Gli effetti del concordato in bianco, ovvero costi ed opportunità del nuovo istituto

17 Maggio 2013

Il concordato con riserva, o preconcordato, anticipa alla presentazione della domanda “in bianco” gli effetti protettivi per il debitore, sul modello del Chapter 11 statunitense. Si tratta di una delle novità di maggior successo introdotte dal legislatore con il c.d Decreto Sviluppo: in questi primi mesi, le cancellerie dei Tribunali hanno registrato un largo utilizzo dell'istituto da parte degli imprenditori. Il tasso di conversione in concordati preventivi, però, è stato piuttosto limitato.Al fine di identificare con più chiarezza le situazioni in cui il ricorso al preconcordato può essere davvero efficace, l'Autore svolge alcune considerazioni, dal taglio operativo e strategico, sugli effetti della domanda, analizzando costi, opportunità e conseguenze pratiche del nuovo strumento.
Il concordato in bianco nel contesto del Decreto Sviluppo

Il Decreto Sviluppo è intervenuto a modificare nuovamente la disciplina del concordato preventivo, oggetto, a partire dalla primavera del 2005, di numerose riforme, tutte dichiaratamente “debt oriented”, vale a dire finalizzate a favorire l'accesso agli strumenti di composizione negoziale e preventiva (rispetto al fallimento, all'amministrazione straordinaria ed alla liquidazione coatta amministrativa) dell'insolvenza e della crisi d'impresa.

Quello operato dal Decreto Sviluppo, anzi, è l'intervento più rilevante nel processo di ricollocazione e rimodulazione del concordato preventivo, idoneo, a detta dei primi commentatori, ad aumentare il “tasso di competitività” dell'istituto, anche rispetto a quello previsto dall'

art. 182-

bis l

. fall

.

In una sintetica rassegna delle novità è sufficiente ricordare, nella direzione indicata, l'introduzione della disciplina del concordato in continuità, delle norme sulla neutralizzazione degli obblighi di ricapitalizzazione delle società di capitali in costanza di concordato, della disciplina sulla risoluzione o sospensione dei contratti in corso di esecuzione, il riassetto dei precetti in materia di finanziamenti e prededucibilità e, infine, due norme di minore significato dogmatico, ma di notevole impatto pratico nell'agevolare l'accesso e l'esito positivo delle soluzioni concordatarie, vale a dire quelle che hanno previsto il regime di inopponibilità alla procedura delle ipoteche giudiziali iscritte nei novanta giorni anteriori al suo inizio e l'introduzione di un meccanismo di silenzio assenso nell'approvazione della proposta da parte del ceto creditorio.

Indubbiamente, le nuove norme che hanno suscitato il maggiore interesse, sia sul piano teorico, sia in chiave pratica, sono quelle, contenute negli artt. 161, commi 6 e seguenti, che, sul modello del Chapter 11 statunitense, hanno introdotto la possibilità per l'imprenditore (che abbia i requisiti di accesso al concordato) di depositare una domanda, corredata dai soli bilanci degli ultimi tre esercizi, volta ad ottenere dal Tribunale un termine - compreso tra i 60 ed i 120 giorni - per redigere il piano e la documentazione e formulare la proposta ai creditori, giovandosi, nel frattempo, del c.d. “ombrello protettivo” nei confronti delle iniziative esecutive e cautelari individuali.

Il nuovo istituto, variamente qualificato dagli interpreti (“preconcordato”, “concordato in bianco”, etc.) ha avuto un enorme successo in sede di prima applicazione delle norme.

A partire dalla data di entrata in vigore delle norme (11 settembre 2012), le Cancellerie fallimentari sono state letteralmente sommerse da domande di preconcordato.

Tuttavia, alla prima scadenza dei termini concessi dai Tribunali (usualmente per la durata minima prevista dalla legge), il tasso di conversione in domande “in pieno” è stato limitato e l'esito più frequente è stato costituito dallo spirare del termine senza il deposito di queste ultime (sovente con connessa apertura o, a seconda dei casi, prosecuzione di istruttoria prefallimentare), ovvero dalla formulazione di domanda di fallimento in proprio.

La rilevanza del nuovo strumento rende opportuno lo svolgimento di alcune considerazioni, di taglio pratico e senza pretesa di completezza, sull'istituto del preconcordato.

Molti dei primi interventi dottrinali, giurisprudenziali e di prassi operativa (il riferimento è, soprattutto, alle indicazioni fornite, già dal settembre 2012, dal plenum delle sezioni fallimentari del Tribunale di Milano e di quello di Monza) si sono appuntati sulle tecniche di redazione della domanda

ex

art. 161, comma

6, l. fall

.

II presente intervento vuole indagare il diverso piano degli effetti della domanda di preconcordato.

Si tratta di tematica apparentemente consequenziale a quella indicata (che attiene al “come” presentare l'istanza); in realtà, la sua trattazione impatta sul “perché” e sul “quando” avvalersi dello strumento del preconcordato e consente di formulare alcune indicazioni e conclusioni di taglio strategico per un accesso all'istituto maggiormente selettivo rispetto alle sua massiccia, indifferenziata, ma, come si è visto, non sempre efficace, utilizzazione iniziale.

Qualificazione dell'istituto e disciplina applicabile

I maggiori dubbi e criticità interpretative delle norme sul preconcordato (ma non solo di esse) sono la conseguenza della tecnica legislativa adottata per la riforma del diritto concorsuale.

Come è noto, essa è avvenuta con il metodo dell'interpolazione - vale a dire innestando le novità nel ceppo della

legge fallimentare

del 1942 - e con un meccanismo di ravvicinata approssimazione progressiva, tradottosi (per ora) in almeno 5 interventi nel breve lasso di tempo compreso tra il marzo del 2005 ed il settembre 2012.

Tale tecnica porta, inevitabilmente, a difficoltà di integrazione e coordinamento dei vari precetti di volta in volta introdotti, sia con quelli rimasti in vigore della

legge fallimentare

originaria, sia con quelli degli interventi precedenti (i c.d. “buchi della riforma”).

Ciò è puntualmente avvenuto anche per il preconcordato, dato che il legislatore del 2012 non ha adeguato in maniera esaustiva il contesto normativo, segnatamente non si è peritato di precisare, se non in maniera sporadica (e con omissioni che riguardano alcuni aspetti centrali), quali siano le norme sulla domanda di concordato applicabili anche all'istanza ex art. 161, comma 6.

Per non affidarsi ad un incerto (e “mobile”) dato letterale, in tale quadro, la selezione della disciplina applicabile al preconcordato va effettuata muovendo, sul piano sistematico, dalla qualificazione dell'istituto.

Sotto tale profilo, due sono le opzioni di fondo ipotizzabili:

  • si tratta di una vera e propria “domanda di concordato” ancorché senza piano ed allegati;

  • si tratta di una domanda di un termine di protezione, a mero contenuto organizzativo.

Le differenze, in termini di disciplina applicabile, sono rilevanti.

Qualora si aderisca alla prima interpretazione (maggioritaria nei primi interventi dottrinali e giurisprudenziali, ancorché con alcune voci contrarie), ne dovrebbe conseguire l'applicazione, di default, di tutte le norme sulla domanda di concordato (ed i suoi effetti), comprese quelle che non recano un espresso riferimento all'art. 161, comma 6, salvo quelle che si basino su elementi che non sono presenti nel preconcordato (ad esempio: il piano, l'attestazione e l'ulteriore documentazione prevista dall'art. 161, comma 2), ovvero adattamenti alla peculiarità della fattispecie specifica.

In sostanza, accedendo alla qualificazione indicata, il dato logico serve per eventuali interpretazioni riduttive e/o correttive di una disciplina altrimenti applicabile nel suo complesso.

Se, al contrario, si opti per la seconda qualificazione, le norme generali sulla domanda di concordato che non fanno espresso riferimento a quella presentata ex art. 161, comma 6, non si applicano in via diretta, bensì, a seconda dei casi, in via estensiva o analogica (in questo caso al ricorrere dei presupposti e con i limiti connaturati con detto canone ermeneutico) ed il dato logico serve ad aggiungere disciplina.

Pur con i limiti connessi alla tipologia di intervento, si segnala come sia possibile e preferibile una terza opzione interpretativa, che eviti di dare una qualificazione astratta a priori della domanda di preconcordato e distingua, in concreto, tra le ipotesi in cui essa si traduca nella mera domanda di un termine di protezione (fattispecie “deboli”) e quelle, invece, in cui siano presenti alcuni elementi della proposta e/o del piano (fattispecie “forti”).

Adottando tale prospettiva, la questione della disciplina applicabile non va risolta a priori ed in termini astratti, bensì caso per caso, con applicazione diretta piena delle norme sulla domanda di concordato alle fattispecie concrete forti ed un'applicazione più circoscritta in presenza di fattispecie deboli.

A mero titolo di esempio, le norme sul pagamento dei creditori strategici anteriori, che presuppongono una proposta ed un piano in continuità, saranno applicabili solo qualora tali opzioni siano già compiute all'interno dell'istanza ex art. 161, comma 6.

La questione - Lo scambio di fondo del preconcordato

Passando all'oggetto centrale del presente intervento, in chiave pratica, la tradizionale quadripartizione degli effetti dell'apertura di una procedura concorsuale - verso il debitore, verso i creditori, sui rapporti giuridici preesistenti, sugli atti pregiudizievoli - merita di essere rideclinata in termini di costi/opportunità del nuovo strumento.

Lo scambio di fondo che l'ordinamento propone alle imprese in crisi con il preconcordato è costituito, in termini generali, dall'anticipazione dell'ombrello protettivo verso il ceto creditorio “compensato” da analoga anticipazione di un regime di spossessamento attenuato e dalla previsione di obblighi informativi a carico del debitore.

Anche al fine di ricavarne delle considerazioni di natura strategica, volte ad evidenziare quando tale scambio sia conveniente per il potenziale proponente (tralasciando, ovviamente, ipotesi di abuso ed uso indiretto dello strumento), è opportuno approfondirne brevemente i termini, completando il quadro delle “opportunità” con alcune considerazioni sull'impatto della domanda ex art. 161, comma 6, sui contratti in corso e sugli atti pregiudizievoli.

Gli oneri procedurali e sostanziali del preconcordato

I costi o oneri imposti dall'ordinamento per accedere al preconcordato possono essere suddivisi in due gruppi.

Da un lato, vi sono quelli previsti in linea generale come “corrispettivo” dell'apertura immediata dell'ombrello protettivo.

Essi consistono, sinteticamente:

Per ottenere alcuni effetti/conseguenze aggiuntivi l'imprenditore in preconcordato deve, invece, chiedere ed ottenere dal Tribunale delle specifiche autorizzazioni che attengono a:

  • compimento di atti di straordinaria amministrazione;

  • acquisizione di finanziamenti prededucibili;

  • sospensione o scioglimento di contratti in corso.

Astrattamente, il meccanismo autorizzatorio può essere adito dall'imprenditore che depositi la domanda di preconcordato anche al fine di poter effettuare il pagamento di creditori anteriori “strategici” ex art. 182-quinquies.

Considerando la duplice, correlata, circostanza che si tratta di facoltà limitata ai concordati in continuità e che essa implica che il proponente abbia effettuato la scelta di fondo sul contenuto del piano, lo spazio applicativo dei precetti appare, in concreto, assai limitato nell'ambito del preconcordato (secondo alcuni interpreti, anzi, sarebbe giuridicamente precluso in tale contesto), essendo riferibili, come anticipato, alle fattispecie “forti” recanti le opzioni di fondo sul contenuto della proposta e del piano.

Gli obblighi di natura “procedimentale” sono molto circoscritti e consentono la predisposizione ed il deposito della domanda ex art. 161, comma 6, in tempi rapidi.

Rinviando ai citati interventi dei plenum delle sezioni fallimentari di Milano e Monza per ulteriori indicazioni di dettaglio, è sufficiente ricordare che la predisposizione della domanda può risolversi in poche pagine, volte a dimostrare la ricorrenza dei presupposti di accesso alla procedura e la competenza territoriale del Tribunale adito.

Il fascicolo da allegare a supporto è assai circoscritto ed è limitato ai bilanci degli ultimi tre esercizi, cui si aggiunge, per le imprese societarie, la delibera o decisione ex

artt. 152 e 161

l. fall

.

Non è richiesta alcuna attestazione o “pre-attestazione”, tanto di fattibilità (coerentemente con l'assenza del piano), quanto sulla veridicità dei dati aziendali (in questo caso per mere esigenze pragmatiche di celerità di intervento) e non viene affidato al Tribunale alcun vaglio di ammissibilità intrinseca della domanda.

L'individuazione del contenuto specifico degli obblighi informativi incombenti sull'imprenditore in preconcordato è lasciata dal legislatore alla discrezionalità dei singoli Tribunali.

In sede di prima applicazione delle norme, anche alla luce delle indicazioni provenienti da alcuni Fori guida, la tendenza dei Giudici è stata nel senso di non imporre obblighi particolarmente stringenti, sia sul piano contenutistico, sia su quello temporale - si va consolidando una cadenza mensile -; la matrice di tale scelta può individuarsi, da un lato, nell'assenza di norme positive di natura sanzionatoria, dall'altro lato, nella consapevolezza dei Tribunali di non avere la struttura organizzativa per svolgere un adeguato controllo sulla documentazione ed informazioni ricevute, anche in ragione della notevole diffusione iniziale dell'istituto in esame.

Il maggiore onere imposto dall'ordinamento all'imprenditore in preconcordato è costituito dall'anticipazione del regime di spossessamento attenuato.

Il settimo comma dell'art. 161 prescrive, infatti, che tale soggetto possa compiere atti di straordinaria amministrazione solo previa autorizzazione del Tribunale.

Le norme presentano una duplice difficoltà interpretativa.

La prima attiene all'esatta individuazione degli atti d'impresa soggetti al regime autorizzatorio.

Nelle prime applicazioni, la giurisprudenza si è avvalsa del (discutibile) criterio forgiato per il regime di spossessamento attenuto già previsto dall'

art. 167

l. fall

., secondo il quale eccederebbero l'ordinaria amministrazione gli atti idonei, quoad effecta, ad aggravare il deficit patrimoniale.

In alcuni casi, si è assistito, peraltro, all'apprezzabile tentativo di adattare il precetto generale alle peculiarità del caso concreto (il Tribunale di Modena, ad esempio, ha negato la qualifica di straordinarietà alla stipula dei rogiti da parte di una società immobiliare, stante la oggettiva riconducibilità alla sua attività caratteristica).

La seconda concerne il piano sanzionatorio ed è la conseguenza della mancanza di norme specifiche nella scarna disciplina specifica del preconcordato.

Sia sul piano concettuale, sia su quello pratico (anche in ragione dei tempi ristretti in cui si risolve l'istituto) appare difficile ipotizzare l'applicazione e/o l'adattamento del rimedio previsto dall'

art. 173

,

ult

.

comma,

l. fall

., con riferimento agli atti di straordinaria amministrazione non autorizzati dopo l'ammissione al concordato vero e proprio.

Analoga conclusione sembra riferibile alla tesi, pur formulata in alcune prime interpretazioni giurisprudenziali, che ritiene che la violazione comporti l'inammissibilità della successiva domanda “in pieno”.

In concreto, la violazione delle norme sullo spossessamento attenuato da parte dell'imprenditore in preconcordato presenta delle conseguenze negative soprattutto sulle controparti contrattuali coinvolte.

Non trattandosi di “atti legalmente compiuti” i crediti nascenti da tale attività non godono, infatti, sia dell'esonero da revocatoria previsto dalla parte finale dell'art. 67, comma 3, lett. e), sia del regime di prededuzione previsto dall'ultima parte dell'art. 161, comma 7.

Il rilievo consente di chiudere la breve sintesi degli oneri del preconcordato evidenziando due conseguenze dell'istanza, una giuridica e l'altra fattuale, non sempre adeguatamente ponderate dagli imprenditori.

Sotto il primo profilo, il regime di prededuzione dei crediti sorti in costanza di preconcordato è apprezzabile nella sua finalità di favorire la continuazione dei rapporti negoziali dell'imprenditore che depositi la domanda ex art. 161, comma 6.

Tuttavia, i precetti presentano l' “effetto secondario” di aumentare, talvolta significativamente, l'ammontare dei crediti non soggetti a falcidia ed il relativo “fabbisogno concordatario”.

Soprattutto nei piani di matrice liquidatoria (tuttora in netta maggioranza), nella scelta sul se e quando depositare una domanda di preconcordato va attentamente valutato se sia maggiore il risparmio conseguente all'immediata apertura dell'ombrello protettivo, ovvero il costo derivante dalla prededuzione dei crediti successivi.

Sul piano fattuale, va, infine, ricordato che il deposito della domanda di preconcordato implica una pubblicizzazione della crisi dell'impresa idonea a comportare, all'atto pratico, delle difficoltà nella continuazione dei rapporti contrattuali, soprattutto (ma non solo) con il ceto bancario.

Anche sotto tale profilo (in questo caso soprattutto in chiave di going concern) l'intempestivo deposito dell'istanza può avere conseguenze pregiudizievoli sull'impresa maggiori dei vantaggi che da essa derivano.

I vantaggi del preconcordato nella “negoziazione” della crisi con i creditori

Le opportunità, ovvero i benefici, del preconcordato sono costituiti, soprattutto, dall'immediata produzione - a costi procedimentali e con tempistiche come si è visto circoscritti - degli effetti tipici della domanda di concordato nei confronti dei creditori, oltre che dall'applicazione anticipata dei nuovi precetti in tema di contratti in corso di esecuzione.

Pur in mancanza di un richiamo specifico, infatti, è pacifico che dalla data di pubblicazione del ricorso ex art. 161, comma 6, si apra l'ombrello protettivo previsto dall'

art. 168

l. fall

. e si applichino le disposizioni richiamate dal successivo art. 169.

La compiuta contestualizzazione di tali precetti al preconcordato non è compatibile con le caratteristiche del presente intervento, che deve, giocoforza limitarsi alcuni spunti, di taglio generale ed operativo.

In tale ottica, va posto in evidenza che l'istituto in esame costituisce un meccanismo particolarmente efficace a disposizione dell'imprenditore in crisi nella “negoziazione” con il ceto creditorio.

Esso consente al primo di reagire con estrema celerità (e conseguente efficacia) ad iniziative individuali idonee a depauperare, sul piano quantitativo o qualitativo, il suo patrimonio.

La domanda di preconcordato, infatti, può svolgere un ruolo efficace per paralizzare procedure esecutive individuali in fase avanzata, convogliandole sul piano concorsuale, nelle more della predisposizione del piano, della proposta e della documentazione da allegare ad essi.

Analoga funzione deriva dall'applicazione alla domanda di concordato del nuovo precetto sulla “neutralizzazioneex post delle ipoteche giudiziali iscritte nei novanta giorni antecedenti la data di pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese.

Un breve approfondimento merita di essere fatto con riferimento all'impatto dell'istanza ex art. 161, comma 6, sulle operazioni bancarie auto-liquidanti, nella duplice variante della cessione dei crediti, ovvero del mandato all'incasso.

Si tratta, infatti, di meccanismi di finanziamento assai diffusi nella pratica, con la conseguenza che la destinazione degli incassi dei crediti anticipati - alla singola banca, ovvero alla massa/fabbisogno concordatario - presenta un ruolo centrale nell'individuazione dell'attivo da usare per il piano concordatario, su cui si gioca, spesso, la sua stessa fattibilità.

Con una semplificazione forse eccessiva, ma necessaria, la domanda di preconcordato rappresenta uno strumento con cui l'imprenditore in crisi può “giocare d'anticipo” rispetto al ceto bancario, ai fini di un uso concorsuale degli incassi dei crediti in esame.

Nelle ipotesi in cui sia stato adottato il meccanismo della cessione dei crediti anticipati, il richiamo dell'

art. 45

l. fall

. da parte del successivo art. 169 (operante, come si è visto, anche per il preconcordato) fa si che risultino non opponibili alla procedura tutte le notifiche di cessione effettuate dopo la pubblicazione della domanda ex art. 161, sesto comma, con conseguente (notevole) riduzione dello spazio operativo di tali formalità.

Se si sia optato per il mandato all'incasso, viene correlativamente anticipato alla data della domanda di preconcordato il termine rispetto al quale verificare la possibilità della banca di compensare gli anticipi con gli incassi

ex

art. 56

l. fall

. (anch'esso richiamato dal 169), sempre che si acceda all'interpretazione (invero non pacifica) che il debito di restituzione della banca sorga all'atto dell'incasso e non a quello del conferimento del mandato.

Tra i possibili benefici/opportunità del preconcordato va annoverata, qualora l'impresa in crisi sia organizzata in forma di società di capitali, la possibilità di anticipare il regime di sospensione degli obblighi di ricapitalizzazione (secondo la classica alternativa “recapitalize or liquidate”) previsto dal decreto sviluppo con l'introduzione dell'art. 182-sexies.

Il deposito di una domanda ex art. 161, comma 6, in sostanza, consente di predisporre il piano, la proposta e la documentazione allegata evitando i costi legati alla necessità di porre, medio tempore, in liquidazione la società, ovvero i rischi di non procedervi malgrado la perdita del capitale sociale.

Il nuovo precetto, pur condivisibile, risolve solo parzialmente la questione. dato che si riferisce selettivamente allo scioglimento per perdita del capitale sociale. Sennonché, una parte della dottrina ha ipotizzato che la crisi, quando incida negativamente sulla continuità aziendale, possa integrare anche l'ulteriore causa prevista dall'

art. 2484, numero 2

, c.c.

), nella specie dell'impossibilità di conseguimento dell'oggetto sociale. Rimane il dubbio, qualora si acceda a tale interpretazione, se la regola della sospensione sia estensibile anche alla causa di scioglimento citata.

Il maggiore profilo di criticità dell'apertura anticipata dell'ombrello protettivo (e, in genere, della produzione degli effetti esaminati) al momento della pubblicazione della domanda di preconcordato attiene all'individuazione delle conseguenze nell'ipotesi - tutt'altro che infrequente nella prima casistica pratica - in cui essa non sia seguita da una domanda “in pieno”.

In termini generali, viene (condivisibilmente) affermato che gli effetti protettivi vengono meno con efficacia ex tunc.

Tuttavia, tale canone generale non è sempre utilizzabile, laddove ad esempio vi siano stati effetti protettivi non completamente reversibili, e pone, comunque, significativi dubbi interpretativi qualora si passi ad identificare le sue concrete applicazioni (si pensi, a mero titolo di esempio, all'impatto sulle ipoteche giudiziali, sulle compensazioni, sulla responsabilità degli organi sociali per non aver attivato gli obblighi connessi alla perdita del capitale sociale).

Proprio le difficoltà di far conseguire effetti irreversibili ad un'iniziativa di natura interinale e con esito incerto - anche nel suo sbocco, potendosi tradurre in un accordo ex art. 182-bis, invece che in un concordato - ha portato la giurisprudenza maggioritaria ad un'applicazione riduttiva, al preconcordato, delle nuove norme (anch'esse introdotte dal decreto sviluppo) sui contratti in corso di esecuzione, ora contenute nell'

art. 169-bis l. fall.

Avvalendosi della chiave logica indicata, in particolare, è stato diffusamente sostenuto che con il ricorso previsto dal sesto comma dell'

art. 161

l. fall

. il debitore possa chiedere solo la sospensione, non lo scioglimento, dei contratti in corso.

Anche in tale accezione limitata, peraltro, si tratta di una facoltà che può avere un peso importante nel giudizio sull'opportunità di avvalersi dell'istituto.

Si pensi, ad esempio, ai vantaggi, in termini di aumento del fabbisogno concordatario, che può conseguire dalla sospensione di alcuni contratti particolarmente onerosi. La casistica che può essere ipotizzata comprende, fra gli altri, i leasing di beni di cui sia in corso la valutazione di strategicità prospettica, ovvero i meccanismi negoziali autoliquidanti, a supporto ed integrazione degli effetti “legali” esaminati in precedenza.

Un ultimo profilo relativo alla disciplina degli effetti del preconcordato attiene ad un tema classico di consecuzione tra procedure concorsuali.

Un'ulteriore novità del decreto sviluppo è costituita dall'introduzione del secondo comma dell'art. 69-bis, il quale prescrive che, qualora il fallimento segua ad una domanda di concordato preventivo, i termini del “periodo sospetto” vadano calcolati a ritroso dalla pubblicazione di quest'ultima nel registro delle imprese.

Qualora si acceda alla qualificazione della fattispecie in esame secondo l'opinione maggioritaria nelle prime interpretazioni, il dies a quo dovrebbe essere fatto risalire alla pubblicità del ricorso ex art. 161, comma 6.

La decisione di procedere e la tempistica di deposito dell'istanza di preconcordato, se si radichi tale lettura, va conseguentemente vagliata anche in relazione alla possibilità di tenere aperti i termini di revocabilità di alcuni atti, pagamenti o garanzie, sia in un'ottica generale di tutela della par condicio, sia in chiave strategica, dato il presumibile coinvolgimento dei creditori interessati nel buon esito della procedura concordataria.

Naturalmente la questione si complica in presenza di una duplice consecuzione (con la sequenza concordato in bianco, in pieno, fallimento) soprattutto qualora vi siano delle soluzioni di continuità tra le diverse procedure

Considerazioni conclusive

La, pur sintetica, esposizione che precede porta a concludere che non sempre il deposito di una domanda ex art. 161, comma 6, è opportuno e che, comunque, la tempistica di tale deposito va vagliata con estrema attenzione.

Indubbiamente la possibilità di aprire, in tempi ristretti e con costi limitati, “l'ombrello protettivo” quale reazione o prevenzione rispetto ad iniziative opportunistiche di singoli creditori costituisce un'ulteriore carta che l'ordinamento ha fornito all'imprenditore nella negoziazione delle modalità di soluzione della propria crisi o insolvenza con il ceto creditorio, incluso quello qualificato, di matrice bancaria e parabancaria.

Prima di giocare tale carta vanno, tuttavia, adeguatamente prese in esame tutte le conseguenze del deposito, sia sul piano giuridico - in particolare, con riferimento all'impatto, qualitativo e quantitativo, sull'attivo e/o sul fabbisogno concordatario, oltre che in termini di limitazione della capacità di porre in essere atti d'impresa -, sia in termini di effetti fattuali della pubblicizzazione dello stato di crisi o di insolvenza.

Ovviamente, la scelta risulta in concreto necessitata qualora verso l'imprenditore che voglia e ritenga di poter definire la propria insolvenza con lo strumento concordatario (o con un accordo di ristrutturazione dei debiti) sia già stata aperta un'istruttoria prefallimentare.

L'obbligo, in tale contesto, di concedere il termine per predisporre un piano - per la durata minima pari a sessanta giorni - sospendendo (secondo la lettura preferibile, ma oggetto di letture non univoche in giurisprudenza) l'istruttoria prefallimentare, ha il pregio di oggettivizzare la prassi dei vari Tribunali, fermo restando che eventuali abusi potranno essere sanzionati con i meccanismi previsti dalla

legge fallimentare

, ovvero ricavabili dal sistema (abuso del diritto).

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