Le offerte concorrenti nel nuovo art. 163-bis l. fall.: l'eteronomia prevale sull'autonomia?

21 Gennaio 2016

L'Autore approfondisce l'analisi dell'istituto delle offerte concorrenti, introdotto nella disciplina del concordato preventivo dal d.l. n. 83/2015, indagandone gli aspetti applicativi nell'ottica dell'intento legislativo di incrementare la competitività e la concorrenza della procedura, nonché di evitare usi distorti, domandandosi se la natura sempre più ibrida e il contenuto sempre meno libero del concordato non abbiano comportato il superamento dell'autonomia privatistica a favore dell'eteronomia pubblicistica.
La novella e la ratio dell'istituto

L'

art. 163-

bis

l. fall

. è stato introdotto da

ll'

art. 2, comma 1, del decreto-legge 27.6.2015 n. 83

, convertito con

legge del

6.8.2015 n. 132

(

Lamanna

, La miniriforma (anche) del diritto concorsuale secondo il decreto “contendibilità e soluzioni finanziarie” n. 83/2015: un primo commento, Parte II: le modifiche riguardanti il concordato preventivo. “Proposte/piani” ed “offerte” concorrenti, in IlFallimentarista.it (16-23)

;

Lamanna

, La legge fallimentare dopo la mini riforma del D.L. n. 83/2015

, Il civilista, Milano, 2015

(41-48); Vitiello

, Vendite concorsuali e offerte concorrenti: la fine dell'era delle proposte di concordato chiuse

, in ilFallimentarista.it)

. In forza delle norme transitorie la disposizione in commento si applica ai procedimenti di concordato preventivo «introdotti» successivamente all'entrata in vigore del decreto 83/2015 e, quindi, a far data dal 27/06/2015. L'istituto delle “offerte concorrenti” di cui alla norma in commento è volto ad accrescere – nell'intento del Legislatore - la competitività e la concorrenza e creare un mercato degli assets stressati, così ponendo fine a una prassi largamente diffusa: spesso il debitore in crisi decideva di cedere la propria azienda (o un ramo della stessa o un cespite significativo), ancora appetibile, ad un soggetto predeterminato. In alcuni casi patologici tale soggetto non era propriamente terzo bensì “prossimo” al debitore o addirittura costituito ad hoc (classico il caso della newco le cui partecipazioni erano detenute dai parenti o dagli amici del debitore).

Questa tuttavia è (rectius: era) la “patologia” e se discutessimo di ciò dovremmo determinare la necessità di una modifica legislativa ex post partendo dalla verifica empirica sull'acclararsi di ripetuti utilizzi distorti della legislazione, seguendo (more italico) la necessità – forse vana - di creare gli “anticorpi” per evitare prevedibili abusi.

La prassi, comunque, fosse essa il frutto di nobili intenzioni o viceversa di utilizzi fraudolenti del meccanismo, vedeva siglare tra le parti un contratto nel quale la cessione dell'azienda (o del ramo) era condizionata all'omologa (con provvedimento definitivo), onde legittimamente approfittare della disattivazione della responsabilità dell'acquirente per i debiti relativi all'azienda sorti prima del trasferimento, ai sensi dell'

art. 105, comma 4,

l. fall

. ed evitare i problemi legati all'eventuale retrocessione. Ancora, la cessione nella quasi totalità dei casi era preceduta dall'affitto, utile veicolo per non disperdere il valore aziendale - spesso immateriale - e consentire di “traghettare” l'azienda nel periglioso mare della procedura concordataria, fino all'approdo (sicuro … o quasi) dell'omologa.
Questa operazione - di affitto con patto di futura cessione sospensivamente condizionata all'omologa - talora veniva conclusa dopo il deposito del ricorso c.d. in bianco; sicchè il debitore presentava istanza ai sensi dell'articolo 161, settimo comma (prima dell'emissione del decreto ex

articolo 163),

o ai sensi dell'articolo

167, comma 2, legge fallimentare

, onde ottenere la debita autorizzazione alla alienazione del cespite o dell'azienda. Il più delle volte, tuttavia, veniva conclusa prima del deposito del ricorso di cui all'

art. 161, comma 6,

l. fall

., rendendo il concordato – conformemente all'opzione interpretativa maggioritaria – liquidatorio (Arato, Il concordato preventivo con riserva, Torino, 2013, 149; Tombari, Alcune riflessioni sulla fattispecie del concordato con continuità aziendale, in ilFallimentarista.it; in giurisprudenza Trib. Roma 24.3.2015; Trib. Bolzano 10.3.2015; Trib. Reggio Emilia 21.10.2014;

Trib. Monza 11.6.2013

).

Così tale accordo già concluso veniva recepito nel piano concordatario e sottoposto all'approvazione dei creditori; i quali, spesso, non avevano altra scelta che accettare, a fronte del rischio di soluzioni fallimentari che raramente erano (e sono) garanzia di maggiori introiti in tempi economicamente accettabili (like it or lump it). E, ancor più, tale “accettazione” avveniva passivamente, mediante il meccanismo del silenzio assenso.

Ottenuta l'autorizzazione del tribunale o del giudice delegato, l'imprenditore in procedura ed il terzo potevano dar corso agli atti attuativi necessari al trasferimento dei beni onde poi presentarsi dal notaio per la sottoscrizione del relativo contratto.

Siffatto fenomeno veniva da molti criticato, in quanto potenzialmente lesivo della concorrenza, atteso che consentiva al cedente di effettuare le alienazioni degli assets più appetibili, se non dell'intera azienda, spesso a prezzi inferiori a quelli di mercato e a soggetti talora compiacenti o allo stesso legati; talvolta veri e propri “interposti” del debitore che, di fatto, con tale operazione continuava a controllare e gestire l'azienda.

Tralasciando il dubbio riguardo le motivazioni per le quali un imprenditore che per anni ha gestito l'azienda, portandola alla crisi, possa inopinatamente “cambiare rotta” e trovare la luce sulla via di Damasco, divenendo un virtuoso gestore dell'azienda, in ogni caso la prassi ha registrato lo sconquasso causato da molte delle suddette operazioni di continuità “indiretta”. E ciò è stato diffusamente attribuito al “meccanismo” distorsivo dianzi esposto.

Tuttavia fin d'ora verrebbe da chiedersi se tale sconquasso non sia financo (o soprattutto) da attribuire al numero così elevato di società che hanno avuto, a partire dalla nota riforma del 2012, (facilmente) accesso alla procedura concordataria; spessissimo aziende di piccole dimensioni, prive di un qualsivoglia sistema di controllo di gestione e di una conduzione finanziaria attenta; società sovente gestite da una generazione ormai stanca ed incapace di reagire ad un mercato profondamente (ed irrimediabilmente?) mutato nell'ultimo quinquennio. Per altro verso, vero anche che le cessioni delle aziende nelle procedure fallimentari sono state sino ad oggi quantomeno deludenti, escluse limitate eccezioni, e non hanno quasi mai portato un maggior beneficio per i creditori sociali rispetto alle cessioni endo – concordatarie.

Se oggi, con la facile visione di chi giudica le scelte del passato dopo averlo vissuto, potrebbe risultare semplice determinare gli effetti “nocivi” di un'operazione forse da troppi strumentalizzata, come faranno i posteri a giudicare quante iniziative idealmente “recuperabili” con un veloce (e reale) intervento di terzi, non lo saranno a fronte della (“necessaria”?) complicazione dell'iter previsto dall'

art. 163-

bis

l. fall

.? Mentre sono noti i casi virtuosi, in cui la competizione ha portato un beneficio alla massa dei creditori, per lo più sconosciuti sono i casi, forse la maggioranza, nei quali il laborioso (e spesso troppo lungo) procedimento competitivo ha provocato la fuga dei possibili interessati (

Fabiani

, L'ipertrofica legislazione concorsuale fra nostalgie e incerte contaminazioni ideologiche, in ilcaso.it

).

I prodromi della norma e le sue conseguenze: l'automaticità della procedura competitiva

Ebbene, comunque sia, l'intervento del legislatore, muovendo dalle suindicate considerazioni di una casistica anomala e rilevante di utilizzi patologici, ha inteso porre fine a queste prassi, ritenendola distorsiva del mercato, e consentendo (rectius: obbligando) l'apertura di una procedura competitiva in relazione al bene (azienda, ramo d'azienda o cespite) – da salvaguardare - oggetto del negozio di trasferimento tra debitore e acquirente.

Invero la norma positivizza una prassi giurisprudenziale il cui precedente probabilmente più illustre è rappresentato dal noto concordato preventivo della Fondazione Centro San Raffaele del Monte Tabor, in cui il Tribunale di Milano aveva stabilito la regola della necessaria competitività delle vendite, anche in presenza di piani c.d. “chiusi”, in virtù dell'

articolo 182 l. fall

., considerata norma imperativa e quindi inderogabile (Tribunale di Milano decreto (di ammissione) del 28.10.2011; sul caso del San Raffaele, vedi Lamanna

, La legge fallimentare dopo la miniriforma

, cit., 41. Si veda anche il concordato “La Perla” (Trib. Bologna decr. 4.6.2013))

.

Se vi sono dei “padri putativi” del nuovo istituto delle offerte concorrenti, sono quindi da rinvenire in coloro che, per primi, hanno scalfito quello che era considerato quasi un dogma: la possibilità di recepire nel piano concordatario il c.d. “pacchetto preconfezionato”.

Come noto sul punto la giurisprudenza si era divisa: da un lato v'era chi sosteneva la legittimità del c.d. “pacchetto preconfezionato” ovvero un piano concordatario che – nell'ottica della massima valorizzazione dell'autonomia privata – fosse “chiuso” e determinato in tutti i suoi aspetti, tra cui la vendita all'affittuario dell'azienda, senza necessità di alcuna procedura competitiva, sulla scorta della concezione privatistica dell'istituto concordatario (

Trib. Bolzano decr. 10.3.15; Trib. Roma 31.7.2015; Trib. Padova 2.3.14; Trib. Lodi, decr. 1.3.2010; in dottrina ex multis Pedoja

, La fase esecutiva del piano concordatario in fallimentiesocietà.it, 2014)

; dall'altro lato, parte della giurisprudenza, prendendo abbrivio dai precedenti meneghini, riteneva la necessità di disporre le procedure competitive, per la vendita (e finanche per l'affitto), alla luce della norma imperativa di cui all'

art. 182

l. fall

. (

Trib. Milano 12.6.2014;

Trib. Milano 27.10.11

;

Trib. Roma 23.7.2010

; Trib. Piacenza 3.7.2008; Conca

, Il rapporto tra autonomia privata e controllo giudiziale nel concordato preventivo, in ilFallimentarista.it)

Come visto con l'introduzione dell'articolo in commento il legislatore ha di fatto seguito la strada tracciata dal Tribunale meneghino, imponendo la procedura competitiva nel caso di concordato c.d. chiuso. Tralasciando il lessico utilizzato dal Legislatore (“il tribunale dispone la ricerca di interessati all'acquisto disponendo l'apertura di un procedimento competitivo”) - che invero avrebbe potuto essere migliorato con la conversione in legge del D.L.,

ciò che rileva è che il decreto del tribunale che dispone l'apertura del procedimento competitivo, in presenza dei presupposti di cui al primo e sesto comma (e in tale ultimo caso con le precisazioni sopra riportate), deve essere automatico.

Premesso che tale novella ha raccolto, tra le poche della recente riforma, un quasi unanime consenso tra i commentatori (

Guidotti

, Misure urgenti in materia fallimentare (

D.L. 27 giugno 2015, n. 83): le modifiche alla disciplina del fallimento e le disposizioni dettate in tema di proposte concorrenti

, in ilcaso.it

), tanto che la disciplina delle offerte concorrenti contenuta nel D.L.

ha ricevuto lievi correzioni (in senso ampliativo) con la conversione in legge, s'impongono alcune notazioni – per così dire - preliminari.

(i)

Anzitutto la norma, ça va sans dire, rappresenta una rivoluzione copernicana: il piano concordatario non diviene di formazione solo negoziale – dogma consolidatosi alla luce della previgente disciplina - ma la sua costruzione passa attraverso una necessaria apertura al mercato (

Galletti

, Speciale decreto n. 83/15 – Le proposte concorrenti nel concordato preventivo: il sistema vigente saprà evitare il pericolo di rigetto?, in ilFallimentarista.it,

1-2)

. In altri termini con tale novella l'eteronomia pubblicistica supera l'autonomia privatistica e lo strumento principe per la composizione delle crisi (ed il rilancio dell'economia) diventa sempre più di natura ibrida e a contenuto meno libero, in quanto stretto nelle maglie del controllo pubblico (

Martinelli

, L'

art. 169 bis l. fall. dopo la novella del D.L. 83/15 (convertito, con modificazioni, dalla l. n. 132/2015): the king is dead?

, 1-2, in ilcaso.it

)

.

(ii)

Inoltre dalla lettura della norma – ed in particolare riguardo la disciplina della procedura competitiva (commi secondo e terzo, su cui si tornerà infra) - si evince l'approccio fortemente “burocratico” del legislatore, che in nome della trasparenza ha congegnato un sistema che appare, a prima vista, tutt'altro che veloce ed efficiente. E ciò desta ancor più preoccupazione in un contesto economico rapidamente mutevole, laddove l'esigenza di mantenere il valore degli assets aziendali richiede - necessariamente - l'allocazione rapida dell'azienda stessa: si ha l'impressione che con la macchinosa procedura competitiva di cui alla norma in commento la distanza tra il diritto e l'economia (declinata nel funzionamento dell'impresa) talvolta possa divenire quasi incolmabile.

(iii) Last but not least

v'è da chiedersi se fosse veramente necessario introdurre tale norma, atteso che già i tribunali di merito potevano ben operare (e di fatto operavano), laddove ritenuto giusto, nel senso indicato dalla novella, secondo un prudente apprezzamento parametrato alle singole fattispecie concrete sottoposte al loro esame.

Evidentemente il legislatore ha ritenuto di imporre ai tribunali una disciplina comune, a prescindere dall'aequitas di matrice giurisprudenziale, diffidando dell'autonomia dei privati e nell'ottica di una eteronomia sempre più stringente in materia concordataria.

L'ambito di applicazione delle offerte concorrenti

L'ambito di applicazione della disciplina delle offerte concorrenti è indicato dal primo e dal sesto comma dell'

art. 163-

bis

l. fall

.

Il primo comma delimita le caratteristiche dell'offerta.

(i) In primis

, nell'ambito delle “offerte” sono ricomprese varie tipologie negoziali, sia unilaterali che bilaterali: offerta semplice, offerta irrevocabile, contratto preliminare. L'offerta invero non deve essere necessariamente impegnativa per l'offerente sotto il profilo giuridico, divenendo la stessa irrevocabile solo all'esito della procedura competitiva descritta nel secondo e nel terzo comma della norma in commento.

(ii)

L'offerta deve essere formulata da un soggetto previamente individuato dallo stesso debitore e recepita nel piano concordatario (che sarebbe, quindi, di tipo “chiuso”). In altri termini, il debitore deve avere aderito all'offerta, che deve essere conformata in modo da impegnare il debitore in concordato a darle obbligatoria attuazione: sostanzialmente, deve essersi concluso un contratto tra il debitore ed il terzo.

(iii)

L'offerta deve prevedere il trasferimento in favore dell'offerente, dell'azienda, del ramo d'azienda o del bene di proprietà del debitore a fronte di una controprestazione di denaro o comunque “a titolo oneroso” e quindi anche mediante negozi di carattere permutativo (per es. datio in solutum) o che contemplano la cessione di crediti ovvero l'accollo di debiti (come contropartita esclusiva o parziale).

Non v'è dubbio che la norma – così come formulata - presenta una grande latitudine applicativa. La vendita competitiva andrà disposta, di fatto, nei concordati liquidatori o con continuità indiretta (

Vitiello

,

Concordato con continuità e liquidatorio dopo la riforma: elementi critici e proposte de iure condendo

, in ilFallimentarista.it.)

, laddove vi sia l'esistenza di un'offerta di acquisto o di un contratto preliminare preesistente, che ora vengono considerati ex lege, momentaneamente, tamquam non essent

sì da non ostacolare la messa in atto di una procedura di vendita competitiva.

Il trasferimento può essere immediato – anche se l'immediatezza non sembra un termine che si conformi ai tempi ed alle modalità necessarie per la procedura competitiva prevista dalla norma in commento - o differito (“anche quando il debitore ha stipulato un contratto che comunque abbia la finalità del trasferimento non immediato dell'azienda, del ramo d'azienda o di specifici beni”) e comunque può avvenire “anche prima dell'omologazione”.

A ben vedere tale ultimo inciso pone fine ad un'annosa querelle circa la possibilità di compiere atti anticipatori del piano prima dell'omologa (

Perrino

, Fallimento e concordati, Torino, 2008, 1126; Gaeta,

Fallimento ed altre procedure concorsuali, a cura di Fauceglia-Panzani, Padova, 2009, III, 1652;

Pacchi-D'Orazio-Coppola

, Le riforme della legge fallimentare

, a cura di Didone,

Torino, 2009, 1869-1870)

o addirittura prima della presentazione dello stesso piano (

Contra

Guglielmucci

, Diritto fallimentare, Torino, 2011, 334)

. In particolare ci si era chiesti se una siffatta cessione potesse essere compiuta in via definitiva - ossia senza possibile sopravvenuta inefficacia della cessione in caso di mancata omologa, con conseguente “retrocessione” dell'azienda compravenduta – e con la disattivazione della responsabilità solidale (tra cedente e cessionario) per i debiti iscritti nelle scritture contabili, di cui all'

art. 2560, comma 2, c.c.

(Trib. Bergamo 1/12/11 e Trib. Arezzo 11/11/2010

; Greggio,

La cessione dell'azienda prima dell'omologa del concordato preventivo liquidatorio, in ilFallimentarista.it).

Ebbene, con l'introduzione dell'

art. 163-

bis

l. fall

. sembra ora definita la questione: il primo comma della norma in commento prevede l'ipotesi di trasferimento “anche prima dell'omologa” allorchè vi sia un “piano di concordato di cui all'articolo 161, secondo comma, lettera e)”. Il Legislatore ha così preso atto delle modalità anticipate di vendita ormai abitualmente applicate nella prassi ed ora risulta certamente possibile, dopo l'emissione del decreto apertura del concordato preventivo e previo procedimento competitivo, cedere gli asset del debitore anche prima dell'omologa ed in particolare l'azienda o i rami d'azienda, con disattivazione della responsabilità solidale tra cedente e cessionario e “definitività” della cessione (anche nel caso in cui, successivamente, il concordato non venga omologato e il debitore fallisca).

D'altronde lo stesso

art. 182

l. fall

. dispone in tale senso, rendendo applicabile l'

art. 105 comma 4

l. fall

.

ad ogni vendita intervenuta “dopo il deposito della domanda di concordato o in esecuzione di questo”: con la novella si è così estesa l'applicazione finanche alla fase ante-omologa.

V'è quindi da chiedersi se vi sia tale possibilità anche prima dell'ammissione al beneficio del concordato, dopo il deposito del ricorso

ex

art. 161, comma 6,

l. fall

. (e sempre previo procedimento competitivo).

Credo che anche in tal caso non possano esservi dubbi, atteso che l'ultimo comma dell'articolo in commento prevede che “la disciplina del presente articolo si applica, in quanto compatibile, anche agli atti da autorizzare ai sensi dell'articolo 161 settimo comma ….” (su tale comma si tornerà più diffusamente infra). La richiesta di trasferimento tuttavia dovrà rispettare il requisito dell'urgenza, adeguatamente motivato e provato dal debitore, che dovrà altresì compiere un'anticipata e congrua disclosure del redigendo piano (laddove, ovviamente, non abbia già depositato il ricorso c.d. “pieno” e sia in attesa dell'ammissione) (

Trib. Padova 8.1.15

)

. La competizione anticipata così costringerà il debitore a disvelare da subito i propri numeri, mediante la creazione della data room necessaria per la procedura competitiva.

(Segue) Gli atti da autorizzare ai sensi dell'articolo 161, comma 7, e l'affitto di azienda

L'ultimocomma dell'

art. 163-

bis

l. fall

. estende l'ambito di applicazione dell'istituto, prevedendo che “La disciplina del presente articolo si applica, in quanto compatibile, anche agli atti da autorizzare ai sensi dell'articolo 161, settimo comma, nonché all'affitto di azienda o di uno o più rami di azienda”.

Tale comma pone non pochi problemi e probabilmente l'affitto d'azienda nel concordato, per la sua peculiarità e diffusione nella prassi, avrebbe richiesto un'autonoma regolazione, come è stato fatto nel fallimento con l'introduzione dell'

art. 104-

bis

l. fall

., laddove nella norma in commento il legislatore si è limitato ad un semplice “rinvio” di disciplina (ove “compatibile”).

Al riguardo si è evidenziato come il legislatore sembri distinguere l'affitto dagli altri atti di straordinaria amministrazione autorizzabili

ex

art. 161, comma 7,

l. fall

. (

Corsi,

Il concetto di amministrazione del diritto privato, Milano, 1974, 109 ss)

, ancorchè senza dubbio l'affitto dovrebbe essere ricompreso tra tali atti straordinari, ricavando - more geometrico - la conclusione che pare doversi escludere l'autorizzazione alla stipula di un affitto d'azienda prima dell'emanazione del decreto di ammissione

ex

art. 163

l. fall

.

A mio avviso tuttavia tale interpretazione, da un lato, pone troppa fiducia nelle finezze semantiche del legislatore e nella sua tecnica di redazione delle leggi, dall'altro pare troppo restrittiva ed in contrasto con la ratio della norma. Se con l'introduzione della norma in commento si è voluto accrescere la competitività e la concorrenza, risulta evidente la preliminare necessità di preservare il valore degli assets aziendali, laddove l'affitto è lo strumento principe nella prassi per tale fine. E la necessità di affittare l'azienda spesso si presenta - come indifferibile - nella fase di “pre-concordato”, antecedente alla presentazione del piano, sicchè attendere l'ammissione per poter affittare l'azienda potrebbe essere letale e quindi vanificare lo scopo della norma.

Per altro verso il rischio che il passaggio del tempo di fatto depauperi la consistenza dell'azienda o dei singoli rami (per le dimissioni dei dipendenti ed in particolar modo dei c.d. key men, per la perdita di clienti insoddisfatti e, quindi, di avviamento, per la risoluzione di contratti di fornitura strategici etc.) porta a suggerire che i tempi per espletare e concludere la procedura competitiva che i tribunali andranno a disporre per l'affitto delle aziende debbano necessariamente essere rapidi (auspicabilmente entro un mese). A tal fine potrà essere d'aiuto la predisposizione nei vari tribunali, ex ante, di inviti ad offrire e disciplinari standard, che eventualmente verranno adattati - velocemente – alle varie procedure competitive, con l'ausilio del commissario (o pre-commissario).

Invero, prevedendo il quinto comma il requisito della “compatibilità”, si può ritenere che sia compatibile con l'affitto e gli altri atti da autorizzare ai sensi del settimo comma dell'

art. 161

l. fall

. soltanto una procedura competitiva snella (per esempio con un invito ad offrire pubblicato rapidamente in siti online specializzati). Sarebbe inoltre auspicabile che, in casi di estrema e comprovata urgenza, allorchè possa derivare un ritardo pregiudizievole all'interesse dei creditori, qualche coraggioso tribunale autorizzasse l'affitto in favore dell'offerente senza disporre la competitiva, in quanto non “compatibile”: in tal caso, a tutela della procedura, le clausole contrattuali potrebbero (anzi, dovrebbero) prevedere necessariamente – tra l'altro – una durata limitata dell'affitto (massimo un anno); il diritto di recesso a favore del debitore; inoltre non dovrà essere inserita una clausola di prelazione a favore dell'affittuario per il futuro acquisto.

Clausola di prelazione che, invece, normalmente dovrebbe essere prevista nei contratti di affitto autorizzati a seguito della procedura competitiva, onde dare all'affittuario – se non la certezza – l'alta probabilità che egli diventi l'acquirente dell'azienda e così incentivarlo ad effettuare gli investimenti sull'azienda indispensabili per il suo rilancio (o anche soltanto per il suo mantenimento).

La procedura competitiva

Ai sensi del secondo comma il decreto del tribunale deve stabilire:

(i)

le modalità di presentazione delle offerte (tali da garantire la segretezza dell'offerente) che devono rispettare le forme previste nel decreto del tribunale a pena di inammissibilità; il luogo in cui deve essere presentata ed il termine entro il quale deve essere depositata o inoltrata;

(ii)

l'indicazione che le offerte presentate sono incondizionate – onde evitare che sull'esito della competitiva giochi l'alea di un evento futuro ed incerto - e irrevocabili (probabilmente, ma la norma non lo dice, quantomeno per un termine compatibile con i tempi della procedura competitiva); pertanto l'originario offerente ha l'onere di partecipare alla procedura competitiva, presentando nuovamente l'offerta nelle forme previste dal decreto del tribunale e, dal momento in cui viene prestata la garanzia stabilita con il medesimo decreto, l'offerta, anche se originariamente revocabile, diviene irrevocabile al pari delle altre offerte presentate nell'ambito della procedura competitiva;

(iii)

l'indicazione dei requisiti dell'offerta, affinché possa essere assicurata la comparabilità. Tale requisito - che è volto all'evidenza a rendere possibile la scelta dell'offerta considerata migliore e ad evitare che, nelle more della procedura competitiva, si possano realizzare giochetti al ribasso tra i vari concorrenti - nella prassi potrebbe creare non pochi problemi, essendovi numerosi variabili per la valutazione: per esempio, è migliore un'offerta che prevede il pagamento di 100 e il trasferimento di 50 lavoratori o un'offerta che preveda il pagamento di 50 ed il trasferimento di 100 lavoratori? Invero nella pratica della vendita o dell'affitto d'azienda spesso le offerte sono difficilmente comparabili e ciò rischia di rendere scarsamente interessante la possibilità dei terzi di offrire in concorrenza.

A tal fine, sarà quindi necessario che il tribunale ex ante stabilisca i criteri per la comparabilità, per esempio mediante un disciplinare della competitiva molto preciso e particolareggiato, che preveda finanche un punteggio per ogni elemento dell'offerta (prezzo, garanzie offerte, tempi di pagamento, livelli occupazionali garantiti, piano industriale etc.). Quando il bene oggetto di gara è complesso, come nel caso di un'azienda, il bando dovrà quindi essere preceduto da una intensa attività preparatoria, in cui il commissario intuibilmente avrà un ruolo rilevante, di standardizzazione delle condizioni;

(iv)

l'indicazione dei requisiti soggettivi dei partecipanti (anche con riferimento - deve ritenersi - ai rapporti con il debitore proponente il concordato);

(v)

le modalità (limiti, forme e tempi) di accesso alle informazioni rilevanti della procedura, che il commissario è tenuto a fornire ai potenziali offerenti, nonché i limiti di utilizzo di dette informazioni.

In tal caso trova applicazione la disciplina prevista in materia di proposte concorrenti dal novellato

art. 165, comma 2,

l. fall

., giusto il richiamo del successivo comma terzo (disciplina, peraltro, applicabile ai soli procedimenti di concordato depositati in epoca successiva alla legge di conversione). Pertanto il commissario dovrà valutare la congruità delle richieste ed ottenere dall'interessato la sottoscrizione di uno stringente obbligo di riservatezza, prima di accedere alle informazioni contenute nella data room: ciò al fine di (cercare di) evitare il rischio di accessi strumentali, il cui unico fine potrebbe essere quello di carpire informazioni rilevanti riguardo l'azienda target (fornitori strategici, clienti, prezzo, margini, mercato etc.).

Una volta ricevuto l'accordo di riservatezza debitamente sottoscritto, il commissario dovrà fornire agli interessati le informazioni utili per la presentazione delle offerte concorrenti, sulla base delle scritture contabili e fiscali obbligatorie nonché ogni altra informazione rilevante. Riguardo la modalità, probabilmente la migliore soluzione è quella di creare una data room virtuale (mediante dropbox o altro), fornendo la chiave di accesso telematica all'interessato.

Con riferimento, invece, al contenuto dei dati che potrebbero essere forniti, il punto è assai delicato, dovendosi contemperare, da un lato, l'interesse del terzo ad avere possibilità di effettuare una o più due diligence sull'azienda o sul ramo, dall'altro l'interesse del debitore a non divulgare dati riservati ed essenziali per l'azienda stessa, considerato peraltro che molte delle informazioni rilevanti non risiedono nelle scritture contabili obbligatorie, ma in dati statistici, di contabilità analitica ed industriale (ad esempio entità dei costi fissi, incidenza dei costi dei singoli fattori produttivi sul costo totale, marginalità per singolo cliente, difettosità del prodotto, ordini in portafoglio ecc.). Non v'è dubbio che

se l'informazione è necessaria per la presentazione dell'eventuale offerta del terzo - e quindi per stimolare la concorrenza - la stessa è anche un elemento critico, in quanto una o più informazioni strategiche potrebbero essere utilizzate dal concorrente sleale per indebolire la posizione di mercato del debitore.

Pertanto, come molti hanno notato, il tema delle informazioni accessibili ai terzi è un punto cruciale per garantire al nuovo istituto il conseguimento degli obbiettivi prefissati dal legislatore;

(vi)

le garanzie che devono essere offerte per partecipare alla procedura competitiva (cauzione, somme da versare per eventuali spese ecc.);

(vii)

la data di udienza per l'esamedelle offerte (da svolgersi comunque prima dell'udienza fissata nel decreto

ex

art. 163

l. fall

.) e le modalità di svolgimento della procedura competitiva, che potrà seguire (e normalmente seguirà, tenuto conto della ristrettezza dei tempi) il menzionato esame;

(vii)

le forme con cui deve essere pubblicizzato il decreto (portali internet, quotidiani, ecc.)., dovendosi “in ogni caso” disporre “la pubblicità sul portale delle vendite pubbliche di cui all'

art. 490 c.p.c.

”;

(ix)

l'aumento minimo del corrispettivo che le offerte devono prevedere, prendendo come floor il corrispettivo di cui alla prima offerta.

(Segue) L'udienza e la gara

Il terzo comma prevede che all'udienza fissata per l'esame delle offerte, alla presenza degli offerenti e di qualunque interessato (che non è obbligatoria, sicchè se non presenti l'iter competitivo non dovrebbe essere inficiato), le medesime offerte siano rese pubbliche. E in presenza di più offerte migliorative, il giudice dovrà disporre la gara tra gli offerenti.

La gara può avere luogo alla stessa udienza o ad un'udienza immediatamente successiva (atteso che, qualora non presenti gli offerenti all'udienza per l'esame delle offerte, essi vanno avvisati dell'apertura della gara), ma

deve concludersi comunque prima dell'adunanza dei creditori, anche quando il piano prevede che la vendita o l'aggiudicazione abbia luogo dopo l'omologazione, ed evidentemente a maggior ragione quando l'offerta ed il piano prevedano che il trasferimento abbia luogo prima dell'omologazione.

Tale disposizione è volta a tutelare il diritto dei creditori ad accettare o meno la proposta in sede di votazione, avendo già piena contezza dell'esito dell'offerta di cessione. Peraltro, dal lato pratico, l'esito della gara potrà essere così recepito nel piano, agevolando il lavoro degli advisors (o, come dice qualcuno, “pianisti”).

Il legislatore, tuttavia, ha dimenticato di raccordare

tale prescrizione con il termine concesso al commissario giudiziale per la presentazione della relazione ex

art. 172

l. fall

. (ossia quarantacinque giorni prima dell'adunanza). Sarà pertanto il giudice delegato a dover assicurare, nel definire la tempistica della gara, che il commissario giudiziale abbia notizia dell'esito della stessa prima della scadenza del termine prescritto per il deposito della sua relazione.

L'ultimo periodo del terzo comma prevede che con la vendita o con l'aggiudicazione a soggetto diverso da colui che ha presentato l'offerta iniziale, in ogni caso “quest'ultimo è liberato dalle obbligazioni eventualmente assunte nei confronti del debitore e in suo favore il commissario dispone il rimborso delle spese e dei costi sostenuti per la formulazione dell'offerta entro il limite massimo del tre per cento del prezzo in essa indicato”.

È appena il caso di precisare che la disposizione distingue la “vendita”, che si riferisce al caso in cui ci sia un unico offerente (che abbia fatto la sua offerta prima del deposito del ricorso o l'unico offerente presente a seguito dell'apertura della procedura competitiva) e l'“aggiudicazione”, applicabile nel caso venga individuato l'acquirente finale a seguito della la gara competitiva tra più concorrenti.

Riguardo, invece, il rimborso delle spese e dei costi sostenuti dall'originario offerente

per la formalizzazione dell'offerta

, la norma precisa che ciò è possibile solo se il trasferimento abbia luogo dopo l'omologazione. Invero, l'ultimo periodo del comma terzo va collegato alla frase che precede (“la gara … deve concludersi prima dell'adunanza dei creditori, anche quando il piano prevede che la vendita o l'aggiudicazione abbia luogo dopo l'omologazione

”), sicchè l'omologazione è l'evento che risulta richiamato implicitamente quale dies a quo per il rimborso delle spese e dei costi sostenuti. Inoltre, sembrerebbe che il Legislatore abbia ipotizzato una sorta di credito prededucibile dell'originario offerente da fare valere nell'ambito della stessa procedura di concordato preventivo.

In ogni caso il suddetto rimborso deve essere disposto dal “commissario”: disposizione singolare, atteso che il commissario non è un organo di gestione, ma solo di supervisione e controllo, per cui (teoricamente) non potrebbe né liquidare l'ammontare di una spesa afferente la gestione, salvo che si tratti di un atto meramente ricognitivo di verifica di spese effettivamente sostenute ed inerenti all'oggetto, né - ancor meno - disporre il pagamento, non avendo alcun potere di impegnare la società.

L'applicabilità degli artt. 105 e ss. l. fall. per la vendita dell'azienda

Nel disciplinare la procedura competitiva, nel corpo dell'articolo 163-bis non vengono richiamate espressamente le norme di cui agli

artt. 105 e seguenti della legge fallimentare

ed in particolare le norme che disciplinano la vendita dell'azienda o di rami (art. 105) e le modalità delle predette vendite (art. 107), nonché i relativi poteri del giudice delegato (art. 108).

Peraltro, mentre l'art. 163-bis nulla dice al riguardo, il novellato art. 182 (che disciplina le cessioni), al quinto comma, dispone che alle vendite, alle cessioni e ai trasferimenti legalmente posti in essere dopo il deposito della domanda di concordato o in esecuzione di questo, si applicano gli articoli da 105 a 108-ter in quanto compatibili. La cancellazione delle iscrizioni relative ai diritti di prelazione, nonché delle trascrizioni dei pignoramenti e dei sequestri conservativi e di ogni altro vincolo, sono effettuati su ordine del giudice, salvo diversa disposizione contenuta nel decreto di omologazione per gli atti a questa successivi

. E tale disposizione, in virtù delle norme transitorie del

D.L. 83/15

, si applica anche (ai fallimenti ed) ai procedimenti di concordato preventivo pendenti al 27/06/15 (data di entrata in vigore del decreto legge), onde agevolare l'attività liquidativa in sede concordataria.

Nel silenzio della norma in commento, ritengo che il predetto comma quinto dell'art. 182 preveda una norma di carattere generale, e quindi possa applicarsi, in via analogica, anche ai casi disciplinati dall'

art. 163-

bis

l. fall

. (ancor più per i “trasferimenti” di cui al primo comma). D'altronde, parte della giurisprudenza ha da tempo considerato l'art. 182 quale precetto di carattere imperativo, avente il fine di massimizzare la soddisfazione dei creditori, mediante - appunto – le vendite competitive. Peraltro, la stessa ratio degli art. 163-bis e 182 mi sembra simile: direttamente, favorire la concorrenza e la competitività; indirettamente, garantire (come detto) la migliore recovery dei creditori sociali.

V'è tuttavia un problema: nella fase del concordato con riserva o nella fase anteriore all'omologa del concordato pieno il debitore mantiene la disponibilità dei propri beni, seppur sotto la vigilanza del commissario, per cui non sono automaticamente trasferibili tutte le disposizioni dettate per la vendita dell'azienda nel fallimento dall'

art. 105

l. fall

.

Invero tali disposizioni risultano applicabili soltanto laddove compatibili con la disciplina dettata dall'art. 163-bis: per cui, a mio avviso, per le offerte concorrenti può applicarsi il quarto comma (sulla disattivazione della responsabilità solidale per i debiti) dell'

art. 105 l. fall.

, altrimenti nessuno comprerebbe un'azienda dal debitore in concordato.

Più complicata l'applicazione del secondo e del terzo comma dell'

art. 105

l. fall

.

Il secondo comma dell'art. 105 richiama per le vendite la disciplina di cui all'

art. 107 l. fall.

, che prevede modalità non perfettamente coincidenti con la disciplina di cui al secondo e terzo comma dell'art. 163-bis.

Ritengo comunque che possa applicarsi il primo comma dell'art. 107, riguardo la rateizzazione del prezzo e pubblicità delle vendite, “al fine di assicurare la massima informazione e partecipazione degli interessati”. Peraltro il primo comma dell'art. 107 dispone che la vendita è disposta “

sulla base di stime effettuate, salvo il caso di beni di modesto valore, da parte di operatori esperti, assicurando, con adeguate forme di pubblicità (…)”: così, ritenendo necessaria la previa stima dell'azienda da parte del perito della procedura in caso di vendita (ma non di affitto, per le dette esigenze di celerità), v'è da chiedersi quale

potrebbe essere la base dell'asta laddove il prezzo offerto dal primo offerente risultasse inferiore a quello stimato dal perito.

Il terzo comma dell'

art. 105 l. fall.

prevede che «nell'ambito delle consultazioni sindacali relative al trasferimento d'azienda, il curatore, l'acquirente e i rappresentanti dei lavoratori possono convenire il trasferimento solo parziale dei lavoratori alle dipendenze dell'acquirente e le ulteriori modifiche del rapporto di lavoro consentite dalle norme vigenti»

. Disposizione che evidentemente va integrata con l'

articolo 47, comma 4-

bis

, della legge n. 428/1990

, che prevede – nel caso di aziende con più di 15 dipendenti - la possibilità di raggiungere un accordo sindacale che consenta la deroga all'

art. 2112 c.c

.

(laddove sia accompagnato finanche dalla rinunzia dei singoli lavoratori). Accordo sindacale che, ai sensi del citato art. 47, viene preceduto da una comunicazione scritta alle rispettive rappresentanze sindacali unitarie, nonché ai sindacati di categoria, e (su richiesta delle rappresentanze o dei sindacati, comunicata entro sette giorni dal ricevimento della precedente comunicazione) da un esame congiunto (avviato “entro sette giorni dal ricevimento della predetta richiesta dal cedente e dal cessionario), al cui esito può essere concluso il predetto accordo ex comma 4-bis.

Ebbene, fermo restando che nell'

art. 163-

bis

l. fall

. non v'è alcuna menzione di tale accordo sindacale (di più, il legislatore nulla ha prescritto in relazione al trasferimento dei lavoratori nell'ambito delle offerte concorrenti), risulta chiaro che nella prassi potrebbero sorgere problemi applicativi di non poco momento. Anzitutto, il tempo necessario allo svolgimento delle trattative sindacali ed alla conclusione dei relativi accordi potrebbe essere maggiore di quello ex lege previsto per l'adunanza dei creditori; pertanto, considerato l'obbligo dell'imprenditore di modificare la domanda di concordato preventivo nel senso corrispondente all'esito della gara competitiva (

art. 163-

bis,

comma 4,

l. fall

.) ed il divieto di modifica della proposta concordataria fino a quindici giorni prima dell'adunanza dei creditori (

art. 172, comma 3,

l. fall

.), in tali casi sembra opportuno (rectius: necessario) che l'adunanza stessa debba essere opportunamente rinviata.

E ancora: considerato che, probabilmente, mentre l'offerta proveniente dal primo offerente e recepita dell'imprenditore che presenta il concordato (da cui la competitiva di cui alla norma in commento) sarà – si immagina – gradita dallo stesso imprenditore, l'offerta concorrente, risultata migliore all'esito della gara, sarà – con tutta probabilità – considerata come ostile.

Di conseguenza, mentre un accordo ai sensi dell'articolo 47 è sicuramente possibile tra imprenditore, terzo acquirente e sindacato, detto accordo potrebbe rimanere una chimera (e risultare assai improbabile) nel caso in cui l'offerta concorrente di acquisto dell'azienda provenga da un terzo “non gradito”, atteso che anche il debitore dovrà sottoscrivere tale accordo (e probabilmente sarà riluttante a farlo).

In tale caso, tuttavia, per evitare la paradossale conseguenza che il terzo offerente debba onerarsi dell'intero passivo derivante dai lavoratori subordinati, v'è da chiedersi quali rimedi potrebbero essere attivati onde “forzare” obtorto collo il debitore a sottoscrivere l'accordo sindacale.

A mio avviso la risposta è analoga al caso in cui il debitore non modifichi la proposta di concordato preventivo ed il piano in conformità all'esito della gara, ai sensi del quarto comma dell'

art. 163-

bis

l. fall

. (sul punto si tornerà infra): gli strumenti attivabili in caso di inerzia del debitore sono la revoca dell'ammissione di cui all'art. 173, ultimo comma (ultimo periodo),

l. fall

. e quelli – applicabili in via analogica – di cui al novellato

articolo 185, commi 3 e ss.,

l. fall

.

Ebbene, applicando anche per le offerte concorrenti la disciplina degli

art. 105,

107

e

108

l. fall

., il trasferimento di cui al primo comma dell'art. 163-bis risulta – giocoforza – una vendita forzata. Ciò si evince finanche dal tenore letterale della norma: la vendita è disposta dall'autorità giudiziaria, indipendentemente dalla volontà del debitore, con un bando giudiziale pubblicato sul portale delle vendite pubbliche; vi è un “aggiudicazione” e il ricavato è distribuito sotto la sorveglianza dell'autorità giudiziaria, nel rispetto delle cause legittime di prelazione.

Le conseguenze sono note (e tutte poste a garanzia dell'acquirente): (i) a seguito della vendita (effettuata prima o dopo l'omologazione) con atto notarile, dovranno essere cancellati i vincoli gravanti sui beni trasferiti

ex

art. 108

l. fall

., mediante decreto del tribunale o del giudice delegato e dopo l'incasso del prezzo

(o, nel caso di pagamento rateale con garanzia, anche in un momento anteriore); (ii) se è alienata un'azienda, ai sensi dell'

art. 105, comma 4,

l. fall

. verrà disattivato l'

art. 2560, comma 2, c.c.

, con conseguente esclusione della responsabilità dell'acquirente per i debiti sorti prima del trasferimento e risultanti dalle scritture contabili dell'alienante, a meno che il contratto non contenga accordi diversi (per esempio riguardo il TFR dei dipendenti trasferiti); (iii) la vendita (e l'udienza e gli atti che la precedono o la seguono) potranno essere delegate al professionista ai sensi dell'

articolo 591-

bis

c.p.c

.

L'applicabilità dell'articolo 104-bis l. fall. per l'affitto d'azienda

Nel silenzio della norma in commento, inoltre, v'è da chiedersi se possa essere applicabile all'affitto d'azienda o di ramo di cui all'ultimo comma dell'art. 163-bis la disciplina di cui all'

art. 104-

bis

l. fall

. dettata in tema di fallimento.

Articolo 104-bis che, al secondo e terzo comma, prevede formalità non perfettamente coincidenti rispetto a quelle indicate dall'articolo 163-bis per l'individuazione del prezzo base (che avviene sulla scorta della stima del perito della procedura, come per la vendita) e per l'individuazione dell'aggiudicatario (scelto anche in base all'ammontare del canone offerto, alle garanzie promesse, alla attendibilità del piano di prosecuzione aziendale, alla conservazione dei livelli occupazionali). Peraltro, il predetto articolo 104-bis (ai commi terzo, quarto e quinto) stabilisce che il contratto d'affitto debba avere un certo contenuto, con la necessaria previsione del diritto del curatore di procedere all'ispezione dell'azienda; la prestazione di idonee garanzie per tutte le obbligazioni dell'affittuario derivanti dal contratto e dalla legge; il diritto di recesso del curatore dal contratto che può essere esercitato, sentito il comitato dei creditori, con la corresponsione all'affittuario di un giusto indennizzo (da corrispondere in prededuzione). Inoltre, la durata dell'affitto deve essere compatibile con le esigenze della liquidazione dei beni e vi sono particolari cautele nell'inserire una clausola che preveda il diritto di prelazione a favore dell'affittuario (che può essere concesso convenzionalmente, previa espressa autorizzazione del giudice delegato e previo parere favorevole del comitato dei creditori).

Per non rendere totalmente disomogenee le modalità di affitto dell'azienda nel caso del fallimento e nel caso del concordato preventivo e stante la comune esigenza (sia nel fallimento che nel concordato) di massima tutela della procedura e, quindi, dei creditori sociali, riterrei applicabili le suddette norme dettate nell'ambito fallimentare anche per le offerte concorrenti di cui all'art. 163-bis.

Di conseguenza, tra l'altro, l'affitto non potrà avere una durata incompatibile con le previsioni del piano concordatario (massimo 1-2 anni) e andranno raccolte le opportune garanzie onde tutelare il concedente dagli eventuali inadempimenti dell'affittuario.

L'obbligo di modificare la proposta di concordato

Il quarto comma dell'art. 163-bis prevede l'obbligo del debitore di modificare la proposta di concordato preventivo ed il piano in conformità all'esito della gara.

Probabilmente, come s'è detto, il debitore spesso non sarà poi molto entusiasta di modificare la propria proposta, soprattutto allorquando sia un proprio competitor, magari poco gradito, ad essersi aggiudicato l'azienda o il ramo (o il bene).

Risulta quindi importante ipotizzare quali possano essere le eventuali sanzioni per l'omissione del debitore, atteso che l'art. 163-bis appare una norma imperfetta, ossia - appunto - priva di espressa sanzione.

Orbene, nel caso in cui tale modifica non intervenga vi potrebbe essere la possibilità per il Tribunale di aprire, prima dell'omologa e su segnalazione del commissario, il sub-procedimento per la revoca dell'ammissione al concordato, ai sensi dell'art. 173, ultimo comma (ultimo periodo),

l. fall

. (considerando, quindi, l'adempimento all'obbligo di cui al quinto comma quale condizione di ammissibilità del concordato).

Tuttavia, considerato che il rimedio di cui all'art. 173 non avrebbe possibilità pratica di operare dopo l'omologa del concordato, il Tribunale potrebbe rigettare la domanda di omologazione della domanda concordataria.

V'è tuttavia a mio avviso un'altra possibilità onde evitare che l'aggiudicazione provvisoria del terzo offerente rimanga priva di attuazione: quella di applicare in via analogica il novellato art. 185, terzo comma e seguenti, che è dettato per l'ipotesi di proposte concordatarie concorrenti e prevede - nel caso in cui il debitore non compia “ogni atto necessario a dare esecuzione alla proposta di concordato presentata da uno o più creditori, qualora sia stata approvata e omologata” –

alcune specifiche sanzioni (ossia la possibilità di “

attribuire al commissario giudiziale i poteri necessari a provvedere in luogo del debitore al compimento degli atti a questo richiesti”, la revoca dell'organo amministrativo e la nomina di un amministratore giudiziario attribuendogli i necessari poteri, “fermo restando il disposto dell'articolo 173”).

Ritengo che i nuovi commi, essendo stati inseriti nell'

articolo 185

l. fall

., che disciplina testualmente e genericamente (secondo la rubrica) l'“esecuzione del concordato, siano invocabili anche nel caso delle offerte concorrenti, appunto in via analogica, e ciò ancorchè i rimedi di cui al predetto articolo siano applicabili, testualmente, soltanto dopo l'omologazione (mentre l'

art. 163-

bis

l. fall

. prevede espressamente – come visto - la possibilità delle vendite “anticipate” prima dell'omologa). In caso contrario, l'alternativa a fronte dell'inerzia o del rifiuto del debitore sarebbe quella (soltanto) di ritenere il concordato preventivo inammissibile, con conseguente ritorno in bonis dell'imprenditore in caso di mancanza di istanze di fallimento: conclusione che appare, oltre che ingiusta, in netta controtendenza con lo spirito della riforma fallimentare del 2015.

Rimane da chiedersi se,

all'esito della competitiva (con aggiudicazione del bene ad un terzo “sgradito”), il debitore possa tranquillamente rinunziare alla proposta di concordato, facendo così cadere l'offerta concorrente.

La risposta potrebbe essere scontata alla luce del recente orientamento della giurisprudenza di legittimità, che considera legittima la rinunzia del debitore alla domanda concordataria non solo fino alla conclusione delle operazioni di voto, ma anche fino alla chiusura del giudizio di omologazione (

Cass. 28/04/2015, n. 8575

). Invero l'unico limite alla suddetta possibilità di rinunzia da parte del debitore è portato dall'eventuale conclamato abuso dello strumento concordatario, che si concretizza qualora la rinunzia appaia prima facie strumentale e diretta a ripresentare una successiva analoga domanda di concordato (e, quindi, sia attuata al solo scopo di modificare tardivamente la domanda, rispetto al termine di cui al secondo comma dell'art. 172) (

Bellè

, La modifica e il ritiro della domanda di concordato preventivo, in Fall., 2015, 645 ss.).

Per una conclusione

Considerato il fil rouge dell'intera riforma del 2015, ossia quello di evitare abusi nel ricorso al concordato e di riequilibrare il rapporto debitore/creditori (Ambrosini

, La disciplina della domanda di concordato preventivo

, 3)

, l'istituto delle offerte concorrenti sembra un ottimo strumento volto a tal fine, sublimando nelle offerte concorrenti il principio della competitività in funzione della massima recovery dei creditori.

Tuttavia per non rischiare che tale strumento, a prima vista utile per evitare distorsioni della concorrenza, diventi – nonostante le buone intenzioni del legislatore e degli operatori – un meccanismo “diabolico” che ritarda – di fatto – l'immissione degli assets sociali (ed in particolare delle aziende, specialmente tramite l'affitto) nel mercato in modo virtuoso, sarà necessario (i) disporre con urgenza le procedure competitive; (ii) approntare nei vari tribunali un modello di disciplinare standard, da utilizzare di volta in volta con gli opportuni aggiustamenti; (iii) favorire la vendita o l'aggiudicazione in tempi rapidi.

Nell'applicazione dell'

art. art. 163-

bis

l. fall

., come giustamente si è osservato, si tratta di trovare un giusto equilibrio tra urgenza (nella riallocazione degli assets e, in particolare, delle aziende o dei rami), nel miglior interesse dei creditori, e competitività, che è anch'essa uno strumento di garanzia per gli stessi creditori.

Equilibrio che, nel silenzio della norma, viene inevitabilmente rimesso alla prudenza dei tribunali, aggravati così di una responsabilità di non poco conto.

L'offerente (e gli eventuali terzi interessati) dovranno poter usufruire di un treno ad alta velocità, non di una littorina e questa è una sfida che deve essere necessariamente vinta, pena la vanificazione della lodevole (ma forse un po' astratta dalla realtà) ratio legis.

In ogni caso,

non v'è dubbio che l'introduzione di tale strumento necessariamente debba far ripensare alla natura del concordato, strumento sempre più avviluppato nelle maglie del controllo pubblico e sempre meno lasciato all'autonomia dei privati, visti - quasi – con diffidenza dal legislatore. L'eteronomia pubblicistica ha così superato l'autonomia privata?

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