La riduzione dei debiti nelle procedure di gestione concorsuale e preconcorsuale delle crisi di impresa: le novità dell'art. 13 del D.Lgs. “fiscalità internazionale”
14 Settembre 2015
Premessa
L'articolo 13 del d.lgs. in materia di fiscalità internazionale approvato dal Consiglio dei Ministri il 06/08/2015, in attesa di pubblicazione in G.U. sotto il titolo "Perdite su crediti", apporta modifiche agli articoli 88 e 101 Tuir .
Nel presente studio ci occuperemo della parte in cui la modifica interviene sul cosiddetto bonus da concordato (attuale art. 88, comma 4, Tuir ) prevedendo che: "Non si considerano sopravvenienze attive le riduzioni dei debiti dell'impresa in sede di concordato fallimentare o preventivo liquidatorio o di procedure estere equivalenti, previste in stati o territori con i quali esiste un adeguato scambio di informazioni ... .
In caso di concordato di risanamento, di accordo di ristrutturazione dei debiti omologato ai sensi dell' art. 182- bisl. f all ., ovvero di un piano attestato ai sensi dell' art. 67, terzo comma lett. d), l. f all ., pubblicato nel registro delle imprese o di procedure estere equivalenti a queste, la riduzione dei debiti dell'impresa non costituisce sopravvenienza attiva per la parte che eccede le perdite, pregresse e di periodo, di cui all'art. 84 ...".
Si approfondiranno le tematiche connesse alla riduzione dei debiti dovuta alle diverse procedure di gestione delle crisi di impresa evidenziando punti di attenzione.
La norma che si occupa del tema (art. 13, comma 1, lett. a) del citato d.lgs.) si applicherà a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello di entrata in vigore del d.lgs. (quindi dal 2016). La rilevanza fiscale ai fini delle imposte dirette della riduzione dei debiti in sede di procedure di gestione delle crisi di impresa (ordinamento vigente a tutto il 31/12/2015)
L' art. 88, comma 4, Tuir , nel testo in vigore a tutto il 31/12/2015, così tratta il cd. bonus da concordato:
La struttura della norma rivela disomogeneità in relazione ai vari strumenti di gestione delle crisi ( Assonime, circolare 15 del 13/5/2013 ) e può forse trovare giustificazione esclusivamente nel fatto che nel primo caso si tratta di procedure concorsuali nelle quali rileva l'intervento giudiziale, mentre nelle seconde rileva un aspetto totalmente privatistico, fatta salva l'omologa dell'accordo exart. 182- bisl. f all .
Un punto su cui la dottrina non si è soffermata è quello del concordato preventivo che, sulla base della legge fallimentare , si può distinguere in:
La norma fiscale, quanto alla tassazione o meno della sopravvenienza attiva da esdebitazione ( art. 88, comma 4, Tuir ), nel testo vigente a tutto il 2015, non distingue tra le due ipotesi; ne deriva che l'agevolazione fiscale di cui alla norma richiamata rileva nella sua interezza per entrambe le tipologie; questa interpretazione trova conforto nella modifica che, con decorrenza 2016, interessa la tassazione del cd. bonus da concordato. Infatti il legislatore, con l'art. 13 del d.lgs. di cui all'oggetto, ha disposto specifica decorrenza dal 2016 per le sopravvenienze attive da riduzione dei debiti nel concordato preventivo di risanamento, da intendersi come concordato con continuità aziendale non liquidatorio, prevedendone la non tassazione esclusivamente per la parte che eccede le perdite pregresse e di periodo.
Tale indicazione normativa conferma l'interpretazione che precede, anche se la scelta è criticabile, posto che, contrariamente alla raccomandazione della Commissione Europea del 12/3/2014, si penalizza fiscalmente l'unico strumento giudiziale finalizzato al recupero dell'impresa. La rilevanza fiscale ai fini delle imposte dirette della riduzione dei debiti in sede di gestione delle crisi di impresa (novità decorrenti dal 2016)
Come ricordato in premessa, l'articolo 13 del d.lgs. sulla internazionalizzazione delle imprese:
Va fin da subito osservato come il legislatore "fiscale" utilizzi terminologie (concordato preventivo liquidatorio) ben differenti da quelle utilizzate nella legge fallimentare , con ciò ingenerando non pochi dubbi applicativi.
Il riferimento a procedure estere equivalenti, poi, lascia l'interprete totalmente privo di adeguati strumenti operativi certi;
Ciò che stupisce è la chiara indicazione terminologica delle procedure per i casi 2b) e 2c) (esatto riferimento alle previsione della legge fallimentare ) mentre per la situazione sub 2a) la definizione (concordato di risanamento) non trova riscontro alcuno nella legge fallimentare .
Il legislatore, mentre ha chiaramente definito, così come rileva nella legge fallimentare , le procedure sub b) e c), volutamente ha lasciato indefinita quella sub a). Concordato preventivo liquidatorio e di risanamento
Il legislatore di cui al citato d.lgs. individua due tipi di concordato preventivo:
Come osservato, tali tipologie non trovano riscontro terminologico nella legge fallimentare , ma, si ribadisce, è evidente la volontà del legislatore nell'utilizzo dei termini posto che, in diversa ipotesi, ha esattamente definito le cd. procedure di gestione preconcorsuale delle crisi di impresa.
La relazione illustrativa al d.lgs. in esame così commenta l'intervento sull' art. 88 Tuir : "La modifica recata dalla lettera a) del comma 1 dell' art. 14 al comma 4 dell'articolo 88 del Tuir (e lo sdoppiamento di tale previsione nei nuovi commi 4 e 4 ter) concerne, in sostanza, la non rilevanza delle sopravvenienze attive relative a riduzione di debito operata in procedure estere equivalenti agli accordi di ristrutturazione exart. 182- bisdella l. f all . Ciò per le stesse motivazioni indicate a commento dell' art. 101, comma 5, del Tuir . Altresì, il nuovo comma 4-ter distingue tra procedure di concordato fallimentare e preventivo liquidatorio e procedure di concordato di risanamento. Per le prime la sopravvenienza attiva è totalmente detassata mentre per le seconde non costituisce sopravvenienza attiva per la parte che eccede le perdite pregresse e di periodo di cui all'art. 84 ...".
Di fatto, secondo la relazione, rileverebbero due distinte tipologie di concordato preventivo: quella liquidatoria e quella di risanamento (non liquidatoria).
Come vedremo in prosieguo, l'intervento della relazione è sicuramente insoddisfacente alla luce dell'analisi comparata tra normativa fiscale e quella fallimentare.
La legge fallimentare , individua:
Tale ultimo tipo dovrebbe forse corrispondere a quello di risanamento?
Il condizionale è d'obbligo, posto che l' art. 186- bisl. f all . prevede la prosecuzione dell'attività di impresa non solo da parte del debitore, ma anche con l'intervento di terzi attraverso la cessione dell'azienda in esercizio, ovvero il conferimento dell'azienda in esercizio in una o più società anche di nuova costituzione, senza dimenticare che la giurisprudenza di merito ha talora ricompreso nell' art. 186- bisl. f all . il concordato preventivo eseguito per il tramite dell'affitto di azienda.
Inoltre la norma in esame, sotto la tipologia di concordato in continuità ricomprende quello in cui, accanto alla continuità dell'impresa o di rami di essa, si attua anche una liquidazione di beni non strategici (non funzionali all'esercizio dell'impresa).
Appare quindi molto difficile sovrapporre concettualmente il concordato preventivo con continuità aziendale a quello di risanamento.
Mentre sul versante della legge fallimentare , a seguito anche di interventi della dottrina e della giurisprudenza, è chiaro il significato di concordato con continuità aziendale, dal punto di vista fiscale per concordato di risanamento potrebbe intendersi esclusivamente quello attuato dal debitore per il recupero della sua impresa; infatti il risanamento è situazione che privilegia soggettivamente il tentativo di recupero a cura dell'imprenditore debitore.
Se questa è l'interpretazione che fiscalmente sembra la più coerente, le conseguenze fiscali potrebbero essere le seguenti:
La soluzione prospettata evidenzia la superficialità con cui il legislatore ha affrontato l'argomento.
Rimane apparentemente non specificamente regolata la situazione del concordato con continuità aziendale in cui, come già osservato, oltre alla prosecuzione dell'attività di impresa si verifichi una liquidazione dei beni non strategici. La sorte del cd. bonus da riduzione dei debiti nel concordato con liquidazione dei beni non strategici
A parte il sottile confine che potrebbe dividere il concetto di concordato liquidatorio ai fini fiscali nelle diverse ipotesi trattate dall' art. 182- bisl. f all ., si osserva che il "concordato con continuità aziendale" prevede, nell'ultimo periodo del primo comma della norma citata, il caso del concordato con continuità aziendale in cui sia prevista la liquidazione dei beni non strategici, caso in cui vi è sia la componente "risanamento" che quella "liquidatoria".
Ai fini fiscali, considerato che il legislatore, quando ha voluto riferirsi a precise procedure di gestione delle crisi, lo ha esattamente fatto, l'avere usato un riferimento non previsto dalla legge fallimentare , "concordato di risanamento", ha voluto (a parere di chi scrive), solo per detta ipotesi operativa, prevedere che la riduzione dei debiti non costituisce sopravvenienza attiva per la parte che eccede le perdite pregresse e di periodo di cui all' art. 84 Tuir ; ne dovrebbe conseguire che nel concordato preventivo con liquidazione dei beni non strategici le sopravvenienze attive da riduzione dei debiti scaturenti dal risanamento dell'impresa dovrebbero avere un regime fiscale misto:
Necessiterà predisporre analisi evidenzianti la distinta formazione delle sopravvenienze attive. Le due nuove procedure di gestione preconcorsuale della crisi di impresa: “l'accordo di ristrutturazione con intermediari finanziari” e la “convenzione di moratoria”
A parere di chi scrive, quanto indicato in precedenza, con riferimento all'accordo di ristrutturazione dei debiti exart. 182- bisl. f all ., vale anche per le due nuove procedure di gestione preconcorsuale della crisi introdotte dal d . l . 83/2015 convertito nella l . 132/2015 , posto che il nuovo articolo 182- septiesl. f all . (accordo di ristrutturazione con intermediari finanziari, convenzione di moratoria) richiama espressamente la disciplina dell'art. 182-bis. Conclusioni
Nel concludere questo approfondimento, criticabile appare la scelta del legislatore che, mentre ha previsto un regime fiscale di favore per il concordato con cessione dei beni, diverso e più penalizzante regime ha riservato al concordato con continuità aziendale, procedura che, sia dal punto di vista occupazionale che per il recupero dell'impresa al tessuto produttivo, avrebbe dovuto avere diversa considerazione proprio per incentivarne la realizzazione. |