Speciale Decreto Sviluppo - Nuovi reati di false attestazioni da parte del professionista

Alessio Lanzi
03 Agosto 2012

Il “Decreto sviluppo” ha introdotto all'art. 236-bis la nuova ipotesi di reato di false attestazioni in capo al professionista attestatore, andando così a colmare un vuoto legislativo.Si tratta di una fattispecie di reato proprio che si pone in modo omogeneo nel contesto della legislazione che, da qualche mese, con la l. n. 3/2012 nell'ambito della procedura per la composizione della crisi da sovraindebitamento ha previsto in capo al professionista il reato per false attestazioni in ordine all'esito della votazione o alla veridicità dei dati contenuti nella proposta di accordo o alla fattibilità del piano.

Il

D.L. 22 giugno 2012, n. 83

(cd. “Decreto Sviluppo”) ha introdotto nella

legge fallimentare il nuovo

art. 236-bis

che, contemplando il delitto di “Falso in attestazioni e relazioni”, prevede la reclusione da due a cinque anni (oltre ad una cospicua multa) per il professionista che, nelle relazioni o attestazioni redatte e rilasciate nelle c.d. procedure di ristrutturazione del debito (incise a loro volta nella disciplina che le caratterizza dallo stesso Decreto Sviluppo) “ … espone informazioni false ovvero omette di riferire informazioni rilevanti

... ”.

Tale nuova norma, e siffatta nuova ipotesi di reato, vengono utilmente a colmare un vuoto legislativo relativamente al quale si era già cominciata a creare più di una incertezza.

Infatti, di fronte alla falsificazione ideologica - sotto qualunque aspetto - delle certificazioni rilasciate dai professionisti incaricati nell'ambito delle richieste e delle attività di ammissione alle procedure di ristrutturazione del debito da parte delle imprese, si erano ipotizzate diverse prospettive di responsabilità penale.

In particolare, era stata addirittura avanzata l'ipotesi di una qualifica pubblicistica in capo al professionista, col risultato che questi - quale pubblico ufficiale - avrebbe dovuto rispondere del reato di falso in atto pubblico

ex art. 479 c.p.

Su tale questione, in ordine alla relazione del professionista incaricato

ex art. 161, comma

3

, l.

fall

., la giurisprudenza di merito si era però già espressa negativamente (

Trib. Torino, Sez. IV penale, 31 marzo 2010

), escludendo che detto professionista potesse essere considerato pubblico ufficiale. E in relazione a ciò gli Autori che si erano interessati della questione avevano avanzato e prospettato diverse soluzioni alternative circa il possibile rilievo penale di simili condotte: si era così fatto riferimento alla prospettiva di un illecito

ex art. 481 c.p.

(sul presupposto che il professionista potesse essere considerato “esercente un servizio di pubblica necessità”

ex

art. 358 c.p.

) o anche

ex art. 483 c.p.

(Lanzi, Il professionista incaricato della relazione per l'ammissione al concordato preventivo non è pubblico ufficiale, in Fall., 1440

ss

).

Talvolta, specie nella prospettiva di rilievo penale avanzata da talune Procure della Repubblica, non era stata neppure esclusa l'ipotesi di qualificare tali condotte del professionista come ipotesi di concorso nei reati fallimentari dell'imprenditore, qualora fosse poi intervenuto il fallimento dell'impresa.

In un tale panorama, utilmente, dunque, interviene la riforma in esame, poiché, dirimendo ogni precedente questione, prevede col nuovo reato di “Falso in attestazioni e relazioni” ex art. 236-bis un “delitto proprio”, consistente in un falso ideologico - attivo od omissivo - aggravato se compiuto col dolo specifico di ingiusto profitto per sé o per altri, e con l'ulteriore aggravante a effetto speciale nel caso in cui dal fatto derivi un danno per i creditori.

Tale nuova ipotesi di reato si pone anche in modo omogeneo nel contesto della legislazione in materia che, con la

legge 27 gennaio 2012 n. 3

, in tema di “Composizione delle crisi di sovraindebitamento”, all'articolo 19, comma 2, aveva già introdotto da qualche mese il reato (fra l'altro) del professionista che in tale procedura attesti la validità dei dati contenuti nella relativa proposta o attesti la stessa fattibilità del piano di ristrutturazione dei debiti (tali attività possono infatti essere svolte anche da un professionista sulla base del combinato disposto di cui agli

artt.

19, comma 2, e 20, comma 2 e 3, della L. n. 3/2012

).

Tale ultimo delitto è previsto con una pena edittale inferiore a quella della nuova fattispecie

ex

art. 236-

bis

l.

fall

. (reclusione da 1 anno a 3 anni, anziché da 2 a 5) e non contempla circostanze aggravanti speciali.

Nella misura in cui le procedure di riferimento - quella ex

L. n. 3/2012

e quella della

legge fallimentare

- sono completamente diverse fra loro, le due previsioni penali di cui sopra non comportano problemi di reciproche interferenze. Del resto la procedura relativa al “sovraindebitamento” riguarda anche soggetti che non possono fallire (imprenditori con caratteristiche che li sottraggono alle procedure concorsuali e debitori non imprenditori), e in ogni caso copre un campo complementare e autonomo rispetto a quello di cui si occupa la

legge fallimentare

.

Comune a entrambi i reati è invece l'opzione legislativa, inequivocabile, di aver istituito delle “fattispecie speciali” rispetto a qualsivoglia, eventuale e diversa prospettiva di responsabilità penale; e che – per lo meno ai fini penalistici - a seguito della previsione di tali illeciti, non si può che prescindere dalla più ampia questione della natura giuridica - privata, o più o meno pubblicistica - da assegnare ai vari professionisti interessati alle certificazioni e attestazioni delle diverse procedure.

Infatti, anche nell'ipotesi di una loro connotazione di stampo pubblicistico, la norma penale cui far riferimento non potrà che essere una di quelle di cui sopra si è detto, in luogo di quelle che riguardano gli atti dei pubblici ufficiali.

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