L'attestazione nel concordato in continuità. Un quadro riassuntivo sui criteri che il professionista deve seguire

Lodovico Zocca
07 Febbraio 2014

L'Autore popone un'attenta analisi sugli elementi che devono essere oggetto di valutazione da parte dell'attestatore che si trovi a valutare un piano di concordato con continuità aziendale ex art. 186 - bis l. fall. In particolare si pone l'attenzione su quali criteri il professionista debba porre alla base della relazione attestatrice: le verifiche di veridicità e fattibilità, infatti, devono riferirsi non solo sulla situazione patrimoniale, finanziaria ed economica attuale, ma anche su quella prospettica riferita all'arco temporale entro il quale verrà adempiuta la proposta concordataria.
Premessa

Il piano in un concordato preventivo con continuità aziendale può assumere diverse forme, tutte conformi all'

art. 186-

bis

l.fall

., prevedendo:

a) la prosecuzione temporanea dell'attività di impresa da parte del debitore, in vista della cessione dell'azienda in esercizio ovvero il conferimento dell'azienda in esercizio in una o più società, anche di nuova costituzione;

b) la prosecuzione indefinita dell'attività di impresa da parte del debitore, in vista di un risanamento conservativo.

Nel caso sub a), la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti prevista dall'

art.

160, l

. fall

., avviene attraverso la cessione (od anche il conferimento) dell'azienda che, evidentemente, costituisce un attivo realizzabile rilevante ai fini del concordato.

Invece, nel caso sub b), la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti avviene attraverso i flussi finanziari futuri, se del caso unitamente alla cessione di assets non strategici (la liquidazione di beni non funzionali all'esercizio dell'impresa di cui al primo comma, secondo periodo, dell'

art. 186-

bis

, l.fall

.), quali immobili non funzionali all'esercizio dell'impresa, partecipazioni, ecc.

Il piano in un concordato con continuità aziendale deve prospettare ipotesi di ristrutturazione dei debiti e di soddisfazione dei crediti compatibili con la tipologia di crisi in cui versa l'impresa, che – evidentemente – dovrà trovare adeguata soluzione nella procedura concordataria.

Le verifiche di veridicità e fattibilità del professionista

Le verifiche di veridicità e fattibilità del professionista vanno in tal caso condotte non solo sulla situazione patrimoniale, finanziaria ed economica attuale, ma anche su quella prospettica (budget) riferita all'arco temporale entro il quale verrà adempiuta la proposta concordataria.

Infatti l'

art. 186-

bis

, comma 2, lett. a), l. fall

. prescrive che il piano contenga una analitica indicazione dei costi e dei ricavi attesi dalla prosecuzione dell'attività, delle risorse finanziarie necessarie e delle relative modalità di copertura. Tale obbligo risponde alla necessità, ovvia, di dimostrare che un concordato in continuità sia basato su un business plan articolato ed analitico, in mancanza del quale sarebbe impossibile valutare la convenienza della proposta concordataria rispetto ad una soluzione meramente liquidatoria (

Canepa, Il concordato in continuità aziendale, in “La riforma del fallimento”, Italia Oggi, 2012

).

L'

art. 186-

bis

l. fall

. ha inoltre previsto un ulteriore incombente per il professionista incaricato dell'attestazione: in aggiunta ai controlli ed alle relative attestazioni afferenti la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano di concordato, la norma in argomento, in particolare il comma 2, lett. b), richiede che la relazione di cui all'art. 161, comma 3, debba attestare che la prosecuzione dell'attività di impresa prevista dal concordato, sia funzionale al miglior soddisfacimento dei creditori.

Se il legislatore con l'art.186-bis ha inteso riconoscere e tutelare il valore sociale ed economico dell'impresa in funzionamento, con l'attestazione in argomento ha voluto altresì offrire una ulteriore tutela al ceto creditorio richiedendo all'attestatore una valutazione che - seppur soggetta a margini di opinabilità e possibilità di errore - evidenzi per i creditori una ragionevole convenienza economica nella continuità aziendale.

Poiché – anche secondo le intenzioni del legislatore – l'impresa funzionante costituisce un valore aggiunto, i termini per il giudizio richiesto all'attestatore sono, da un lato, questo valore e, dall'altro, il valore della mera liquidazione dei cespiti ad attività cessata.

Come si è visto in precedenza, è possibile individuare astrattamente più di uno scenario di continuazione dell'attività d'impresa.

In entrambi i casi indicati, i dati aziendali rilevanti, da verificare a cura del professionista, sono i flussi economici e finanziari dell'azienda (rappresentati nei budget) sino alla data di cessione o conferimento (caso a), ovvero per l'intera durata del piano (caso b). Non appaiono invece significativi i dati aziendali post cessione o conferimento (caso a), in quanto i flussi economico - finanziari della relativa gestione andranno a carico o a favore del cessionario o conferitario.

Un utile riferimento di prassi professionale per gli accertamenti in argomento è costituito dal documento ISAE 3400 (“The examination of prospective financial information”, versione revisionata del principio ISA 810), elaborato dallo IASB, che fornisce indicazioni sulle modalità di verifica di dati finanziari prospettici (

Papaleo, Le novità dell'art. 67 della legge fallimentare: la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità dei piani di risanamento, in “La riforma del fallimento”, Italia Oggi, 2012

).

Secondo il principio, in estrema sintesi, l'attestatore deve rispettare la seguente procedura di lavoro:

  • acquisire conoscenza del/i business del debitore e delle variabili di contesto competitivo di riferimento;

  • valutare le competenze e capacità del debitore (manager, consiglio di amministrazione e collaboratori/advisor) nella preparazione di budget previsionali;

  • analizzare gli indicatori più significativi (sia storici che prospettici) posti a base delle ipotesi di piano;

  • accertare che i dati previsionali siano stati redatti sulla base di principi contabili omogenei rispetto a quelli utilizzati per i bilanci storici;

  • accertare la coerenza ed accuratezza dei dati previsionali;

  • analizzare attentamente le variabili del piano che potrebbero modificare significativamente i risultati attesi;

  • condurre analisi di sensitività dei dati del piano rispetto alle variabili poste alla base delle previsioni.

La durata del piano

Un aspetto particolarmente critico è rappresentato dalla durata del piano: la capacità del management di stimare un dato prospettico - e la “speculare” capacità dell'attestatore di effettuarne un test di ragionevolezza - è infatti decrescente al crescere dell'orizzonte temporale di riferimento. Al riguardo si ricorda che la best practice professionale ritiene ragionevole un orizzonte temporale che non superi i cinque anni; time frame più ampi sono peraltro tollerabili in considerazione della durata del ciclo tecnico-economico del business aziendale.

In questa fase si porranno problematiche assai complesse di valutazione del contesto competitivo, della domanda ed offerta nei mercati di riferimento, dei rapporti con gli stakeholder, delle variabili settoriali e macro economiche, ecc.

Sotto il profilo economico, particolare complessità riveste la stima (e la conseguente validazione da parte del professionista) dei volumi dei ricavi di vendita previsti, fondamentali per la costruzione del conto economico previsionale, ben potendo cambiare le condizioni di mercato nel futuro. Mentre maggiormente prevedibili risultano i costi, essendo quelli fissi connessi alla previsione della struttura organizzativa dell'impresa, e quelli variabili prevedibili in ragione percentuale delle vendite previste.

Sotto il profilo finanziario, il debitore dovrà fornire indicazione delle risorse finanziarie necessarie e delle relative modalità di copertura: una prima importante grandezza da prendere a riferimento è costituita dal flusso di cassa di gestione, ottenuta integrando e rettificando l'utile o la perdita di esercizio con le componenti non monetarie di reddito. Il cash flow di gestione rappresenta l'entità delle risorse finanziarie generate o drenate dalla continuità aziendale.

Per maggiore chiarezza, alcuni costi come gli ammortamenti e le svalutazioni di elementi dell'attivo patrimoniale (quali ad es., le partecipazioni, le immobilizzazioni materiali ed immateriali, le rimanenze ed i crediti) potrebbero non avere in contropartita (almeno nell'immediato) un'uscita finanziaria.

Sempre sotto il profilo dell'indicazione delle risorse finanziarie necessarie e delle relative modalità di copertura, appare altresì indispensabile l'individuazione dei complessivi flussi finanziari prospettici, per i quali occorre la formulazione dello stato patrimoniale previsionale per ciascun anno in cui è prevista la continuazione dell'attività d'impresa (

Stanghellini, Il concordato con continuità aziendale, in Fall. 2013, 1226

): infatti, dal raffronto tra lo stato patrimoniale al momento di redazione del piano ed altro alla fine dell'esercizio successivo, e così per ogni anno di prevedibile continuazione dell'attività aziendale, emergeranno il complessivo fabbisogno finanziario e le relative fonti di finanziamento, tenuto altresì conto delle risorse generate (od assorbite) dalla gestione come emergenti dal reddito previsto nel preventivo economico (

ZOCCA, L'attività del professionista nel concordato preventivo

).

In quest'ottica appare estremamente problematica l'esposizione previsionale delle voci del capitale circolante, per i motivi di seguito esposti, mentre risulta più facilmente programmabile l'entità delle poste attive riferibili alle immobilizzazioni materiali, immateriali e finanziarie (in quanto la loro movimentazione per dismissioni od anche per nuovi investimenti dovrebbe essere già prevista nel piano) e a quelle del passivo patrimoniale relative al capitale proprio e ai debiti a medio/lungo termine (eventuali interventi dei soci, ovvero la previsione dei rimborsi di debiti a medio/lungo termine, ovvero – ove ne ricorrano le condizioni di legge – la contrazione di nuovi, dovrebbero essere contemplati nel piano).

Invece, come si è sopra evidenziato, la stima previsionale delle componenti attive e passive del capitale circolante dello stato patrimoniale previsionale risulta ben più complessa.

Ci si riferisce, in particolare, sul lato dell'attivo:

  • alle rimanenze di merci, ovvero di materie prime, semilavorati e prodotti finiti, che potrebbero a consuntivo risultare maggiori o minori a quanto stimato, a causa di una diversa effettiva loro vendibilità; l'adozione di alcuni strumenti di analisi gestionale, quale lo studio della velocità di rotazione degli esercizi passati e dei conseguenti tempi di giacenza media delle merci in magazzino potrà essere utile;

  • ai crediti a breve termine, in particolare a quelli di natura commerciale derivanti dalle vendite, poiché i relativi tempi di incasso potrebbero risultare superiori a quelli fisiologici (così risultando a posteriori superiori al preventivato), ovvero potrebbero emergere dubbi in merito alla solvibilità di alcuni clienti, tali da condurre a consuntivo ad una svalutazione;

  • alle liquidità, rappresentando il complemento delle rimanenze e dei crediti di cui sopra, con riguardo al ciclo delle vendite .

Sul fronte del passivo:

  • ai debiti a breve termine, ed in particolare a quelli commerciali, rilevati verso i fornitori in dipendenza degli acquisti di merci, materie prime, semilavorati, per gli stessi motivi rappresentati a proposito dei crediti commerciali (

    Fameti, La fattibilità del concordato in continuità nella prospettiva dell'aziendalista, in Fall. n. 8/2013

    ).

La previsione della migliore soddisfazione dei creditori deve interpretarsi in termini comparativi con la prospettiva meramente liquidatoria in difetto di continuità: conseguentemente il piano, nella sua redazione, non potrà prescindere dalla doppia prospettazione, liquidatoria e di continuità, poiché solo dal confronto delle due potrà prospettarsi che la continuità garantirà la migliore soluzione per i creditori.

Se la continuità aziendale è temporanea, in vista della cessione dell'azienda, l'attestazione in argomento potrebbe, ad avviso dello scrivente, essere resa anche nel caso in cui la temporanea gestione dreni risorse finanziarie (cash flow negativo), se tale flusso negativo è più che compensato dal maggior valore riconosciuto all'azienda in funzionamento rispetto al valore di cessione degli asset ad essa inerenti.

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