Il pagamento di almeno il 20% dei crediti chirografari ed il controllo del Tribunale

13 Maggio 2016

Al fine di consentire ai soggetti creditori di esprimere un consenso informato e giuridicamente corretto e di evitare l'ammissione di concordati che non presentino requisiti di serietà, la decisione in ordine alla concreta ammissione di un concordato non può prescindere da una verifica di legittimità non solo formale, ma anche sostanziale della esistenza dei presupposti previsti dalla legge.
Massime

Al fine di consentire ai soggetti creditori di esprimere un consenso informato e giuridicamente corretto e di evitare l'ammissione di concordati che non presentino requisiti di serietà, la decisione in ordine alla concreta ammissione di un concordato non può prescindere da una verifica di legittimità non solo formale, ma anche sostanziale della esistenza dei presupposti previsti dalla legge. Pur essendo escluso dalla vigente normativa un vero e proprio giudizio di merito, è ragionevole ritenere che la documentazione che il debitore deve produrre debba essere completa e regolare. Tale documentazione può definirsi completa solo quando sia depositata per intero quella normativamente prevista ed è regolare solo se ed in quanto ogni atto esaminato sia altresì idoneo alla sua funzione.

Il novellato comma 4 dell'art. 160 l. fall. deve essere letto nel senso che in ogni caso il debitore deve proporre fondatamente il pagamento di almeno il 20% dell'ammontare dei crediti chirografari, laddove per "fondatamente" deve intendersi una prospettazione a metà strada fra il concetto di garanzia e quello della ragionevole previsione.

Il caso

Innanzi al Tribunale di Firenze viene presentata un domanda ex art. 161 l. fall. contenente una proposta ed un piano di concordato che prevedono:

i) un periodo di continuità indiretta, attraverso l'affitto di un ramo d'azienda ad un soggetto che già risulta affittuario da diversi anni e che ha formulato una proposta irrevocabile d'acquisto e l'accollo liberatorio dei debiti verso i dipendenti;

ii) l' integrale cessione di tutti gli altri beni, crediti e giudizi attivi a favore dei creditori.

Il Tribunale, dopo l'analisi degli elementi documentali presentati, dichiara aperta la procedura di concordato ai sensi dell'art. 163 l. fall.

Le questioni giuridiche

La decisione in esame affronta una delle principali novità legislative introdotta con il D.L. 27 giugno 2015, n. 83, recante “Misure urgenti in materia fallimentare, civile e processuale civile e di organizzazione e funzionamento dell'amministrazione giudiziaria”, convertito con modificazioni dalla L. 6 agosto 2015, n. 132.

In particolare, viene in evidenza la previsione di cui all'art. 160, comma 4, l. fall. ai sensi della quale “In ogni caso la proposta di concordato deve assicurare il pagamento di almeno il venti per cento dell'ammontare dei crediti chirografari. La disposizione di cui al presente comma non si applica al concordato con continuità aziendale di cui all'articolo 186-bis”.

I profili esaminati nel decreto che suscitano maggior interesse possono essere compendiati nelle seguenti domande:

  • come deve essere interpretato il verbo “assicurare” previsto nella disposizione in ultimo citata?
  • quali sono i poteri di indagine del Tribunale alla luce dell'intervento riformatore?
Le soluzioni giuridiche

“Assicurare” il pagamento di almeno il venti per cento dell'ammontare dei crediti chirografari

Come noto, con la cd. miniriforma del 2015, è stata (re)introdotta, quale presupposto di ammissione della procedura, la previsione di una percentuale minima di soddisfazione, nelle ipotesi di concordato diverso da quello con continuità aziendale.

In particolare, come già segnalato, la lettera legislativa prescrive che l'imprenditore che richieda l'ammissione alla procedura presenti un piano che sia in grado di “assicurare il pagamento di almeno il venti per cento dell'ammontare dei crediti chirografari”.

Un problema che si è da subito presentato in dottrina ed in giurisprudenza riguarda l'esatto significato precettivo da attribuire al verbo “assicurare”.

Secondo il tribunale di Firenze, il verbo deve essere interpretato nel senso che “il debitore deve proporre fondatamente il pagamento di almeno il 20% dell'ammontare dei crediti chirografari laddove per "fondatamente" deve intendersi una prospettazione a metà strada fra il concetto di garanzia e quello della ragionevole previsione”.

Sul punto, la decisione si inscrive lungo la traiettoria interpretativa già tracciata dalla giurisprudenza che, sino a questo momento, si è occupata della questione (Trib. Pistoia, 29 ottobre 2015, in questo portale, con nota di C. Ravina, Concordato preventivo: prime applicazioni delle nuove disposizioni di cui al d.l. 83/2015).

Le posizioni emerse in dottrina, risultano, di contro, maggiormente articolate.

Secondo un orientamento molto rigoroso, “la proposta ma più propriamente il piano devono dare al creditore chirografario la certezza che dalla liquidazione dei beni si otterrà almeno la richiamata percentuale e cioè devono essere portati elementi concreti che rendano certo, in difetto di eventi assolutamente imprevedibili, che il risultato sarà raggiunto. Ciò equivale a dire che il piano e la conseguente proposta non potranno più essere affidati ad una generica previsione di una ripresa del mercato o a valutazioni fatte sulla base di parametri svincolati dal mercato reale: se si prospetta che un immobile sarà venduto entro un certo tempo e ad un determinato prezzo non varranno più affermazioni sostanzialmente generiche o richiamo a valori statistici ma si dovranno portare elementi concreti, quali rogiti recenti di immobili con le stesse caratteristiche ceduti al prezzo ipotizzato, promesse irrevocabili di acquisto, garanzie di interventi di terzi per integrare l'insufficiente realizzo et similia” (v. Zanichelli, Il ritorno della ragione o la ragione di un ritorno?, in ilcaso.it).

Secondo un diverso orientamento, il verbo assicurare, sarebbe utilizzato in modo atecnico “dal momento che, in senso tecnico, il debitore non è in grado di «assicurare», né gli è richiesto di «garantire» alcunché”. Purtuttavia, con la previsione in esame, il legislatore ha inteso superare il precedente modello concordatario. In questo senso “mentre nel sistema previgente la valutazione della convenienza del soddisfacimento offerto era rimessa alla discrezionalità dei creditori, vuoi con riguardo alla approvazione della proposta, vuoi in punto di reazione all'inadempimento degli obblighi concordatari, la rilevanza attualmente riconosciuta all'attribuzione ai chirografari di un soddisfacimento precisamente delineato nell'entità minima […] è tale da indurre a ritenere che ci si trovi di fronte ad un nuovo requisito di ammissibilità al procedimento, la cui ricorrenza, come avviene per ogni altro presupposto di ammissibilità, deve essere accertata dal Tribunale” (E. Sabatelli, La novellata disciplina della domanda di ammissione al concordato preventivo, in questo portale, e ancor prima, F. Lamanna, La legge fallimentare dopo la miniriforma del D.L. n. 83/2015, in Il Civilista, 2015; nello stesso senso anche G. Bozza, Brevi considerazioni su alcune norme della ultima riforma, in Fall. e soc., 16).

I poteri del Tribunale

Su un piano distinto, per quanto connesso rispetto a quello riassunto nel precedente punto, si colloca l'ulteriore questione, analizzata e risolta dalla decisione in commento.

In particolare, il Tribunale di Firenze affronta la domanda “se l'introduzione della percentuale minima riattribuisca al giudice il potere di sindacare la fattibilità economica del concordato”. Alla problematica, tuttavia, il giudice dà risposta negativa affermando che “il Tribunale deve limitarsi a verificare che la proposta contenga l'assicurazione del soddisfacimento di almeno il 20% dell'ammontare dei crediti chirografari, sulla base di un piano che non possa essere qualificato come manifestamente inidoneo a raggiungere tale obbiettivo, in quanto si tratta di una verifica della conformità della proposta al modello normativo. La valutazione, quindi, deve sempre assestarsi in termini di fattibilità giuridica. A tale scopo risulta indispensabile una formulazione della proposta in termini più certi rispetto a quelli meramente previsionali del passato ("assicura"), circostanza che consente al Tribunale un giudizio di merito in ordine alla rispondenza della assicurazione del debitore alla concreta prospettiva realizzatoria e soprattutto un'attestazione di fattibilità ampia, coerente e solida in cui il professionista asseveratore nell'elaborato di cui all'art. 161, comma 3 attesti che la proposta assicuri una determinata percentuale di pagamento”.

Questa conclusione contrasta apertamente con quanto teorizzato da una parte della dottrina, secondo cui la previsione di una percentuale minima di soddisfazione del ceto creditorio comporterebbe un superamento della distinzione affermata dalle sezioni unite. della Corte di Cassazione (sent. 23 gennaio 2013, n. 1521) tra fattibilità giuridica e fattibilità economica ed il conseguente limite, per ciò che concerne il sindacato del tribunale, alla valutazione della sola fattibilità giuridica (F. Lamanna, op. cit.; D. Galletti, È ancora attuale dopo la riforma “d'urgenza” il misteriosoficus delle Sezioni Unite, in questo portale; E. Sabelli, La novellata disciplina della domanda di ammissione al concordato preventivo, cit.).

Osservazioni sull'indeterminismo giuridico

La decisione, oggetto di queste brevissime riflessioni, si dimostra un'utile occasione per abbozzare alcune considerazioni generali e conclusive.

La scelta di politica legislativa di reintrodurre una percentuale minima di “pagamento” dei crediti chirografari era del tutto prevedibile e il motivo sta in ciò: evitare utilizzi abusivi dello strumento concordatario.

Come noto, la previsione di una percentuale di soddisfazione minima per i creditori chirografari, prevista nell'originario impianto della legge fallimentare nella misura del 40%, era stata abrogata dal D.L. n. 35/2005.

Questa impostazione ha però favorito forme di utilizzo abusivo dello strumento concordatario (G. Lo Cascio, Percorsi virtuosi ed abusi nel concordato preventivo, in Fall., 2012, 891 ss.). Se, da una parte, infatti, non era espressamente escluso che l'imprenditore potesse presentare proposte concordatarie con percentuali irrisorie, dall'altra non era previsto, a bilanciamento dei contrapporti interessi in gioco, un controllo dell'autorità giudiziaria sulla congruità dell'offerta.

Questo scenario normativo ha prodotto una spaccatura in giurisprudenza (ed in dottrina).

Un primo orientamento, al fine di contrastare l'uso meramente dilatorio della procedura concordataria, considerava non ammissibili proposte di concordato con percentuali di soddisfazione dei creditori chirografari “irragionevoli” o “irrisorie” (tra gli altri: Trib. Roma 16 aprile 2008; Trib. Firenze, 27 luglio 2012. Nel caso specifico della proposta irrisoria per una classe di creditori: Trib, Milano, 26 ottobre 2011, in questo portale), prefissando, in taluni casi, percentuali di soddisfazione minime (tra gli altri: Trib. Bergamo 4 dicembre 2014, in questo portale).

Un secondo orientamento, di contro, escludeva che il tribunale potesse dichiarare inammissibili le domande concordatarie sulla base di considerazioni attinenti alla proposta e/o al piano. Queste valutazioni erano, infatti, considerate un'attribuzione di esclusiva competenza del ceto creditorio (App. Genova, 3 luglio 2014).

La contrapposizioni giurisprudenziale ora menzionata, aveva ingenerato una forma di “particolarismo giuridico”, tendenzialmente in contrasto tanto con il principio di parità di trattamento tra imprenditori, quanto con quello con la certezza del diritto.

È alla luce di questa considerazione che deve essere letta, a prescindere dai giudizi di merito che sulla stessa si possano esprimere, la novella del 2015. La reintroduzione di una percentuale minima di soddisfazione dei crediti chirografari (a dire il vero piuttosto elevata, per quanto dimezzata rispetto a quella in vigore prima della riforma del 2005) ha, infatti, lo scopo di introdurre un criterio unico al quale i debitori e poi i tribunali dovranno uniformarsi, diminuendo, allo stesso tempo, lo spazio di autonomia riservato all'imprenditore proponente il concordato.

Tuttavia, la tecnica legislativa utilizzata dalla miniriforma risulta ancora una volta fortemente deficitaria e, di conseguenza, foriera di quelle incertezze che, come noto, costituiscono un grave costo sociale (sul punto vedi: G. Terranova, Il concordato «con continuità aziendale» e i costi dell'intermediazione giuridica, in Dir. fall., 2013, 1, 1 ss.).

A questa tendenza del legislatore, peraltro, continua ad accompagnarsi la vocazione di parte della giurisprudenza all'utilizzo di concetti indeterminati e all'affermazione di principi di diritto più evocativi che precettivi.

Anche il decreto in commento risulta, almeno in parte, espressione di questa propensione. Affermare, infatti, che “il debitore deve proporre fondatamente il pagamento di almeno il 20% dell'ammontare dei crediti chirografari laddove per "fondatamente" deve intendersi una prospettazione a metà strada fra il concetto di garanzia e quello della ragionevole previsione”, non fornisce alcun oggettivo canone ermeneutico sulla cui base possa comprendersi a quali condizione sia soddisfatta la prescrizione di cui all'art. 160, comma 4, l. fall.

Minimi riferimenti giurisprudenziali, bibliografici e normativi

Per comodità espositiva e per agevolare il lettore si è ritenuto di inserire le pronunce rilevanti, i contributi dottrinari e le disposizioni normative interessate, direttamente nel commento.

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