L’Enterprises bankruptcy law cinese: la “terza via” cinese per la risoluzione dei casi di insolvenza delle imprese

31 Gennaio 2013

i costi di procedura e i compensi dell'Administrator;i crediti dei lavoratori dipendentii crediti previdenziali che non siano già ricompresi nel punto 3 ed i crediti fiscali;tutti i rimanenti crediti.
Background storico

I fondamenti legislativi in materia sono - per il giurista occidentale - recentissimi.

Infatti, tralasciando l'esame della normativa precedente alla rivoluzione Maoista (La prima “Bankruptcy law” è stata emanata in Cina nel 1906, durante l'ultimo anno della dinastia Qing, ed è rimasta in vigore sino al 1911. Due ulteriori “Bankruptcy laws” furono emanate nel 1915 e, ancora, nel 1935, durante l'esperienza di governo della Repubblica di Cina, terminata nel 1949 con la fondazione della Repubblica Popolare Cinese ad opera del Partito Comunista

), il primo impianto normativo, in ambito fallimentare, è la “Law of the People's Republic of China on Enterprise Bankruptcy

del 2 dicembre 1986 (entrata in vigore nell'ottobre del 1988).

La legge, inizialmente applicabile unicamente alle “State owned enterprises”, le imprese a partecipazione statale (

SOEs

)

veniva, successivamente, affiancata dal codice di procedura civile cinese emanato nel 1991, il quale, al capitolo XIX, estendeva l'applicabilità delle procedure fallimentari regolate dalla “Bankruptcy Law” anche alle imprese private munite di personalità giuridica (espressamente escluse rimanevano le “nonlegal person enterprises”, le “individual businesses”, le “partnerships by private individuals”).

Entrambi i testi legislativi erano scarni e poco raffinati nella formulazione, anche a causa della inesperienza del Legislatore cinese il quale, da pochissimi anni e solo a seguito della "gaige kaifang" (la politica della riforma e apertura) inaugurata da Deng Xiao Ping nei primi anni Ottanta, aveva iniziato a cimentarsi nell'elaborazione di testi normativi che potessero rappresentare una (seppur minimale) “certezza” nel diritto per le imprese occidentali, i cui investimenti il governo cinese intendeva attirare nel Territorio.

La scarna e atecnica formulazione della Enterprises Bankruptcy Law del 1986 (48 articoli soltanto), unitamente alle otto disposizioni del capo XIX del Civil Procedure Code cinese, rendevano immediatamente evidente l'inadeguatezza della normativa emanata ad assicurare un'effettiva regolamentazione delle situazioni di insolvenza: il linguaggio dei testi normativi era generico e spesso ambiguo, uno spazio insufficiente era destinato alla trattazione di alcune delle procedure di insolvenza, non era chiaramente specificato alcun ordine di graduazione dei creditori ammessi al passivo, non era ben delineata la modalità di accesso alla procedura per le nonSOEs (le “non state owned enterprises”).

Per ovviare alle lacune legislative, la Supreme People's Court ha emanato, a partire dal 1991, una serie di “opinions” ad interpretazione autentica delle leggi citate. La prima di queste, del 1991, contava ben 76 articoli (quasi il doppio della legge stessa) e si poneva come scopo quello di chiarire aspetti ambigui non trattati dalla legge, ad esempio la questione dei crediti privilegiati dei lavoratori o l'applicabilità alle nonSOEs delle medesime norme operative già previste per le SOEs.

Per completare il quadro, si devono citare anche alcune norme inserite organicamente nella “Company Law” del 1986 e nella “Liquidation Procedures of Foreign Investment Enterprises” relativamente ai casi in cui una procedura liquidatoria si dovesse convertire in Fallimento.

La frammentarietà della legislazione in materia fallimentare era acuita da un'ulteriore '”anomalia” tipica del sistema normativo cinese, nel quale convivono (spesso sovrapponendosi con la disciplina statale) speciali regolamentazioni locali emanate dalle singole Provincie o dalle Municipalità.

In materia, a titolo esemplificativo, si può citare la normativa fallimentare emanata dal Guangdong Provincial People's Congress nell'agosto del 1993 oppure la Shenzhen SEZ Enterprise Bankruptcy Regulations del novembre 1993 che prevedevano discipline specifiche per le proprie “locali” procedure di insolvenza.

Le carenze e la disorganicità dei testi normativi e delle opinions hanno determinato una scarsissima pratica processuale, tanto che, dal 1989 al 1993, le Corti cinesi hanno ritenuto ammissibili solo 1.383 procedimenti, una cifra irrisoria a confronto con il numero stimato di imprese cinesi esistenti all'epoca (superiore agli 8 milioni di entità e di cui, si ritiene, almeno la metà, allora, in “perdita”) (

X. Zhang and C. Booth, Beijing's Initiative on Cross-Border Insolvency: Reflections on a Recent Visit of Hong Kong Professionals to Beijing, 10 American Bankruptcy Institute Law Review, at 29-39, 2002

).

Bankruptcy cases nella Repubblica Popolare Cinese, periodo 1989-2008 (Beijing Siyuan Merger and Bankruptcy Consultancy

, Database of Bankruptcy

)

La “disaffezione” nei confronti della disciplina e del relativo iter processuale era, prevalentemente, determinata dalla carenza di effettività della legge, una carenza tanto sentita da indurre il Legislatore a istituire, nel marzo del 1994, un gruppo di lavoro (il Bankruptcy Law Drafting Working Group

) per la redazione della nuova Enterprises Bankruptcy Law cinese, al fine di predisporre un nuovo ed organico testo normativo.

Nel contempo - per “tamponare“ la contingenza - si provvedeva all'emanazione di alcuni “decreti” volti a facilitare, ad esempio, le operazioni di ristrutturazione del debito attraverso operazioni di Merger & Acquisition oppure per regolare le procedure di mobilità e reimpiego connesse con situazioni di insolvenza delle SOEs, possibilità, quest'ultima, introdotta con una “notice” dell'ottobre del 1994 (

State Council of the People's Republic of China, Proposal for Carrying Out State-Owned Enterprise Bankruptcy Law in Some Cities,

Document No. 59, 1994)

.

L'emanazione dell'ulteriore normativa di “dettaglio” faceva registrare ripercussioni immediate sul numero di procedimenti che, dall'anno 1994 in poi, avevano un deciso incremento, mentre il Bankruptcy Law Drafting Working Group proseguiva, molto a rilento negli anni, i propri lavori.

Tuttavia, dai primi anni 2000, l'emanazione di una nuova disciplina in materia era ormai sentita come improcrastinabile, non solo per i rapidi cambiamenti nell'Economia del Paese, sempre più “market-oriented”, ma anche a seguito dell'ammissione della Repubblica Popolare Cinese al WTO nel 2001.

Vi era inoltre un'ulteriore motivazione, in linea con il “pragmatismo” cinese, volta alla salvaguardia del sistema finanziario interno: spesso, infatti, le SOEs, per evitare il fallimento, venivano “forzosamente” finanziate attraverso prestiti “concessi” dalle banche cinesi le quali, poi, con difficoltà riuscivano a recuperare i crediti vantati nei confronti delle SEOs. Era quindi incalzante la necessità di porre rimedio alle conseguenze dannose connesse con tale rilevantissima attività di finanziamento, dettando regole certe per la gestione dei casi di insolvenza delle SOEs da parte del sistema creditizio, onde evitare alle banche cinesi di trovarsi in una posizione di svantaggio rispetto alle controparti straniere.

Finalmente, dopo un'elaborazione veramente lunga e difficoltosa - anche a causa della necessità di mediare tra le differenti esigenze delle diverse “correnti” all'interno del gruppo di lavoro - il 27 agosto 2006 veniva emanata la “PRC Enterprise Bankruptcy Law 2006” (EBL 2006), entrata in vigore il successivo 1 giugno 2007.

Tra i punti che più sono stati oggetto di valutazione, è importante segnalare quello relativo ai criteri di ammissibilità del debitore alle procedure previste dalla EBL 2006: durante i lavori preparatori, inizialmente, si era inteso utilizzare unicamente il “cash-flow test” sul modello statunitense, raccomandato anche dalle linee guida dell'UNCITRAL in materia fallimentare.

Successivamente, però, si è ritenuto più opportuno inserire una doppia e alternativa verifica: la prima, che subordina l'ammissibilità alla procedura alla valutazione contemporanea del “cash-flow test” e del “balance-sheet test” (il debitore non è in grado di pagare i propri debiti

e

gli assets non sono sufficienti allo scopo); la seconda, che utilizza il “cash-flow test” più una valutazione discrezionale del

Giudice, che può ritenere il debitore comunque incapace in maniera evidente di provvedere al pagamento di tutti i propri debiti.

Questa particolare “fusione” di strumenti “tecnici” (il cash-flow test e il balance-sheet test) con la tipica caratteristica cinese di concedere, comunque, alla magistratura o alla pubblica amministrazione un'amplissima discrezionalità, può essere vista sia nell'ottica di concedere alle Corti - allora ancora poco “esperte” nella trattazione di argomenti prettamente tecnici (la valutazione del balance-sheet test presuppone sicuramente un approfondimento tecnico non irrilevante) - la possibilità di procedere all'ammissione alle procedure previste dalla legge, di fatto, solamente valutando il “cash-flow test”.

Da una differente prospettiva, è stato evidenziato che la discrezionalità concessa potrebbe anche essere interpretata come la volontà del legislatore di concedere al potere politico - seppur indirettamente - uno strumento che possa permettere una qualche ingerenza nell'attività delle Corti (

Terence C. Halliday, The Making of China's Corporate Bankruptcy Law; The Foundation for Law, in Justice and Society,

Fijs.org

).

I criteria indicati dalla legge si sono rivelati da subito di difficile interpretazione, tanto che, nel settembre 2009, la Supreme People's Court ha emanato un provvedimento di interpretazione autentica (

Provisions of the Supreme People's Court on Certain Issues Relating to the Application of the Enterprise Bankruptcy Law of the People's Republic of China I

(“Bankruptcy Interpretation I”), in vigore dal 26/9/2009

).

La “Bankruptcy Interpretation I” chiarisce che il primo requisito - “il debitore è incapace di adempiere al pagamento dei propri crediti

” -

deve essere interpretato come “

l'incapacità per il debitore di pagare tutti debiti quando questi sono legittimamente sorti e sono dovuti

”; il secondo requisito - “

gli assets del debitore non sono sufficienti a pagare i debiti

” -

può essere dedotto da elementi ricavabili dal bilancio del debitore, dalle relazioni dei revisori, da perizie sul valore degli assets che evidenzino come questi siano insufficienti, a meno che non vi sia adeguata prova del fatto che il debitore sia in grado di pagare tutti i propri debiti; e il terzo alternativo requisito - che il debitore appaia “chiaramente insolvente” - si riferisce al mancato pagamento dei debiti a causa di una grave carenza di liquidità o incapacità a realizzare i propri assets, o di una perdita finanziaria del debitore e della propria incapacità di recuperare detta perdita.

Vale la pena di evidenziare come non vi sia alcun obbligo per l'imprenditore insolvente di domandare l'ammissione ad una procedura prevista dalla EBL 2006.

Prima di entrare nel dettaglio della disciplina, v'è da dire che il numero di “cases” ritenuti ammissibili dalle Corti cinesi non ha subito quell'incremento “esponenziale” che alcuni si aspettavano a seguito della riforma.

I procedimenti nel 2008 - a più di un anno dall'entrata in vigore della legge riformata e nonostante il fatto che gli effetti negativi della crisi globale si fossero avvertiti distintamente anche in Cina - risultano, in tutto il Territorio, solo 2.955.

Nel medesimo periodo, le imprese “uscite” dal mercato in tutto il Paese (attraverso le differenti procedure di “de-registrazione” e di “ cancellazione della business licence”), sono state 780.000.

Per comprendere ancor meglio il dato, dei 2.955 procedimenti ammissibili, solo 153 erano riferibili alla Provincia del Guandong, la Provincia più produttiva.

Dati provenienti dall'Administrative Bureau delle piccole e medie imprese della provincia del Guandong hanno evidenziato come, nel medesimo anno 2008, le imprese cessate siano state in numero pari a 15.661.

Il numero non può che sottolineare come il ricorso - sia da parte dei creditori che delle imprese decotte - alla procedura concorsuale non fosse un'opzione comune nella Provincia e nel tessuto economico del Territorio.

Il contenuto della legge riformata

La nuova Enterprises Bankruptcy Law 2006, formata da 136 articoli, si applica esclusivamente agli enti dotati di personalità giuridica, a prescindere dal fatto che siano SOEs, società a capitale privato cinese o partecipate da azionisti stranieri, o società quotate.

L'accesso volontario alle procedure previste dalla legge è subordinato alla contemporanea sussistenza di due requisiti (art. 2): a) il debitore deve essere incapace di adempiere al pagamento dei propri crediti

(“cash flow test”) e b) gli assets del debitore non devono essere sufficienti a pagare detti debiti (“balance-sheet test”) oppure, il debitore deve essere “obviously

incapable of paying off its debts

”.

Si è descritto cosa s'intenda per ciascuno dei requisiti e come sia stato fornito un “chiarimento” dalla Supreme People's Court sul punto.

I creditori (art. 7) possono presentare un'istanza per la procedura fallimentare liquidatoria o per la riorganizzazione allegando solo l'incapacità del debitore di pagare i propri debiti (il cash-flow test). La Supreme People's Court - nella Bankruptcy Interpretation I - ha chiarito che, quando ritiene ammissibile l'istanza presentata dai creditori, il Giudice debba chiedere al debitore una prova relativamente alla propria posizione finanziaria, una lista ed il dettaglio dei debiti, i bilanci e altri documenti rilevanti per verificare la propria posizione.

È prevista una pena pecuniaria per il legale rappresentante del debitore che non ottemperi all'ordine del Giudice.

La legge prevede la possibilità, per le imprese insolventi, di accedere - a determinate condizioni e presupposti - a tre differenti procedure: una procedura di riorganizzazione, una procedura che possiamo definire in senso atecnico “concordataria” ed il fallimento.

Nello specifico, il capitolo VII della legge regola la procedura di riorganizzazione, il capitolo IX regola la procedura “concordataria” ed il capitolo X è dedicato al fallimento.

La struttura stessa della legge evidenzia come sia stata data importanza fondamentale alle procedure di “salvataggio” dell'impresa: la nuova legge incoraggia l'imprenditore a scegliere - come opzione primaria - la procedura di ristrutturazione e solo quando non c'è possibilità alternativa viene adottato - come ultima risorsa - il fallimento.

V'è da dire che la scelta del Legislatore è perfettamente in linea con la politica economica attuata in Cina a partire dagli anni Ottanta, una politica volta a favorire, come interesse primario del Paese, la crescita ed il mantenimento della produttività delle imprese.

La legge prevede un sistema di azioni revocatorie (artt. 30 e seguenti), la compensazione dei crediti-debiti in sede di fallimento (art. 40), regola i rapporti contrattuali non ancora esauriti alla data dell'ammissione (art. 18), dispone la sospensione delle procedure esecutive, delle cause ed arbitrati pendenti (salva la possibilità da parte dell'Administrator di proseguirli, artt. 19 e 20), stabilisce il Giudice della procedura come esclusivamente competente per le cause che coinvolgono il debitore (art. 21).

Alcune norme specifiche sono previste in materia di insolvenza di Banche, Assicurazioni, Società di intermediazione mobiliare (art. 134).

L'iter processuale

L'istanza di ammissione alla procedura di Bankruptcy può essere depositata, presso il Giudice nella cui circoscrizione ricade la sede dell'impresa, in proprio dall'impresa debitrice insolvente, dai creditori dell'impresa o anche dal liquidatore della società che sia stata cancellata, ma che non abbia ancora completato tutte le procedure liquidatorie.

La Bankruptcy Interpretation I ha esteso anche ai creditori della società in liquidazione la possibilità di depositare l'istanza per l'ammissione alla procedura.

L'istanza presentata in proprio dal debitore viene esaminata dal Giudice che, con proprio provvedimento, in 15 giorni (un termine maggiore è previsto in caso di istanza presentata dai creditori) dichiara il debitore ammesso o non ammesso alla procedura.

Il provvedimento di ammissione alla procedura è comunicato alle parti (debitore e creditori istanti, in caso di istanza da questi presentata).

Nel provvedimento è nominato l'Administrator, viene fissata la prima adunanza dell'assemblea dei creditori, ed è indicato il termine per i creditori (da 30 a 90 giorni dall'ammissione della procedura) per la presentazione di una “declaration” supportata da idonea documentazione probatoria, l'equivalente di un'istanza di ammissione al passivo in cui propongono anche le eventuali rivendiche. Sono comunque ammesse insinuazioni tardive sino alla distribuzione finale, senza alcun diritto sulle distribuzioni già eseguite (ma le spese per l'esame delle tardive sono a carico del creditore istante tardivo, art. 56).

I lavoratori dipendenti non sono richiesti di effettuare la declaration relativamente alle retribuzioni,

ai sussidi per le spese mediche e invalidità, o altre forme indennitarie: l'Administrator provvede a redigere un'apposita lista di tali crediti sulla base delle risultanze documentali e delle proprie investigazioni. Il lavoratore ha diritto di contestare all'Administrator l'entità del credito da lui riferito, procedendo all'accertamento giudiziale qualora l'Administrator non riformi la lista.

Parimenti, l'Administrator elabora l'equivalente del progetto di stato passivo che rimane a disposizione di chi ne ha interesse.

Entro 15 giorni dalla scadenza del termine per la presentazione delle “declarations”, si tiene la prima adunanza dell'assemblea dei creditori.

L'Administrator sottopone all'assemblea dei creditori ed al debitore il progetto e questi decidono sull'ammissione o meno dei singoli crediti. Il creditore escluso può fare opposizione al Giudice avverso la decisione presa (art. 58).

Qualora non siano state presentate istanze volte ad accedere alle procedure di riorganizzazione o concordataria (vedi infra), o qualora una terza parte si accolli, dando idonea garanzia, il pagamento di tutti i debiti (art. 108), il debitore è dichiarato fallito (art. 107), perde la personalità giuridica e la disponibilità dei propri assets, che vengono liquidati dall'Administrator secondo le procedure previste dalla legge, la vendita all'asta o differente procedura approvata dall'assemblea dei creditori. Viene formato un piano di distribuzione che è sottoposto dall'Administrator all'assemblea dei creditori per l'approvazione e - successivamente - adottato definitivamente con provvedimento dal Giudice (art. 115).

Una volta distribuite le somme di cui al piano approvato, su istanza dell'Administrator il Giudice dichiara la chiusura della procedura (art. 120).

L'administrator

Con il provvedimento che statuisce l'ammissibilità della domanda, il Giudice - come detto - provvede alla nomina dell'Administrator che, di norma, è (art. 24) uno studio legale, una società di revisione o una società specializzata in attività liquidatorie fallimentari; è prevista la possibilità di nominare anche una persona fisica (nel tal caso l'Administrator dovrà fornire una idonea copertura assicurativa per le responsabilità connesse alla carica). Ostativi a rivestire la carica di Administrator sono: l'esistenza di condanne penali relativamente a fattispecie penali dolose; l'interdizione dall'esercizio della pratica professionale; l'esistenza di un conflitto di interessi. Il Giudice, inoltre, può discrezionalmente valutare la sussistenza di altri impedimenti ritenuti, nel caso concreto, ostativi alla nomina.

I “criteria” per redigere gli elenchi per le nomine degli Administrators e per la loro remunerazione sono stati decisi dalla Supreme People's Court

con alcuni provvedimenti entrati in vigore poco prima della legge riformata.

Un primo provvedimento stabilisce che le High Courts vadano a formare - ognuna per la propria circoscrizione - un panel di soggetti idonei a ricoprire la carica di Administrator da utilizzare poi per le nomine nelle procedure.

Sebbene i criteri possano variare da circoscrizione a circoscrizione, in linea di massima l'ammissione al panel viene decisa sulla base di un punteggio da calcolarsi su elementi quali: il giro d'affari dello studio (20 punti), la dimensione ed il numero di professionisti che compongono la struttura (20 punti), la comprovata effettiva esperienza nella gestione di procedure concorsuali (30 punti), il numero di rapporti di liquidazione emessi (15 punti), il numero di articoli pubblicati in materia concorsuale (15 punti), la consistenza della copertura assicurativa per la responsabilità civile (10 punti).

La Supreme People's Court ha anche definito (seppur prevedendo una certa elasticità relativamente al caso concreto) la remunerazione dell'Administrator, basandola sul valore degli assets da liquidare (esclusi i beni a garanzia dei creditori muniti di privilegio).

La remunerazione è a carico della procedura stessa. Qualora i beni apparissero insufficienti a coprire la remunerazione dell'Administrator, quest'ultimo può fare istanza al Giudice affinchè dichiari chiusa la procedura, a meno che i creditori, gli azionisti della società in procedura o terzi interessati non provvedano a versare i fondi necessari.

valore dei beni da liquidare (eccetto i beni a garanzia dei creditori pignoratizi/ipotecari)

remunerazione dell'Administrator (percentuale dei beni da liquidare)

fino a 1 milione di Yuan (circa €. 96.000 nel 2006)

12% o meno

da 1 a 5 milioni di Yuan

10% o meno

da 5 a 10 milioni di Yuan

8% o meno

da 10 a 50 milioni di Yuan

6% o meno

da 50 a 100 milioni di Yuan

3% o meno

da 100 a 500 milioni di Yuan

1% o meno

oltre 500 milioni di Yuan

0,5% o meno

I poteri ed i doveri dell'administrator

L'Administrator nominato (art. 25) subentra nella gestione degli assets, prende in carico i libri contabili, verifica la situazione finanziaria del debitore, valuta e decide, precedentemente alla prima adunanza dei creditori, se proseguire o meno l'attività sociale, sta in giudizio in luogo del debitore, chiede la convocazione delle adunanze dell'assemblea dei creditori, adempie agli altri obblighi ed incombenze stabilite dal Giudice.

L'Administrator deve riferire al comitato dei creditori - di cui si dirà in seguito - qualora intenda svolgere alcune attività ritenute rilevanti ai fini della corretta liquidazione degli assets, quali (art. 69) il trasferimento dei diritti su beni immobili, il trasferimento dei diritti di sfruttamento minerario, il trasferimento dei diritti di proprietà intellettuale, la cessione dell'intero magazzino o dell'azienda, la richiesta di prestiti o la costituzione di garanzie sugli assets, il trasferimento di diritti dei creditori o dei relativi privilegi, l'adempimento di contratti non pienamente adempiuti dal debitore, la rinuncia a diritti o garanzie, ogni altra azione relativa agli assets che possa avere un impatto sui diritti dei creditori. Inoltre provvede ad incassare dagli azionisti gli eventuali conferimenti relativi al capitale sociale non ancora effettuati (art. 35) ed esercita le azioni risarcitorie per le condotte dell'organo amministrativo e dei managers (art. 36) .

L'Administrator è soggetto al controllo dei creditori, i quali possono fare istanza - qualora egli non adempia correttamente ai propri compiti - al Giudice per la revoca e la nomina di un sostituto.

L'assemblea e il comitato dei creditori

Tutti i creditori che hanno dichiarato i propri crediti nei termini sono membri dell'assemblea dei creditori ed hanno diritto di voto. Il diritto di voto è negato ai creditori con privilegi sugli assets del debitore ed un diritto di voto “temporaneo” può essere concesso a quei creditori i cui crediti non sono stati ancora accertati. L'assemblea dei creditori ha il potere di domandare la revoca dell'Administrator, di autorizzare la continuazione dell'azienda, sovrintendere alla gestione e liquidazione degli assets, approvare i piani di distribuzione o di riorganizzazione. Le delibere dell'assemblea dei creditori richiedono un quorum costitutivo: deve partecipare all'adunanza almeno il 50% dei creditori con diritto di voto rappresentanti almeno il 50% dell'ammontare complessivo dei crediti non privilegiati (art. 64). È prevista la possibilità per il creditore dissenziente di impugnare innanzi al Giudice la delibera ritenuta lesiva.

L'assemblea ha anche il potere di costituire un comitato dei creditori che può comprendere sino a nove membri, uno dei quali deve essere il rappresentante dei dipendenti del debitore; il comitato ha ruoli di supervisione rispetto ad alcune attività dell'Administrator e può richiedere la convocazione dell'assemblea dei creditori.

La graduazione dei crediti

L'ordine di priorità dei crediti è stato uno degli argomenti più dibattuti nell'ambito del progetto di riforma.

In particolare, l'attenzione si è incentrata sui crediti dei lavoratori dipendenti e su quelli privilegiati.

Precedentemente alla legge di riforma, i crediti dei lavoratori erano generalmente pagati prima dei crediti privilegiati.

La nuova disciplina ha sostanzialmente modificato la pratica precedente, stabilendo che i crediti muniti di prelazione vengano soddisfatti in via assolutamente prioritaria con riguardo ai beni a cui si riferisce il titolo di prelazione e che qualsiasi differente credito sia considerato come “non privilegiato”.

Come detto, i creditori “privilegiati” non hanno diritto di voto.

La riforma va quindi a rafforzare chiaramente la posizione di quei creditori assistiti, nel loro credito, da garanzie reali (quali, ad esempio, le istituzioni finanziarie).

Tuttavia, è riconosciuto ai crediti da lavoro una sorta di “priorità” rispetto agli altri crediti.

La gradazione dei crediti “non privilegiati” è quindi la seguente:

1) i costi di procedura e i compensi dell'Administrator;

2) i crediti dei lavoratori dipendenti

3) i crediti previdenziali che non siano già ricompresi nel punto 3 ed i crediti fiscali;

4) tutti i rimanenti crediti.

La procedura di riorganizzazione

L'ammissione alla procedura di riorganizzazione può essere domandata sia dal debitore che dai creditori (art. 70).

Qualora sia stata presentata un'istanza di ammissione alla procedura fallimentare da parte di un creditore, la domanda di ammissione alla procedura di riorganizzazione può essere presentata anche dagli azionisti rappresentanti almeno un decimo del capitale sociale (art. 17).

Questa procedura permette al debitore di continuare a gestire i propri assets sotto la supervisione dell'Administrator (oppure l'Administrator può gestire gli assets e l'attività d'impresa per il tramite del vecchio management, art. 73).

Il debitore o l'Administrator ammessi alla procedura (art. 80) hanno poi sei mesi di tempo (termine estensibile di ulteriori tre mesi) per la sottoposizione del piano di riorganizzazione al Giudice.

Qualora il termine per la presentazione del piano non sia rispettato, il Giudice dichiara il fallimento (art. 79).

Il piano di riorganizzazione deve contenere uno specifico business-plan e dettagliate indicazioni in merito ai tempi di esecuzione del piano stesso e per la supervisione dell'adempimento del piano, le modalità di pagamento dei creditori e le altre informazioni ritenute attinenti e rilevanti alla riorganizzazione della specifica impresa (art. 81).

La legge permette all'assemblea dei creditori di votare in merito al piano presentato (art. 84) e divide i creditori in quattro classi ai fini della votazione: i creditori “privilegiati”, i lavoratori dipendenti che vantano crediti, i crediti di natura fiscale e i restanti creditori (art. 82).

Il piano deve essere approvato da una maggioranza qualificata: ogni classe deve approvare il piano con una maggioranza pari al 50% dei crediti della classe di appartenenza e, in totale, i voti favorevoli devono rappresentare i 2/3 dell'ammontare complessivo dei crediti ammessi al voto (art. 84).

A seguito dell'approvazione dell'assemblea dei creditori, il Giudice, su istanza del presentatore (debitore o Administrator), esamina il piano e, se ritenuto congruo, lo dichiara approvato entro 30 giorni dall'istanza depositata in merito (art.86).

Una volta approvato, il piano è vincolante per il debitore ed i creditori (art. 92) e l'escussione delle garanzie reali è sospesa.

Qualora una classe non approvi, il presentatore del piano può “negoziare” con la classe determinate modifiche, chiedendo alla stessa una nuova votazione ed approvazione, ritenuta valida qualora non leda gli interessi degli altri debitori. A certe condizioni, qualora la classe si dovesse rifiutare di procedere ad una negoziazione e nuova votazione, il presentatore del piano può fare istanza al Giudice affinchè dichiari ugualmente il piano approvato (art. 87).

La mancata approvazione del piano comporta la dichiarazione di fallimento, che viene pronunciata dal Giudice (art. 88).

La legge prevede poi specifici doveri di controllo a carico dell'Administrator (art. 88) e l'obbligo per il debitore di eseguire il piano, tant'è che in caso di inadempimento il Giudice dichiara il Fallimento (art. 93).

La procedura “concordataria”

Prima della dichiarazione di fallimento (art. 107) il debitore può domandare l'ammissione alla procedura che possiamo definire “concordataria” (il termine cinese, he jie

和解

, viene tradotto in inglese con il termine “conciliation”).

Appare come una “negoziazione” tra il debitore ed i creditori in merito alla possibilità di giungere ad un accordo circa una dilazione dei termini di pagamento dei debiti e/o una riduzione dell'importo dei medesimi.

Unitamente alla domanda di ammissione alla procedura (art. 95) il debitore deve allegare una bozza dell'accordo.

La domanda di ammissione è sottoposta all'approvazione dell'assemblea dei creditori (è previsto un quorum: i 2/3 del totale dei crediti non privilegiati deve dare la propria approvazione, art. 97) e a seguito del voto favorevole dell'assemblea dei creditori l'esame passa al Giudice, che può approvare l'accordo, e ammettere il debitore alla procedura, rendendo l'accordo vincolante (art. 100), oppure dichiarare il fallimento (art. 99).

La procedura “concordataria” si chiude con la corretta esecuzione dell'accordo - in tal caso il Giudice ne dichiara la chiusura (art. 105) - oppure, qualora l'accordo non venga adempiuto correttamente dal debitore, si procede con la dichiarazione di fallimento (art. 106).

Alcuni bankruptcy cases: Sanlu

Lo scandalo del latte alla melammina - che ha intossicato circa 300.000 bambini e, purtroppo, procurato la morte di sei neonati - è ben noto per il risalto che la stampa ne ha dato anche nel nostro Paese.

La società Sanlu

è stata, senza difficoltà, identificata da subito quale responsabile per l'accaduto.

Molte delle vittime hanno depositato l'istanza per intentare causa per il risarcimento dei danni innanzi al Tribunale di Shijiazhuang, nella provincia di Hebei, Tribunale competente poiché foro del domicilio della società convenuta Sanlu.

Tuttavia, inizialmente, nessuna delle istanze volte all'instaurazione delle cause risarcitorie innanzi a detto Tribunale è stata accettata, apparentemente senza alcuna valida motivazione giuridicamente rilevante (secondo alcune fonti, poiché la Supreme People's Court aveva dato indicazioni in tal senso,

Lauren M. Katz,

Class Action with Chinese Characteristics: The Role of Procedural Due Process in the Sanlu Milk Scandal

, in tsinghuachinalawreview.org

).

Il

23 dicembre 2008, il Tribunale

di Shijiazhuang ha ammesso Sanlu

alla procedura liquidatoria fallimentare su istanza di un creditore (secondo alcuni, anche il deposito dell'istanza era una strategia orientata politicamente), istanza che era stata depositata immediatamente dopo che il 19 dicembre 2008

Sanlu

aveva contratto un prestito di 902 milioni di Yuan RMB per indennizzare le vittime relativamente alle spese mediche da queste sostenute; il debito si andava ad aggiungere al passivo già accumulato elevandolo a 1.1 miliardi di Yuan RMB (circa, ai tempi, 165 milioni di dollari).

Da una prospettiva processualistica, l'avvocatura cinese ha evidenziato, da subito, come l'ammissione da parte del Giudice di Sanlu

alla procedura liquidatoria prevista dalla EBL 2006 avrebbe avuto evidenti ripercussioni negative sui diritti delle vittime dello scandalo del latte in polvere a causa della scarsa raffinatezza della legge .

Apparve subito evidente che Sanlu

non sarebbe stata destinata ad una procedura di riorganizzazione, ma che sarebbe stata semplicemente liquidata e dichiarata fallita. Considerato il rilevantissimo numero di bambini che avrebbero continuato a soffrire di patologie per un prolungato periodo di tempo, i legali delle vittime, in maniera polemica, avevano pubblicamente dichiarato che non si doveva permettere la liquidazione per fallimento di

Sanlu

. La procedura di riorganizzazione era da preferirsi in quanto avrebbe comunque permesso all'ente la sopravvivenza, ossia che

Sanlu

non fosse privata - al termine della liquidazione fallimentare - della propria personalità giuridica, anche al fine di tutelare le posizioni delle vittime in futuro.

La problematica fondamentale, nella fattispecie, atteneva al fatto che le vittime di Sanlu

, in assenza di un provvedimento giudiziario che attestasse il loro diritto ad ottenere un risarcimento monetario dall'impresa danneggiante, non si sarebbero potuti definire quali creditori della procedura ai sensi della EBL 2006. È vero che la legge, all'art. 24, permette anche ai soggetti portatori di crediti non accertati di poter partecipare all'assemblea dei creditori, ma il loro diritto (temporaneo) di voto è subordinato, in ogni caso, ad una valutazione discrezionale del Giudice. Come si è visto, il potere dell'assemblea dei creditori di influenzare l'andamento della procedura è rilevante, sia in relazione alla possibilità di accedere a piani di riorganizzazione, sia in relazione all'operato dell'Administrator, sia per quanto attiene alle modalità di liquidazione degli assets e distribuzione delle somme ricavate dalla liquidazione. Inoltre, poiché l'art. 113 prevede, per le spese mediche e invalidità, un grado di privilegio nella distribuzione dell'attivo, è ancora più evidente l'importanza di essere ammessi quali “creditori” alla procedura. A questo punto, i legali delle vittime proposero che il Giudice competente emettesse, nel contraddittorio tra le vittime e l'Administrator, una sorta di provvedimento cautelare temporaneo attraverso il quale le vittime potessero provare i propri diritti risarcitori. Per coloro che non fossero in grado di fornire prova immediata (anche a causa degli effetti prolungati nel tempo delle lesioni), l'Administrator avrebbe dovuto accantonare assets idonei ad assicurare il risarcimento. Nell'ambito di questa accesa discussione è intervenuto il provvedimento del Ministero della Salute che ha determinato i programmi risarcitori per le vittime: 200.000 Yuan RMB (poco meno di 23.000 Euro) per ciascuna famiglia dei sei bimbi che hanno perso la vita, 30.000 Yuan RMB (circa 3.500 Euro) per ogni bimbo che ha riportato lesioni gravi, e solo 2.000 yuan RMB (circa 230 Euro) per tutte le altre vittime. Si stima che, in totale, il programma di risarcimenti governativo prevedesse un esborso di circa 600 milioni di Yuan RMB, importo molto simile a quello ricavato dalla vendita di uno degli assets principali della

Sanlu (

M. Katz, Class Action with Chinese Characteristics: The Role of Procedural Due Process in the Sanlu Milk Scandal Lauren, in tsinghuachinalawreview.org

)

. Pare che il 95% dei danneggiati abbia accettato il programma di risarcimento stabilito dal governo.

L'intervento governativo ha interrotto il dibattito giuridico, che però rimane aperto e che ha evidenziato lacune della legge che ancora devono ottenere risposta.

East Star Airlines

La East Star Airlines

è stata la prima compagnia aerea ad essere sottoposta ad una procedura prevista dalla EBL 2006 (

Pedone, The Evolution of Chinese Bankruptcy Law: Challenges of a Growing Practice Area, Nixon Peabody LLP

).

Il procedimento è stato iniziato nella Provincia dello Wuhan all'inizio del 2009 su iniziativa di un gruppo di sei creditori ed ha visto la ferma opposizione della società debitrice che propendeva per l'ammissione alla procedura di riorganizzazione.

Nell'ambito della procedura per la dichiarazione di fallimento si sono contrapposti, da una parte, i creditori istanti e le autorità governative locali (che insistevano per ottenere una procedura liquidatoria) e, dall'altra, la East Star Airlines

che intendeva procedere alla riorganizzazione.

Nonostante il tentativo estremo di procedere alla riorganizzazione, è intervenuta la dichiarazione di fallimento.

Ferrochina

“Ferrochina

” è considerata la prima vera procedura sotto la

legge fallimentare

riformata, sia per i numeri coinvolti, sia per la presenza di numerosi creditori stranieri.

FerroChina

è una società offshore nel settore dell'acciaio quotata al Singapore Stock Market.

Possedeva - attraverso differenti altre offshore companies, cinque società operative in territorio cinese e aveva debiti garantiti sia in Cina che all'estero.

Nell'ottobre del 2008, il Gruppo sospendeva tutte le proprie attività e dichiarava di non essere in grado di ripianare tutti i propri debiti.

I creditori esteri escussero le proprie garanzie vantate nei confronti delle holding estere.

I creditori “interni” depositarono alla Changshu People's Court, nella Provincia dello Jiangsu, un'istanza di riorganizzazione relativamente alle cinque società cinesi. Il Giudice ammise la procedura nominando quale Administrator un locale studio legale. La procedura di riorganizzazione è culminata in un programma di ristrutturazione del debito approvato dai creditori e dal Giudice.

Il programma prevedeva che i creditori interni privilegiati (categoria che includeva le banche cinesi locali e le branch locali di banche estere) avrebbero recuperato integralmente i propri crediti nei quattro anni successivi. Le somme necessarie si sarebbero ricavate dalla vendita delle cinque società operative ad un consorzio guidato dalla China Minmetals Corp.. Il programma, tuttavia, non ha previsto alcuna liquidazione per i creditori esteri che vantavano crediti nei confronti delle holding estere.

Il caso è spesso citato come esempio di pari trattamento tra creditori cinesi e stranieri in caso di crediti diretti nei confronti delle società cinesi sottoposte a riorganizzazione. D'altra parte, il caso evidenzia anche come non vi sia vera tutela per gli operatori esteri che hanno investito in Cina non direttamente, ma attraverso società offshore.

Tuttavia il caso Ferrochina

ha altresì evidenziato il ruolo attivo che il governo locale ha giocato nel facilitare la procedura di riorganizzazione ed il programma di ristrutturazione del debito. È riportato che il governo locale ha provveduto al pagamento dei salari dei lavoratori, fornito forze di sicurezza per il piantonamento dei siti produttivi per prevenire sabotaggi ed ha svolto attività di coordinamento tra i vari gruppi di creditori al fine di giungere all'approvazione del programma di ristrutturazione.

Conclusioni

Nonostante la EBL 2006 sia ormai in vigore da più di cinque anni, molte questioni e difficoltà paiono ancora irrisolte.

Gran parte di queste difficoltà, a parere di chi scrive, possono essere implicitamente connesse a quella sorta di “terza via” che in tutti gli ambiti dell'economia cinese lascia intendere una libertà di mercato strettamente controllata dal potere centrale e dai governi locali.

L'impatto dell'”ingerenza” del potere politico nella gestione di alcuni casi di bankruptcy è anche acuito dagli effetti della generale crisi internazionale e dalla conseguente necessità di mantenere il sistema finanziario e bancario interno (certamente meno aggiornato e raffinato rispetto alle controparti occidentali) al sicuro dalle fluttuazioni del mercato e dal rischio di insolvenza delle imprese interne.

Questa “preminenza” dell'interesse “collettivo” per una certa stabilità del sistema bancario e finanziario ha una chiara manifestazione nel favore concesso ai creditori muniti di una forma di prelazione sui beni del debitore, anche a discapito di categorie un tempo (appunto) più privilegiate, come i lavoratori dipendenti.

Sul lato opposto, spesso si riscontra un intervento del governo - soprattutto a livello locale - volto al mantenimento dei livelli occupazionali e a supportare il pagamento delle retribuzioni: anche questo item è visto come fondamentale dal potere politico al fine del mantenimento dell'ordine sociale.

Non vi sono tuttavia norme certe ed univoche in relazione all'intervento del potere politico che - seppur lodevole laddove intervenga a coadiuvare i livelli di occupazione per permettere ai lavoratori di non subire le conseguenze dannose di un fallimento - avviene senza alcuna trasparenza e certezza del diritto, ma sulla base di valutazioni assolutamente discrezionali che lasciano perplesso il giurista occidentale.

Ed è stridente il contrasto tra la “via cinese” ed il sistema normativo occidentale, e comunitario in particolare, che erge a bene primario della collettività la tutela della piena concorrenza tra le imprese anche attraverso la assoluta “par-condicio normativa” (basti pensare al divieto degli aiuti, diretti ed indiretti, di Stato).

Ci si dovrebbe forse domandare - in un'economia globalizzata e precaria come quella attuale - quali possano essere le conseguenze nel tempo della coesistenza di due sistemi tanto differenti nei principi ispiratori e nella gestione “pragmatica” .

V'è da dire che la Corte Suprema sta lavorando ad un nuovo “set” di interpretations, volte a chiarire gli ambiti ancora controversi della normativa in modo da assicurare maggiore effettività ed equilibrio alla legge.

In attesa di maggiori chiarimenti da parte della Suprema Corte, ci si aspetta che numerose imprese tentino di raggiungere accordi stragiudiziali al fine di risolvere le tensioni finanziarie al loro interno, soprattutto allorchè siano coinvolti gli investitori stranieri.

Sul punto è bene chiarire che non si è volutamente affrontata la tematica dei cross-border proceedings, che meritano un approfondimento specifico ed autonomo e per i quali si rimanda ad altra trattazione.

V'è da dire le procedure “transfrontaliere” non sono ancor oggi (e nonostante il periodo non certo favorevole) di numero significativamente rilevante.

Tuttavia il tema è di stretta attualità e merita un'analisi dettagliata che metta in luce le criticità e le incongruenze del sistema anche nella prospettiva di una maggior consapevolezza degli imprenditori nell'affrontare un progetto di investimento nella Repubblica Popolare Cinese.

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