, l. fall ., momento a partire dal quale lo stesso Tribunale assume la veste di liquidator o supervisore. |