La prededuzione nel concordato preventivo: equivoci legati ad una formulazione ellittica?

Danilo Galletti
05 Agosto 2014

La prededuzione è ben possibile anche all'interno del concordato preventivo, con riferimento a tutte quelle passività che emergano in funzione od in occasione dello stesso, o che comunque siano qualificate come tali da norme espresse; ciononostante nulla conduce a ritenere che la disciplina di tali prededuzioni nel concordato debba essere identica a quella del fallimento.

La prededuzione è ben possibile anche all'interno del concordato preventivo, con riferimento a tutte quelle passività che emergano in funzione od in occasione dello stesso, o che comunque siano qualificate come tali da norme espresse; ciononostante nulla conduce a ritenere che la disciplina di tali prededuzioni nel concordato debba essere identica a quella del fallimento.

E' possibile la prededuzione per debiti sorti in occasione od in funzione del concordato preventivo?
La risposta non può che essere in linea di principio affermativa, stante anche la lettera dell'art. 111 l. fall. (“quelli sorti in occasione o in funzione delle procedure concorsuali di cui alla presente legge”), ma occorre chiarire prima il senso reale della domanda.
Una cosa è discorrere della natura prededucibile di un'obbligazione contratta nell'ambito di un concordato, all'interno del fallimento successivo, situazione tipicamente regolata dall'art. 111 l. fall. già visto (prededuzione “esterna”), e che a mio avviso non richiede più nemmeno che il fallimento sia posto in regime di “consecuzione” col precedente concordato, nemmeno in senso lato (ossia nei casi in cui vi sia cesura temporale fra le due procedure, ma l'insolvenza sia la medesima), posto che la prededuzione è stata ormai resa una qualità del credito, e dunque una categoria sostanziale, non più solo processuale, che attiene direttamente al debito (e non solo alla responsabilità).
La conferma di ciò si ha nella disciplina dei finanziamenti “ponte”, che vengono ad esistenza (e debbono pure essere erogati: art. 182-quater, comma 2, l. fall.) prima dell'apertura della procedura, ed in misura ancora più nitida quanto a quelli effettuati in esecuzione del piano concordatario (art. 182-quater, comma 1,), i quali sorgono quando la procedura si è oramai chiusa definitivamente, ed acquisiscono dunque una qualità che sarà fatta valere come tale soltanto in una futura procedura concorsuale; qualità che del resto non può neppure ritenersi “anticipazione” degli effetti di una procedura che oramai non c'è più.
Altra cosa è valutare se la disciplina del “concorso” fra i creditori antecedenti al concordato (rectius alla pubblicazione della domanda) e quelli sorti “in occasione od in funzione” (espressione ellittica, con la quale in questa sede intendo ricomprendere tutte le ipotesi di prededuzione riferite al concordato: art. 161, comma 7, art. 182-quater etc.) del concordato (prededuzione “interna”) possa alimentarsi dalle norme sulla prededuzione ubicate nella sedes fallimentare.
Può sorprendere l'uso della parola “concorso” in questo contesto, perché siamo abituati per tradizione a parlarne solo con riferimento ai creditori antecedenti, appunto “concorsuali”, mentre gli altri vengono considerati “extra concorso”, ma le tradizioni saltano con le riforme, ed ormai non vedo ostacoli a parlare di più forme di concorso, fra le quali quello “diseguale”, sullo stesso attivo, fra creditori antecedenti e creditori successivi, regolato dalla Legge.
Gli artt. 111 e 111-bis l. fall. rendono ciò a mio avviso incontestabile, laddove assoggettano le prededuzioni alle stesse tecniche normative tipiche del concorso fallimentare: accertamento, riparto, anche proporzionale, e persino graduazione (arg. ex art. 80 l. fall.).
Appare evidente che non potranno trovare applicazione quelle disposizioni che attengano ad aspetti specifici della disciplina del fallimento, non estensibili ed incompatibili col concordato: si pensi all'accertamento appunto, oltre che al riparto (modalità operativa tuttavia seguita con costanza nella prassi, per evidenti motivi empirici).
Così come non ci si deve meravigliare se taluni aspetti fenomenologici caratteristici della prededuzione fallimentare non possano trovare applicazione alla prededuzione “interna” concordataria: tali passività infatti potranno godere dell'azione esecutiva, anche in barba all'art. 168 l. fall.
Non costituisce invece un tratto differenziale la esigibilità dell'obbligazione, posto che anche nel fallimento tale aspetto è regolato dalla disciplina, legale o convenzionale, che governa la nascita della passività prededuttiva: solo quelle civilisticamente scadute (ad es. i crediti risarcitori per fatto illecito) saranno da pagarsi immediatamente, con preferenza rispetto alle altre ragioni creditorie (art. 111, n. 1, l. fall.); ma se il curatore contrae un mutuo, non opera ovviamente l'art. 55 l. fall., sicché le obbligazioni dovranno essere soddisfatte alle scadenze contrattuali.
Dunque nel concordato, come nel fallimento, i crediti in prededuzione che vanno soddisfatti subito sono solo quelli scaduti. Quanto agli altri, non dovrà necessariamente procedersi ad un accantonamento, posto che nessuna norma lo impone.
Ciononostante, la necessità di soddisfare integralmente tali passività costituirà una regola di condotta per l'organo di liquidazione, da assumere come parametro di valutazione del suo operato: il liquidatore che proceda a riparti in favore dei chirografari pur sapendo (o dovendo sapere) che l'andamento del piano non consentirà il soddisfacimento integrale dei “prededotti ne sarà responsabile. Senza nemmeno escludere l'obbligo di chiedere il fallimento, in forza di una insolvenza “nuova”, determinatasi in fase di esecuzione, anche in difetto di richiesta di risoluzione del concordato da parte di uno dei legittimati.
Così pure quanto alla disciplina del “concorso” con creditori titolari di prelazioni speciali, quanto alle spese prededuttive “specifiche”, e alla necessità di concorrere alle spese generali della procedura, come sanciscono gli artt. 111-bis s. l.fall., i cui principi nei limiti della compatibilità dovranno trovare applicazione al concordato.
Non si tratta dunque di meri crediti non soggetti alla falcidia ed alla efficacia “conformativa” del decreto di omologazione (art. 184 l.fall.), posto che se così fosse, nel successivo concordato essi dovrebbero essere trattati come crediti concorsuali, e dunque assoggettati a falcidia.
Ma ciò apparirebbe irrazionale, e dissonante rispetto alle norme che rendono tali passività appunto “superprivilegiate” nel successivo (non consecutivo) fallimento; perché mai esse dovrebbero invece essere trattate diversamente, ed in modo deteriore, in una procedura concorsuale successiva alla prima, soltanto perché concordataria ?
Ciò anche alla luce della qualità sostanziale ormai rivestita da tali situazioni giuridiche, che non può venir meno soltanto per effetto della chiusura della procedura nel cui alveo esse sono nate (per poi rinascere, incongruamente, soltanto nel fallimento).
Il Legislatore ha in sostanza voluto incentivare i terzi ad entrare in contatto con il debitore in concordato, “assicurandoli” con la prededuzione, e tale ratio di tutela non può che prescindere dalla specifica natura della procedura concorsuale successiva, la cui scelta è del tutto fuori dalla loro sfera di controllo (con possibili riflessi di legittimità costituzionale, a ragionare in modo opposto). In tal senso depone anche la recente abrogazione dell'emendamento “Arlotti”, e così la stabilizzazione delle prededuzioni acquisite nell'ambito del concordato in bianco ai sensi dell'art. 161, comma 7, l. fall.
Quanto invece alle passività sorte dopo l'omologazione, in esecuzione del piano concordatario, e non derivanti da finanziamenti (e dunque non “coperte” dall'art. 182 quater l. fall.), la tutela delle controparti sembrerebbe rimessa alla sola esenzione da revocatoria fallimentare (art. 67, comma 3, lett. e), a meno di non voler sostenere una lettura estensiva dell'art. 111 l. fall., così da rendere prededotti e prededucibili, siccome in ipotesi “funzionali”, anche quegli atti che siano “esecutivi” del piano; in tale evenienza credo sarebbe plausibile, al fine di valutare la “funzionalità” del singolo debito, applicare gli stessi criteri utilizzati ai fini del giudizio sulla “inerenza” degli atti nei piani attestati e negli accordi di ristrutturazione dei debiti.

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