Il ruolo del notaio nella domanda di concordato con riserva

Alessandro Stefani
09 Luglio 2013

Il nuovo art. 161 l. fall. ha introdotto con successo nel nostro sistema il c.d. concordato “con riserva” o “in bianco”, mutuando in sostanza il modello statunitense del “Chapter 11” del Bankruptcy Code: l'imprenditore in crisi, pertanto, dispone ora di uno strumento che gli permette da un lato di posticipare l'elaborazione di piano e proposta concordatari, e dall'altro lato di beneficiare in via immediata degli effetti protettivi sul proprio patrimonio. Va da sé che un siffatto strumento si presta, non poco, ad un utilizzo meramente strumentale e a finalità esclusivamente dilatorie: l'intervento del notaio, da ritenersi necessario sin dal momento iniziale della manifestazione della volontà deliberativa da parte della so-cietà di intraprendere il percorso concordatario, può contribuire a ridurre in modo significativo i rischi di questo nuovo strumento e le criticità di un suo utilizzo distorto.
Profili generali

La grave crisi che ha colpito il Paese, che ormai può definirsi di “sistema”, ha portato il Governo ad emanare, in via di urgenza, il

decreto legge 22 giugno 2012 n. 83

, c.d. “Decreto Sviluppo”, entrato in vigore il 26 giugno 2012 contestualmente alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. Il decreto è stato successivamente convertito con modificazioni dalla

legge 7 agosto 2012 n. 134

, entrata in vigore il 12 agosto 2012 ed una delle materie più interessate dal provvedimento è stata senza dubbio quella del diritto fallimentare, nel solco di un trend iniziato nel 2005 che al momento non sembra arrestarsi, fondato sul tentativo da parte del legislatore di cercare di salvare le realtà aziendali in crisi, di migliorare l'efficienza dei procedimenti di composizione delle crisi di azienda, superando le criticità emerse in sede applicativa e promuovendo l'emersione anticipata delle difficoltà di adempimento dell'imprenditore.

Non a caso l'art. 33 del “Decreto Sviluppo”, rubricato “Revisione della

legge fallimentare

per favorire la continuità aziendale”, si colloca nell'ambito del Capo III del decreto medesimo, dedicato alle “Misure per facilitare la gestione delle crisi aziendali”, Titolo III, intitolato “Misure urgenti per lo sviluppo economico”. Nella stessa Relazione al disegno di legge per la conversione del decreto, emerge a chiare lettere l'opzione di fondo che ha orientato l'intervento riformatore: incentivare l'impresa a denunciare per tempo la propria situazione di crisi, agevolando e privilegiando in questo modo il ricorso ad uno dei percorsi alternativi al fallimento, al fine di favorire il superamento della crisi e la conseguente preservazione del valore aziendale.

Le nuove norme, ai sensi dell'art. 33, comma 3, “Decreto Sviluppo”, si applicano ai procedimenti di concordato preventivo e per l'omologazione di accordi di ristrutturazione dei debiti introdotti dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione del decreto medesimo, nonché ai piani di risanamento di cui all'

art. 67, comma 3, lett. d) l. fall

. elaborati successivamente al predetto termine, e pertanto a partire dalla data dell'11 settembre 2012.

Il “nuovo” articolo 161 della legge fallimentare

L'intervento del legislatore ha avuto un riscontro assai positivo con particolare riferimento all'introduzione della cosiddetta domanda di concordato “con riserva” o “in bianco” prevista, sulla falsariga del modello statunitense del “chapter 11” del Bankruptcy Code, dal nuovo

art. 161, comma

6, l

. fall

., in forza del quale l'imprenditore può depositare il ricorso di concordato, con riserva di presentare la proposta di concordato preventivo, il relativo piano e l'ulteriore documentazione prevista, nei termini compresi tra i 60 e i 120 giorni, prorogabili in presenza di giustificati motivi di altri 60, fissati dal Tribunale; nello stesso termine l'imprenditore può presentare il ricorso per l'omologa di accordo di ristrutturazione

ex art. 182-

bis

l. fall

. Ai sensi dell'art.

161,

comma 9, tuttavia, la domanda è inammissibile quando il debitore, nei due anni precedenti, ha presentato altra domanda ai sensi del medesimo comma alla quale non abbia fatto seguito l'ammissione alla procedura di concordato preventivo o l'omologazione dell'accordo di ristrutturazione dei debiti: è evidente in questo caso l'intento di evitare che il ricorso reiterato alla domanda “in bianco” abbia uno scopo meramente dilatorio.

La finalità principale correlata alla presentazione della domanda prenotativa è allo stesso tempo la ragione principale del successo di questo nuovo istituto: si mira, infatti, a consentire all'imprenditore in crisi di poter disporre di un congruo margine di tempo per elaborare il piano e la proposta, consentendo in via immediata il prodursi del c.d. “automatic stay”, e cioè il blocco delle azioni esecutive ed i conseguenti effetti protettivi sul patrimonio che si sarebbero realizzati con la presentazione della domanda di concordato completa.

La presentazione della domanda di concordato “con riserva” produce gli effetti di cui all'

art. 168

e

182-

sexies

l. fall

. e in particolare:

  • i creditori per titolo o causa anteriore non possono, sotto pena di nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del debitore;

  • le prescrizioni che sarebbero state interrotte dagli atti predetti rimangono sospese e le decadenze non si verificano;

  • i creditori non possono acquistare diritti di prelazione con efficacia rispetto ai creditori concorrenti, salvo che vi sia autorizzazione del giudice nei casi previsti dall'

    art.

    167 l

    . fall

    .;

  • le ipoteche giudiziali iscritte nei 90 giorni che precedono la data della pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese sono inefficaci rispetto ai creditori anteriori al concordato;

  • non sono applicabili, dalla data del deposito della domanda e sino all'omologazione, le norme relative alla riduzione del capitale sociale per perdite sia per le società per azioni che per quelle a responsabilità limitata.

L'ombrello protettivo sul patrimonio del debitore interverrà, ai sensi dell'

art. 161, comma 5

,

l. fall

., a partire dalla pubblicazione, a cura del cancelliere, della domanda di concordato nel competente registro delle imprese entro il giorno successivo al deposito in cancelleria: norma questa che, come si vedrà infra, crea problemi di coordinamento con l'

art.

152 l

. fall

..

Il Tribunale dovrà, inoltre, ai fini del completamento della fattispecie, dichiarare ammissibile il ricorso, dal momento che in caso contrario gli effetti protettivi decadrebbero ex tunc, salva la conservazione degli atti legalmente compiuti per dare certezza e stabilità al rapporto creatosi.

La domanda di concordato

Ai sensi dell'

art. 161, comma

1, l

. fall

., la domanda per l'ammissione alla procedura di concordato preventivo è proposta con ricorso, sottoscritto dal debitore, al tribunale del luogo in cui l'impresa ha la propria sede principale, o in cui aveva sede nell'anno antecedente al deposito: competenza con carattere funzionale e, pertanto, non derogabile. Il comma 2 dello stesso articolo elenca poi la documentazione da presentare a corredo del ricorso, allo scopo di fornire al ceto creditorio, in funzione di una consapevole ed adeguata valutazione della proposta concordataria e del piano, un quadro reale ed aggiornato della situazione dell'impresa.

Nel caso assai frequente in cui il debitore sia una società il ricorso andrà presentato dal legale rappresentante della stessa ai sensi dell'

art. 152, commi 1 e

2, l

. fall

., richiamato dall'art. 161 comma 4, che prevedono che proposta e condizioni del concordato, salvo diversa disposizione dell'atto costitutivo o dello statuto, sono approvati:

  • nelle società di persone dai soci che rappresentano la maggioranza assoluta del capitale sociale;

  • nelle società di capitali, comprese le cooperative, dagli amministratori, la cui decisione o deliberazione deve risultare da verbale redatto da notaio ed essere depositata ed iscritta nel registro delle imprese ai sensi dell'

    art. 2436 c.c.

    (a prescindere dalla composizione collegiale o monocratica dell'organo).

Dal dato positivo emerge un regime differenziato per società di persone da un lato, e per società di capitali e cooperative dall'altro, a conferma della tendenza da parte del legislatore al trasferimento di competenze dall'organo assembleare a quello gestorio.

E' da ritenere che nelle società di persone la decisione di approvazione della domanda e delle condizioni del concordato non debba necessariamente risultare da verbale redatto da notaio e depositato ed iscritto nel registro imprese a norma dell'

art. 2436 c.c.

: la disposizione di cui al comma 3 dell'

art. 152 l. fall

., nella parte in cui impone l'intervento del notaio per la verbalizzazione sia delle “decisioni” che delle “deliberazioni”, appare infatti unicamente volta a chiarire che, con esclusivo riferimento alle ipotesi di cui alla lettera b) del comma 2 del detto

art. 152 l. fall

. (società di capitali), la forma notarile è necessaria in ogni caso: decisione assunta in forma collegiale, mediante consultazione scritta o consenso espresso per iscritto, ovvero decisione assunta in forma non collegiale.

In mancanza di un espresso limite di legge, la diversa disposizione dell'atto costitutivo di società di persone che deroghi alla competenza “naturale” prevista dal comma 2, lettera a) dell'

art. 152 l. fall

., sull'adozione della decisione di approvazione della domanda e delle condizioni del concordato, può avere il contenuto più vario. È così, ad esempio, legittimo prevedere che la decisione sia validamente adottata con il consenso dell'unanimità dei soci, di una maggioranza calcolata per teste o in base alla quota di partecipazione agli utili o alle perdite, o ancora dei soli soci amministratori o accomandatari, all'unanimità o a maggioranza.

Con particolare riferimento alle società di capitali, va sottolineato che anche in caso di diversa previsione dello statuto, e cioè nel caso di attribuzione statutaria della competenza all'assemblea dei soci, oppure nel caso di società in liquidazione, con la relativa competenza in capo ai liquidatori, la deliberazione deve comunque essere verbalizzata dal notaio ed iscritta ai sensi dell'

art. 2436 c.c.

: al notaio, quindi, compete in ogni caso il controllo di legalità in ordine alla proposta e alle condizioni del concordato, con possibilità da parte degli amministratori di proporre ricorso al tribunale in caso di rifiuto da parte del notaio di procedere all'iscrizione.

Un ulteriore elemento problematico potrebbe esservi qualora la società approvi

un piano concordatario che preveda l'effettuazione durante la procedura di operazioni straordinarie di competenza dell'assemblea dei soci, quali un aumento di capitale o l'emissione di obbligazioni convertibili (art. 124, comma 2, lett. c) e

art. 160, comma 1, lett. a) l. fall

.): in tali fattispecie sembra preferibile la tesi secondo la quale la competenza ad adottare la decisione o deliberazione di approvazione della domanda e delle condizioni del concordato rimane attribuita ai soli amministratori ai sensi dell'

art. 152, comma 2, lett. c), l. fall

., se non diversamente disposto dall'atto costitutivo o dallo statuto. In tal caso, tuttavia, per poter dar corso all'operazione straordinaria sarà comunque necessaria la rituale concorrente deliberazione dell'assemblea dei soci che la approvi, deliberazione che potrà essere anteriore alla presentazione della domanda, e dunque sospensivamente condizionata all'omologa del concordato, o successiva. La competenza degli amministratori a decidere sulla proposta e sulle relative condizioni, in altri termini, non implica anche la competenza a decidere sulle operazioni di ristrutturazione societaria che dovessero formare oggetto della proposta medesima, le quali rimangono nel potere deliberativo dell'assemblea straordinaria.

E' altresì discusso se l'approvazione della proposta di concordato possa essere delegata all'amministratore delegato o al comitato esecutivo: data l'estrema rilevanza di tale decisione, è preferibile la tesi negativa, anche se non manca chi sostiene il contrario, fondando il proprio convincimento sul rilievo che il piano allegato alla proposta di concordato potrebbe rientrare nella nozione di “piano strategico, industriale e finanziario della società” di cui all'

art. 2381 c.c.

. In contrario può obiettarsi, tuttavia, che la proposta concordataria, indirizzata per sua natura all'esterno della compagine sociale, e cioè al ceto creditorio, non è riconducibile ad un atto strategico interno di pianificazione; e lo stesso

art. 2381 c.c.

si limita a sancire, in questa ipotesi, il semplice dovere degli amministratori deleganti di esaminare tali “piani strategici”, ove elaborati.

Non è pacifica prima facie, invece, la forma della decisione o deliberazione di sottoscrivere e depositare la domanda di concordato con riserva, sia con riferimento alla necessità dell'intervento notarile per la relativa verbalizzazione sia con riferimento al deposito della stessa presso il registro delle imprese: sul punto vanno evidenziate divergenze interpretative da parte dei tribunali e diversità in punto di prassi operativa da parte dei registri delle imprese.

La distonia nasce dal combinato disposto dell'articolo 161, comma 4, che rimanda, con riferimento alle modalità di approvazione e sottoscrizione della domanda, all'

art. 152 l. fall

., il quale a sua volta disciplina l'approvazione della “proposta” e delle “condizioni del concordato” (e non della domanda).

E' necessario, pertanto, fare un passo indietro e notare come sia lo stesso “Decreto sviluppo” a chiarire le definizioni delle istanze qui in esame: la “domanda”, infatti, viene definita come “l'istanza rivolta al Tribunale tramite il ricorso di ammissione e omologazione al concordato”, la “proposta” come “le modalità qualitative, quantitative e temporali di soddisfacimento dei creditori” ed il “piano” come “l'insieme delle attività attraverso le quali il debitore si propone di ottenere il verificarsi delle condizioni per l'adempimento della proposta”.

L'

art. 152 l. fall

., invece, qualifica ancora indifferentemente come “proposta” sia l'atto da sottoscriversi da parte del legale rappresentante, e quindi il ricorso contenente domanda, proposta e piano (comma 1) sia la decisione da prendersi da parte dell'organo deliberativo circa l'accesso alla procedura concorsuale, qualificato come “domanda”, e il contenuto della proposta da rivolgersi ai creditori, qualificato come “condizioni”: detto in altri termini, la terminologia introdotta dal “Decreto sviluppo” - domanda, proposta e piano – per il nuovo

art. 161 l. fall

. non è stata recepita dall'art. 152 o, meglio, lo stesso decreto non è intervenuto anche sull'art. 152 per un evidente, e purtroppo consueto, difetto di coordinamento.

La giurisprudenza è già stata chiamata a pronunciarsi sul punto: noto è il decreto del

Tribunale di Modena del 28 novembre 2012

, che ha confermato la necessità dell'intervento notarile per la verbalizzazione della decisione di sottoscrivere e depositare la domanda di concordato con riserva, non rilevando il fatto che l'art. 152 contempli appunto l'approvazione della proposta e delle condizioni del concordato e non della domanda. Sulla stessa linea si pone il decreto del

Tribunale di Mantova del 14 marzo 2013

che ha statuito che “poiché con il ricorso

ex art. 161,

comma 6, l. fall.

la società di capitali formula istanza di ammissione alla procedura di concordato preventivo, la stessa deve allegare al ricorso la delibera dell'amministratore nelle forme previste dal quarto comma dell'art. 152 l. fall., salva diversa disposizione dell'atto costitutivo o dello statuto.”.

Altra dottrina, tuttavia, sostiene una tesi diversa, arrivando a mettere in dubbio la stessa appartenenza dell'istituto del concordato con riserva al genus concordatario, dal momento che, con la domanda

ex art. 161, comma

6

, l. fall

., l'imprenditore prenota una duplice possibilità, di presentare alternativamente un concordato preventivo o un accordo di ristrutturazione dei debiti. E, muovendo da questa constatazione, tale linea interpretativa, sostenuta anche da parte della giurisprudenza di merito (Tribunale di Pistoia, decreto 30 ottobre 2012), ritiene, tra l'altro, non necessario il rispetto delle formalità di cui all'

art. 152 l. fall

., in ragione:

a) della collocazione topografica del quarto comma dell'

art. 161 l. fall

., da riferire solo alla domanda di concordato ordinario di cui al primo comma e non anche quello con riserva di cui al successivo sesto comma;

b) dei riferimenti espliciti della norma, dettata per il concordato fallimentare, alla “proposta di concordato” ed alle relative “condizioni”, elementi estranei alla domanda di concordato con riserva;

c) della proponibilità, in via alternativa, di un accordo di ristrutturazione dei debiti, in cui il richiamo dell'

art. 152 l. fall

. è completamente assente;

d) dell'incompatibilità di siffatti oneri pubblicitari e formali con una mera intenzione o manifestazione di volontà, a contenuto variabile;

e) dell'assolvimento degli oneri pubblicitari con la pubblicazione del ricorso, ai sensi del quinto comma dell'

art. 161 l. fall

..

Pertanto, in ragione delle caratteristiche di fluidità, flessibilità ed urgenza dell'istituto, sarebbero legittimati a sottoscrivere e presentare la domanda ex art. 161, comma

6

, l. fall

. il legale rappresentante delle società di capitali e, per le società di persone, i soci rappresentanti la maggioranza assoluta del capitale, senza alcuna necessità del verbale notarile.

Lo stesso Tribunale di Milano sembra essersi attestato su questa linea interpretativa: dopo aver inizialmente aderito all'orientamento maggioritario (che reputa necessari gli adempimenti

ex art. 152, comma

3

, l. fall

., in considerazione degli importanti effetti della domanda), lo stesso ha successivamente mutato indirizzo, restringendo il controllo al solo presupposto dell'

art. 152,

comma

1

, l. fall

. (sottoscrizione della domanda da parte del soggetto munito della rappresentanza sociale), con possibile acquisizione delle delibere assembleari (al fine di verificare possibili conflitti d'interesse che le renderebbero annullabili) ma non anche dei verbali di cui all'

art. 152,

comma

3

, l. fall

. (delibera assembleare o «determina» dell'organo amministrativo, anche monocratico, con cui si autorizza o decide la presentazione della proposta di concordato), anche per prevenire future contestazioni sull'oggetto della delibera, formulata in un momento talmente anticipato da poter risultare eccessivamente generica, o non adeguatamente motivata sul tipo di proposta da autorizzare.

Questa linea interpretativa, in sostanza, considera sempre necessario dimostrare, con il deposito della domanda ai sensi dell'

art. 161, comma 6, l. fall

., solo i poteri rappresentativi dell'amministratore o del liquidatore, mentre sarebbe indispensabile il verbale notarile solo al momento di effettivo deposito della proposta e del piano; ciò si ricaverebbe non solo dal tenore letterale dell'

art. 152 l. fall

., ma anche sul presupposto pratico legato al fatto che prima del deposito degli atti su cui verte la riserva è possibile per il proponente cambiare idea: se questi, infatti, presentasse una domanda di omologa di accordi di ristrutturazione dei debiti in luogo di un concordato preventivo, una precedente delibera che abilitasse solo alla presentazione del secondo diverrebbe inefficace. Sarebbe possibile, pertanto, ma non necessario secondo questa tesi, rivestire della forma autentica sia la decisione dell'amministratore o del liquidatore di presentare la domanda ai sensi dell'

art. 161, comma 6, l. fall

., sia il deposito della domanda

ex art. 161, comma 6, l. fall

., essendo concepito come termine ultimo, ai fini della forma pubblica, solo il momento di effettivo deposito della proposta e del piano.

L'esistenza della delibera

ex art. 152 l. fall

., in altri termini, non costituirebbe condizione di ammissibilità o di procedibilità del ricorso, ma - deve presumersi - solo requisito che incide sulla legittimazione ad causam dell'organo deliberante, che come tale potrebbe intervenire anche dopo la presentazione della domanda di ammissione ma comunque prima della pronuncia del decreto con cui il Tribunale deliberi sulla stessa.

Chi scrive non condivide questa linea interpretativa, alla luce della stessa ratio delle disposizioni in esame, che è quella di garantire che un momento essenziale della vita della società, quale è quello dell'accesso al concordato, debba essere oggetto di una specifica deliberazione per l'enorme rilievo delle relative conseguenze: non vi è ragione, pertanto, per escludere dal perimetro dell'obbligatorietà del rispetto dell'

art. 152 l. fall

. sia la delibera da parte dell'organo amministrativo o liquidatorio in ordine alla domanda di concordato con riserva, sia, a maggior ragione, stante il dato testuale dell'

art. 161, comma 4, l. fall

., il deposito della domanda medesima, la cui proposizione comporta l'esteriorizzazione dello stato di crisi e una modifica del regime del rapporto tra le diverse categorie di creditori, oltre al rischio di innescare una procedura fallimentare.

L'approvazione dell'iniziativa concorsuale da parte dell'organo societario competente costituisce, pertanto, vera e propria condizione di procedibilità per il tribunale fallimentare, che diversamente non potrebbe pronunciarsi mancando uno dei requisiti formali dell'istanza.

Al fine di ovviare ad eventuali difformità di contenuto tra oggetto della delibera e l'oggetto della domanda effettiva, sarà senza dubbio consigliabile che la prima attribuisca al soggetto deputato a presentarla anche il potere di integrare la stessa con la documentazione che dovesse essere eventualmente richiesta dal tribunale, in modo da non incorrere nel difetto di poteri rispetto alla domanda finale. Va sottolineato, in queste ipotesi, che le integrazioni al piano di concordato eventualmente richieste dal tribunale ai sensi dell'

art. 162, comma 1, l. fall

., non costituendo una nuova domanda né una modifica discrezionale di quella già presentata, possono essere validamente adottate dall'organo societario competente nelle forme ordinarie, senza che sia necessaria la verbalizzazione notarile di cui all'

art. 152, comma 3, l. fall

.

Ipotizzata la necessità dell'intervento notarile sin dal primo momento di formazione della volontà delle società di capitali che intendano accedere al concordato, anche “in bianco”, occorre poi individuare i confini del suddetto controllo di legalità: si ritiene, sul punto, di condividere la posizione dell'Ufficio studi del Consiglio Nazionale del Notariato che, in un recentissimo commento, ha affermato che “al notaio non possa essere ascritto, in questa fase prodromica, altro dovere che quello di verificare le regole di competenza e di formazione della volontà sociale in materia di "deliberazione" del concordato; e che il medesimo pubblico ufficiale non possa rifiutarsi di chiedere l'iscrizione nel registro delle imprese di una proposta recante modalità e condizioni (

art. 152, comma 2,

l. fall

.) non conformi a quelle contemplate dal pur amplissimo paradigma degli

artt. 124

e

160 l. fall

.” (

A. Ruotolo - D. Boggiali, La c.d. domanda di concordato in bianco, CNN Notizie, 2013

).

Verificato il rispetto delle suddette regole di competenza e di formazione della volontà sociale, null'altro potrà (e dovrà) essere richiesto al notaio, dal momento che il contenuto della proposta e del piano dovranno essere necessariamente vagliati dal tribunale: qualora si ritenesse, al contrario, che il notaio fosse tenuto a rifiutare l'iscrizione della deliberazione di proposta del concordato per difformità del contenuto della medesima dalle norme fallimentari, si dovrebbe ammettere la legittimazione degli amministratori a ricorrere al tribunale ai sensi dell'

art. 2436, comma 3, c.c.

, con il risultato di rimettere la questione ad un giudice diverso da quello competente secondo la disciplina speciale.

Come si legge testualmente nelle “Linee guida sul concordato preventivo post Decreto Sviluppo” del Tribunale di Milano, infatti, è il tribunale medesimo l'organo deputato a verificare, tra l'altro, la regolarità formale della domanda, accertando la sussistenza dei necessari poteri in capo al soggetto che l'ha sottoscritta ed eventualmente acquisendo le relative delibere assembleari, nonché a valutare i vizi di legittimità della delibera, e quindi anche, ad esempio, eventuali ipotesi di conflitto d'interesse che la renderebbero annullabile. Alla luce della retrodatazione degli effetti dell'ammissione alla procedura al momento della presentazione del ricorso e, quindi, allo scopo di evitare strumentalizzazioni e abusi del nuovo istituto, il tribunale dovrà, pertanto, esercitare un controllo non solo formale della regolarità del ricorso, diretto alla verifica della legittimità della procedura attraverso il riscontro della propria competenza e dell'esistenza di tutti i requisiti soggettivi ed oggettivi, tra i quali rilevano particolarmente la verifica del deposito con la domanda dei bilanci relativi agli ultimi tre esercizi, la verifica dell'adempimento di cui all'

articolo 152, comma 2, l. fall

. e che il debitore nei due anni precedenti non abbia presentato altra analoga domanda alla quale non abbia fatto seguito l'ammissione alla procedura di concordato o l'omologazione di un accordo di ristrutturazione, in modo da

valutare con attenzione anche la sussistenza dello stato di crisi/insolvenza.

A conferma di quanto sopra è illuminante una massima degli orientamenti societari deliberata dal Comitato interregionale dei consigli notarili delle tre Venezie, e precisamente la massima P.A.1 intitolata “Controllo notarile sul contenuto della decisione di approvazione della domanda e delle condizioni del concordato ai fini della sua iscrivibilità nel registro imprese” che statuisce:

Il controllo che il notaio verbalizzante la decisione o deliberazione di approvazione della domanda e delle condizioni del concordato deve effettuare al fine di valutare la sua iscrivibilità nel registro imprese ai sensi dell'

art. 2436 c.c.

, richiamato dal comma 3 dell'

art. 152 legge fall

., è di legittimità e non di merito.

Il notaio dovrà quindi verificare:

a) che la decisione sia stata adottata dall'organo competente;

b) nell'ipotesi di concordato fallimentare, che siano stati rispettati i limiti temporali di cui all'

art. 124, comma 1, legge fall

.;

c) che la decisione approvi non solo la domanda ma anche le condizioni del concordato; a tal fine si ritiene che sia soddisfatto detto ultimo requisito qualora sia precisato, anche genericamente, ai sensi degli

artt. 124

e

160 legge fall

., se il concordato avverrà:

  1. mediante cessione dei beni, accollo, o altre operazioni straordinarie comunque specificate (aumenti di capitale; emissione di obbligazioni, altri strumenti finanziari o titoli di debito; costituzione di nuove società con conferimenti di rami di azienda e attribuzione delle partecipazioni ai creditori, ecc.);

  2. con l'intervento di un assuntore;

  3. con la suddivisione dei creditori in classi diverse;

  4. con soddisfazione non integrale dei creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca.

Al contrario il notaio non potrà effettuare alcuna valutazione in ordine alla ricorrenza dello “stato di crisi”; alla opportunità e fattibilità del piano; alla consistenza dell'attivo e del passivo; ed in genere ogni altra valutazione relativa ad elementi il cui esame è riservato dalla legge all'attestatore, al giudice e ai creditori.
E' inoltre inibita al notaio qualsiasi valutazione in ordine agli elementi che devono risultare dai documenti e dalla relazione del professionista che accompagneranno la domanda di concordato ai sensi dell'

art. 161 legge fall

., ancorché indicati nella decisione o deliberazione da lui verbalizzata”.

La pubblicità

La domanda di concordato, superato il controllo di legalità e di formazione della volontà sociale da parte del notaio, è comunicata ai sensi dell'

art. 161, comma 5, l. fall

., al pubblico ministero ed è pubblicata, a cura del cancelliere, nel registro delle imprese entro il giorno successivo al deposito in cancelleria. Tale disposizione confligge testualmente con quella dell'

art. 152 l. fall

., la quale prevede, invece, che la decisione o la deliberazione sia depositata ed iscritta nel registro delle imprese ai sensi dell'

art. 2436 c.c.

a cura del notaio: come già sopra delineato, ci si trova in presenza dell'ennesima manifestazione di schizofrenia legislativa.

Il problema è analogo a quello appena affrontato in ordine alla necessità o meno della forma pubblica per la deliberazione di formazione della volontà sociale di presentazione della domanda di concordato: problema, tuttavia, acuito dal fatto che i comportamenti dei diversi registri delle imprese sono tutt'altro che uniformi, dal momento che alcuni procedono all'iscrizione mentre altri rifiutano la stessa.

Una prima linea interpretativa sostiene la prevalenza dell'

art. 152 l. fall

., argomentando sulla base del fatto che tale norma si limita a disciplinare nel concordato fallimentare le modalità di formazione della volontà sociale, richiedendo la pubblicità della decisione o della delibera comunque prodromica alla presentazione del ricorso al giudice delegato ai sensi dell'

art. 125 l. fall

.. Sotto tale profilo, la struttura procedimentale è analoga nelle due fattispecie: alla fase di formazione della volontà sociale segue quella della presentazione del ricorso, con la differenza che nel concordato fallimentare non è necessario un coinvolgimento specifico del pubblico ministero, trattandosi appunto di una vicenda che attiene ad una procedura fallimentare già aperta, mentre nel caso del concordato preventivo la previsione del comma 5 dell'art. 161 vale ad attivare il p.m.. In questo senso farebbe propendere anche il tenore letterale dell'art. 161, laddove si limita a stabilire che “Per la società la domanda deve essere approvata e sottoscritta a norma dell'articolo 152”, richiamando quindi le modalità di approvazione della domanda e non anche la pubblicità evocata da tale ultima disposizione: come se, in sostanza, fosse richiamato più l'

art. 2375 c.c.

che l'

art. 2436

.

Altra tesi, tuttavia, sostenuta in particolare da alcuni registri delle imprese, tra i quali quello di Torino, sostiene che l'

art. 152 l. fall

. prevede l'iscrizione della sola decisione o deliberazione che approva la proposta di concordato fallimentare per le società fallite ed il rinvio allo stesso

art. 152

previsto dall'art.

161, comma 4, l. fall

., relativamente alla domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo, deve intendersi riferito solo alle modalità di approvazione e sottoscrizione della domanda e non anche al deposito per l'iscrizione nel registro delle imprese della stessa su istanza di parte. Tale tesi da un lato ha il pregio di confermare la necessità della forma pubblica anche per la deliberazione della domanda di concordato, ma dall'altro lato ha il grosso inconveniente di impedire l'iscrizione presso il registro delle imprese da parte del notaio della delibera medesima.

E' senza dubbio preferibile la tesi, sostenuta dall'Ufficio studi del Consiglio Nazionale del Notariato, della “doppia pubblicità”, nel senso dell'iscrizione sia della delibera che della domanda di concordato, al fine “di informare il mercato, e soprattutto i creditori, della circostanza che il debitore – nel nostro caso la società – sta per intraprendere un'iniziativa che porta al blocco delle azioni esecutive e cautelari ed agli altri effetti previsti dagli

artt. 168

e

169 l. fall

. Iscrizione della delibera dell'organo amministrativo (o dell'assemblea) da parte del notaio ed iscrizione della domanda da parte del cancelliere non rappresenterebbero, in tale condivisibile prospettiva, un'inutile ripetizione” (A. Ruotolo - D. Boggiali, La c.d. domanda di concordato in bianco, cit.). Tesi, peraltro, condivisa da altri registri delle imprese e da altri Tribunali, tra i quali quello di Brescia, il quale richiede espressamente l'iscrizione per procedere al deposito della domanda.

Si può argomentare dallo stesso dato positivo, che fa genericamente riferimento alla “domanda di concordato”, per sostenere che quanto sopra illustrato valga anche per il concordato “in bianco” di cui all'

art. 161, comma 6, l. fall

., posto che l'ipotesi contraria, e cioè la sottrazione della domanda anticipata di concordato al (doppio) regime pubblicitario determinerebbe conseguenze gravissime per i rilevanti effetti che la stessa produce verso i terzi. A conferma di ciò basti leggere quanto previsto nella relazione illustrativa al “Decreto sviluppo”, nella quale è testualmente affermato che l'introduzione dell'

art. 161, comma 5, l. fall

. risponde alla dichiarata finalità di risolvere “l'attuale difetto di coordinamento tra l'articolo 168 e l'articolo 184 l. f. in punto di estensione soggettiva degli effetti del concordato (...) prevedendo al quinto comma dell'art. 161 la pubblicazione obbligatoria e ex officio della domanda per concordato preventivo, ivi compresa quella anticipata, e individuando nel momento della suddetta pubblicazione il confine tra creditori concorsuali e non”.

Per “pubblicazione della domanda” deve quindi intendersi l'iscrizione nel registro delle imprese della sola domanda di concordato, e non anche degli altri documenti indicati dall'

art. 161, comma 2, l. fall

.: non sussiste, nel caso di specie, l'esigenza, propria degli accordi di ristrutturazione dei debiti, di tutelare i creditori rimasti estranei ai fini dell'eventuale loro opposizione nel ristretto termine loro concesso.

Domanda che, come visto supra, andrà quindi “pubblicata” (rectius: iscritta) a cura del cancelliere nel registro delle imprese entro il giorno successivo al deposito in cancelleria: termine brevissimo, dunque, previsto dal legislatore per evitare gli abusi emersi nella prassi degli accordi di ristrutturazione; e domanda, ancora, che non può essere effettuata direttamente dalla parte in luogo del cancelliere prima del deposito del ricorso, dal momento che l'effetto protettivo prodotto dalla pubblicazione è condizionato all'effettiva pendenza della procedura: una eventuale pubblicità anticipata sarebbe del tutto inefficace. La scelta del legislatore, infatti, è stata quella di far decorrere gli effetti del concordato nei confronti dei terzi a far data dall'iscrizione della domanda nel registro delle imprese e non più dal deposito in cancelleria, mentre con riferimento alla posizione del debitore gli effetti continuano a prodursi dal deposito della domanda, posto che l'

art. 167 l. fall

. continua a non prevedere alcuna forma di pubblicità proprio perché non vi è alcun affidamento da tutelare.

Appare, pertanto, in perfetta coerenza sia col disegno del legislatore sia con la sequenza procedimentale prevista dal dato positivo ritenere necessario che sia il notaio a verbalizzare la decisione dell'organo amministrativo di addivenire al concordato preventivo e che sia lo stesso a provvedere al relativo deposito presso il registro delle imprese prima della presentazione presso il tribunale della domanda vera e propria: è essenziale, da un lato, che la collettività venga a conoscenza il prima possibile dello stato di crisi dell'impresa mentre, dall'altro lato, occorre disincentivare l'utilizzo di uno strumento che potrebbe prestarsi ad utilizzazioni puramente strumentali.

Conclusioni

La domanda di concordato in bianco delineata dal nuovo

art. 161 l. fall

. introduce in sostanza un effetto protettivo anticipato “sulla parola”, potendo presentare contenuti vaghi e generici senza che il debitore sia tenuto a dimostrare ai creditori ed al tribunale la serietà della proposta e del piano che intende sottoporre, col rischio concreto di trovarsi in presenza di domande dirette all'unico scopo di paralizzare le iniziative dei creditori e di guadagnare tempo, senza una reale volontà da parte del debitore di addivenire ad una soluzione negoziata della crisi.

Al di là di eventuali, ed auspicabili, correttivi normativi, è essenziale che gli interpreti e gli operatori giuridici agiscano con l'obiettivo di ridurre quei profili critici della disciplina appena introdotta che appaiono suscettibili di generare gravi criticità. Vero è che nella stessa Relazione al “Decreto sviluppo” si legge che lo scopo astrattamente perseguito con tale nuovo istituto è quello di consentire “al debitore di beneficiare degli effetti protettivi del proprio patrimonio connessi al deposito della domanda di concordato” e di impedire che “i tempi di preparazione della proposta e del piano aggravino la situazione di crisi sino a generare un vero e proprio stato di insolvenza”, nella prospettiva che ha orientato il legislatore di “incentivare l'impresa a denunciare per tempo la propria situazione di crisi”; altresì vero è, tuttavia, che nel tessuto sociale ed economico del nostro Paese questo istituto potrebbe prestarsi con estrema facilità ad un utilizzo meramente strumentale e a finalità esclusivamente dilatorie.

E' da ritenere, a questo proposito, che sia ravvisabile anche nell'area degli strumenti di composizione della crisi aziendale l'istituto dell'abuso di diritto, in particolare nei casi in cui gli istituti creati dal legislatore per far fronte alla crisi vengano deviati dalla loro funzione tipica: situazione che può senza dubbio verificarsi quando le facoltà riconosciute dalla legge siano esercitate con modalità tali da determinare un sacrificio sproporzionato ed ingiustificato delle ragioni dei creditori, dilatando in modo abnorme la durata del procedimento e gli effetti dell'automatic stay.

La necessità dell'intervento del notaio sin dall'inizio, e cioè all'atto della deliberazione della volontà sociale di intraprendere il percorso concordatario, deve essere letta proprio nell'ottica di limitare al massimo i rischi di un utilizzo distorto dell'istituto in esame, dal momento che nei confronti degli organi della società tale intervento non può che rafforzare la garanzia di serietà delle decisioni prese mentre, nei confronti della collettività, l'iscrizione presso il registro delle imprese rende palese la situazione di crisi dell'impresa fornendo gli strumenti al ceto creditorio per affrontare la nuova situazione creatasi senza venirne a conoscenza a giochi già fatti, col deposito della domanda da parte del cancelliere del tribunale.

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