Concordato preventivo e appalti pubblici: le recenti modifiche all'art. 118 d.lgs. 163/2006

28 Gennaio 2014

Il decreto "Destinazione Italia" (D.l. 23 dicembre 2013, n. 145) ha introdotto alcune novità in materia di contratti pubblici. L'Autore pone la sua attenzione sulle modifiche all'art. 118 D. lgs. 163/2006 (Codice dei contratti pubblici) volte ad agevolare una corretta esecuzione dei contratti pendenti qualora sopraggiunga la crisi dell'appaltatore ovvero venga sottoposto a concordato preventivo, e si sofferma, infine, su alcuni dubbi interpretativi dovuti alla lettera norma.
La disciplina previgente: i difficili rapporti con il concordato preventivo

Il Decreto Legge “Destinazione Italia”, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 23 dicembre 2013 ed entrato dunque in vigore il 24 dicembre 2013, prevede, tra le altre, alcune modifiche dell'

art. 118 del Codice dei Contratti Pubblici

(

D.Lgs. 163/2006

), destinate ad agevolare la corretta esecuzione dei contratti pendenti ove sopraggiunga la crisi dell'appaltatore o addirittura quest'ultimo sia sottoposto alla procedura di concordato preventivo.

Prima delle modifiche contenute nel

D

.

L

. n.

145/2013

una grave problematica di frequente ricorrenza nelle procedure concordatarie a carico di soggetti affidatari di lavori, servizi e forniture pubbliche, era appunto rappresentata dall'applicazione dell'

art. 118 del Codice dei Contratti Pubblici

, che testualmente prevedeva, al comma 3: “….Qualora gli affidatari non trasmettano le fatture quietanziate del subappaltatore o del cottimista entro il predetto termine, la stazione appaltante sospende il successivo pagamento a favore degli affidatari ….”.

Tale disposizione si poneva in marcato contrasto con la normativa di cui al

R.D. 267/1942

, poiché, bloccando nella sostanza i pagamenti dovuti agli appaltatori in crisi di liquidità, determinava la sostanziale inesigibilità di tutti i crediti dell'impresa appaltatrice affidataria dei lavori, anche per la parte eccedente l'eventuale ammontare dei crediti da essa non pagati a subappaltatori o cottimisti, ma senza onere per la stazione appaltante di operare in regime di pagamento sostitutivo.

Inoltre, a differenza di quanto previsto ad esempio nel D.M. 279/2007 per le eventuali irregolarità contributive, non risultava in questo caso alcuna deroga legislativa, tale da consentire un'agevole composizione del contrasto.

Tuttavia, a parere di chi scrive, non vi era ragione per non ritenere che il contrasto dovesse risolversi attribuendo prevalenza in ambito concordatario alla norma più specifica, ossia appunto all'

art. 168 l. fall

., venendo dunque meno per i debiti antecedenti alla presentazione della domanda di concordato preventivo l'esigenza di una tutela rafforzata della posizione dei subappaltatori/cottimisti, in considerazione del prevalente principio concorsuale della parità di trattamento dei creditori.

In questo senso, la prassi aveva visto costruire percorsi virtuosi, volti ad evitare paralisi operative di concordati in continuità, che avevano portato ad applicare le norme pubbliche con apprezzabile flessibilità. In taluni casi, infatti, le stazioni appaltanti si erano limitate a trattenere provvisoriamente solo le somme corrispondenti alle fatture impagate dei subappaltatori/cottimisti, consentendo viceversa il pagamento dei crediti eccedenti l'ammontare delle citate fatture, nonché la regolare contabilizzazione dei successivi SAL.

Più raramente, si era anche verificato il pagamento diretto di tutti i crediti in favore dell'appaltatore, senza alcuna deduzione del controvalore delle fatture impagate dei subappaltatori/cottimisti.

Gli interventi del legislatore e alcuni dubbi interpretativi

In questo scenario, molto opportunamente, dunque, il Legislatore è intervenuto con alcune modifiche dell'art. 118 del Codice dei Contratti Pubblici al fine specifico (come confermato nelle Relazione Illustrativa) di “armonizzare il contenuto di tale previsione con lo spirito della disciplina del concordato preventivo, che è quello di garantire la continuità aziendale o comunque l'accrescimento e conservazione del valore degli asset dell'impresa”.

In particolare, il Legislatore ha dapprima introdotto al terzo comma dell'art. 118 una previsione aggiuntiva, in forza della quale, ricorrendo condizioni di particolare urgenza inerenti il completamento dell'esecuzione del contratto, accertate dalla stazione appaltante, quest'ultima avrà facoltà di procedere, anche in deroga alla previsione del bando di gara, al pagamento diretto dei crediti maturati da subappaltatori e/o cottimisti. Attraverso tale previsione, precisa la Relazione Illustrativa, s'intende evitare che l'impresa appaltatrice in crisi di liquidità, non potendo fornire alla Stazione Appaltante le fatture quietanzate dei subappaltatori, si veda sospendere il pagamento dei SAL successivi, con inevitabili negative ripercussioni sulla prosecuzione dell'attività.

La scelta e la valutazione delle condizioni che legittimano il pagamento diretto dei subappaltatori è peraltro ampiamente discrezionale ed insindacabilmente di pertinenza della Stazione Appaltante.

Una seconda modifica prevede inoltre l'introduzione del nuovo comma 3-bis dell'art. 118, del seguente letterale contenuto: “E' sempre consentito alla stazione appaltante, anche per i contratti di appalto in corso, nella pendenza di procedura di concordato preventivo, provvedere ai pagamenti dovuti per le prestazioni eseguite dall'affidatario medesimo e dai subappaltatori e cottimisti, presso il Tribunale competente per l'ammissione alla predetta procedura”.

La formulazione letterale della norma non è certamente delle più felici e, pur in presenza dei chiarimenti contenuti nella Relazione Illustrativa, si presta a non pochi equivoci.

Anzitutto non è chiaro se, in presenza di una procedura di concordato preventivo, prevalga sempre il disposto di cui al comma 3-bis, ovvero se la stazione appaltante mantenga comunque il diritto di procedere al pagamento diretto dei crediti dei subappaltatori e/o cottimisti.

Potrebbe apparentemente deporre per la seconda soluzione l'inciso iniziale del comma 3-bis (“E' sempre consentito alla stazione appaltante ….), che sembra esprimere una semplice facoltà per la Committente di adeguarsi alle istruzioni del Tribunale competente, piuttosto che uno specifico obbligo di attenervisi. Tuttavia, se uno degli intenti perseguiti dal Decreto è quello di assicurare la par condicio creditorum, non può non essere rilevato, in linea generale, che le modalità di salvaguardia della parità di trattamento sono state espressamente demandate dal Legislatore al Tribunale competente ed in questo senso si deve dunque ritenere che le stazioni appaltanti siano tenute necessariamente ad uniformarsi alle indicazioni dell'Autorità Giudiziaria.

Del resto, la prassi ha già visto esprimere l'opinione di alcune tra le più autorevoli Committenti Pubbliche, secondo cui, in assenza di specifiche istruzioni ed autorizzazioni da parte del Tribunale, sarebbe preclusa ex lege ogni possibilità di pagamento diretto e spontaneo da parte della stazione appaltante, ostandovi i principi della par condicio creditorum e della riserva di giurisdizione dell'Autorità Giudiziaria.

In secondo luogo, è ancor più infelice l'inciso contenuto al comma 3-bis, secondo cui il pagamento delle prestazioni eseguite da appaltatore, subappaltatori e cottimisti potrebbe essere eseguito presso il Tribunale competente, mentre è evidente che il Tribunale ha ovviamente il semplice compito di indicare le modalità di effettuazione dei pagamenti, ma non certo di incassarne il corrispettivo.

La Relazione Illustrativa ha comunque cura di precisare ciò che l'articolo non specifica affatto, e cioè che “l'emendamento prevede il versamento dei corrispettivi dovuti per l'appalto, distintamente all'appaltatore principale ed ai subappaltatori, secondo le istruzioni impartite dal Tribunale competente, al fine di assicurare sia il rispetto della par condicio tra i creditori dell'appaltatore in crisi aziendale, sia la continuità del contratto d'appalto".

Nell'assoluta genericità della norma, è proprio la duplicità degli scopi a cui è ispirata la modifica legislativa ad imporre ulteriori quesiti, rappresentati dal possibile contenuto delle istruzioni che il Tribunale è chiamato ad impartire alla stazione appaltante a norma del comma 3-bis.

A questo riguardo si può, infatti, ipotizzare:

1) che il Tribunale dispnga il versamento dell'intero importo in favore dell'appaltatore, relegando il pagamento dei subappaltatori e dei cottimisti ai successivi riparti concordatari;

2) che il Tribunale preveda invece (come letteralmente indicato nella Relazione illustrativa) distinti pagamenti in favore dell'appaltatore e dei subappaltatori.

In questo secondo caso ci si chiede:

  • se il corrispettivo destinato ai subappaltatori debba riguardare l'intero credito nominale, o preferibilmente la prevista percentuale concordataria;
  • se detto pagamento sia da corrispondere direttamente ai subappaltatori, oppure preferibilmente versato all'Appaltatore concordatario ed accantonato in vista dei successivi riparti.

Ci si chiede inoltre se l'ambito di applicazione del comma 3-bis si riferisca solo alle procedure che prevedano una continuità aziendale, ovvero ad ogni forma di concordato preventivo, anche di natura strettamente liquidatoria.

Sembra preferibile la seconda opzione, in considerazione dell'inciso contenuto nella norma (“anche per i contratti di appalto in corso”) che parrebbe estenderne l'applicazione anche alle ipotesi in cui non vi siano contratti d'appalto pendenti.

Infine, non è chiaro se la norma possa trovare applicazione anche all'ipotesi di presentazione di domande di concordato preventivo con riserva a norma dell'art. 161, comma 6, l. fall.

A questi quesiti (e ad altri ancora) si auspica possa dare concreta evasione il Legislatore in sede di conversione del decreto.

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