Crediti erariali e compensazione nel fallimento

28 Novembre 2012

A fronte di una richiesta di rimborso avanzata all'Agenzia delle Entrate dal Curatore del Fallimento ai sensi dell'art. 30, comma 4, DPR 633/1972 avente ad oggetto crediti IVA sorti nel corso della Procedura fallimentare, è opponibile dall'Agenzia delle Entrate la compensazione con il debito erariale preesistente alla dichiarazione di Fallimento e ammesso al passivo del Fallimento medesimo?

A fronte di una richiesta di rimborso avanzata all'Agenzia delle Entrate dal Curatore del Fallimento ai sensi dell'art. 30, comma 4, DPR 633/1972 avente ad oggetto crediti IVA sorti nel corso della Procedura fallimentare, è opponibile dall'Agenzia delle Entrate la compensazione con il debito erariale preesistente alla dichiarazione di Fallimento e ammesso al passivo del Fallimento medesimo?

La normativa di riferimento è costituita dall'art. 56, comma 1, l. fall. ai sensi del quale “I creditori hanno diritto di compensare coi loro debiti verso il fallito i crediti che essi vantano verso lo stesso, ancorchè non scaduti prima della dichiarazione di fallimento”.
Secondo una tradizione interpretativa risalente, la disposizione in questione configura una speciale ipotesi di compensazione legale, trovando quindi applicazione tutte le regole di diritto comune che disciplinano l'istituto (art. 1243, comma 1, c.c.), salve le deroghe espressamente previste dalla norma fallimentare (tra le quali l'esclusione del requisito dell'esigibilità del credito per i crediti vantati nei confronti del fallito, che si considerano comunque scaduti alla data del fallimento ai sensi dell'art. 55, comma 2, l. fall.), ovvero elaborate dalla giurisprudenza (così, ad esempio, a far data dalla sentenza Cass. 3006/91, la compensazione fallimentare è stata ammessa non solo quando sia il credito del terzo a non essere ancora scaduto alla data della dichiarazione di fallimento, ma anche quando a non essere ancora scaduto sia il credito del fallito; allo stesso modo, la giurisprudenza fallimentare più recente tende ad ammettere la compensazione anche in relazione a crediti non omogenei).
Requisito imprescindibile per l'operatività della compensazione è la preesistenza di entrambi i crediti contrapposti al fallimento, da intendersi nel senso di anteriorità del fatto genetico dei debiti rispetto alla data della sentenza dichiarativa di fallimento. Tale requisito difetta in tutti i casi in cui il creditore vanti un credito sorto verso il fallito prima del suo fallimento (cosiddetto credito concorsuale) mentre il suo debito sia sorto verso la massa dopo l'inizio del concorso (cosiddetto credito della massa).
Conclusione identica vale per i casi in cui un soggetto sia al contempo debitore e creditore di massa per rapporti sorti successivamente al fallimento. In tal caso, ricorrendone i presupposti, potrà operare la normale compensazione legale ai sensi degli artt. 1242 e ss. c.c..
Infine, perché possa operare la compensazione disciplinata dall'art. 56 l. fall. è necessario il requisito della reciprocità delle obbligazioni, e cioè che le stesse corrano tra i medesimi soggetti.
Sotto questo profilo, la giurisprudenza si è espressa nel senso di non ritenere ammissibile la compensazione tra un credito fiscale avente come soggetto passivo la società fallita una volta tornata in bonis ed un credito di imposta della massa fatto valere dal Curatore nei confronti dell'Erario (Cass. 10349/03).
In ragione di quanto precede, si può concludere, rispondendo al quesito, nel senso che a fronte di una richiesta di rimborso avanzata all'Agenzia dell'Entrate dal Curatore del Fallimento ai sensi dell'art. 30, comma 4, DPR 633/1972 avente ad oggetto crediti IVA sorti nel corso della Procedura fallimentare, non è opponibile dall'Agenzia delle Entrate la compensazione con il debito erariale preesistente alla dichiarazione di Fallimento e ammesso al passivo del Fallimento medesimo, difettando i presupposti della preesistenza all'apertura del concorso di entrambe le ragioni di credito e della reciprocità delle obbligazioni.
Diversa questione è quella se il Curatore possa effettuare, in sede di ripartizione finale, la compensazione di ogni credito erariale sorto nel corso della procedura con un debito per qualsiasi imposta erariale ammesso al passivo. Ad avviso della Circolare n. 23/IR/2011 dell' Istituto di ricerca dei Dottori Commercialisti tale soluzione è ammessa, previa autorizzazione del Giudice Delegato, in ragione delle esigenze di maggiore celerità della procedura, e ciò anche in forza dell'art. 31, comma 1, D.L. 78/2010 che ha ammesso il pagamento di qualsivoglia somma iscritta a ruolo per imposte erariali tramite compensazione da effettuarsi nel Modello F24.

RIFERIMENTI NORMATIVI - La soluzione del quesito involge l'esame dell'art. 56 l. fall. (compensazione in sede di fallimento) e 1243 e ss. c.c., ma anche dell'art. 74-bis DPR 633/1972 nella parte in cui opera la netta distinzione tra le operazioni ai fini IVA effettuate anteriormente alla dichiarazione di fallimento e quelle successive all'apertura della procedura concorsuale.

SPUNTI DOTTRINALI - In materia di compensazione in sede fallimentare, in generale, si richiamano Lamanna, Commento all'art. 56 l. fall., in Il nuovo diritto fallimentare, Commentario diretto da Jorio, I, 806 e ss.; Pajardi - Paluchowsky, Manuale di diritto fallimentare, 352 e ss..
Con riferimento alla progressiva dilatazione, nel fallimento, dei presupposti civilistici della compensazione, Ambrosini, in Trattato di diritto commerciale, diretto da Cottino, Vol. XI, 384 - 385; La legge fallimentare - Commentario teorico pratico, a cura di Ferro, 397 e ss.; Guglielmucci, Diritto fallimentare, 196 e ss..
Con specifico riferimento ai requisiti della anteriorità e della reciprocità dei crediti, ancora Lamanna, op. cit., 808.
Sul tema particolare della compensazione in materia di crediti fiscali anche Cerato - Bana, Compensazione nel fallimento, in La settimana fiscale, 2011, n. 26, 27 e ss..

LA GIURISPRUDENZA - Le decisioni giurisprudenziali di maggior rilievo sono quelle sopra richiamate.
Si cita altresì la Risoluzione n. 279/E del 12 agosto 2002 dell'Agenzia delle Entrate (richiamata, per ribadire i principi in essa affermati, dalla Circolare n. 13/E dell'11 marzo 2011 della medesima Agenzia delle Entrate) con cui l'Agenzia, nell'esprimersi sul quesito posto alla sua attenzione della compensabilità del debito tributario della società fallita con il credito maturato a favore della massa fallimentare in seguito alle operazioni compiute dalla curatela dopo la dichiarazione di fallimento, ha escluso l'operatività della compensazione, “poiché lo stesso art. 74-bis, commi 1 e 2, del D.P.R. n. 633/72 distingue nettamente fra le operazioni effettuate anteriormente alla dichiarazione di fallimento e quelle successive all'apertura della procedura; in tale situazione infatti le posizioni del rapporto debitorio e del rapporto creditorio sono relative a soggetti diversi (fallito - massa fallimentare) e a momenti diversi rispetto alla dichiarazione di fallimento (anteriore il credito, posteriore il debito) con conseguente illegittimità della eventuale compensazione”.
Fa eccezione, secondo la medesima Risoluzione, l'ipotesi in cui il credito vantato dalla procedura derivi, per effetto del trascinamento, dall'attività del fallito precedente all'apertura della procedura concorsuale. In tale ultima ipotesi, peraltro, la compensazione potrà essere operata in misura comunque non superiore alla quota del credito vantato dalla procedura che effettivamente tragga origine dall'esercizio dell'impresa commerciale ante dichiarazione di fallimento.

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