La valutazione di fattibilità giuridica del concordato nell'interpretazione giurisprudenziale: la verifica del contenuto dell'attestazione del professionista

20 Gennaio 2014

L'Autore torna sul dibattuto tema della valutazione, effettuata dal Tribunale, in merito alla fattibilità giuridica della proposta di concordato preventivo, con una particolare attenzione al contenuto della relazione che deve presentare il professionista circa la veridicità dei dati aziendali, secondo quanto richiesto dal terzo comma dell'art. 161 l. fall. Partendo dalla nota sentenza delle Sezioni Unite (1521/2013) l'analisi considera i diversi orientamenti giurisprudenziali sul concetto di "fattibilità" e quali debbano essere i requisiti del professionista attestatore nonchè le modalità di controllo che il Tribunale deve effettuare sulla sua relazione.
La “fattibilità giuridica” nel concordato preventivo

Secondo la nota pronuncia della

S. Corte di cassazione a SS.UU. 23 gennaio 2013, n. 1521

, l'organo giurisdizionale, non potendo valutare né la convenienza economica, né la concreta fattibilità del piano di concordato preventivo, deve limitarsi ad un controllo di legalità formale e sostanziale.

La Corte ha precisato che il giudice ha il dovere di esercitare il controllo di legittimità sul giudizio di fattibilità della proposta di concordato, non restando questo escluso dall' attestazione del professionista, mentre resta riservata ai creditori la valutazione in ordine al merito del detto giudizio, che ha ad oggetto la probabilità di successo economico del piano ed i rischi inerenti, precisando poi che il controllo di legittimità del giudice si realizza facendo applicazione di un unico e medesimo parametro nelle diverse fasi di ammissibilità, revoca ed omologazione in cui si articola la procedura di concordato preventivo.

L'enucleazione dei due concetti (fattibilità giuridica e fattibilità economica) ha costituito l'autentica novità della pronuncia, in quanto si giunge, per questa via, ad individuare il perimetro entro il quale dovrà essere limitata la valutazione del Tribunale al momento dell'ammissione; in tale prospettiva si è dunque affermato che il controllo del giudice è destinato a realizzarsi soltanto sulla completezza e congruità logica dell'attestato del professionista.

Da parte dei Giudici di legittimità si è peraltro concluso nel senso che del rischio dell'insuccesso economico del concordato “…. si facciano esclusivo carico i creditori, una volta che vi sia stata corretta informazione sul punto”.

Naturalmente – come ha precisato la Corte di Cassazione - sarà necessario che i creditori ricevano una completa e veritiera informazione circa i dati contabili del debitore, nonché in ordine alle verifiche interne e le connesse valutazioni che sono state effettuate al fine di giungere all'affermazione di fattibilità economica da parte del professionista attestatore.

Tali informazioni assumono - pertanto - un ruolo centrale nello svolgimento della procedura in questione; al loro soddisfacimento sono chiamati a provvedere, dapprima, il professionista attestatore, e quindi il commissario giudiziale prima dell'adunanza per il voto: in tale ambito, e quindi nella verifica anche della completezza del complesso di informazioni per una corretta e consapevole decisione da parte dei creditori, si dovrà svolgere il giudizio del Tribunale in ordine alla “fattibilità giuridica”.

Ai fini dell'ammissibilità al Tribunale viene dunque riservato il controllo di fattibilità giuridica che si estrinsecherà in una verifica della idoneità della proposta concordataria a realizzare le complesse ipotesi dell'

art

160 l

.f.

(ad esempio: pagamento dei creditori come previsto nel concordato liquidatorio, prosecuzione dell'attività aziendale nel concordato in continuità, ecc.), attraverso strumenti astrattamente idonei e giuridicamente leciti: si tratta di un vaglio che deve essere effettuato una prima volta con l'ammissione, integrando essa uno dei presupposti o fatti costitutivi della procedura concordataria, ma che – a nostro avviso – potrà essere effettuato nuovamente fino all'omologa.

Nel rispetto delle indicazioni della Corte di Cassazione a SS.UU. si dovrà – pertanto – ritenere pienamente consentito al Tribunale un controllo finalizzato a verificare se l'attestazione del professionista risponda, innanzitutto, ai criteri formali previsti dalla legge e, successivamente, se soddisfi i presupposti sostanziali e quindi, sia comprensibile, coerente, sufficientemente dettagliata (cfr.

Arato, La domanda di concordato preventivo dopo il

d. lgs. 12 settembre 2007, n. 169

, in Dir. Fall., 2008, I, 61

).

La valutazione di “fattibilità giuridica” da parte del Tribunale ed il suo contenuto; la “lettura critica” dell'attestazione del professionista da parte dei giudici

Proprio alla luce della necessaria verifica della “fattibilità giuridica”, il Tribunale, in sede di ammissione alla procedura, dovrà e potrà controllare la completezza del ricorso e la coerenza complessiva del piano concordatario; inoltre, nell'ambito della verifica della completezza della documentazione richiesta dovrà essere svolto un ulteriore controllo sulla correttezza delle argomentazioni svolte e delle motivazioni indicate dal professionista a sostegno del formulato giudizio di fattibilità del piano; tali argomentazioni dovranno essere coerenti con le conclusioni finali prospettate (si pensi ad esempio ad un giudizio di fattibilità ancorato ad un complesso di dati, la cui sommatoria deponesse viceversa in favore di conclusioni di segno opposto); da ultimo dovrà essere vagliata la possibilità giuridica di dare esecuzione (sia pure parziale) alla proposta di concordato, ovvero la rilevazione del dato, se emergente ‘‘prima facie'', da cui poter desumere l'inidoneità della proposta a soddisfare in qualche misura i diversi crediti rappresentati, nel rispetto dei termini di adempimento previsti.

Si tratta, come si vedrà più avanti, di una tipologia di controlli che, se correttamente esercitati, appaiono idonei ad effettuare quelle attività di “filtro”, bloccando sul nascere quelle procedura che non solo non hanno prospettive di successo, ma che appaiono strumentali solo ad evitare l'imminente fallimento (con riferimento alle problematiche dell'abuso dello strumento del concordato preventivo cfr. Lamanna, Possibilità di “consecutio” solo unidirezionale tra pre-concordato e concordato. Profili di abuso del diritto, in ilFallimentarista.it; Id., Profili di abuso e limiti nella reiterazione di domande di preconcordato, di concordato e di omologa di accordi, ivi; Giovetti, Il nuovo preconcordato: profili di inammissibilità ed abuso del diritto, in ilFallimentarista.it; in giurisprudenza cfr. Tribunale di Piacenza, 1 settembre 2011; Tribunale di Milano, 19 luglio 2011;

Cass. 10 febbraio 2011, n. 3274

;

Cass. 23 giugno 2011 n. 13817

;

Cass. 29 luglio 2011 n. 16738

;

Cass. 18 settembre 2012 n. 18190

. Da ultimo,

App. Milano, 21 febbraio 2013

).

Con specifico riferimento al controllo sull'attestazione del professionista ex

art.

161 l

.

f

all

. (da effettuarsi nell'ambito della fattibilità giuridica di cui sopra si è detto) ciò appare tanto più necessario e rilevante se si pensa che a tale documento viene attribuita, da parte della stessa giurisprudenza di legittimità, la funzione di fornire dati, informazioni e valutazioni sulla base di riscontri effettuati dall'interno, elementi tutti che sarebbero altrimenti acquisibili esclusivamente soltanto tramite un consulente tecnico nominato dal giudice. Ne consegue dunque che, pur non essendo un consulente del giudice - come si desume dal fatto che è il debitore a nominarlo -, il professionista attestatore ha le caratteristiche di indipendenza (ulteriormente indirettamente rafforzate dalle sanzioni penali previste dalla

l.fall., art. 236

bis
, introdotto con il

D.L. n

. 83 del 2012

) e professionalità idonee a garantire una corretta attuazione del dettato normativo. Deve dunque - ritenersi che egli svolga funzioni assimilabili a quelle di un ausiliario del giudice, come pure si desume dal significativo ruolo rivestito in tema di finanziamento e di continuità aziendale (

l.fall., art. 182

quinquies
, di cui al

D.L. n. 83 del 2012

), circostanza questa che esclude che destinatari naturali della funzione attestatrice siano soltanto i creditori e viceversa comporta che il giudicante ben possa discostarsi dal relativo giudizio, così come potrebbe fare a fronte di non condivise valutazioni di un suo ausiliario”. Tale conclusione appare coerente anche con il fatto che - da parte del Legislatore del 2012 - si è proceduto ad una valorizzazione dell'attestazione

ex art. 161 l.f.

, cui ha conseguito, come logico, un aumento della responsabilità del professionista, anche in una prospettiva di rilevanza penale.

Da parte della Corte di Cassazione, pur prendendo atto del mutamento del ruolo dell'attestatore si è peraltro precisato che “…. ai fini della dichiarazione di ammissibilità della proposta al tribunale è conferito al giudice il compito di esaminare criticamente la relazione del professionista che accompagna il piano indicato dall'imprenditore e la documentazione da questi prodotta, consentendogli anche di richiedere integrazioni di contenuto e documentali”.

Ritenendo quindi possibile estendere il controllo di regolarità formale anche al contenuto della relazione del professionista, si era già da tempo affermato in giurisprudenza che in tale documento non dovranno sicuramente essere presenti “errori logici” (

Trib. Pescara, 20 ottobre 2005; Trib. Monza, 16 ottobre 2005;

Trib. Ancona, 13 ottobre 2005

).

Occorre, a questo punto, interrogarsi sulle modalità di controllo della fattibilità giuridica ed in particolare sull'idoneità dell'attestazione a svolgere il ruolo che le è proprio di “ corretta informazione ai creditori”.

Per determinare le concrete modalità di controllo sull'attestazione – a nostro avviso - non si potrà prescindere dai criteri forniti dalla stessa giurisprudenza di merito fin dai primi tempi di applicazione del “concordato riformato”:

In tale prospettiva (

Trib. Palermo, 17 febbraio 2006

) si era precisato che “… ai fini dell'ammissibilità del debitore al concordato preventivo, il professionista incaricato di cui al comma 3 dell'

art. 161 l. fall

., pur non essendo soggetto ad alcun sindacato di merito da parte del tribunale, deve rendere manifesti, nel contesto della relazione, i criteri e le metodologie seguite nel procedimento di revisione detta contabilità della debitrice, destinato a sfociare nell'attestazione della veridicità dei dati aziendali”.

Sempre in giurisprudenza (

Trib. Monza 17 ottobre 2005

) si era dato atto che nel nuovo concordato preventivo - che valorizza fortemente l'autonomia privata - il controllo affidato al tribunale non attiene alla valutazione di merito circa la convenienza del piano proposto, bensì alla "possibilità" di una sua concreta attuazione, aveva evidenziato come “… il controllo di garanzia del tribunale non può essere ridotto a una verifica formale dell'avvenuto deposito della documentazione indicata dall'

art.

161

l.

fall

. Al contrario, il ruolo di garanzia del tribunale deve concretizzarsi: da un lato, nella verifica della completezza e regolarità dei documenti alla luce della loro idoneità a svolgere la funzione informativa e dimostrativa che la legge loro attribuisce per l'ammissione dell'imprenditore alla procedura; dall'altro nell'assicurare che la relazione del commissario giudiziale fornisca a ciascun creditore tutte le informazioni necessarie per compiere la valutazione in ordine alla convenienza del piano proposto; da un altro lato ancora, nell'interrompere in qualsiasi momento la procedura qualora emergano elementi che dimostrino la non fattibilità del piano proposto, anche se nel frattempo il concordato sia stato già approvato dai creditori e sia in corso il giudizio di omologa”.

Aderendo a tale corrente di pensiero si era sottolineato (

Trib. Milano, 9 febbraio 2007

) come “… la collocazione sistematica della norma e la ratio ad essa sottesa non depongano per una mera presa d'atto in ordine alla esistenza materiale della documentazione stessa, qualificabile come mero controllo formale, tra cui fare rientrare la relazione del professionista. Pur ritenendo che la novella legislativa precluda di entrare nel merito delle valutazione effettuate dal professionista, al tribunale è rimessa la verifica sulla completa e puntuale analisi dei dati posti a sostegno della relazione in base alla documentazione di cui all'art. 161, comma 1, l. fall., e sulla congruenza tra i dati attestati esposti e la valutazione di fattibilità espressa. In tal senso il tribunale ritiene pertanto che l'esame della relazione del professionista si incentri in una verifica della completezza argomentativa e della coerenza motivazionale della attestazione, e integri un controllo di legalità, coerente con le funzioni di garanzia assegnate dal Legislatore. L'attestazione dell'esperto, pertanto, deve, in primo luogo, prendere in considerazione tutti i dati esposti in sede di ricorso, oggetto di documentazione di cui all'

art.

161,

comma

1,

l.

fall

., e confermarne la veridicità. Espletata tale preliminare operazione la valutazione in ordine alla fattibilità del piano deve essere oggetto di una esposizione completa, coerente, motivata, idonea a dare conto delle conclusioni espresse sulla scorta delle premesse. Trattasi di una relazione documentata e ragionata che sfocia, sulla scorta di premesse metodologiche di carattere tecnico, in una prognosi sulle prospettive poste a fondamento del piano concordatario. Solo in tale ottica la relazione

ex art. 161 l. fall

. è in grado di assolvere alla funzione di fornire al commissario giudiziale ed al ceto creditorio gli elementi informativi necessari per il compimento pienamente consapevole delle valutazioni in ordine alla convenienza della proposta nell'ambito di un assetto negoziale della regolazione degli interessi in gioco”.

Tale soluzione era stata condivisa in altre (

App. Torino, 19 giugno 2007

) pronunce, ribadendosi che “… in sede di ammissione alla procedura di concordato preventivo, il controllo del Tribunale deve vertere: a) sotto il profilo della regolarità, sull'accertamento della rispondenza dei dati considerati ed attestati dal professionista qualificato, ai sensi dell'

art 161, terzo comma l. fall

., alla documentazione di supporto o degli elementi comunque acquisiti; b) sotto il profilo della completezza, sull'accertamento dell'offerta di un'informazione, esauriente ed argomentata, dell'effettiva situazione economica e finanziaria del debitore richiedente, in relazione al piano proposto ai creditori, in modo che esso sia davvero spiegato, sulla base di un'indicazione, critica e ragionata, dei mezzi offerti rispetto agli obiettivi perseguiti”.

Si era ancora evidenziato (

Trib. Terni, 4 maggio 2009

) che “… il controllo del Tribunale non può ritenersi limitato ad una verifica meramente formale e della completezza e regolarità della documentazione, dovendo, invece, procedere ad un sindacato – sia pure indiretto – anche sul merito della fondatezza (cioè sulla fattibilità) della proposta, esclusa ogni valutazione della sua convenienza, ora integralmente rimessa – attraverso la votazione – al ceto creditorio, salvo il caso del giudizio in termini di cram down in presenza di classi dissenzienti; la riaffermata prospettiva pubblicistica dell'istituto è dunque orientata all'espressione di un voto pianamente informato”.

Come si evince già dall'esame di tali decisioni, parte della giurisprudenza di merito era da tempo orientata nel senso di prevedere un'ampia verifica dell'attestazione del professionista, qualificandola come controllo sulla sussistenza dei requisiti di ammissibilità.

Tale soluzione era stata ulteriormente ribadita (

Trib. Piacenza, 1 luglio 2008

), evidenziandosi come al momento della presentazione del concordato preventivo il debitore sia “… gravato di un onere probatorio particolarmente stringente quanto alla prova della fattibilità del piano e alla veridicita`ììà dei dati aziendali, prova che dev'essere data, oltre che con la produzione della documentazione di cui all'art. 161, secondo comma, anche e soprattutto attraverso la relazione di un professionista indipendente ed imparziale”, rilevando, al tempo stesso come l'organo giudiziario non sia “…. vincolato a tale prova proprio perché, come tutte le prove dev'essere valutata e ogni valutazione non può che entrare nel merito della proposta e, quindi, anche della relazione del professionista ove il Tribunale dovesse ritenere che la medesima, non fornisca sufficienti e tranquillizzanti elementi per ritenere che il piano sia fattibile e/o i dati aziendali non siano veridici (ciò risulta coerente con la possibilità di concedere al debitore un termine non superiore a quindici giorni - termine concesso nel caso concreto - per apportare integrazioni al piano e produrre nuovi documenti, e cioè porre in essere un'attività che non può che essere conseguente, com'è del tutto evidente, a contestazioni sollevate proprio in ordine alla fattibilità e/o veridicità dei dati aziendali)”.

Favorevole ad una valutazione non meramente “notarile” della proposta di concordato in sede di ammissione, si era pronunciato anche il

Tribunale di Roma

(

24 aprile 2008

), il quale aveva affermato la propria posizione favorevole all'esercizio di un controllo sulla veridicità dei dati esposti e sulla fattibilità del piano, basandosi sulla struttura e natura dell'istituto, che si caratterizza per il mantenimento, anche nella versione vigente, di precisi connotati pubblicistici.

In giurisprudenza si era, pertanto, da tempo consolidato un orientamento che estendeva al preventivo giudizio del Tribunale la verifica della sussistenza dei presupposti formali per la presentazione del concordato, analizzando, in particolare, la relazione del professionista ex art. 161 avente ad oggetto la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano medesimo.

La dottrina che aveva favorevolmente commentato tale orientamento aveva sottolineato come “…. a fronte del venir meno del potere di sindacato giudiziario, tale è l'importanza del ruolo occupato dai creditori nel nuovo assetto normativo (improntato ad un regime, non più di “etero tutela”, ma di “autotutela”)”, che appare necessario riconoscere al Tribunale il compito di verificare se il piano del debitore con i suoi allegati (in particolare la relazione del professionista) “….. siano adeguatamente motivati, in modo da consentire ai creditori di manifestare quel “consenso informato”: cioè appunto di poter partecipare alla fase decisionale, nella piena e completa conoscenza dei dati aziendali e della reale fattibilità della proposta”, e ciò in quanto “… è “proprio la funzione “contrattualistica”, che il legislatore ha chiaramente mostrato di affidare ai creditori, che reclama ……. una informazione intelligibile e concludente” (

Vacchiano, I poteri di controllo del tribunale in sede di ammissione del debitore al concordato preventivo, in Fall., 2007, 1322

).

Si era poi opportunamente ricordato come è proprio sull'accertamento dell'idoneità di questa informazione che il controllo, da parte del Tribunale, deve necessariamente limitarsi nella fase di ammissione alla procedura, tenuto conto che il sistema normativo, secondo quanto emerge dai tratti appena delineati, induce a ritenere come destinatario della proposta concordataria non sia l'organo giudiziario, bensì in definitiva il ceto creditorio.

Altra dottrina aveva poi sottolineato come il tenore dell'

art. 163 l.

f

all

. sembrava deporre nel senso di non riconoscere al tribunale il potere di verificare la fattibilità (economica) del piano proposto dall'imprenditore, giacché tale compito è affidato dall'

art. 161 l.

f

all

. al professionista incaricato di predisporre l'apposita relazione, il quale deve fornire una valutazione di attendibilità dei dati aziendali, nonché, su tale base, una prognosi motivata circa la possibilità di successo del piano. La valutazione del tribunale sarebbe, in tale prospettiva interpretativa, limitata alla verifica di tali elementi, senza poter svolgere alcun sindacato di merito sulla proposta di concordato (

De Crescienzo-Panzani, Il nuovo diritto fallimentare, Milano, 2005, 35; Demarchi, sub art. 163, in Ambrosini-Demarchi, Il nuovo concordato preventivo e gli accordi di ristrutturazione dei debiti, Milano, 2005, 69; Censoni, Il “nuovo” concordato preventivo, in Giur. comm., 2005, I, 723 ss.; Alessi, Il nuovo concordato preventivo, in Dir. fall., 2005, I, 1147

).

Aderendo a tale linea interpretativa al tribunale veniva riservato un controllo di legittimità con riferimento alla sussistenza dei presupposti di ammissibilità del concordato, esteso anche alla regolarità formale della proposta, mediante la valutazione di adeguatezza dell'attestazione.

Del resto da parte dei giudici di legittimità (

Cass. 29 ottobre 2009, n. 22927

) (in una pronuncia che aveva sostanzialmente anticipato l'orientamento espresso nella sentenza delle Sezioni Unite sopra citata), si era giù affermato, quanto all'attestazione del professionista circa la veridicita` dei dati aziendali e la fattibilità del piano, che “il giudice si deve limitare al riscontro di quegli elementi necessari a far sı` che detta relazione possa corrispondere alla funzione, che le e` propria, di fornire elementi di valutazione per i creditori”.

Veniva così chiarito il potere-dovere di controllo del Tribunale: “… nel vagliare la relazione del professionista, il giudice deve limitarsi a valutare se nella stessa siano presenti quegli elementi necessari a far sı` che essa possa corrispondere alla funzione che le e` propria di fornire elementi di valutazione sulla fattibilita` del piano e di attestare la veridicita` dei dati contabili che ne sono alla base”.

Da parte dei giudici di legittimità si era giunti a delineare anche il ruolo, la natura ed il contenuto della relazione del professionista, affermando che quest'ultima "...

non può essere equiparata ad una semplice consulenza di parte; la legge stabilisce, infatti, che il professionista deve "attestare", vale a dire certificare e garantire al tribunale chiamato a pronunciarsi sull'ammissibilità della proposta, che i dati aziendali sono veritieri e. che il piano presente il carattere della fattibilità".

In altre parole, se la Corte di Cassazione escludeva che il tribunale potesse sia in sede di ammissione del concordato sia in sede di omologa svolgere una valutazione in ordine alla convenienza del concordato e sulla fattibilità (economica) del piano (e nemmeno potesse estendere il suo sindacato sull'accertamento della veridicità dei dati aziendali), da parte del giudice di legittimità si giungeva allo stesso tempo ad affermare che "... ciò non significa... che al tribunale la legge attribuisca il solo controllo formale della completezza della documentazione. Il tribunale è chiamato ad effettuare una valutazione più penetrante, deve garantire che i creditori siano messi in condizione di prestare il loro consenso con cognizione di causa, vale a dire che abbiano a manifestare un consenso informato e non viziato da una falsa rappresentazione della realtà se la veridicità dei dati da valutare al fine della manifestazione del consenso deve essere garantita soprattutto dal commissario giudiziale, come si ricava dalle disposizioni che lo riguardano, l'assolvimento del suo compito richiede, come anche la necessità che la proposta di concordato sia seria e non abbia finalità meramente dilatorie, che la documentazione, prodotta dal debitore, che costituisce la base di partenza delle sue indagini e valutazioni, sia completa e soprattutto che possa essere inquadrata effettivamente la tipo richiesto dal legislatore".

Le concrete modalità di controllo dell'attestazione del professionista da parte del Tribunale

Nel rispetto delle indicazioni della Corte di Cassazione a SS.UU. si dovrà – pertanto – ritenere pienamente consentito al Tribunale un controllo finalizzato a verificare se l'attestazione del professionista risponda: a) ai criteri formali previsti dalla legge; b) se l' attestazione sia in grado di soddisfare le esigenze di informazione corretta dei creditori cui è destinata, e quindi se la stessa sia comprensibile, coerente, sufficientemente dettagliata, e se i conteggi effettuati dal professionista siano corretti (

Cfr. Arato, La domanda di concordato preventivo dopo il

d. lgs. 12 settembre 2007, n. 169,

cit.

).

La sussistenza dei presupposti formali: l'indipendenza dell'attestatore

Come già ricordato, il D.L. n. 83 del 22 giugno 2012 ha delineato i profili di indipendenza e di responsabilità del professionista attestatore sia in tema di concordato preventivo, che di accordo di ristrutturazione, sia infine con riferimento al piano attestato (

cfr. Lamanna, La

legge fallimentare dopo il “Decreto sviluppo”

, in Il civilista, Milano, 2012; Id., Il c.d. decreto sviluppo: primo commento sulle novità in materia concorsuale

, in ilFallimentarista.it

; Vitiello, La “nuova responsabilità penale del professionista attestatore, in ilFallimentarista.it

).

La prima verifica che dovrà essere effettuata dal Tribunale nell'ambito della “fattibilità giuridica”, riguarderà la sussistenza di una “attestazione idonea” da parte del professionista, la quale deve ritenersi tale solo quando resa da un “professionista indipendente” rispetto al debitore (cfr. Staunovo Polacco, Concordato: inammissibilità per difetto di attestazione sulla veridicità dei dati e per pagamento dilazionato dei creditori privilegiati, in IlFallimentarista.it. Cfr. anche Stasi, La terzietà dell'attestatore

, ivi

); tale requisito deve ritenersi soddisfatto quando l'attestatore “non è legato all'impresa e a coloro che hanno interesse all'operazione di risanamento da rapporti di natura personale o professionale tali da compromettere l'indipendenza di giudizio” e quando - nemmeno mediante il tramite di soggetti con i quali è unito da vincoli di associazione professionale - non ha prestato negli ultimi cinque anni attività di lavoro subordinato o autonomo in favore del debitore ovvero partecipato agli organi di amministrazione o di controllo” (

Bersani, Il concordato preventivo, Milano, 2012, 208 ss.; Galletti, La responsabilità civile dell'attestatore nel fallimento

, in

ilFallimentarista.it;

Valensise, Gli accordi di ristrutturazione dei debiti nella

legge fallimentare

, Torino, 2012

).

Si è quindi precisato che il professionista attestatore, oltre a dichiarare il possesso dei requisiti e l'assenza delle incompatibilità di cui all'

articolo 28

l. fall

..,

deve “…aggiungere espressamente di non aver prestato negli ultimi cinque anni, neanche per il tramite di soggetti con i quali è unito in associazione professionale, attività di lavoro subordinato o autonomo in favore del debitore ovvero partecipato agli organi di amministrazione o di controllo dello stesso, al fine di rendere più esplicita l'osservanza delle nuove disposizioni sulla sua indipendenza, previste dal novellato

articolo 161, comma 3, l. fall

.” (

Trib. Terni 28 gennaio 2013

)

.

La specifica e necessaria indicazione del requisito formale dell'indipendenza del professionista è stata richiesta da parte della giurisprudenza di merito, affermando che

“… nella relazione attestativa che accompagna la domanda di concordato preventivo, il professionista deve dichiarare espressamente la propria indipendenza ovvero la mancanza di interessi personali nell'operazione, di rapporti professionali o personali con soggetti che vi abbiano interesse, tali da compromettere l'indipendenza di giudizio, nonché la mancata prestazione, nei cinque anni antecedenti la presentazione della proposta, di consulenza al debitore, neppure attraverso associati” (

Trib. Novara 27 febbraio 2013

.

In senso contrario,

Trib. Bergamo 29 novembre 2012

).

Nello stesso senso si è (implicitamente) già espressa la Corte di Cassazione a SS.UU. nella sentenza citata, precisando che “…

Il professionista attestatore, pur non essendo un consulente del giudice, deve avere caratteristiche di indipendenza (significativamente rafforzate dalla sanzioni penali di cui all'

articolo 236 bis, legge fallimentare

) e professionalità tali da garantire una corretta attuazione del dettato normativo” (Cass. 23 gennaio 2013

cit.

).

In favore della necessaria ed espressa dichiarazione di indipendenza da parte dell'attestatore, va ricordato come prima dell'intervento legislativo dell'estate del 2012, p

arte della dottrina e della giurisprudenza avevano sottolineato ed evidenziato l'opportunità che il professionista che redige la relazione di attestazione prevista in tema di piano attestato, accordo di ristrutturazione e concordato preventivo, fosse persona che si collocasse in posizione di indipendenza e terzietà tanto dall'imprenditore, quanto dai creditori che partecipano al piano di risanamento, in maniera analoga e ancor più rigorosa di quanto richiede l'art. 28, comma 3°, per l'indipendenza del curatore; tale necessità costituiva, ad avviso di molti interpreti, un principio generale, che trovava molti punti di emersione nel sistema anche a livello di principi di deontologia professionale, osservando anche come la serenità e obiettività di giudizio potessero essere condizionate, anche inconsapevolmente, dal coinvolgimento di interessi personali.

A tale proposito era stata proposta anche una “best practice”, nell'individuazione del professionista ex art. 161 l.f. precisando che “… il professionista non deve trovarsi in una delle situazioni di incompatibilità previste per le società di revisione che svolgono l'attività di revisione contabile delle società quotate, rispetto all'impresa e a coloro che beneficiano delle esenzioni da revocatoria in base al piano, e comunque rispetto ai principali creditori. E' opportuno che il professionista, pur potendo intervenire già nella fase di redazione del piano al fine di acquisire le necessarie informazioni, sia soggetto diverso dal consulente”. In tale prospettiva si era precisato che il professionista non doveva “…. essere legato all'impresa e a coloro che hanno interesse all'operazione di salvataggio da rapporti di natura personale o professionale tali da comprometterne l'indipendenza di giudizio. La sua funzione di tutela dei terzi sarebbe infatti pregiudicata dall'esistenza di un interesse che vada al di là del semplice interesse a massimizzare le probabilità di successo dell'operazione di risanamento, con il connesso beneficio anche per i terzi e per i creditori che non vi siano direttamente coinvolti. Dato il tipo di prestazione svolto dal professionista attestatore e data l'utilità di poter contare su una disciplina e degli standard interpretativi frutto di ampia elaborazione e condivisione, il criterio di indipendenza che meglio si presta al professionista appare essere quello previsto per l'incarico di revisione contabile delle società quotate.

In tale prospettiva interpretativa si sottolineava come dovevano essere evitate

situazioni di incompatibilità non soltanto con riguardo all'impresa cui si riferisca il piano di risanamento o l'accordo di ristrutturazione, ma anche con riguardo ai creditori e in genere a coloro che beneficiano delle esenzioni da revocatoria in base al piano (ad esempio, l'acquirente dell'azienda).

Appare quindi logico – ora che il requisito di “indipendenza” è espressamente previsto dalla legge, che tale dichiarazione costituisca l'aspetto preliminare dell'attestazione e che la sua mancanza conduca, necessariamente ed inevitabilmente, alla pronuncia di inammissibilità.

Passando ad esaminare il concetto di “indipendenza”, va subito osservato come non possa rivestire il ruolo di attestatore il consulente abituale, il sindaco, l'amministratore, il socio del ricorrente, ancorché egli sia in possesso dei requisiti di legge per rilasciare l'attestazione

Va inoltre osservato come

dal punto di vista della definizione del concetto di “indipendenza”

rileveranno non solo vincoli di natura contrattuale e lavorativa con l'imprenditore e con società controllate o controllanti, ma anche tutti i “rapporti di natura personale”.

Quest'ultimo, tuttavia, costituisce un riferimento talmente ampio da consentire all'Autorità giudiziaria un vaglio critico nei casi concreti molto penetrante e pervasivo sull'effettiva situazione di indipendenza, lasciandola, libera di valutare i “rapporti personali” esistenti fra debitore ed attestatore.

Qualora il requisito dell'indipendenza, sebbene dichiarato nell'attestazione, non debba essere concretamente riscontrato, la sanzione processuale sarà, ancora una volta, quella dell'inammissibilità del concordato, non potendosi configurare – per evidenti motivi - il rimedio dell'integrazione ex art. 162 l.f, non essendo prospettabile la redazione di una “nuova” attestazione da parte di un professionista indipendente entro 15 giorni (a meno di non voler ritenere tale la precedente attestazione sottoscritta dal nuovo professionista).

La sussistenza dei presupposti sostanziali

  • La sussistenza di un giudizio di fattibilità sorretto da una motivazione coerente

Si è ricordato che i primi orientamenti giurisprudenziali sono nel senso che, in mancanza di una attestazione conforme alle indicazioni legislative, il Tribunale potrà dichiarare inammissibile il concordato in quanto mancante dei presupposti di “fattibilità giuridica”.

Come sopra evidenziato, dottrina e giurisprudenza avevano individuato alcuni elementi minimi ed imprescindibili, in presenza dei quali la proposta di concordato preventivo doveva ritenersi inammissibile (Tarantino, I confini del controllo giudiziale in sede di ammissibilità della proposta di concordato preventivo, in Dir. fall., 2012, II, 409 ss; Bersani, Fisiologia e patologia del giudizio di omologazione nel concordato preventivo, in ilcaso.it).

Tali criteri sono stati – anche recentemente – richiamati e meglio delineati da parte della giurisprudenza (Trib. Padova 20 dicembre 2012

, decr.

), verificando la sussistenza dei presupposti di "fattibilità giuridica” cui deve ora considerarsi condizionata l'ammissione alla procedura.

In particolare si è affermato che “… la motivazione del giudizio di fattibilità deve essere adeguata, completa e coerente. Il professionista attestatore dovrà specificare quali verifiche abbia svolto onde appurare la fondatezza e corrispondenza ai principi contabili dei dati messi a sua disposizione, quali verifiche abbia compiuto in ordine all'esistenza ed all'ammontare dei debiti e a fondamento della valutazione di esigibilità dei crediti, nonché quali concrete valutazioni di fattibilità del piano abbia compiuto. Con specifico riferimento ai crediti, dovrà indicare i criteri di valutazione degli stessi e le ragioni che inducano a non svalutarli, dovrà verificare se siano stati emessi dei protesti nei confronti delle società creditrici, quali siano le date di anzianità dei crediti, le condizioni finanziarie patrimoniali, se i creditori siano soggetti in difficoltà o in procedura concorsuale, se vi siano stati tentativi di recupero e se i crediti siano contestati. Con riferimento alle proposte pervenute, l'attestatore dovrà accertare la genuinità, veridicità e la serietà di un'eventuale proposta irrevocabile d'acquisto di un cespite aziendale contenuta nel piano di cui all'art. 160 l. f. Riferendo inoltre quali concrete valutazioni di fattibilità del piano abbia compiuto” (

Trib. Monza 22 gennaio 2013

). In altra occasione (

Trib. Firenze 7 gennaio 2013

) si è poi precisato che “…

.

l' attestazione del professionista di cui all'

art. 161, comma 3, legge fallimentare

, deve offrire garanzia ai creditori, come al giudice, sull'esito positivo delle analisi compiute dal debitore rispetto ai dati aziendali e sulla conseguente verosimile certezza che quanto previsto nel piano possa effettivamente realizzarsi nei modi e tempi proposti. Un'attestazione che esprima valutazioni sulla fattibilità di mera "possibilità" o anche "probabilità" è priva dei requisiti prescritti per legge e deve quindi condurre all'inammissibilità della proposta concordataria, ove il professionista incaricato non provveda a rivederla nel termine all'uopo assegnabile dal tribunale”.

Si è ancora affermato (Trib. Siracusa, 2 maggio 2012) che “In tema di ammissione del concordato preventivo, il tribunale deve verificare non solo che i documenti prodotti siano aggiornati, dettagliati e completi e che la relazione del professionista attestante la veridicità dei dati e la fattibilità del piano sia adeguatamente motivata, ma anche che non ricorrano - alla luce dei dati conoscitivi disponibili, eventualmente apportati dal P.M. legittimamente intervenuto - ipotesi di nullità ex art. 1421 c.c. attinenti alla violazione di norme imperative, alla illiceità o all'impossibilità dell'oggetto, che -anche mediante sopravvalutazione di cespiti patrimoniali o indebita pretermissione o svalutazione di voci del passivo - si traducano in un vizio genetico della causa, accertabile in via preventiva in ragione della totale ed evidente inadeguatezza del piano e non sanabile dal consenso dei creditori. (Nella specie, il tribunale ha escluso che la stima di partecipazioni societarie, prospettata come eccessiva dal P.M. ma adeguatamente motivata dal professionista attestatore in un supplemento di relazione, superasse i confini della normale alea connessa alla valutazione di fattibilità di qualsiasi iniziativa economica ed integrasse una ipotesi di nullità della proposta concordataria)”.

Nella prospettiva di una

valorizzazione del ruolo che la legge ha assegnato al professionista attestatore si è altresì precisato (

Trib. Roma 25 luglio 2012

) che qualora il medesimo

“…. allo scopo di attestare fattibilità del piano concordatario si avvalga dell'operato e delle valutazioni di altri soggetti, deve far proprie le loro conclusioni e produrre una esplicita assunzione di responsabilità in ordine al loro operato”.

L'esigenza di un puntuale controllo motivazionale che sorregga l'attestazione di fattibilità è stata recentemente ribadita anche da una parte della giurisprudenza (

Trib. Mantova 28 maggio 2012

) che ha precisato come “Il professionista che attesta il piano di cui all'

articolo 161, legge fallimentare

non può limitarsi alla dichiarazione di conformità della proposta ai dati contabili, dovendo invece desumere i dati in questione dalla realtà dell'azienda che egli deve indagare verificando la reale consistenza del patrimonio, esaminando e vagliando i dati che lo compongono. Nell'ambito di questa indagine rientra l'accertamento che i crediti vantati siano esistenti e concretamente esigibili in quanto relativi a debitori solvibili.

Con specifico riferimento alla fattibilità del piano

proposto dal debitore, l'attestatore dovrà verificare che “Sia concretamente attuabile, in relazione agli obiettivi che si propone e alla specifica situazione concreta. È, infatti, noto che l'aspetto della fattibilità del piano è collegato al contenuto della proposta e alle modalità individuate dal debitore stesso di superamento della crisi di impresa. È evidente, allora, che diverse sono le condizioni di fattibilità a seconda che il piano sia liquidatorio o di ristrutturazione e contempli o meno la prosecuzione dell'attività d'impresa. In ogni caso l'attestatore dovrà dar conto dei criteri seguiti per l'espressione del giudizio ed esplicitare il percorso logico seguito nell'esame della fattibilità. È altresì evidente che detto percorso deve essere tanto più analitico quanto maggiore è la complessità del piano e numerose sono le variabili cui è collegato”.

In considerazione della funzione che l'attestazione deve svolgere (id est assicurare ai creditori la serietà della proposta e la sua praticabilità), il giudizio di fattibilità non dovrà limitarsi ad una prognosi di "possibilità" o di "probabilità" - posto che nella realtà fenomenica quasi tutto è possibile e la probabilità non soddisfa alcun reale interesse dei creditori, ma dovrà esprimere un giudizio di “….. concreta verosimiglianza, nel senso che la situazione (necessariamente futura) prospettata nel piano deve apparire il naturale sviluppo, secondo logiche di esperienza e in base ai dettami delle discipline economiche finanziarie, delle premesse del piano e delle condotte attuative finalizzate alla sua esecuzione. Anche in questo caso, l'attestatore dovrà attenersi a criteri di prudenza, tenendo conto del fatto che ai creditori non interessa la possibilità astratta, ma la concreta praticabilità della soluzione proposta” (

Trib. Firenze 9 febbraio 2012

).

Si era ancora affermato (Genoviva, I limiti del sindacato del tribunale nel concordato preventivo alla luce del “correttivo”

, in Fall. , 2008, 688 ss.

) che “L'art. 162 l. fall., nel condizionare l'esito positivo del giudizio di ammissibilità alla accertata ricorrenza di determinati “presupposti”, ricomprende tra questi l'attestazione dell'esperto sulla veridicità dei dati aziendali e sulla c.d. “fattibilità” del piano, correttamente da intendersi come un “requisito attinente alla costituzione e allo svolgimento del rapporto processuale”, nello specifico della procedura di concordato preventivo. E' allora logico e coerente ritenere che l'oggetto del giudizio di ammissibilità da parte del tribunale non possa essere la mera esistenza materiale del “documento”-relazione del professionista incaricato dall'imprenditore, ma il suo contenuto, cioè l'attestazione sulla veridicità dei dati aziendali e sulla prospettata fattibilità del piano. In altri termini, lo screening da parte dell'autorità giudiziaria non può e non deve limitarsi alla constatazione dell'allegazione tra i documenti di cui all'art. 161 l. fall. della relazione dell'esperto, ma deve avere come oggetto proprio il contenuto dell'attestazione di veridicità dei dati aziendali e contabili esposti e della prognosi di coerenza e concretezza del piano in essa contenuta”.

  • La necessità da parte dell'attestatore di un controllo analitico della contabilità del proponente il concordato al fine di esprimere un effettivo giudizio di veridicità dei dati aziendali

La necessità di un controllo effettivo ed analitico da parte del professionista sulla contabilità del proponente, era stata richiesto, oltre che dalla giurisprudenza, anche dalla dottrina (

Cfr. Genoviva, op. loc. cit

), la quale, al fine di chiarire i limiti del sindacato del tribunale nella fase iniziale della procedura di concordato preventivo, aveva affermato che “… a norma dell'art. 162 l. fall., cosı` come modificato dal D.Lgs. n. 169/2007, il tribunale deve verificare la sussistenza dei “presupposti” di cui all'art. 161 l. fall., tra i quali vi e` appunto la relazione dell'esperto, attestante la veridicita` dei dati aziendali”.

Da parte della giurisprudenza si è pertanto affermato che “

… nel concordato preventivo, con specifico riguardo all'attestazione di veridicità dei dati aziendali, il giudizio dell'attestatore non può limitarsi a una mera dichiarazione di conformità, ovvero di corrispondenza formale dei dati utilizzati per la predisposizione del piano a quelli risultanti dalla contabilità, ma, al contrario, tale giudizio comporta che il professionista accerti e attesti che i dati in questione siano “effettivamente reali” (

Trib. Benevento 23 aprile 2013

), specificando altresì come “Il concetto di “veridicità” dei dati aziendali di cui all'

articolo 161, comma 3, L.F.

deve essere ricondotto a quello di “rappresentazione veritiera e corretta”

ex art. 2423 c.c.

, e deve, quindi, essere inteso in termini di “corrispondenza al vero”. In questa prospettiva, il professionista attestatore è tenuto ad esaminare e verificare i singoli elementi contabili ed extracontabili su cui il piano concordatario si fonda, vale a dire tutti i dati di natura contabile, aziendalistica e giuridica rilevanti ai fini dell'attuabilità del piano, con la precisazione che particolare attenzione l'attestatore deve prestare agli elementi di maggiore importanza in termini quantitativi (ad esempio, crediti rilevanti), alle componenti del capitale circolante che generano flussi di cassa (ad esempio, scorte, crediti, debiti, ecc.), ed agli elementi con profili di rischio elevato ai fini dell'attestazione (ad esempio, avviamenti di assets da dismettere, fondi di rischio ed oneri).

Alla luce di tali premesse è stato considerato (

Trib. Novara 27 novembre 2012

) “Inadempiente il professionista che, incaricato di redigere la relazione di cui all'

articolo 161, comma 3, legge fallimentare

, con riferimento alla questione della veridicità dei dati aziendali, si sia limitato a richiamare la relazione redatta dalla società di revisione, senza dar atto di alcuna attività accertativa da lui specificamente svolta, che trascuri di valutare la fattibilità del piano, ometta ogni considerazione sulla omogeneità della posizione giuridica e sugli interessi economici dei creditori che compongono le varie classi, sulla congruità delle diverse percentuali di soddisfazione offerte ai creditori nonché sul raffronto comparativo tra la soddisfazione proposta in sede concordataria e quella realizzabile in sede fallimentare e che, infine, trascuri di riferire sul rispetto dell'ordine delle cause legittime di prelazione”.

L'esigenza di una verifica autonoma ed indipendente da parte del professionista attestatore è stata ribadita dal Tribunale di Casalmonferrato (

25 marzo 2011

) da parte del quale si è condivisibilmente precisato che “

In sede di ammissione al concordato preventivo, il controllo giudiziale, benché non diretto alla verifica della convenienza e della fattibilità della proposta, deve dar conto positivamente della regolarità e completezza della documentazione, tra cui il riscontro di una relazione di attestazione conforme al tipo legale e dunque adeguatamente motivata, con indicazione delle verifiche effettuate, nonché della metodologia e dei criteri seguiti per pervenire all'asseverazione sulla veridicità dei dati aziendali ed alla conclusione di fattibilità del piano. Tale "giudizio sul giudizio" non può dirsi raggiunto ove tale documento sia caratterizzato da molteplici criticità, in quanto - posto a confronto con l'esemplificazione di modello delle Linee Guida del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti del 2006 - i dati esposti non siano stati per lo più verificati dal professionista in modo autonomo, ma solo recepiti dalle informazioni fornite dal debitore, con valutazioni espresse in forma apodittica, con la conseguenza che difettano gli elementi per porre i creditori in condizione di esprimere un reale consenso informato, che costituisce il bene giuridico protetto dalla norma.”.

Si è poi precisato come “… al fine di effettuare l'attestazione della veridicità dei dati, il professionista che attesta la relazione di cui all'

articolo 161, legge fallimentare

deve verificare la reale consistenza del patrimonio dell'azienda, esaminando e vagliando gli elementi che lo compongono. Egli deve, quindi, accertare che i beni materiali ed immateriali esposti in domanda (diritti di esclusiva, brevetti, giacenze di magazzino, macchinario, beni immobili, eccetera) siano esistenti e correttamente valorizzati, anche prendendone visione diretta o, in caso di dubbio, richiedendo apposite stime (senza che ciò non lo esima da una valutazione critica della stima); deve accertare che i crediti vantati siano esistenti e concretamente esigibili, in quanto relativi a debitori solvibili, effettuando le opportune verifiche (circolarizzazione del credito, esame della situazione patrimoniale del debitore, ecc.); deve accertare il valore delle partecipazioni societarie calandosi nella realtà della società partecipate”.

Tali valutazioni dovranno essere effettuate utilizzando un “Criterio di prudenza ovvero assumendo, nel dubbio, le attività esposte al valore più basso”,

Analoghe indicazioni dovranno essere esposte nella valutazione delle passività, ove l'attestatore dovrà verificare “Che quelle esposte siano (quantomeno) quelle risultanti dalla contabilità e dagli altri documenti aziendali (non solo dal bilancio), nonché dalle informazioni che egli possa assumere presso clienti, banche e fornitori; che il debitore abbia tenuto conto, nella proposta, della natura dei crediti vantati nei suoi confronti (privilegiati o chirografari), indagando la condizione del creditore e la causa del credito; che il debitore abbia palesato l'esistenza di diritti reali di garanzia esistenti sui suoi beni; che abbia tenuto conto delle passività potenziali connesse agli obblighi contributivi o fiscali, ovvero la posizione di garanzia assunta rispetto ai lavoratori; che abbia adeguatamente considerato i rischi connessi ai contenziosi pendenti o prevedibili; che abbia risolto (o programmato di risolvere) secondo legge e contratto i rapporti giuridici pendenti. Anche in questo caso, dovrà seguire criteri di prudenza assumendo, nel dubbio, al valore più alto le passività accertate” (

Trib. Mantova, 28 maggio 2012, cit.

).

Il rigoroso orientamento giurisprudenziale – che riteniamo di condividere pienamente - trova peraltro conferma in solide argomentazioni dottrinali (

Cfr. Patti, Quale professionista per le nuove soluzioni della crisi di impresa: alternative al fallimento, in Fall., 2008

).

Si era, infatti, evidenziato - ancor prima della pronuncia della Sezioni Unite, come

il compito del professionista indicato dall'articolo 161 terzo comma legge fallimentare consista nella redazione di una relazione attestante la veridicità dei dati aziendali e di fattibilità del piano che, per sua natura, è sottoposta al sindacato del tribunale: a ciò consegue che l'attestazione di veridicità dei dati aziendali “Non possa limitarsi ad un'assicurazione di corrispondenza tra i dati indicati nel piano proposto dall'imprenditore e la sua contabilità, dovendone piuttosto garantire l'esattezza con illustrazione dei criteri e delle metodologie seguite nel procedimento di revisione e ciò sulla base di un attento e critico scrutinio del bilancio e delle scritture contabili che dia conto anche delle modalità della loro tenuta in funzione della finalità informativa e di tutela dei creditori della relazione, pure senza l'analiticità di una revisione contabile non esigibile né richiesta dal tenore letterale, oltre che dallo spirito della normativa” (Trib. Novara, 29 giugno 2012

, in

www.ilfallimentarista.it

.con commento di Rovati

).

Conclusioni

Alla luce di tali indicazioni (

Trib. Benevento 16 novembre 2011

) appare evidente – a pena di inammissibilità della domanda - come le future attestazioni effettuate dal professionista che accompagnano la proposta di concordato preventivo, al fine di soddisfare da un lato il controllo di "fattibilità giuridica" (così come delineato da parte della Corte di Cassazione a Sezioni unite), e dall'altro evitare l'eventuale rischio penale ora sancito dall'

articolo 236-

bis

l.

f

all

., dovranno essere redatte con congrua motivazione in ordine alla fattibilità, specificando altresì quali verifiche siano state effettuate ed i criteri e la metodologia seguiti per giungere alla attestazione di veridicità dei dati aziendali.

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