L’eccezione riconvenzionale della curatela nell'opposizione al passivo e giudizi ordinari “paralleli”

Danilo Galletti
29 Settembre 2014

Qualora sia instaurata un'opposizione a stato passivo, e la curatela opposta eccepisca in via riconvenzionale od in compensazione ragioni che siano già oggetto di accertamento in sede ordinaria, il Collegio può ammettere l'opponente al passivo con riserva, oppure sospendere il giudizio sino al passaggio in giudicato della sentenza che conclude il giudizio ordinario.

Qualora sia instaurata un'opposizione a stato passivo, e la curatela opposta eccepisca in via riconvenzionale od in compensazione ragioni che siano già oggetto di accertamento in sede ordinaria, il Collegio può ammettere l'opponente al passivo con riserva, oppure sospendere il giudizio sino al passaggio in giudicato della sentenza che conclude il giudizio ordinario.

È frequente ormai la fattispecie processuale in cui il membro di un organo sociale, amministratore o sindaco, domandi l'ammissione al passivo del proprio credito per compensi non riscossi, e la Curatela eccepisca in via riconvenzionale lo stesso inadempimento del creditore instante, così da paralizzare la richiesta di adempimento: si discorre allora in realtà di compensazione “impropria”, fra l'altro rilevabile anche ex officio dal Giudice Delegato.
Qualora le condotte dannose si riferiscano ad esercizi differenti rispetto a quelli ove il creditore ha insinuato il proprio compenso, invece, la Curatela dovrà far valere la compensazione in senso stretto, relativamente al controcredito risarcitorio.
Lasciamo sullo sfondo l'ipotesi distinta, ma collegata, dell'eccezione riconvenzionale di risoluzione del contratto che legava il creditore alla società.
Ove la Curatela non deducesse tali fatti impeditivi/modificativi rischierebbe di subire gli effetti di una preclusione suscettibile di essere fatta valere anche fuori della sede dell'accertamento del passivo, atteso che la statuizione adottata in tale sede vale solo ai fini della procedura fallimentare, ma fra Curatela e controparte ha la stessa efficacia del giudicato civile.
Il giudicato civile, appunto, copre il dedotto ma anche il deducibile, e dunque non parrebbe agevole per il curatore instare poi in sede ordinaria (almeno quanto all'azione di responsabilità contrattuale, c.d. sociale) per l'accertamento di inadempimenti dell'amministratore (o del sindaco) posti in essere nell'ambito di esercizi per i quali quest'ultimo è stato ammesso al passivo - senza opporre alcunché - a fronte dei compensi maturati e non corrisposti.
La disciplina della solidarietà civilistica potrebbe poi paradossalmente produrre conseguenze assai pregiudizievoli per la Massa.
In tali casi frequentemente la pretesa del creditore viene rigettata dal G.D., e poi è instaurata l'opposizione; nell'ambito di tale giudizio il Collegio può senz'altro accertare il controcredito opposto in compensazione, o comunque i fatti su cui la Curatela fonda l'eccezione riconvenzionale di inadempimento.
Ma cosa accade se nel frattempo, o in corso di opposizione, viene instaurato il giudizio civile ove il fallimento domanda la condanna del creditore esercitando l'azione di responsabilità?
Si instaura fra i due giudizi un rapporto di continenza (art. 39 c.p.c.), ove il giudizio continente mi pare essere sempre quello ordinario (stante la deduzione del controcredito risarcitorio nel giudizio di opposizione necessariamente in via di mera eccezione); ma la riunione non è mai possibile, perché la materia dell'opposizione è demandata funzionalmente al Collegio fallimentare, ed il rito sommario non tollera la riunione con processi regolati dal rito “ordinario”.
A mio avviso la soluzione sarà normalmente la sospensione del giudizio di opposizione, ai sensi dell'art. 295 c.p.c., così come avviene secondo un indirizzo risalente proprio nei casi di continenza, ove la riunione non sia comunque possibile, e si rinvenga la maggiore ampiezza di un giudizio rispetto all'altro. La natura sommaria del giudizio di opposizione, infatti, non è di ostacolo all'applicazione dell'istituto della sospensione.
Quanto all'eccezione di compensazione in senso stretto, tuttavia, un orientamento tralaticio della Suprema Corte non reputa possibile l'esame della questione da parte del Giudice adito per accertare il credito principale, se il controcredito eccepito in compensazione è oggetto di accertamento in un giudizio esterno.
Tale soluzione tuttavia limita in misura ingiustificata il diritto di difesa della curatela, e sul piano generale incentiva irrazionalmente le impugnazioni strumentali, al fine di evitare il passaggio in giudicato della sentenza che accerta il credito principale.
Secondo una pronunzia recente della Corte di cassazione (sent. 17 ottobre 2013, n. 23573), che appare assai perspicua, il Giudice che accerta il credito principale potrebbe comunque fare applicazione di un principio che si ricava dagli artt. 35 c.p.c. e 1243, comma 2, c.c.
La soluzione consisterebbe nella pronunzia che condanna il convenuto quanto al debito principale, condanna che tuttavia sarebbe pronunziata con riserva del futuro accertamento del controcredito opposto in compensazione. Lo stesso Giudice dovrebbe poi rimettere la causa sul ruolo, al fine di proseguire l'istruttoria solo per accertare i presupposti della compensazione, ivi sospendendo il giudizio ex art. 295 c.p.c., con soluzione quest'ultima per vero un po' macchinosa, e non applicabile all'evidenza ai giudizi di opposizione a stato passivo.
In questi ultimi ritengo che il Collegio possa sospendere direttamente il giudizio di opposizione, in forza di quanto già esposto, non condividendo l'impostazione secondo cui l'art. 1243 c.c. si riferirebbe al mero ritardo della decisione da parte del Giudice avanti il quale è azionato il credito principale.
In alternativa, e discrezionalmente, il Collegio potrà però anche ammettere il creditore allo stato passivo con riserva, sotto condizione risolutiva dell'accoglimento dell'azione di responsabilità, grazie all'elasticità delle norme sulla formazione dello stato passivo.
Ciò costituisce, parrebbe, una “traduzione” per le opposizioni delle disposizioni assai complesse contenute negli artt. 35 c.p.c. – 1243, comma 2, c.c.
Come ulteriore alternativa, il Collegio potrebbe altresì rigettare, in tutto od in parte, l'opposizione, ritenendo sufficientemente certo (“di facile e pronta liquidazione”: art. 1243 c.c., “facilmente accertabile”: art. 35 c.p.c.) il controcredito (che normalmente ha dimensioni molto superiori rispetto al credito principale), in forza dell'art. 1243, comma 2, c.c. Tale soluzione non sarà però disponibile qualora si ritenga che l'art. 1243 c.c. regoli in realtà soltanto le ipotesi in cui difetti un giudizio esterno ove il controcredito sia stato dedotto.

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