Mediazione civile e commerciale

Pierpaolo Ceroli
16 Maggio 2014

Il D.Lgs. 4 marzo 2010, n. 28 ha introdotto un sistema di risoluzione delle controversie relative a diritti disponibili alternativo al processo civile noto come mediazione. Il legislatore definisce la mediazione come quell'attività svolta da un terzo imparziale e finalizzata ad assistere due o più soggetti nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una controversia e nella formulazione di una proposta per la risoluzione della stessa. Non è però possibile utilizzare la mediazione per le liti aventi ad oggetto situazioni giuridiche o materie devolute alla giurisdizione amministrativa, o alle altre giurisdizioni speciali. L'art. 6 del citato decreto prevede che la mediazione può avere durata massima pari a quattro mesi.Tale fattispecie si differenzia dall'arbitrato perché il mediatore non prende decisioni vincolanti, ma assiste le parti nella ricerca di un accordo conciliativo. L'accordo raggiunto è riferibile alle parti al pari del negozio transattivo, ma è suscettibile di acquistare efficacia esecutiva e di costituire titolo per l'iscrizione di ipoteca giudiziale.

Introduzione

La conciliazione è un metodo alternativo di risoluzione delle controversie che consiste in una negoziazione tra le parti che mira a raggiungere una risoluzione del contrasto insorto tra le parti con l'intervento e l'ausilio di un terzo (il conciliatore) imparziale e neutrale, privo di qualsiasi potere decisionale. Il conciliatore è solo un facilitatore della negoziazione e della composizione della lite, il cui scopo è assistere le parti al fine di trovare un accordo che le soddisfi entrambe e che contemporaneamente porti ad una situazione patrimoniale migliore di quella in cui si trovavano precedentemente. Di norma, la conciliazione permette anche il recupero del rapporto tra le parti, che in molti casi è l'aspetto più importante del buon esito della conciliazione.

Il vantaggio di tale istituto è principalmente quello di concludere la controversia in tempi e costi abbastanza contenuti (a differenza delle liti in sede giudiziaria), oltre a quello già citato del recupero del rapporto con il cliente o il fornitore.

La conciliazione non deve essere confusa con l'arbitrato, in quanto si tratta di una procedura non contenziosa in cui il potere decisionale spetta alle parti; nel caso dell'arbitrato il potere decisionale spetta all'arbitro, e la procedura ha natura contenziosa.

Tipologie di mediazione

Il D.Lgs. n. 28 del 2010 disciplina tre tipi di mediazione:

  1. facoltativa: le parti decidono spontaneamente di ricorrere al procedimento di mediazione, a lite insorta ovvero in forza di una clausola di mediazione;
  2. delegata: il giudice, prima dell'udienza di precisazione delle conclusioni o prima della discussione della causa, anche in sede di giudizio di appello, valutata la natura della causa, lo stato dell'istruzione e il comportamento delle parti, può invitare le stesse a procedere alla mediazione, fissando la successiva udienza dopo quattro mesi anche nel caso in cui sia già stata esperita una procedura di mediazione con esito negativo (sul punto si è espresso il Tribunale di Roma con sentenza del 29 Ottobre 2015);
  3. obbligatoria, dichiarata dapprima incostituzionale dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 272 del 23 ottobre 2012, ma successivamente ripristinata dal D.L. n. 69/2013 (decreto del fare).

Le disposizioni dichiarate incostituzionali

La sentenza n. 272 del 23 ottobre 2012 della Corte Costituzionale, depositata il 6 dicembre 2012, ha dichiarato illegittimo l'articolo 5 del D.Lgs. n. 28/2010 nella parte in cui disponeva l'obbligo (solo per determinate materie, in seguito riportate) di previo esperimento del procedimento di mediazione. Esso stabiliva che tale adempimento fosse condizione di procedibilità della domanda giudiziale e che l'improcedibilità fosse rilevata dalla controparte o d'ufficio, ma tale disposizione era in contrasto con gli artt. 24 (garanzia di accesso alla tutela giurisdizionale) e 77 (esercizio di potestà legislativa delegata dal Parlamento al Governo).

La pronuncia della Corte non dovrebbe far venire meno soltanto le disposizioni dell'articolo 5, commi 1, 2, 3 ma con esse tutto il bagaglio di previsioni volte a sanzionare la mancata partecipazione al procedimento di mediazione.

Viceversa, le agevolazioni e gli incentivi previsti (ossia i benefici fiscali, l'efficacia potenziata del verbale di raggiunta conciliazione ecc.) restano in vigore.

Inoltre, per il comma 5 dell'articolo 8, che riferisce espressamente alle ipotesi di mediazione obbligatoria, la condanna "al versamento all'entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio" risulta essere caducato (cioè privato della sua efficacia giuridica) per la parte costituita che non abbia partecipato al procedimento senza giustificato motivo.

Contemporaneamente, l'articolo 13, che contiene severe sanzioni pecuniarie a carico della parte che rifiuti la proposta di soluzione della lite formulata dal mediatore, è stato dichiarato incostituzionale.

Le materie per le quali era obbligatorio far precedere la domanda giudiziale dall'esperimento del procedimento di mediazione, costituendo il relativo ricorso condizione di procedibilità, erano:

  • diritti reali;
  • divisione;
  • successioni ereditarie;
  • patti di famiglia;
  • locazione;
  • comodato;
  • affitto di aziende;
  • responsabilità medica;
  • diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità;
  • contratti assicurativi, bancari e finanziari;
  • condominio (dal 20 marzo 2012);
  • risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti (dal 20 marzo 2012).

La preventiva istanza di mediazione non era invece necessaria:

  1. nei procedimenti per ingiunzione, inclusa l'opposizione, fino alla pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione;
  2. nei procedimenti per convalida di licenza o sfratto, fino al mutamento del rito di cui all'articolo 667 del codice di procedura civile;
  3. nei procedimenti possessori, fino alla pronuncia dei provvedimenti di cui all'articolo 703, terzo comma, del codice di procedura civile.

Infine, nei casi di azioni esecutive, di procedimenti in camera di consiglio e nell'esercizio dell'azione civile in sede penale, il procedimento di mediazione non è obbligatorio, qualunque sia l'oggetto della controversia.

Il ripristino del “decreto del fare”

A partire dal 20 settembre 2013 (trascorsi 30 giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del D.L. n. 69/2013), vengono applicate le nuove disposizioni in materia di mediazione civile e commerciale che hanno ripristinato le disposizioni dichiarate incostituzionali dalla Corte costituzionale con sentenza n. 272 del 2012, in merito al procedimento di mediazione per le materie elencate dall'articolo 5, comma 1, del D.Lgs. n. 28/2010.

Inoltre, sono state introdotte nuove norme in tema, che riguardano:

  • criterio di competenza territoriale per la presentazione della domanda;
  • la mediazione può procedere solo a seguito del consenso delle parti espresso in un incontro preliminare di programmazione che deve svolgersi entro 30 giorni dal deposito dell'istanza a costi molto contenuti;
  • gratuità del primo incontro di programmazione in caso di mancato accordo;
  • sono state escluse dalle materie per cui è previsto l'incontro di programmazione le controversie di RC auto, mentre sono state aggiunte le controversie in tema di risarcimento del danno derivante da responsabilità sanitaria;
  • il giudice può ordinare e non solo invitare, alle parti di procedere alla mediazione;
  • la durata massima dell'intera procedura è stata ridotta a 3 mesi;
  • gli avvocati sono stati designati come mediatori di diritto ed hanno l'obbligo di aggiornamento professionale;
  • gli avvocati assistono le parti durante l'intera procedura di mediazione;
  • è stata introdotta una nuova disciplina in tema di efficacia esecutiva dell'accordo di mediazione.

Sede della mediazione

La mediazione si svolge presso Organismi, pubblici e privati, iscritti in un apposito registro tenuto dal Ministero della giustizia.

Il procedimento di mediazione può svolgersi anche presso la Camera di conciliazione della CONSOB, ma solo nell'ambito di controversie in materia finanziaria e bancaria, ovvero ci si può rivolgere all'Arbitro bancario e finanziario costituito dalla Banca d'Italia, secondo quanto rispettivamente disposto dal D.Lgs. 8 ottobre 2007, n. 179 e dall'art. 128-bis del D.Lgs. 1° settembre 1993, n. 385.

I Consigli dell'Ordine degli avvocati sono iscritti nel registro a semplice domanda e possono:

  • costituire organismi di mediazione in ogni materia;
  • istituire organismi presso ciascun tribunale avvalendosi di proprio personale e utilizzando i locali loro messi a disposizione dal presidente del tribunale.

Gli ordini professionali diversi da quello degli avvocati, invece, possono costituire organismi di mediazione nelle materie di loro competenza solamente previa autorizzazione del Ministero della giustizia.

Aspetti fiscali

La Risoluzione n. 113/E del 29 novembre 2011 dell'Agenzia delle Entrate, fornisce chiarimenti sul trattamento tributario dell'attività di mediazione, in particolare il trattamento tributario sia ai fini delle imposte dirette che dell'IVA:

  • dei contributi erogati in favore degli organismi di mediazione dai singoli consigli degli ordini o da altri enti pubblici;
  • dei proventi conseguiti, nell'esercizio della propria attività, dagli organismi di mediazione di cui trattasi, derivanti dagli importi versati dai clienti che intendono avvalersi dell'istituto della mediazione;

in relazione ad entrambe le seguenti ipotesi di organismi di mediazione costituiti dai consigli degli ordini degli avvocati:

  1. sia quali dipartimenti degli stessi consigli degli ordini;
  2. sia quali enti autonomi rispetto ai singoli consigli degli ordini;

dal momento che il Consiglio Nazionale Forense ha fatto presente che gli organismi di mediazione in argomento possono essere istituiti dai singoli consigli degli ordini degli avvocati.

La risoluzione stabilisce, quindi, che l'attività di mediazione consiste in un'attività economica organizzata diretta alla prestazione di servizi dietro pagamento di un corrispettivo, il cui oggetto è l'assistenza di due o più parti nella ricerca di una conciliazione extragiudiziale di controversie in materia civile e commerciale su diritti disponibili.

Sotto il profilo fiscale, l'attività di mediazione si qualifica, sia ai fini dell'imposizione diretta che dell'IVA, come attività organizzata in forma d'impresa diretta alla prestazione di servizi ai sensi, rispettivamente, dell'art. 55 del T.U.I.R. e dell'art. 4 del D.P.R. n. 633 del 1972.

In particolare, l'attività realizzata dall'organismo di mediazione - organizzata in forma d'impresa e diretta alla prestazione di servizi che non rientrano nell'art. 2195 del codice civile - è riconducibile nell'ambito applicativo, ai fini IRES, della lettera a) del comma 2 del citato art. 55 del T.U.I.R. e, ai fini IVA, dell'art. 4, primo comma, del D.P.R. n. 633 del 1972.

Per questo motivo, non può trovare applicazione, agli effetti dell'IRES, l'art. 143, comma 1, secondo periodo, del T.U.I.R., contrariamente a quanto ritenuto dal Consiglio Nazionale Forense.

Tale inquadramento fiscale vale anche nell'ipotesi di attività di mediazione esercitata dai consigli degli ordini degli avvocati mediante l'istituzione di appositi organismi di mediazione, sia quali dipartimenti degli stessi consigli degli ordini [sub A)], sia quali enti autonomi rispetto ai singoli consigli degli ordini [sub B)].

La mediazione, infatti, non può essere considerata come attività non commerciale di tipo pubblicistico (quali ad esempio la tenuta dell'albo degli avvocati e del registro dei praticanti, o la gestione dei procedimenti disciplinari, ecc.), il cui svolgimento caratterizza le finalità istituzionali tipiche dei consigli degli ordini degli avvocati quali enti pubblici non economici.

Per quanto riguarda l'argomento IVA bisogna precisare che la disciplina normativa sopra richiamata in materia di mediazione porta ad escludere che l'attività di mediazione posta in essere dagli organismi di mediazione costituti dai consigli degli ordini degli avvocati (sia quali articolazioni interne sia quali enti autonomi) soddisfi i requisiti della pubblica autorità di cui al citato art. 13 della Direttiva CE n. 112 del 2006.

Premesso questo, relativamente al trattamento tributario dei contributi erogati in favore degli organismi di mediazione dai singoli consigli degli ordini o da altri enti pubblici si evidenzia che tali somme concorrono come componenti positivi alla determinazione del reddito d'impresa ai fini IRES.

Questa soluzione non è applicabile però nel caso di somme destinate dal consiglio dell'ordine all'attività di mediazione svolta dall'organismo istituito quale proprio dipartimento poiché si tratta di movimentazioni di denaro, nell'ambito dello stesso soggetto, aventi rilevanza esclusivamente sotto il profilo patrimoniale come apporto di capitale ad un'attività d'impresa da parte del titolare della stessa.

Resta fermo, peraltro, che, per l'attività di mediazione svolta mediante organismi istituti quali dipartimenti interni, i consigli degli ordini degli avvocati hanno l'obbligo di tenere la contabilità separata a norma degli artt. 144, comma 2, del T.U.I.R. e 20 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600.

Inoltre, i proventi conseguiti nell'esercizio della propria attività concorrono alla determinazione del reddito complessivo secondo le ordinarie disposizioni previste in materia di reddito d'impresa, sia nell'ipotesi di organismi di mediazione quali i dipartimenti dei consigli degli ordini [ipotesi sub A)] che in quella di organismi quali gli enti autonomi rispetto ai consigli degli ordini. Tali redditi saranno imputabili, nell'ipotesi A, in capo al consiglio dell'ordine del quale l'organismo di mediazione costituisce dipartimento e, nell'ipotesi B), in capo all'organismo di mediazione istituito come ente autonomo. Ai fini IVA, in entrambe le ipotesi, gli importi versati dalle parti all'organismo di mediazione costituiscono corrispettivi di prestazioni di servizi imponibili agli effetti del tributo.

In evidenza: obbligo informativo dell'avvocato

All'atto del conferimento dell'incarico, l'avvocato è tenuto a informare l'assistito della possibilità di avvalersi del procedimento di mediazione disciplinato dal D.Lgs. n. 28/2010 e delle agevolazioni fiscali di cui agli artt. 17 e 20.

L'informazione deve essere fornita per iscritto e in maniera chiara; inoltre, il documento che la contiene va allegato all'atto introduttivo del giudizio.

Se gli obblighi d'informazione non vengono rispettati, il contratto tra l'avvocato e l'assistito, a norma dell'art. 4, co. 3 del D.Lgs. n. 28/2010, è annullabile.

Esempio di modello di informativa

Io sottoscritto _________________________________________ dichiaro di essere stato informato dall'Avv.______________________________________________, in ossequio a quanto previsto dall'art. 4, 3° comma del D.Lgs. 4 marzo 2010, n. 28, - della facoltà di esperire il procedimento di mediazione previsto dal D.Lgs. n. 28/2010 per tentare la risoluzione stragiudiziale della controversia insorta tra me e _____________ (indicazione della controparte) in relazione a ___________________(indicazione della lite); nonché dell'obbligo di utilizzare il procedimento di mediazione previsto dal D.Lgs. n. 28/2010 (ovvero per le materie ivi contemplate, i procedimenti previsti dal D.Lgs. n. 179/2007 o dall'art. 128-bis del D.Lgs. n. 385/1993 e successive modificazioni), in quanto condizione di procedibilità del giudizio, nel caso che la controversia sopra descritta sia relativa a diritti disponibili in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti, da responsabilità medica e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari.

- della possibilità, qualora ne ricorrano le condizioni, di avvalersi del gratuito patrocinio a spese dello Stato per la gestione del procedimento;

- dei benefici fiscali connessi all'utilizzo della procedura, ed in particolare:

a) della possibilità di giovarsi di un credito d'imposta commisurato all'indennità corrisposta all'Organismo di mediazione fino a concorrenza di 500 euro, in caso di successo; credito ridotto della metà in caso di insuccesso; e delle circostanze che: b) tutti gli atti, documenti e i provvedimenti relativi al procedimento di mediazione sono esenti dall'imposta di bollo e da ogni spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie e natura; che il verbale di accordo è esente dall'imposta di registro entro il limite di valore di 50.000 euro e che in caso di valore superiore l'imposta è dovuta solo per la parte eccedente.

Luogo e data,

(Sottoscrizione dell'assistito)

(Sottoscrizione dell'Avvocato)

Nonostante non sia espressamente richiesto dalla legge, il Consiglio Nazionale Forense ha suggerito di menzionare la notizia dell'intervenuta informazione anche nella procura alle liti.

Il sottoscritto ___________________________________________________________________ nato a________________________ il _____________ e residente a _________________________ in Via _______________________________ n. _______, C.F. _____________________, informato ai sensi dell' art. 4, 3° comma, del D.Lgs. n. 28/2010 della possibilità di ricorrere al procedimento di mediazione ivi previsto e dei benefici fiscali di cui agli artt. 17e 20 del medesimo decreto, come da atto allegato, delega a rappresentarlo e difenderlo…

Il procedimento di mediazione

L'istanza di mediazione Come tutti gli atti del procedimento, l'istanza di mediazione non necessita di forme particolari, ma deve indicare:

  • l'organismo;
  • le parti;
  • l'oggetto;
  • le ragioni della pretesa;
  • il valore della controversia (e, ai sensi dell'art. 17 del d.m. n. 180/2010).

L'esatta indicazione degli elementi della domanda è funzionale alla produzione degli effetti sulla prescrizione e sulla decadenza, infatti l'istanza di mediazione produce sulla prescrizione gli effetti della domanda giudiziale e impedisce la decadenza per una sola volta. Siccome questo è un atto recettizio, gli effetti iniziano a prodursi dal momento della comunicazione alle altre parti. L'Organismo ha il compito di comunicare la domanda, il mediatore designato e la data dell'incontro di mediazione a norma dell'art. 4 del d.lgs. n. 28/2010, ed essa può anche essere effettuata dall'istante (soprattutto ai fini degli effetti sostanziali). L'istanza di mediazione non è suscettibile di trascrizione, quindi al fine della produzione degli effetti prenotativi bisogna procedere alla trascrizione della domanda giudiziale, secondo quanto disposto dall'art. 5, comma 3.

L'art. 5 c. 1 D.lgs. 28/2010 dispone in generale che le parti, nel caso di mediazione obbligatoria e/o delegata, debbano essere assistite da un avvocato per tutta la durata della procedura, salvo il caso in cui non si tratta di una lite tra impresa e consumatore in quanto il richiamato articolo non è compatibile con il cd. “Codice del consumo” (D.Lgs. 206/2005).

In ogni caso, consolidata giurisprudenza ritiene che la sola presenza degli avvocati in assenza degli assistiti è considerata una procedura irrituale e non esperita, tanto da rendere improcedibile il giudizio pendente o da istaurarsi (si vedano ad esempio le sentenze del Tribunale di Vasto del 09.03.2015, Tribunale di Pavia del 20 Gennaio 2017).

A chi si propone l'istanza di mediazione Il D.L. 39/2013 ha previsto il criterio di competenza territoriale per il quale l'istanza di mediazione va presentata presso l'organismo che si preferisce (ovviamente, ciò avviene in mancanza di una clausola di mediazione che individui un organismo specifico) nel luogo del giudice territorialmente competente per la controversia. Nel caso di più istanze aventi lo stesso oggetto, la mediazione si svolge davanti all'organismo presso il quale è stata presentata la prima domanda. Infine, per determinare il momento della domanda, si considera la data in cui la comunicazione è stata ricevuta, secondo quanto disposto dall'art. 4, co. 1.

Come si aderisce all'istanza di mediazione La parte che riceve un'istanza di mediazione può aderire al procedimento presentandosi presso l'organismo di mediazione nel giorno indicato dalla segreteria dello stesso. In base all'art. 8, co. 5 del decreto in oggetto, in caso di mancata partecipazione senza giustificato motivo al procedimento di mediazione, il giudice può desumere argomenti di prova nel successivo giudizio ai sensi dell'art. 116, co. 2 del codice di procedura civile; pertanto, il giudice potrà fondare il proprio convincimento anche su tale circostanza. Comunque, in caso di mancata partecipazione, si può presentare un giustificato motivo.

Il mediatore Per poter svolgere l'attività di mediatore bisogna:

  • aver conseguito un diploma di laurea triennale o, in alternativa, essere iscritto ad un albo professionale;
  • aver seguito un corso di formazione di 50 ore presso un ente di formazione iscritto nell'elenco tenuto dal Ministero della giustizia;
  • presentare specifici requisiti di onorabilità.

Per questi motivi, il mediatore non deve necessariamente essere un avvocato o un giurista; ciononostante, alcuni organismi di mediazione richiedono ai propri mediatori tali requisiti. Tuttavia, gli avvocati iscritti all'albo sono di diritto mediatori. Coloro che sono iscritti ad organismi di mediazione devono essere formati in materia di mediazione e frequentare corsi di aggiornamento teorico-pratici.

Svolgimento del procedimento Il procedimento è disciplinato dal Regolamento adottato dal singolo organismo di mediazione. In ogni caso devono essere garantite la riservatezza della procedura, l'imparzialità del mediatore (che è tenuto a sottoscrivere una dichiarazione di imparzialità prima dell'inizio del procedimento) e l'accesso agli atti depositati da ciascuna parte nel corso della procedura.

Il Regolamento, quindi, ha un'importanza fondamentale per la realizzazione del procedimento, le cui opzioni di fondo possono riguardare (art. 7, d.m. n. 180/2010):

  • l'esclusione della necessaria partecipazione personale delle parti;
  • la previsione della proposta del mediatore anche in assenza della parte invitata che non ha aderito al procedimento o a prescindere dalla domanda congiunta delle parti;
  • la nomina di un mediatore diverso da quello che ha condotto la fase facilitativa al solo fine di formulare la proposta;
  • il suggerimento per l'assistenza tecnica;
  • il controllo del mediatore sulla conformità all'ordine pubblico e alle norme imperative dell'accordo conciliativo raggiunto spontaneamente dalle parti.

Secondo le poche disposizioni dettate dal D.Lgs. n. 28/2010 sul punto:

  • A seguito del deposito dell'istanza di mediazione presso l'organismo di mediazione, quest'ultimo, entro quindici giorni, designa il mediatore e fissa la data del primo incontro di programmazione comunicandolo alle parti e al mediatore;
  • Non è previsto un termine minimo di comparizione per la parte invitata alla procedura che può aderire al procedimento semplicemente presentandosi nella data fissata.
  • Se la parte non si presenta il mediatore ne darà atto a verbale e la procedura di mediazione si concluderà con esito negativo.
  • Le parti devono partecipare alla procedura di mediazione, già dal primo incontro, con l'assistenza di un avvocato.
  • Nelle controversie che richiedono specifiche competenze tecniche, possono essere nominati uno o più mediatori ausiliari, ovvero esperti iscritti negli albi dei consulenti presso il Tribunale.
  • Il procedimento si conclude con la redazione di un verbale di raggiunta o fallita conciliazione sottoscritto sia delle parti che dal mediatore, il quale certifica altresì l'autografia delle parti ovvero l'impossibilità di sottoscrivere.

Il Consiglio Nazionale Forense ha predisposto un modello di Regolamento per gli Organismi di mediazione costituiti dai Consigli dell'Ordine degli Avvocati che opera talune specifiche scelte. In particolare:

  • è prevista l'assistenza tecnica delle parti ogni qualvolta la stessa sia necessaria in giudizio;
  • i mediatori possono essere soltanto avvocati iscritti all'albo;
  • non è consentito lo svolgimento del procedimento nel caso di mancata adesione della controparte;
  • la proposta può essere formulata soltanto in caso di richiesta congiunta delle parti e purché il mediatore disponga di elementi necessari.

Definizione della proposta La proposta di conciliazione è la soluzione della lite che il mediatore propone alle parti (art. 11, comma 1). Essa può essere formulata dal mediatore su richiesta delle parti, oltre che nelle ipotesi previste dai regolamenti adottati dai singoli organismi. La proposta non contiene alcun riferimento alle dichiarazioni rese o alle informazioni acquisite nel corso del procedimento (secondo quanto disposto dall'art. 11, co. 2), salvo diverso accordo tra le parti. Una volta formulata, la proposta di conciliazione è comunicata alle parti per iscritto, le quali hanno l'onere di far pervenire al mediatore, per iscritto ed entro sette giorni, l'accettazione o il rifiuto. La proposta si ritiene comunque rifiutata in caso di superamento del termine.

La mancata accettazione della proposta ha delle conseguenze (ai sensi dell'art. 13) sulle spese del successivo giudizio, difatti, se il provvedimento che definisce il giudizio:

  1. corrisponde interamente al contenuto della proposta, il giudice escluderà la ripetizione delle spese sostenute dalla parte vincitrice che ha rifiutato la proposta, riferibili al periodo successivo alla formulazione della stessa, e la condannerà al rimborso delle spese sostenute dalla parte soccombente relative allo stesso periodo, ivi compresi i compensi dovuti al mediatore e all'esperto eventualmente nominato, nonché al versamento all'entrata del bilancio dello Stato di un'ulteriore somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto. Resta ferma l'applicabilità degli artt. 92 (condanna alle spese per singoli atti e compensazione) e 96 (responsabilità aggravata) del codice di procedura civile.
  2. non corrisponde interamente al contenuto della proposta, il giudice, se ricorrono gravi ed eccezionali ragioni, può nondimeno escludere la ripetizione delle spese sostenute dalla parte vincitrice per l'indennità' corrisposta al mediatore e per il compenso dovuto all'esperto eventualmente nominato.

Durata della mediazione La norma indica in tre mesi la durata massima del procedimento, trascorsi i quali il processo può iniziare o proseguire.

L'accordo conciliativo

Il raggiungimento della conciliazione può avvenire spontaneamente oppure tramite adesione alla proposta del mediatore. L'accordo ha efficacia negoziale, e può consistere in una transazione o in un negozio di accertamento; inoltre, può incorporare rinunce e/o previsioni per il futuro, e può infine prevedere il pagamento di una somma di denaro per ogni violazione o inosservanza degli obblighi stabiliti, ovvero per il ritardo nel loro adempimento.

In evidenza: trascrizione nei pubblici registri

Se l'accordo ha ad oggetto uno degli atti per i quali la legge stabilisce la trascrizione nei pubblici registri (art. 2643 c.c.) la sottoscrizione del processo verbale deve essere autenticata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato (art. 11, comma 3).

Efficacia esecutiva ed altri effetti Il verbale di accordo, sottoscritto dalle parti e dagli avvocati che le assistono, costituisce titolo esecutivo per l'iscrizione di ipoteca giudiziale, nonché titolo per l'espropriazione forzata e per le esecuzioni in forma specifica a seguito dell'omologazione giudiziale.

In evidenza: omologazione giudiziale

Competente all'omologazione è:

  1. il tribunale nel cui circondario ha sede l'organismo;
  2. il tribunale nel cui circondario deve avere esecuzione l'accordo (per le controversie transfrontaliere).

L'omologazione è concessa dal Presidente del Tribunale, tramite apposito decreto, una volta verificata la regolarità formale e la non contrarietà all'ordine pubblico o a norme imperative. Il decreto in oggetto non prevede una disciplina specifica per il procedimento di omologazione, che si ritiene quindi assoggettato alle disposizioni previste per i procedimenti in camera di consiglio e cioè gli art. 737 e ss. c.p.c.

Non ci sono disposizioni nemmeno per quanto riguarda l'impugnazione del decreto che nega o concede l'omologazione, e per questo motivo, in dottrina, sono state avanzate diverse ricostruzioni volte all'applicazione in via analogica del rimedio previsto dall'art. 825 c.p.c. per il lodo arbitrale, ovvero dei reclami previsti dall'art. 739 c.p.c.

Benefici fiscali del procedimento

Gli atti del procedimento di mediazione sono esenti dall'imposta di bollo e da ogni altra spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie e natura. L'art. 17 del decreto precisa che il verbale di conciliazione è esente dall'imposta di registro fino all'importo di 50.000 euro del valore, e che l'imposta sarà dovuta soltanto per la parte eccedente. Nel caso la mediazione abbia successo, le parti avranno diritto a un credito d'imposta per un importo massimo di 500 euro per il pagamento delle indennità complessivamente dovute all'organismo di mediazione, mentre in caso di insuccesso il credito d'imposta viene ridotto della metà.

Costi della mediazione

Ciascuna parte che ha aderito al procedimento di mediazione deve corrispondere all'organismo un'indennità comprensiva delle spese di avvio del procedimento, delle spese di mediazione e del compenso dei mediatori.

La mediazione è totalmente gratuita, invece,

  • per quei soggetti che nel processo beneficiano del gratuito patrocinio dello Stato,
  • quando la mediazione è condizione di procedibilità ex lege della domanda giudiziale (nei casi previsti dall'art. 5, comma 1 del D.Lgs. 28/2010);
  • quando il primo incontro di programmazione tra le parti e il mediatore si conclude con un mancato accordo.

Gli organismi privati iscritti nel Registro adottano autonomamente un tariffario soggetto all'approvazione del Ministro della giustizia; viceversa, gli organismi costituiti da enti pubblici e, quindi, anche i Consigli dell'ordine degli avvocati, sono tenuti ad applicare la tabelle delle indennità stabilite con il decreto 18 ottobre 2010 n. 180, secondo il quale l'indennità è commisurata al valore della lite dichiarato dalle parti nella domanda e calcolato a norma del codice di procedura civile. Nel caso l'indennità risulti indeterminata, indeterminabile o vi sia notevole divergenza tra le parti sulla stima, questa verrà determinata dall'organismo di mediazione. Si riporta la tabella ministeriale:

Valore della lite

Importo

Fino a Euro 1.000:

€ 65,00

da Euro 1.001 a Euro 5.000:

€ 130,00

da Euro 5.001 a Euro 10.000:

€ 240,00

da Euro 10.001 a Euro 25.000:

€ 360,00

da Euro 25.001 a Euro 50.000:

€ 600,00

da Euro 50.001 a Euro 250.000:

€ 1.000,00

da Euro 250.001 a Euro 500.000:

€ 2.000,00

da Euro 500.001 a Euro 2.500.000:

€ 3.800,00

da Euro 2.500.001 a Euro 5.000.000:

€ 5.200,00

oltre Euro 5.000.000:

€ 9.200,00

Bisogna poi ricordare che l'importo massimo delle spese di mediazione per ciascuno scaglione di riferimento deve essere ridotto di un terzo:

  • nelle materie per le quali il procedimento di mediazione costituisce condizione di procedibilità della domanda;
  • quando la parte o le parti invitate non aderiscano al procedimento.

Lo stesso importo va invece aumentato:

  • in misura non superiore a un quinto in caso di successo della mediazione;
  • di un quinto nel caso di formulazione della proposta ai sensi dell'articolo 11 del decreto.

L'importo può infine essere aumentato in misura non superiore a un quinto se la questione comporta particolare importanza, complessità o difficoltà.

Trattamento dei dati personali

Ai fini della semplificazione delle procedure e degli adempimenti degli organismi di mediazione civile pubblici e privati che trattino dati sensibili e giudiziari, il Garante privacy ha emanato un provvedimento e due autorizzazioni, lasciando comunque un elevato livello di garanzia dei diritti e delle libertà delle parti coinvolte. I soggetti pubblici che intendono costituire un organismo di mediazione, che devono essere in regola, dovranno quindi rispettare la normativa sulla privacy e aggiungere al proprio regolamento un documento (predisposto dall'Autorità) per il trattamento dei dati sensibili e giudiziari, nel quale devono essere individuati i tipi di dati (stato di salute, vita sessuale, convinzioni politiche, condanne ecc.) e le operazioni eseguibili (raccolta presso l'interessato o presso terzi, elaborazione in forma cartacea o automatizzata ecc.). Il regolamento, integrato dal documento, non dovrà essere così sottoposto nuovamente al parere del Garante.

Riferimenti

Normativi

  • D.L. 21 giugno 2013, n. 69
  • D.M. 18 ottobre 2010, n. 180
  • D.Lgs. 4 marzo 2010, n. 28
  • Direttiva CE 21 maggio 2008, n. 52
  • D.Lgs. 8 ottobre 2007, n. 179
  • Direttiva CE 28 novembre 2006, n. 112
  • Art. 128-bis, D.Lgs. 1° settembre 1993, n. 385
  • D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633
  • Art. 825 c.p.c.
  • Art. 739 c.p.c.
  • Art. 703, terzo comma, c.p.c.
  • Art. 667 c.p.c.
  • Art. 116, comma 2 c.p.c.
  • Art. 2643 c.c.

Giurisprudenza

  • Tribunale di Pavia sez. III sentenza del 20 gennaio 2017
  • Tribunale di Roma con sentenza del 29 ottobre 2015
  • Tribunale di Vasto del 09.03.2015
  • Corte costituzionale, 23 ottobre 2012, n. 272

Prassi

  • Presidenza del Consiglio dei Ministri (vari Dipartimenti), Circolare 10 agosto 2012, n. 9
  • Agenzia delle Entrate, Risoluzione 29 novembre 2011, n. 113/E
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