Sulla partecipazione agli appalti pubblici delle società che hanno presentato una domanda con riserva ex art. 161, comma 6, l. fall. ai fini della ammissione al concordato preventivo, si registrano decisioni contrastanti del Consiglio di Stato.
Come noto, l'art. 38 del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (c.d. Codice degli appalti) esclude dalla partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti di lavori, servizi e forniture nonché dall'affidamento di subappalti e dalla stipula dei relativi contratti le società soggette ad una procedura concorsuale “salvo il caso di cui all'art. 186-bis del R.D. 216 marzo 1942, n. 267”, che disciplina il concordato in continuità.
Nella decisione n. 6272/2013 il Consiglio di Stato ha sostenuto che la partecipazione sarebbe consentita anche alla società nella fase del c.d. pre-concordato, ossia prima del decreto di ammissione, in quanto “inibire all'impresa di partecipare alle gare per affidamento dei pubblici contratti nelle more tra il deposito della domanda e l'ammissione al concordato (periodo che potrebbe protrarsi anche per un semestre) palesemente confligge con la finalità della norma volta preservare la capacità dell'impresa a soddisfare al meglio i creditori attraverso l'acquisizione di nuovi appalti”. Tale indirizzo è stato ribadito anche nella decisione n. 3344/2013, sempre del Consiglio di Stato, nella quale si legge “la norma consente la partecipazione alle procedure di affidamento dei contratti pubblici non solo alle imprese che sono già state ammesse al concordato ‘con continuità aziendale' e hanno già ottenuto il decreto di ammissione, ma anche a quelle che abbiano presentato domanda di ammissione al concordato preventivo previa autorizzazione del tribunale”. Questa decisione è stata emessa dopo la introduzione di un comma 4 all'art. 186-bis l. fall., che appunto richiede l'autorizzazione del tribunale.
A fronte di tale impostazione, da parte della decisione n. 101/2014 è stato rilevato che l'art. 38 del D.Lgs n. 163/2006 introduce la deroga con riferimento alle società “che si trovano in stato di (…) concordato preventivo” e non già a carico delle quali “sia in corso un procedimento per la dichiarazione di tali situazioni”. E' stato, infatti, evidenziato come “l'inciso ‘salvo il caso di cui all'art. 186-bis' fa seguito all'elencazione dei soggetti esclusi in quanto ‘si trovano in stato (…) di concordato preventivo', quindi si riferisce al soggetto che ‘si trova' nello stato di concordato preventivo con continuità aziendale, cioè nei cui confronti il tribunale abbia dichiarato detto stato ai sensi dell'art. 163 l.fall.; lo stesso inciso è conchiuso, precede ed è separato con virgola dalla successiva dizione ‘o nei cui riguardi è in corso un procedimento per la dichiarazione di una di tali situazioni', cioè degli ulteriori soggetti esclusi, tra i quali, dunque, rientra l'impresa nei cui riguardi sia in corso il procedimento per l'anzidetta dichiarazione”. In questa decisione, il Consiglio di Stato sottolinea come “trattandosi appunto di deroga all'ordinario regime dei requisiti di carattere generale (i quali, com'è noto devono sussistere al momento della scadenza del termine per la presentazione delle domande di partecipazione alla gara e permanere per tutta la durata dell'appalto), non è consentito il superamento del dato letterale mediante un'interpretazione estensiva [o analogica (…)], peraltro non autorizzata neppure dalla ratio legis desumibile dalla normativa in parola” (sulla eccezionalità dell'art. 38 si veda anche Cons. Stato n. 6085/2014).
Tale ultimo indirizzo, che circoscrive appunto la deroga introdotta dall'art. 38 del Codice degli appalti alle sole società che risultino già ammesse alla procedura di concordato – escludendo, pertanto, quelle in pre-concordato -, risulta indubbiamente rispettoso del dettato testuale dell'art. 38 del D.Lgs n. 166/2003 e coerente con la previsione del(l'attuale) comma 5 dell'art. 186-bis l. fall.
Quest'ultimo richiede, ai fini della partecipazione agli appalti, la presentazione di una relazione da parte di un professionista in possesso dei requisiti ex art. 67, comma 3, lett. d), l.fall. che attesti “la conformità al piano” e “la ragionevole capacità di adempimento” (nonché la dichiarazione di altro operatore - in possesso dei requisiti generali, finanziari, tecnici ed economici richiesti per l'affidamento dell'appalto – che si impegna a fornire le risorse necessarie all'esecuzione dell'appalto e a garantire il subentro all'impresa in c.p. nel caso in cui questa dovesse fallire).
La previsione sembra, quindi, avvalorare la tesi più rigorosa, in quanto nella fase del pre-concordato non sussiste ancora un piano e, conseguentemente, non sussistono le condizioni per rilasciare la richiesta attestazione di conformità.
In questi termini, sia il dettato testuale dell'art. 38 del Codice degli appalti – nell'introdurre la deroga al generale divieto di partecipare alle procedure di affidamento degli appalti con riferimento alle società già ammesse al concordato preventivo (in continuità) – sia la previsione del comma 5 dell'art. 186-bis l.fall. – nel richiedere la attestazione di conformità della domanda di partecipazione al piano concordatario – appaiono concordi nel fare riferimento alla fase successiva al decreto di ammissione alla procedura di concordato preventivo.
Al contempo, un supplemento di riflessione è imposto dall'introduzione - ad opera della legge 21 febbraio 2014, n. 9 - nell'art. 186-bis della seguente norma: “Successivamente al deposito del ricorso, la partecipazione a procedure di affidamento di contratti pubblici deve essere autorizzata dal tribunale, acquisito il parere del commissario giudiziale, se nominato; in mancanza di tale nomina, provvede il tribunale” (attuale comma 4).
Facendo riferimento al periodo successivo al deposito del “ricorso”, la norma è destinata a regolare anche la fase del pre-concordato.
In tal senso muove anche l'inciso per il quale ai fini della autorizzazione del tribunale deve essere acquisito il parere del commissario giudiziale “se nominato”. E' notorio, infatti, che quello commissariale costituisce un organo necessario nel concordato ex art. 163, comma 2, l. fall. mentre è solo eventuale nel pre-concordato ex art. 161, comma 6.
Ora, se si valorizza questo riferimento – che, peraltro, risulta ribadito nel proseguo del medesimo comma (“in mancanza di tale nomina”) – non si può fare a meno di ritenere che la ammissibilità della partecipazione alle procedure di appalto della società in pre-concordato viene a trovare un significativo riscontro normativo nella disciplina concordataria.
In altri termini, dalla comparazione tra la disciplina del comma 4 e del comma 5 dell'art. 186-bis l. fall. sembra possa dedursi che: quest'ultimo detta la disciplina per la partecipazione delle società in favore delle quali è già stato disposto il decreto di ammissione al concordato preventivo e con riferimento alle quali, dunque, ben può essere richiesta la attestazione di conformità al piano; il comma 4 introduce, invece, la disciplina per le società in pre-concordato con riferimento alle quali i requisiti ex comma 5 sono sostituiti dalla autorizzazione del tribunale, previo parere del commissario giudiziale, se nominato.
Infatti, se si tiene presente che la partecipazione agli appalti, configurando un atto di straordinaria amministrazione, dovrebbe essere, in ogni caso, sottoposta ad autorizzazione ex art. 161, comma 7, l. fall. (pre-concordato) ovvero ex art. 167 l. fall. (concordato) (in tal senso si veda il recente Tar Lazio, n. 1888/2015), è evidente che la specifica previsione dell'autorizzazione ex art. 186-bis, comma 4, l.fall. può trovare spiegazione solo assumendo che la stessa prenda luogo alla dimostrazione dei requisiti richiesti per le società in concordato dal comma 5.
Se si condivide questa ricostruzione, deve concludersi che il comma 4 dell'art. 186-bis l. fall. viene ad integrare l'art. 38 del D.Lgs. n. 163/2006, consentendo la partecipazione oltre che delle società già ammesse al concordato preventivo (in continuità) - già prevista dal Codice degli appalti – di quelle in pre-concordato, previa autorizzazione del tribunale e sulla base del parere del commissario giudiziale, ove nominato.
Un'ultima notazione. Seguendo l'impostazione, in capo agli organi della procedura grava la responsabilità di valutare la partecipazione agli appalti nelle more del presentazione del piano concordatario e, dunque, in assenza di elementi informativi certi non solo sui dati aziendali, ma anche sul contesto nel quale si inserisce la autorizzanda iniziativa imprenditoriale.
Un utile spunto operativo può, forse, essere fornito dal provvedimento, datato 21 dicembre 2012, del Tribunale di Roma che - chiamato ad autorizzare ex art. 161, comma 7, l. fall. una operazione di fusione - ha ritenuto che “in assenza di dettagliate indicazioni normative sul punto ed al fine di giungere ad una lettura coordinata e completa delle norme tutte in materia concordataria, non sembra consentito rimettere al tribunale, in assenza del deposito delle relative attestazioni in merito agli atti da compiere e di idonee linee guida atte a caratterizzare il piano e le singole operazioni, alcuna valutazione preventiva sul compimento di atti di straordinaria amministrazione”.
Risulti in conclusione davvero difficile comprendere la ragione per la quale nel pre-concordato non venga riprodotta la prescrizione del comma 5 dell'art. 186-bis l. fall. laddove richiede l'impegno di altro operatore (in possesso dei requisiti richiesti per l'affidamento dell'appalto) a fornire le risorse necessarie per l'appalto nonché a subentrare nel caso in cui l'impresa in c.p. fallisca nel corso dell'esecuzione del contratto. Si tratta, infatti, di una forma di tutela per la stazione appaltante che non potrà mai essere sostituita – soprattutto, ma non solo, alla luce di quanto sopra rilevato - dalla autorizzazione degli organi della procedura.