Speciale Decreto “contendibilità e soluzioni finanziarie” n. 83/2015: gli accordi di ristrutturazione con intermediari finanziari. Alcune considerazioni critiche

Riccardo Ranalli
23 Luglio 2015

Lo Speciale dedicato al decreto legge \"Contendibilità e soluzioni finanziarie\" (d.l. n. 83/2015, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 27 giugno) prosegue con un nuovo contributo dedicato agli accordi di ristrutturazione con intermediari finanziari.L'Autore, muovendo dalle ragioni che hanno determinato l'insuccesso dell'istituto in questi anni, esprime alcune considerazioni sulle novità introdotte dal decreto.

Uno, anche se non l'unico, dei motivi dell'insuccesso di un accordo di ristrutturazione è il tempo eccessivo che intercorre tra l'inizio delle negoziazioni con il ceto bancario e la loro conclusione; il che è la conseguenza

di una specificità propria del nostro Paese: l'elevato numero di banche. La dilatazione dei tempi comporta inevitabilmente, in particolare quando occorre nuova finanza, un ritardo nell'attivazione delle azioni industriali e una deriva rispetto agli obiettivi del piano inizialmente disegnato.

Ebbene, le modifiche introdotte dall'art. 182-septies all'istituto dell'Accordo di Ristrutturazione, che si ispirano allo Scheme of Arrangement inglese, nascono con l'obiettivo di accelerare i tempi della negoziazione. E nascono mutuando buona parte delle regole dell'art. 182-bis, pur stravolgendone parzialmente la natura, che nella norma assume contenuti prevalentemente concorsuali con l'assoggettamento della minoranza dei creditori "bancari" alla decisione della maggioranza. Dalla natura concorsuale derivano anche una serie di conseguenze sotto il profilo dell'informativa resa ai creditori non aderenti che ne sono soggetti e della tutela dei relativi diritti. Argomenti questi che, pur meritevoli di approfondimento, non verranno tuttavia affrontati nella presente trattazione.

La novella stabilisce che:

a)

se l'indebitamento del debitore verso le banche e gli intermediari finanziari non è inferiore alla metà

dell'indebitamento complessivo

b)

e i creditori bancari vengono collocati in “categorie” (classi) omogenee,

c)

l'accordo raggiunto con il 75% dei creditori di una singola classe vincola forzosamente i creditori che non vi hanno aderito.

I creditori bancari sono individuati dalla norma come "banche e intermediari finanziari", per quanto nella rubrica si faccia solo riferimento agli intermediari finanziari. Si rammenta che sono intermediari finanziari, e rientrano in tale ambito anche le banche, i soggetti di cui all'

art. 106-107 del TUB

ai quali rinvia l'

art. 18 del TUF

per i soggetti abilitati ai servizi di investimento.

Cominciamo con il dire che restano applicabili le norme dell'art. 182-bis e quindi:

a)

il superamento della soglia del 60% di cui al primo comma; il fatto che il requisito del superamento di tale soglia non sia venuto meno lo dimostra a chiare lettere l'ultima parte del secondo comma laddove prevede che "I creditori ai quali il debitore chiede di estendere gli effetti dell'accordo sono considerati aderenti all'accordo ai fini del raggiungimento della soglia del 60% ...". Ne consegue che laddove i creditori “bancari” non raggiungano il 60% occorre che l'accordo sia esteso ad altri creditori, fermo restando che i primi dovranno essere raccolti in uno o più classi a sé stanti;

b)

il termine di 120 giorni per il pagamento dei non aderenti;

c)

il regime di pubblicità dell'accordo;

d)

l'automatic stay del terzo comma;

e) la protezione del preaccordo, per la quale peraltro parrebbe operare solo il prerequisito quantitativo del 60%, di cui al primo comma dell'art. 182-bis.

Osserviamo quindi che sulla nozione di "indebitamento complessivo" si ripropongono le stesse criticità sorte

in passato con riferimento al primo comma dell'art. 182-bis con riferimento ai "creditori rappresentanti almeno il 60% dei crediti". Allora ci si era domandati se le passività contestate rilevassero o meno al denominatore. La risposta che era stata data dalla giurisprudenza di merito era di non tener conto dei crediti contestati, a meno che le contestazioni non risultino ictu oculi talmente infondate da apparire dilatorie e strumentali proprio al raggiungimento di quella soglia (

Trib. Bologna 15 novembre 2011

).

Vi è un passaggio della norma che merita un approfondimento ben più rilevante. Dice l'articolo in commento che: "l'accordo di ristrutturazione ... può individuare uno o più categorie tra i creditori ... (ndr: in questione) ... che abbiano fra loro posizione giuridica e interessi economici omogenei". In ciò la norma sembra rifarsi alla Raccomandazione della Commissione Europea UE del 12 marzo 2014 che, per gli accordi di ristrutturazione, invita gli Stati membri a consentirne l'adozione anche solo da parte di “determinati tipi o classi di creditori, a condizione che gli altri creditori non siano coinvolti”.

L'omogeneità delle categorie (classi) viene rafforzata da tre ulteriori passaggi:

- il tribunale, nell'omologare l'accordo, deve accertare che le banche non aderenti (alle quali l'accordo si applica in via forzosa) "abbiano posizione giuridica ed interessi economici omogenei rispetto a quelli delle banche e degli intermediari finanziari aderenti".

- l'attestatore deve esprimersi confermando l'omogeneità delle posizioni giuridiche fra i creditori interessati ai fini della moratoria temporanea alla quale si farà cenno più oltre;

- un errore di classamento può essere fatta valere in sede di opposizione. Le banche non aderenti possono opporsi e chiedere che la convenzione non produca effetti nei loro confronti. Il tribunale con decreto motivato decide verificando tra l'altro la sussistenza della omogeneità della classe;

Come è stato acutamente osservato (

Lamanna

, La miniriforma (anche ) del diritto concorsuale secondo il decreto “contendibilità e soluzioni finanziarie”, in ilFallimentarista.it), anche la previsione della novella che prevede che non si debba tenere conto delle ipoteche giudiziali iscritte dalle “banche” nei 90 giorni che precedono la data di pubblicazione, rileva ai soli fini del classamento.

Dai tre passaggi indicati emerge con evidenza che il legislatore ha qui imposto per la prima volta il classamento dei creditori interessati come unica opzione ammissibile. In passato, con riferimento al concordato preventivo, era prevalsa invece l'interpretazione della facoltà del classamento che, solo se previsto, doveva rispondere ai requisiti di omogeneità.

In giurisprudenza si erano formati indirizzi diversi:

a) quella della discrezionalità del classamento (argomentando dalla sentenza della

Cass. n. 3274 del 2011

, ancorché riferita al concordato fallimentare);

b)

quello della possibilità del tribunale di esprimersi sulla necessità della formazione di classi distinte solo ed esclusivamente in presenza di opposizioni (Tribunale di Monza 5 agosto 2010 in un caso di proposta senza previsioni di classi e presenza di creditori forti muniti di garanzie collaterali);

c)

quella della obbligatorietà del classamento in caso di degrado dei privilegiati di cui all'art. 160 comma 2 in considerazione del fatto che l'attivazione del giudizio di cram down è resa più agevole per i creditori classati (

Trib. Prato 8 agosto 2014

e

Trib. Milano 27 settembre 2012

; in senso contrario

Trib. Perugia 22 giugno 2012

).

Se l'intento del legislatore è qui evidente e, sotto il profilo del rispetto degli interessi dei creditori in un regime di concorso, encomiabile, mi sembra che l'obbligatorietà delle classi costituisca un rilevante ostacolo all'effettivo conseguimento della finalità di accelerazione del processo alla quale si è ispirata la norma.

Infatti, fino a ieri la banca poco esposta nei confronti del debitore si opponeva in fase negoziale, costringendo talvolta a strutturare cluster diversi tra creditori bancari dopo avere inutilmente tentato una negoziazione allargata a tutto il ceto bancario.

Da oggi il classamento è rimesso al debitore, con tutti i rischi che ne derivano, e la banca che si ritiene collocata in una classe (cluster) troppo penalizzante potrà opporsi ex post con conseguenze ancora più devastanti rispetto ad una mera dilatazione temporale del closing: è infatti sufficiente che, in seguito all'opposizione, nei confronti di alcune banche non operi la convenzione, per pregiudicare in toto la fattibilità del piano, con la conseguenza di tornare al punto di partenza e rinegoziare nuovamente l'accordo.

È ben vero, infatti, che in nessun caso ai creditori non aderenti può essere imposta l'esecuzione di nuove prestazioni, la concessione di affidamenti, il mantenimento della possibilità di utilizzare affidamenti esistenti o l'erogazione di nuovi finanziamenti; peraltro ben potrebbero essere imposte, oltre che il riscadenziamento del debito, anche clausole del tipo "pay if you can" o di non fallibilità e addirittura di stralcio e conversioni in equity e in strumenti finanziari partecipativi anche nell'ottica di ristabilire il minimo legale del capitale sociale.

Il tema dell'omogeneità assume pertanto rilevanza assorbente ed è fin troppo facile prevedere che sarà questo il vero punto critico. Come deve essere valutata l'omogeneità delle posizioni giuridiche e degli interessi economici? Rileva l'ordine dei privilegi? Rilevano le garanzie collaterali e la loro capienza? Rilevano le garanzie esterne ricevute? Rilevano gli impegni di canalizzazione dei flussi (ad esempio provenienti dalla locazione di taluni cespiti) o la presenza di finanziamenti destinati ad uno specifico affare

(artt, 2447-

bis

e

2447-

novies

c.c.

)? Rilevano le tipologie di forme tecniche (crediti di cassa, crediti autoliquidanti, crediti di firma, crediti a medio termine, ecc.)? Domande nel rispondere alle quali non si può prescindere dal fatto che negli accordi di ristrutturazione non vi è alcun obbligo di rispetto della graduazione dei privilegi. Più oltre si tenterà di fornire una chiave di lettura del concetto di omogeneità prevista dalla norma muovendo dal grado di soddisfacimento dei singoli creditori di cui alla lettera c) del quarto comma.

Qui preme invece rilevare che la varietà delle posizioni potrebbe aprire prospettive di opposizione pressoché infinite, con esiti che dipenderanno dagli argomenti difensivi del debitore, dal contesto specifico e dall'orientamento del tribunale. Il tutto comporterà incertezza e creerà diffidenza verso lo strumento. Ben diverso sarebbe se fosse stato il legislatore a dare qualche indicazione più puntuale sui criteri di omogeneità.

Ulteriori elementi peculiari che è dato trarre dalla novella sono: la possibilità di attivare una moratoria temporanea a maggioranza, l'esigenza di informativa a tutti i creditori bancari, il trattamento dei creditori bancari non aderenti in misura non inferiore rispetto a quello derivante dalle alternative concretamente praticabili.

Quanto alla possibilità, prevista dal sesto comma, di attivare una moratoria temporanea, la norma la qualifica come “disciplinata in via provvisoria”, lasciando con ciò intendere che sia funzionale al raggiungimento dell'accordo. Essa deve essere raggiunta con la stessa maggioranza di almeno il 75% e occorre la poc'anzi rappresentata dichiarazione dell'attestatore della omogeneità delle classi. Occorre premettere che la moratoria in questione è volta a consentire un primo rapido intervento per evitare fughe in avanti da parte di talune banche. Se così è, la richiesta dell'attestazione del classamento omogeneo pare costituire un ostacolo alla tempestività. Infatti, per renderla, l'attestatore vorrà adottare ogni cautela per evitare il rischio di contestazioni da parte delle banche, con un'inevitabile dilatazione dei tempi.

A ben vedere, la temporaneità della moratoria rende superflua la suddivisione dei creditori in categorie e ben potrebbe applicarsi a tutti i creditori “bancari” indistintamente, in particolare se venisse previsto ex lege un termine massimo della moratoria. Forse sarebbe stato più opportuno riferirsi semplicemente al 75% di tutti i creditori bancari, espungendo ogni riferimento alle classi.

Sempre con riferimento alla moratoria, occorre aggiungere che si tratta di un pactum de non petendo (più che di un vero e proprio stand-still in quanto l'utilizzo degli affidamenti esistenti per previsione normativa non può essere imposto a maggioranza) che pare non debba essere sottoposto ad omologa e che non è chiaro se debba essere o meno valutato dal tribunale; né appare chiaro se l'attestazione di specie sia, come è ragionevole ritenere, da considerarsi "speciale" e separata da quella generale di fattibilità. Il che non impedisce che possa costituire un di cui del documento attestativo o

della pre-attestazione di cui al sesto comma dell'art. 182-bis.

Riguardo l'esigenza di informativa a tutti i creditori bancari si osserva che essa si concretizza ne:

  • l'informazione dell'avvio delle trattative;

  • la possibilità data ai creditori interessati di partecipare in buona fede alle trattative; il che presuppone che la comunicazione di avvio debba essere resa funzionalmente e tempestivamente rispetto alla concreta possibilità di partecipazione alle trattative;

  • l'informazione sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria, nonché sul contenuto dell'accordo e sui suoi effetti. Il che comporta

    la messa a disposizione dell'accordo, del piano che ne misura gli effetti e dell'attestazione che ne conferma la fattibilità.

Principi quelli anzi enunciati che la norma espressamente prevede che siano accertati dal tribunale nel giudizio di omologazione.

Ultimo elemento assai rilevante della novella è la previsione di soddisfacimento dei creditori bancari non aderenti in misura non inferiore rispetto alle alternative concretamente praticabili. Se la terminologia usata ci riporta al giudizio di cram down di cui al quarto comma dell'art. 180, qui occorre osservare che le alternative concretamente praticabili non sono necessariamente quelle dell'ipotesi fallimentare, ma quelle derivanti dal mancato raggiungimento dell'accordo ricadenti sui singoli creditori. Per valutarle occorrerebbe calarsi nella singola situazione concreta; nella maggior

parte dei casi, il mancato raggiungimento dell'accordo pregiudica la continuità, ma la liquidazione che ne deriva non è necessariamente fallimentare e comunque potrebbe ben realizzarsi a valle di un esercizio temporaneo dell'azienda nell'ottica della sua cessione “ordinata” (e cioè non coatta, con le garanzie consuete alle operazioni di M&A) in luogo della cessione atomistica dei suoi beni.

Anzi parrebbe che la valutazione della sussistenza dei requisiti minimi di soddisfacimento debba essere svolta dal tribunale avendo riguardo alle singole classi di creditori bancari; il che dà un'utile chiave di lettura al significato della omogeneità di posizioni giuridiche ed interessi economici. Sono omogenee quelle posizioni dei creditori in cui il grado e i tempi di soddisfo nell'alternativa concretamente praticabile non sono tra loro significativamente diversi. Ecco che vi sarebbe un'unità di misura per valutare titoli prelatizi, garanzie collaterali esterne e forme tecniche. L'esigenza di valutazione da parte del tribunale del soddisfacimento in misura non inferiore a quella delle alternative concretamente praticabili impone, però, una riflessione: come può il tribunale condurre una valutazione necessariamente quantitativa (e probabilmente anche temporale, in termini di momento di pagamento) in assenza di un commissario o di un ausiliario del giudice?

Si deve ritenere che, quand'anche la norma non lo preveda, su tale giudizio si esprima comunque l'attestatore o per lo meno che egli renda al tribunale tutte le informazioni occorrenti per la valutazione ? Ma allora se così fosse, per evitare la richiesta di onerose consulenze tecniche, comunque dispendiose in termini di tempo, non sarebbe opportuno integrare ex lege anche il contenuto minimo che deve possedere l'attestazione? Il tema della convenienza è denso di criticità valutative di difficile superamento (v.

Lamanna,

cit., p. 9, al punto che l'autore ne suggerisce l'eliminazione in sede di conversione del decreto). Invero, sotto un profilo interpretativo sistematico, ancorché la norma non richieda all'attestatore di esprimersi in ordine al non peggiore soddisfacimento dei creditori, si potrebbe comunque dedurne l'obbligo dal fatto che egli deve valutare l'omogeneità di classamento, se, come parrebbe, essa dipende anche dall'omogeneità del grado e dei tempi di soddisfo nelle alternative concretamente praticabili. Questo se l'ultima parte del quinto comma ("un professionista in possesso dei requisiti di cui all'articolo 67 ... attesti l'omogeneità ...") dovesse essere riconosciuta come un elemento necessario della attestazione generale anche in assenza di moratoria temporanea. Invero, tale estensione non è affatto certa in quanto, in caso di moratoria temporanea, non essendo prevista l'omologazione, l'intervento dell'attestatore potrebbe essere letto come sostitutivo di quello del tribunale.

Proprio il requisito del soddisfacimento in misura non inferiore a quella delle alternative concretamente praticabili rende legittima un'ulteriore domanda: nel momento stesso in cui è assicurato un trattamento non deteriore a quello conseguibile in assenza di accordo, non sarebbe di per sé fugato ogni genere di rischio di disomogeneità di trattamento dei creditori bancari che presentano tra loro situazioni non omogenee? In buona sostanza l'esigenza di classamento, così fortemente sottolineata dalla norma, non è forse resa superflua dalla previsione della lettera c) del quarto comma?

Proseguendo ancora nella disamina dei singoli elementi propri di questo nuovo istituto, emerge:

a)

l'esigenza di una richiesta espressa e specifica di estensione dell'accordo ai creditori bancari non aderenti appartenenti alla singola classe. Lo si ricava dal secondo e dal quarto comma;

b)

l'espressa possibilità di un singolo creditore di essere titolare di crediti iscritti in classi diverse;

c)

il fatto che non sia considerata nuova prestazione la prosecuzione dei contratti di

leasing. Per inciso, da tale previsione si può fare discendere l'impedimento alla richiesta di risoluzione per inadempimento in caso di mancato pagamento di canoni scaduti, per quanto occorra indagare se i contratti di leasing costituiscono una classe obbligatoriamente a sé stante con la conseguente necessità, in caso affermativo, di ottenere l'impegno alla prosecuzione del contratto da parte almeno del 75% dei locatori.

Qualche cenno, infine, all'entrata in vigore e alla disposizione transitoria.

La nuova disciplina risulta essere immediatamente applicabile sia alle domande di omologazione ex

art. 182-

bis

l.fall

. di accordi di ristrutturazione dei debiti depositate in cancelleria del Tribunale ed iscritte nel Registro delle imprese, sia per quanto riguarda le attestazioni di cui all'

art. 182-

septies

, quarto comma, l.fall

. ai fini dell'estensione degli effetti degli accordi di moratoria, comunicate alle banche non aderenti dopo l'entrata in vigore del

d.l. n. 83/2015

, intervenuta con la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale in data 27 giugno 2015.

All'esito di questa analisi occorre sottolineare che la norma nell'introdurre il principio maggioritario nella definizione degli accordi bancari di ristrutturazione ha inteso perseguire la finalità di accelerazione dei relativi processi ma ha perso l'occasione di realizzare uno strumento operativo di agevole adozione nel momento in cui:

  • ha richiesto la suddivisione dei creditori bancari in categorie omogenee senza stabilire requisiti di omogeneità di inequivoca applicazione;

  • ha posto direttamente a carico del tribunale un giudizio di convenienza senza prevedere alcun intervento (informativo o valutativo) da parte dell'attestatore;

  • ha richiesto il cennato classamento anche per la moratoria temporanea funzionale all'accordo, pur avendo essa natura temporanea, mentre avrebbe potuto prevederne la generale applicazione a maggioranza a tutti i creditori “bancari” ponendo un termine temporale massimo di durata.

E' auspicabile che le questioni poste in evidenza vengano ripensate dal legislatore in sede di conversione.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.