Il piano industriale nel concordato, il ruolo degli attori della crisi e del commissario: la continuità è una chimera?

Andrea Ferri
13 Luglio 2015

L'Autore, partendo dall'analisi di un caso pratico, esamina le principali problematiche, relative alla continuità aziendale, che emergono quando un imprenditore in crisi presenti un piano industriale di risanamento. Vengono, così, alla luce, le difficoltà di una disciplina, quella relativa al concordato preventivo, che ancora non riesce a rispondere alle esigenze pratiche degli attori coinvolti nella crisi.
La premessa: l'istanza di concordato ed il piano di risanamento

Partendo dalla disamina di un caso pratico, lo scrivente intende sottoporre all'attenzione di chi legge alcune riflessioni in merito all'atteggiamento tenuto dagli attori della crisi coinvolti dalle imprese nei vari processi di risanamento, finanche nei casi in cui la Banca sia l'attore principale del ritorno al valore (turn around).

Sta diventando, infatti, sempre più evidente come le innovazioni pensate dal Legislatore con la recente riforma della legge fallimentare - dall'introduzione del concordato preventivo “in bianco” previsto dal VI comma dell'art. 161 l. fall., alla possibilità di sospendere o sciogliere i contratti in corso di esecuzione contemplato dall'art. 169-bis l. fall. sino ad arrivare all'introduzione dell'art. 182-quater l. fall. che incentiva gli istituti di credito a concedere nuova finanza alle imprese in crisi con la rassicurazione della “coperta calda” della prededuzione - stiano ottenendo scarso successo.

Complice forse la paura, per avere osato troppo in passato, o per “l'abuso” che alcune imprese hanno fatto del concordato con riserva, ritengo che gli strumenti pensati e studiati dal Legislatore non stiano sortendo i risultati sperati.

Compete allora al Commissario (pre-Commissario o Commissario in pectore) difendere, se la ritiene difendibile, la ragionevole sostenibilità della proposta del debitore secondo quanto emerso dalla strategia di risanamento, dal programma di azione, dalle ipotesi economico-finanziarie.

Ovvero, secondo l'insegnamento della SS.UU. n. 1521 del 23.1.2013, se il Commissario (unico soggetto deputato ad interrompere la continuità del risanamento con la relazione 173 l. fall., oltre al P.M.) intravede nel piano industriale della continuità (oppure della new-co che verrà, se il debitore sta trattando con una new-co per l'affitto) la ragionevolezza della proposta, ovvero la fattibilità economica, ovvero una corretta valutazione prognostica circa la realizzabilità dei risultati attesi riportati nel piano in ragione dei dati e delle informazioni disponibili al momento del rilascio dell'attestazione.

Il documento “principe” che permette tali flussi informativi in capo al Commissario, è, nella realtà dei casi trattati, solo il piano industriale della continuità o dell'affittuario (poi probabile acquirente, all'esito della gara del 105 l. fall.) che, con un rapidissimo turn around (quando possibile) può (e deve) garantire il ritorno alla marginalità positiva del conto economico, con evidenti ritorni in termini di equity negli esercizi successivi.

Sembra semplice, ma in realtà è complicatissimo, rappresentare ad un imprenditore che le scelte strategiche della finanza, del personale, della rete commerciale, dei processi interni sono sbagliate da anni e che occorre, tramite manager e professionisti acculturati, cambiare rapidamente governance innescando un processo virtuoso sotto l'egida del Tribunale.

Un caso pratico: l'istanza di concordato ed il piano di risanamento in sinergia con gli istituti di credito

La società Alfa s.r.l., operante nei settori gestioni di impianti, gestione infrastrutture aeroportuali ed esecuzione di lavori edili, anche nell'ambito dell'esecuzione di lavori pubblici, all'inizio del 2014 presentava domanda di concordato preventivo ex art. 161,comma 6, l. fall. prenotativa di un concordato in continuità ex art. 186-bisl. fall.

Nello specifico, il piano di risanamento aziendale contemplato prevedeva il mantenimento in capo alla società della gestione di alcune commesse (in particolare quelle riguardanti la concessione di servizi aeroportuali e quelle afferenti la pubblica illuminazione) e la concessione in affitto di due rami d'azienda a due New-co, Beta s.r.l. e Gamma s.r.l., all'uopo costituite.

Intendendo mantenere in “seno” alla società la gestione delle citate commesse e profilandosi la possibilità di acquisirne di nuove grazie alla recente modifica dell'art. 38 del D.Lgs. 163/2006, introdotta dall'art. 33 comma 2 del D.L. 22.06.2012, n. 83, che consente anche alle società in concordato preventivo in continuità di partecipare alle pubbliche gare di appalto, aveva indotto Alfa ad avvalersi della nuova fattispecie concordataria disciplinata, appunto, dall'art. 186-bis l. fall.

La Alfa Spa in continuità, potendo contare sulla dotazione iniziale di crediti commerciali per € 3.000.000, non necessitava di un ingente ricorso a nuova finanza, salvo un fisiologico fabbisogno di anticipazioni bancarie a valere sui suddetti crediti o su crediti di nuova formazione, per un importo non superiore ad € 2.000.000, importo poi rimborsabile gradualmente a partire dal 2014.

I due contratti di affitto di ramo d'azienda, perfezionatisi prima del deposito della domanda di pre-concordato e che avevano permesso il trasferimento, ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 2112 c.c., di parte del personale dipendente riferito alle commesse oggetto di passaggio, prevedeva, altresì, l'opzione irrevocabile di acquisto dei due rami alla scadenza del termine pattuito per l'affitto. In entrambi i contratti, infine, era stata inserita la clausola che attribuiva agli organi della procedura la facoltà di deciderne lo scioglimento ad nutum con immediata attivazione della gara di vendita ex art. 105 l. fall.

La stipulazione del contratto di affitto dei due rami aziendali alle due New-co (in discontinuità di governance) avrebbe permesso alla società in procedura di percepire ricavi, sotto la forma di canoni di locazione, con cui soddisfare il ceto creditorio; inoltre, la società, garantendo comunque il proseguimento del rapporto di lavoro per molti dei suoi dipendenti, si era alleggerita degli oneri previdenziali ed assistenziali che, al momento dell'acquisto del ramo aziendale, sarebbero stati compensati con il saldo prezzo finale. Tale formula consentiva al debitore di diminuire il proprio passivo.

Dall'altra parte, la scelta delle due New-co di procedere allo scorporo parziale di rami aziendali era stata dettata, oltre che dalla reddittività delle commesse acquisite, dalla garanzia del trasferimento in capo alle società affittuarie di linee di credito concesse da vari istituti di credito (in particolare di un finanziamento per € 2.000.000 concesso da primario istituto di credito ad una società consortile, di cui Alfa era socia, che, ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 2558 c.c., era stato oggetto di successione). Da quanto sopra, si poteva ragionevolmente ritenere che, pur in presenza a quel tempo, in Italia, di una crisi del credito alle imprese senza precedenti, le due New-co potessero approvvigionarsi con successo sul mercato del credito per le loro esigenze.

Oltre ad avere una dotazione di capitale proprio pari ad € 500.000 (Beta srl) ed € 1.000.000 (Gamma srl), potevano contare su soci di riferimento patrimonialmente capienti ed eventualmente in grado di garantire le linee di credito richieste alle banche.

La società Gamma s.r.l., invece, grazie alla solidità finanziaria del principale socio di riferimento, aveva già ottenuto gli affidamenti necessari per un ordinario svolgimento dell'attività.

Erano obiettivi sicuramente alla portata delle due New-co, già avviate ante concordato e ben dotate di equity; quanto ad Alfa Spa in continuità, ci si prefiggeva, una volta superato la stato di tensione finanziaria tramite il concordato, di poter ripristinare la regolare gestione.

Lo svolgimento dei fatti: il comportamento effettivo delle banche

Il comportamento effettivo delle banche è risultato estremamente deludente.

La Banca Spa che, ai tempi della redazione del piano di risanamento, aveva promesso il trasferimento in capo alla subentrante Beta Spa della linea di credito per € 2.000.000, a suo tempo concessa ad Alfa Spa, contravvenendo completamente rispetto a quanto promesso ha revocato l'affidamento.

Inoltre, e più in generale, nessun istituto di credito si è reso disponibile a fornire nuova finanza o finanza-ponte né alla società in concordato Alfa Spa in continuità, né alle due New-co.

A questo punto Alfa S.p.a., onde evitare che gli istituti di credito presso i quali aveva in essere rapporti di apertura di credito autoliquidanti revocasse le linee di credito, compensando le anticipazioni a scadere dopo l'ammissione alla procedura di pre-concordato con i propri maggiori crediti verso la correntista, ha depositato, davanti al Tribunale, istanza di sospensione ex art. 169-bis l. fall. Nelle more del procedimento, instaurato il contraddittorio con le banche, il Giudice ha invitato le parti a distinguere e ad individuare gli importi delle anticipazioni non opponibili alla procedura, dalle cessioni di credito perfezionatesi prima dell'apertura della procedura concordataria per poi addivenire ad un accordo transattivo con gli istituti di credito coinvolti. In particolare, un Istituto di credito si è reso disponibile a concedere un anticipo per circa € 500.000 ad Alfa Spa, a fronte della cessione, da parte di quest'ultima, di un credito privilegiato vantato nei confronti di una procedura fallimentare, così definendo transattivamente la sua posizione creditoria e, nello stesso tempo, concedendo finanza-pont” alla Alfa s.p.a. ex art. 182-quinquies l. fall.

Le due New-co, per sopravvivere, hanno quindi dovuto contare unicamente sulla disponibilità dei soci a fornire capitali, nonché sui flussi di cassa, fortunatamente positivi, che l'attuazione dei piani industriali ha effettivamente generato.

Purtroppo, nonostante la Banca d'Italia, nel mese di novembre 2013, avesse divulgato un documento che imponeva alle Banche di appostare all'“incaglio” i rapporti in essere con un debitore in procedura (pre-concordato o concordato preventivo), la realtà che quotidianamente viene rappresentata è quella di una revoca dell'affidamento (effettiva o di fatto). Ma l'anomalia evidenziata dal caso di specie delinea una rappresentazione “di gruppo” tra il debitore revocato e la new-co o la continuità pura che, con grande fatica, cercano il ripristino della continuità aziendale.

In questo modo la new-company o l'impresa in continuità diretta non hanno possibilità di accedere al credito e, per “stare in piedi” sul mercato devono:

  • nascere con un rapporto debito/equity vicino ad 1;
  • raggiungere rapidamente, almeno al secondo esercizio dopo l'ammissione al concordato, EBIDTA e flussi finanziari netti positivi;
  • non dipendere dagli affidamenti bancari ma da altre fonti (credito di fornitura, Cassa Depositi e Prestiti);
  • essere in grado, col piano industriale, di dimostrare il regolare pagamento degli affitti alla Old e poi il prezzo periziato per l'acquisto.

Forse tutto il dibattito giurisprudenziale tra continuità diretta, indiretta, pura e non pura non ha ragione di esistere, se il Tribunale ed il Commissario possono contare sul piano industriale “del passaggio” dopo il tunraround, soprattutto nella delicatissima fase interinale tra l'automatic stay e la cessione o l'affitto del ramo aziendale.

L'art. 169-bis l.fall.

Come accennato in premessa, la società Alfa in concordato, coadiuvata dall'art. 169-bis l. fall. e resasi conto dell'irreversibile mancanza di disponibilità da parte degli istituti di credito nel concedere nuova finanza, non poteva che optare per la richiesta di sospensione dei contratti di anticipazione bancaria, onde impedire alle banche di “incamerare” i pagamenti che rifluivano sui conti corrente, peraltro previsti nel piano di concordato.

La norma in questione, introdotta ad opera del D.L. 22.06.2012, n. 83, convertito nella Legge 7.08.2012, n. 134, infatti, autorizza il debitore che abbia presentato domanda di concordato ex art. 161 l. fall. a richiedere al Tribunale o al Giudice Delegato, affinché venga autorizzato a sospendere e/o a sciogliere i contratti in corso di esecuzione alla data di presentazione del ricorso. La sospensione può essere prorogata, su richiesta della parte, una sola volta e per non più di sessanta giorni.

L'istanza di sospensione dei contratti pendenti può riguardare soltanto i contratti in corso di esecuzione (senza entrare nella querelle dell'ambito di applicazione della norma, si cita, in un'ottica estensiva, App. Genova 10.02.2014, secondo cui la sospensione e/o lo scioglimento del contratto può essere chiesta per tutti i contratti non espressamente esclusi dalla norma ed in cui almeno una delle parti debba adempiere alle proprie obbligazioni), quali debbono intendersi (secondo il Tribunale adito nel caso specifico) i contratti di anticipo fatture (cd. fido per smobilizzo fatture), mentre dovranno essere escluse le cessioni di credito regolarmente intercorse ed opponibili alla procedura.

Arginata – in ipotesi - la questione legata all'applicabilità dell'art. 169-bis l. fall. anche ai contratti di anticipazione bancaria aventi natura autoliquidante, il nodo gordiano tuttora da risolvere (quanto meno fintanto che, sul punto, non giunga una pronuncia della corte di legittimità) resta la sorte del patto di compensazione, spesso previsto nelle modulistiche contrattuali, dopo la pronuncia di sospensione e la sua indipendenza rispetto al perfezionamento o meno della cessione del credito anticipato.

Sul punto, il Tribunale di Terni (con decisione 12/10/2012) ha affermato che sotto il diverso profilo degli effetti dei contratti in essere e della loro interrelazione con il concordato preventivo occorre tener conto che la Corte di Legittimità ha ritenuto non compensabili, ai sensi del combinato disposto degli artt. 169 e 56 L.F., i crediti vantati dalla banca mandataria all'incasso verso il debitore concordatario con le somme riscosse dopo il deposito della domanda di concordato (Cass., 10548/09, Cass. 9030/95 e 11988/90), salva l'ipotesi in cui ci sia uno specifico patto di compensazione (detto anche di annotazione ed elisione) relativo alla cessione del credito anteriore all'apertura della procedura, in base al quale la banca sia legittimata a riscuotere il credito cedutole anteriormente, non già come mandataria (ossia per conto del mandante), ma come vera e propria cessionaria. In tal senso, infatti, a differenza della cessione del credito, il mandato all'incasso non determina il trasferimento del credito in favore del mandatario, ma comporta l'obbligo di costui di restituire al mandante la somma riscossa, obbligo che sorge non al momento del conferimento del mandato, ma all'atto della riscossione del credito medesimo, con la conseguenza che, se avvenuto in epoca successiva al deposito della domanda di concordato preventivo, non è idonea a soddisfare il presupposto della preesistenza di entrambi i crediti contrapposti alla procedura, necessario – in uno alla reciprocità (ossia al fatto di riguardare gli stessi soggetti) – ai fini della compensazione in sede concorsuale (cfr. Cass. SSUU n. 7751/99 e App. Torino 20/1/2010). Aderendo al principio enunciato dalla Corte di Cassazione 10548/09, recentemente affermato dal Tribunale di Terni 12/10/2012, occorre poi verificare, per i singoli rapporti, se la cessione dei crediti intercorsa sia opponibile o meno alla procedura concordataria.

Il referente normativo è l'art. 169 l. fall. che richiama l'art. 45 dettato originariamente soltanto per il fallimento ed ora anche per il concordato, in quanto ritenuto un'applicazione specifica dell'art. 2941, comma 1, n. 2 c.c. – secondo il quale sono inefficaci, nei confronti del creditore pignorante e dei creditori che intervengono nell'esecuzione, le cessioni di credito che, sebbene anteriori al pignoramento, siano state notificate al debitore o da lui accettate dopo il pignoramento; norma che operava anche in caso di fallimento del creditore cedente per la presenza dell'art. 45 che richiama lo stesso principio.

La S.C. è costante nell'affermare che al fallimento del cedente – e, quindi, alla procedura concordataria del creditore cedente - possono essere opposte soltanto le cessioni di credito che siano state notificate al debitore ceduto o siano state dal medesimo accettate, con atto avente data certa anteriore alla dichiarazione di fallimento, atteso che il disposto dell'art. 2914, comma 1, n. 2 opera anche in caso di fallimento del creditore cedente (fra le tante, Cass.,14/3/2006, n. 5516).

Ai fini della opponibilità della cessione nei confronti dei terzi la notificazione richiede, come l'accettazione, un atto da cui risulti la data certa. Mentre è sufficiente che l'accettazione abbia la data certa della sua formazione, per la notifica si richiede, invece la certezza della data della ricezione di essa da parte del ceduto (DOLMETTA-PORTALE Cessione del credito e cessione in garanzia nell'ordinamento italiano, in Banca Borsa e titoli di credito, 1999).

Anche rispetto al pagamento “totale o parziale” del corrispettivo pattuito per la cessione, ulteriore criterio per garantire l'efficacia della cessione nei confronti dei terzi quando si tratti di cessione dei crediti d'impresa (art. 5 l. 52/1991), è richiesto il requisito della data certa.: “la data certa” del pagamento, che sia tale ai sensi dell'art. 2704 c.c., non può essere che la data della scrittura privata da cui risulta il pagamento e perciò la data, risultante dal timbro postale, della quietanza di pagamento inviata dal fornitore al factor (GALGANO, Diritto civile e commerciale, vol. II, Le obbligazioni e i contratti, tomo II, I singoli contratti. La tutela del credito Padova, 2004, 171).

Di diverso avviso il Tribunale di Monza che, con il provvedimento reso in data 27.11.2013, ricollegandosi a quanto già sancito dalla Suprema Corte con la sentenza n. 17999/2011 (dapprima con le sentenze 6870/1994; 7194/97 e 2359/98), ha specificato come occorra preliminarmente individuare se sussista, all'intero del rapporto di anticipazione, la clausola che consente all'istituto di credito la facoltà di “incamerare” le somme riscosse. In caso positivo, tale diritto della banca sussiste, a nulla rilevando che il credito sia anteriore alla procedura. Il patto di compensazione, specificatamente correlato all'anticipazione bancaria, è a questa strettamente correlato e connesso e, come tale, permane in caso di prosecuzione del rapporto, fintanto che non intervenga una causa di scioglimento. Sostiene, infine, il Tribunale di Monza, contrariamente a quello di Terni, che “La circostanza che non risulti provata la notificazione delle cessioni ai debitori ceduti non incide sulla validità tra le parti del patto di compensazione, dal momento che la sua operatività non è condizionata dal fatto che la cessione del credito, in funzione di garanzia, si sia realizzata”. In tale contesto, dunque, diventa irrilevante verificare se la banca sia una vera e propria cessionaria oppure semplice mandataria.

Il piano industriale della new-co: il giudizio di fattibilita' economica

Se dal mondo bancario arrivano segnali poco confortanti sull'erogazione del credito alle imprese in crisi, certamente qualche aiuto dovremmo coglierlo dalla giurisprudenza, dove, al solito, la Magistratura cerca di cogliere quelle sfumature macroeconomiche che disciplinano il mercato ed anche il mercato delle imprese in crisi.

La sentenza delle Sezioni Unite, n. 1521 del 23/1/2013 ha disciplinato la differenza tra fattibilità giuridica e fattibilità economica e riattribuisce, come un dogma, ai creditori, il ruolo di unici “giudici”, su quelle che sono le condizioni economiche del risanamento, a prescindere dalla volontà o meno delle Banche, di coadiuvare l'impresa nel tentativo di risoluzione della crisi.

Sappiamo che il controllo del Tribunale, relativamente al cosiddetto giudizio di fattibilità giuridica si articola, come dettato dalle SSUU, su tre livelli:

1. Il primo livello, relativo alla determinazione della Tipologia di concordato:
a.
concordato liquidatorio;
b. concordato con continuità diretta o indiretta.
2. Il secondo livello sul fatto che la proposta non si risolva nella violazione di norme imperative, il cosiddetto controllo sulla legalità.
3. Il terzo livello di analisi cerca di appurare che il piano del concordato sia effettivamente idoneo a realizzare la causa della procedura di concordato . Il Tribunale dovrà valutare se la proposta sia concretamente idonea ad essere attuata quale controllo sulla razionalità delle argomentazioni dell'Attestatore con i dati del piano.

Fattibilità economica

Il giudizio di fattibilità economica consiste in una valutazione prognostica circa la realizzabilità dei risultati attesi e riportati nel Piano, in ragione dei dati e delle informazioni disponibili al momento del rilascio dell'attestazione.

Per esprimere il giudizio di fattibilità, l'Attestatore deve aver acquisito una visione globale di quanto emerso nelle analisi della strategia di risanamento, del programma di azione, delle ipotesi economico-finanziarie e degli stress test, nonché maturato un convincimento circa la concreta realizzabilità del Piano, in funzione delle risorse e delle competenze delle quali l'impresa dispone.

I principi di attestazione dei piani di risanamento del Consiglio nazionale dottori commercialisti di luglio 2014, al punto 6, sulle analisi che l'Attestatore deve evidenziare, relativamente al piano industriale, intendendo, a parere di chi scrive, che l'indagine scientifica debba riguardare anche il piano della new-co, enunciano:

Verifica sulla fattibilità del piano

6.2 l'Attestatore deve valutare la strategia di risanamento ... se presenti una significativa discontinuità rispetto ai fattori che hanno determinato la situazione di crisi e che sia rivolta a superare i fattori di crisi evidenziati nel piano ...

6.3 La valutazione del programma di intervento del management “ACTION PLAN” :

  • insieme delle azioni che consentono la realizzazione delle linee strategiche
  • descrizione degli investimenti
  • il business model
  • interventi alla clientela
  • le azioni al target clienti
  • le condizioni per la realizzabilità

6.4 La verifica delle ipotesi economiche finanziarie ... compatibilità con le ipotesi strategiche formulate ... la coerenza interna ed esterna del piano ind.

6.5 La verifica dello sviluppo dei dati del piano secondo la nota ISAE 3400 in merito alla probabilità che gli eventi accadano con relativo parere sulla realizzabilità delle previsioni

6.6 Analisi di sensitività e stress test

6.7 il giudizio di fattibilità

Il giudizio di fattibilità

Il giudizio di fattibilità dell'Attestatore deve rispondere, pertanto, ai seguenti requisiti, a prescindere dalla tipologia di continuità aziendale prescelta:

  • completezza delle informazioni circa i dati, le verifiche interne condotte e le relative valutazioni;
  • congruità logica, ossia razionalità dell'iter che conduce dai dati e dalle verifiche effettuate al giudizio reso;
  • coerenza delle conclusioni con i profili di fatto dell'impresa e della situazione del mercato.

In particolare, le verifiche, ai fini della fattibilità del piano, attengono ai seguenti profili della proposta:

  • l'analisi dei dati storici, sia in riferimento ai costi fissi di struttura sia ai costi variabili d'esercizio;
  • l'andamento della gestione corrente (current trading) che è fortemente influenzato dall'accesso alla procedura concorsuale, in termini di credibilità e spendibilità della performance aziendale sul mercato;
  • la previsione dell'andamento del mercato previo esame del core business con gli indicatori macroeconomici di mercato (benchmark);
  • l'esposizione del business plan a livello di strategia industriale correlata alle linee di intervento previste del piano;
  • l'analisi delle operazioni straordinarie sottoposte al giudizio del Tribunale e dei creditori, anche in riferimento alle stime ed ai tempi di pagamento (mile-stones);
  • l'analisi dei rischio ai quali è sottoposta l'impresa in crisi e le azioni correttive che si delineano nelle linee strategiche del Piano e dalle quali derivano le analisi sensitività (stress test).

Nell'ambito del concordato liquidatorio, con affitto e poi cessione d'azienda, l'Attestatore può valutare la fattibilità del piano industriale della new-co ed il preCommissario, per conto del Tribunale, deve, in tale periodo interinale, iniziare le verifiche sui dati iniziali del piano, sui dati degli esercizi passati e sui dati dei futuri esercizi, sulle ipotesi alla base del piano stesso, trasferendo l'analisi scientifica, gli attori della crisi ed i relativi professionisti, direttamente in azienda.

È essenziale andare in azienda: solo cercando di capire l'azienda Old, possiamo comprendere se la new-co “sta in piedi” e, soprattutto, se la fattibilità del suo piano industriale diventerà anche una garanzia per l'adempimento del concordato complessivamente considerato oppure, a breve, diventerà un problema per il Commissario e per i creditori, trascinando al fallimento anche la Old.

Il piano industriale non è solo numeri e parte qualitativa, ma è anche strategia, organizzazione, valorizzazione delle risorse umane, analisi dei processi e per capire il piano ed attestarlo e per certificarlo nella 172 l. fall. occorre che l'advisor, l'Attestatore ed il Commissario si rechino in azienda.

È opportuno certificare la regolare tenuta del piano industriale, per permettere agli advisors, al Commissario ed al Tribunale di valutare la regolarità nei pagamenti della new-co (canoni di affitto, contratti di service tra la Old e le new-co volti al trasferimento dei dati amministrativi e del controllo di gestione, quanto mai indispensabili per gestire il trapasso aziendale), il trasferimento del magazzino dalla bad alla new-co, il pagamento dei crediti verso clienti – così intimamente connessi – poiché trattasi per lo più degli stessi clienti che chiedono favorevoli condizioni di pagamento alla new-co, ma che, nello stesso tempo, subiscono la normale pressione del Commissario che deve fare cassa per rispettare i pagamenti (mile-stones) fissate dal piano finanziario concordatario.

Per non parlare dei crediti v/clienti bruciati nel periodo interinale per pagare stipendi ai dipendenti non ancora passati alla new-co, quindi ancora tutti quanti in forza al debitore, magari senza il supporto degli ammortizzatori sociali, e poi sostituiti nel piano da nuovi crediti v/clienti che, però, non sono quelli attestati e la cui solvibilità è ancora tutta da dimostrare.

L'azienda è un “asset dinamico”, il che significa che una sua valutazione peritale certificata dall'Attestatore e oggetto di nuova analisi da parte del Commissario Giudiziale nella relazione ex art. 172 l.fall., differirà enormemente anche a distanza di soli tre mesi. Se si aggiunge poi l'aleatorietà che l'affitto o la cessione d'azienda comporta nei rapporti commerciali ed industriali della new-co, quel valore sarà ancora più stravolto dal mercato e dai fattori della crisi. Solo il business plan può delineare il percorso valutativo atto ad individuare la dinamicità dell'asset in funzione del tempo.

Se durante l'esercizio provvisorio, mediamente il Curatore manager riesce ad ottenere risultati e performance migliori di quelli della governance che l'ha preceduto, allora gli sforzi dei professionisti che assumono “la regia” del concordato di concerto col Commissario, possono e devono indirizzare l'impresa risanata nelle migliori condizioni di:

  1. mercato;
  2. prodotti;
  3. processi;
  4. valorizzazione degli intangibles.

Non vorremmo più assistere a “spacchettamenti a tavolino” di rami aziendali volti, unicamente, a determinare a priori una valorizzazione preventiva degli assets, la riduzione degli occupati e, quale risultato finale, la performance (dopo la falcidia) a favore del ceto chirografario.

Allora il piano industriale delle new-co non è più solo il risultato di uno “spacchettamento a tavolino”, ma diventa la creazione di un plusvalore aziendale se, e soltanto se, l'Attestatore ne certifica il percorso tramite piano industriale e gli advisor affiancano l'azienda (sia new-co che old nel delicato passaggio di turnaround).

Negli ultimi anni, ottenere una garanzia fideiussoria da parte della new-co per il regolare pagamento dei canoni di affitto prima e dell'acquisto dell'azienda poi, è diventato quasi impossibile. Ecco che solo il piano industriale della new-co, opportunamente certificato, renderà possibile valutarne la solvibilità e quindi il possibile rispetto di quanto promesso ai creditori nell'action plan. Solo valori positivi di EBIDTA e flussi finanziari possono ridare credibilità e sostegno al progetto di risanamento, anche se manca l'appoggio del mondo bancario.

Il Piano industriale e finanziario, anche nella fase interinale, verificato dall'Attestatore, eviterà al concordato costi prededotti, che possono diventare ”fuori controllo”, durante il periodo interinale – pre-concordato/data dell'atto di affitto d'azienda.

I costi prededotti sono, ad esempio:
1. i pagamenti relativi agli atti di ordinaria amministrazione;
2. i pagamenti relativi agli atti di straordinaria amministrazione autorizzati dal Tribunale;
3. i debiti maturati per i contratti in corso non sciolti;
4. i pagamenti maturati ex art. 111 l.fall.;
5. i pagamenti relativi a costi maturati per lo scioglimento dei contratti (lavoratori dipendenti, leasing ecc.).

Conclusioni

Il caso, sopra citato, dimostra come, nonostante gli sforzi del Legislatore, siamo ancora lontani dal poter utilizzare pienamente i nuovi strumenti concorsuali, come prevede la Novella, rendendoli, se la fiammella della continuità è ancora accesa, una alternativa al fallimento migliorativa per i creditori e, mi sia consentito, per i lavoratori.

In realtà, il mondo della crisi d'impresa è radicalmente cambiato dall'introduzione del Decreto Sviluppo (Decreto legge 22 giugno 2012, n. 83 convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 134) e dalle novità legiferate quali: l'art. 161 comma 6, l.fall. (il pre-concordato); l'art. 168 l. fall. (automatic stay); l'art. 169-bis l. fall. (sospensione e scioglimento dei contratti in corso); l'art. 182-quinquies l. fall. (finanza ponte); l'art. 182-sexies l fall. (riduzione o perdita del capitale della società in crisi – effetti); l'art. 186-bis l.fall. (concordato in continuità); la figura dell'Attestatore, con la previsione che deve essere designato dal debitore in stato di crisi e dotato di particolari, e più stringenti, requisiti professionali; l'accordo di ristrutturazione, con l'adeguamento della sua disciplina a quella del concordato preventivo ed il recepimento dell'interpretazione giurisprudenziale formatasi con decorrenza dall'anno 2005; la normativa penale, con l'estensione dell'esonero da responsabilità per i reati di bancarotta (preferenziale e semplice) ai pagamenti ad alle operazioni di finanziamento autorizzate dal Giudice e con la configurazione, al nuovo art. 236-bisl.fall., di una fattispecie di reato proprio, riservata al professionista incaricato di attestare la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità di un piano.

Occorre lasciar sedimentare quelle norme, così complesse se impiantate su una Legge del ‘42, pur se ben fatta, ma soprattutto applicate su un mercato delle imprese complicato come quello italiano, che necessita, a fronte di evidenti storture sulle responsabilità di governance e maglie larghe sul reato di falso in bilancio, di quattro livelli di controllo sui dati contabili, in primis, dell'Attestatore, poi del Commissario, del Tribunale ed infine del liquidatore giudiziale (cessio).

Nel caso analizzato, la società in concordato non ha avuto altra scelta che procedere alla richiesta di sospensione dei contratti di anticipazione in corso, onde evitare che in forza del patto di compensazione contemplato, la banca “incamerasse” gli accrediti effettuati sui vari conti correnti a diminuzione del proprio credito, ma a discapito della par condicio creditorum. Il rovescio della medaglia, ovviamente, è rappresentato, dalla difficoltà ad interloquire in maniera costruttiva tra la società in crisi ed il mondo bancario, abbandonando così definitivamente qualsiasi possibilità di ottenere “nuova linfa” finanziaria fondamentale alla ripresa.

La speranza che il limite massimo, ultra fisiologico, dei default annunciati nel nostro Paese, sia destinata a calmierarsi (i primi dati statistici, sempre difficili da interpretare, parrebbero giungere a tale conclusione, quantomeno in prospettiva 2008\2014 inizio 2015).

L'imperativo è quello di salvare le imprese e gli strumenti oggi permettono (come nel Chapter 11 americano) di porre in primo piano l'impresa. Le recenti interpretazioni giurisprudenziali permettono al Commissario, ed ai creditori, l'attivazione degli strumenti risarcitori nei confronti della governance che ha ritardato l'emersione della crisi, evitando che il concordato possa, ancora una volta, essere tacciato quale “strumento dei furbi” atto a scongiurare azioni di responsabilità da parte di chi a svilito, fino quasi ad azzerarlo, l'ingentissimo valore imprenditoriale ed umano che tipicizza l'impresa nel mercato.

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