Concordato senza transazione fiscale: sì alla falcidia delle ritenute operate e non versate

Massimo Zara
30 Giugno 2016

Alla luce del recente provvedimento della Corte di Giustizia Europea del 7 aprile 2016 in tema di falcidiabilità dell'IVA, può essere oggetto di omologazione un concordato preventivo che prevede il pagamento parziale delle ritenute IRPEF operate e non versate.
Massima

Alla luce del recente provvedimento della Corte di Giustizia Europea del 7 aprile 2016 n. 546/14 in tema di falcidiabilità dell'IVA, può essere oggetto di omologazione un concordato preventivo che prevede il pagamento parziale delle ritenute IRPEF operate e non versate.

Il caso

Il provvedimento del Tribunale di Livorno del 13 aprile 2016 in esame ha decretato l'omologazione di un concordato preventivo che prevedeva il pagamento parziale delle ritenute IRPEF operate e non versate.

L'Agenzia delle Entrate aveva proposto opposizione all'omologazione, in quanto riteneva illegittima la falcidia delle ritenute IRPEF, ponendosi in contrasto con il disposto dell'art. 182-ter, l. fall., secondo cui : "Con riguardo all'imposta sul valore aggiunto ed alle ritenute operate e non versate, la proposta può prevedere esclusivamente la dilazione del pagamento".

L'opposizione non è stata accolta, in quanto il Tribunale ha sostenuto che la non falcidiabilità delle ritenute deve essere confinata nell'ambito della transazione fiscale, e, dunque, in assenza di tale istituto, la falcidia può essere consentita.

La questione

Prima della pronuncia della Corte di Giustizia Europea del 7 aprile 2016, sia parte della giurisprudenza italiana, che l'Agenzia delle Entrate, non ritenevano legittimo un concordato preventivo con IVA e ritenute operate e non versate pagate in misura inferiore al 100%; ciò in quanto si riconosceva nelle previsioni di cui all'art. 182-ter, l. fall. un carattere sostanziale e di generale applicazione, e veniva attribuito ai crediti in questione un trattamento peculiare ed inderogabile. Il credito per IVA e ritenute operate e non versate assumeva quindi la natura di “sostanziale prededucibilità” mal conciliandosi con l'art. 111, l. fall., che considera prededucibili solo i crediti sorti in occasione o in funzione delle procedure concorsuali.

Le soluzioni giuridiche

Nella suddetta pronuncia i giudici livornesi richiamano il recente provvedimento della Corte di Giustizia Europea del 7 aprile 2016 (C-546/14 Degano Trasporti S.a.s. di Ferruccio Degano & C. in liquidazione - domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunale di Udine) che si è espresso in merito ai debiti per IVA, permettendone, nell'ambito di una procedura di concordato preventivo, il pagamento parziale (cosiddetta falcidiabilità dell'IVA).

In tale causa, la Corte ha sancito la legittimità di una proposta di concordato che prevedeva il pagamento parziale del debito per IVA a condizione, però, che un esperto indipendente attesti il trattamento deteriore del credito in caso di fallimento: e tale conclusione risulta allineata a quella del 14 gennaio 2016 dell'Avvocato Generale della Corte di Giustizia dell'Unione Europea.

Il Tribunale di Livorno, richiamando la sentenza europea, ha specificato che: “a maggior ragione, lo stesso ragionamento deve valere per le “ritenute” citate nell'art. 182-ter,l. fall. non avendo esse neppure quel rilievo Europeo che aveva portato la Cassazione a escludere la falcidiabilità concordataria dell'IVA. Ne consegue, pertanto, che la non falcidiabilità dell'IVA e ritenute deve essere confinata nell'ambito della transazione fiscale, e dunque la legittimità della falcidia in assenza di transazione fiscale che – pacificamente – è solo facoltativa”.

La proposta di concordato presa in esame dal Tribunale di Livorno, analogamente a quella friulana che ha dato luogo alla pronuncia della Corte di Giustizia, è stata presentata in assenza di transazione fiscale ex art. 182-ter l. fall. (che prevede esclusivamente la possibilità di dilazionare il pagamento dell'IVA e delle ritenute operate e non versate, decretandone quindi l'infalcidiabilità), con il corredo della relazione giurata del professionista di cui all'art. 160, comma 2, l. fall. (che ha certificato il trattamento deteriore in ipotesi di fallimento e la necessaria degradazione dei creditori privilegiati, compresi i crediti erariali per IVA e ritenute operate e non versate). Nel caso specifico, il debitore ha ipotizzato di liquidare l'intero attivo sociale con il fine di pagare i propri creditori e, considerata l'insufficienza del patrimonio, il creditore privilegiato è stato degradato a chirografo, previa relazione giurata dell'esperto indipendente; il piano di concordato è apparso tale da consentire di accertare che, tenuto conto dell'insolvenza del debitore, l'Erario non potesse recuperare i propri crediti in misura maggiore.

Sul tema della falcidiabilità delle ritenute operate e non versate si segnala inoltre un decreto di omologazione del Tribunale di Rovigo che, già in data 26 maggio 2015, si è espresso sull'opposizione all'omologazione proposta dall'Agenzia delle Entrate (in ordine alla ritenuta non fattibilità giuridica del concordato a causa dell'ipotizzata falcidia delle ritenute in sede concordataria), affermando che l'obbligo dell'integrale pagamento delle ritenute operate e non versate vige esclusivamente in sede di transazione fiscale (per cui detto credito avrebbe potuto essere oggetto di falcidia in un concordato preventivo che non faceva ricorso alle previsioni di cui all'art. 182-ter l. fall.); la stessa tesi è stata condivisa dal Tribunale di Cosenza in un decreto di omologazione del 22 luglio 2015. Di questo avviso anche il Tribunale di S. M. Capua Vetere che, con decreto del 17 febbraio 2016, ha sancito che il divieto di falcidia dell'IVA e delle ritenute, in assenza di transazione fiscale, è del tutto privo di giustificazione a livello comunitario, non essendovi al riguardo alcun vincolo di matrice sovranazionale.

Diversa, invece, è la tesi della Corte di Cassazione che, con ordinanza del 9 febbraio 2016, numero 2560, ha preso in esame l'ammissibilità di una proposta di concordato preventivo che prevedeva la degradazione al chirografo (in forza dell'apposita relazione giurata del professionista incaricato dal debitore) dei creditori dotati di privilegio generale (dipendenti e professionisti) e, contemporaneamente, il pagamento al 100% dei crediti per IVA e ritenute operate e non versate.

La predetta proposta di concordato era stata presentata in assenza di transazione fiscale di cui all'art. 182-ter l. fall. e prevedeva, quindi, di soddisfare un creditore di collocazione anteriore in modo peggiore rispetto a quello di posizione inferiore, pur in assenza di finanza esterna (l'apporto del terzo, nell'ipotesi in cui risultasse neutrale rispetto allo stato patrimoniale del debitore, si sottrarrebbe al divieto di alterazione del grado di privilegio). Nella proposta di concordato, in particolare, la ricorrente aveva collocato i debiti per IVA e ritenute operate, ma non versate, in apposta classe e aveva ritenuto che la necessità di integrale pagamento di detti creditori non comportasse l'integrale soddisfacimento dei creditori privilegiati di grado anteriore.

Tale scelta non era stata condivisa dal Tribunale competente, che aveva dichiarato inammissibile la proposta concordataria.

La Corte, con la pronuncia in esame, ha invece sancito che, tenuto conto dell'art. 182-ter l. fall. in tema di infalcidiabilità di IVA e ritenute operate e non versate, è necessario il pagamento al 100% di dette poste, mentre è possibile il mancato pagamento integrale dei creditori privilegiati di grado anteriore.

Le previsioni di cui all'art. 182-ter l. fall., secondo tale tesi, avrebbero carattere sostanziale e di generale applicazione e, pertanto, i debiti per IVA e ritenute operate e non versate avrebbero natura eccezionale (attribuendo appunto al credito in questione un trattamento peculiare ed inderogabile), configurando in tal senso una “sostanziale prededucibilità” del credito per IVA e ritenute operate e non versate.Le conclusioni della Corte di Cassazione sono coerenti con quelle dell'Agenzia delle Entrate, contenute nel paragrafo 2 della Circolare del 6 maggio 2015, n. 19/E, secondo la quale la previsione legislativa della sola modalità dilatoria in riferimento al trattamento del credito IVA costituisce condizione di ammissibilità della proposta di concordato preventivo, a prescindere dalla presentazione o meno della domanda di transazione fiscale ai sensi dell'art. 182-ter l. fall.

Dello stesso tenore anche una pronuncia del Tribunale di Pordenone che, con provvedimento del 13 novembre 2014, ha affermato l'inammissibilità del pagamento parziale del credito per ritenute ribadendo che: “Le analogie con l'imposta del valore aggiunto rendono irragionevole una disparità di trattamento ed invero consentono d'individuare nell'attuale disposizione una nuova unitaria ratio nell'obiettivo del legislatore di non consentire, nelle procedure concorsuali connotate da elementi di negozialità e quindi affidate all'iniziativa del debitore, la falcidia per crediti erariali connotati dall'intervenuta appropriazione da parte dello stesso di somme da questi raccolte per essere riversate all'Erario”.

Sugli aspetti controversi della transazione fiscale si è espressa recentemente anche la Fondazione dei Dottori Commercialisti, che, con il documento del 31 gennaio 2016, ha rilevato che il profilo più critico dell'attuale disciplina dell'istituto è sicuramente quello dell'asserita non falcidiabilità non solo delle risorse proprie “tradizionali” dell'Unione europea, come i diritti agricoli ed i tributi doganali, ma anche dell'IVA (di cui, invero, solo una quota parte dell'imposta riscossa a livello nazionale è destinata al finanziamento del bilancio dell'Unione) e delle ritenute operate e non versate. In questo ultimo caso, viene sottolineato come il divieto di falcidia risulti del tutto privo di giustificazione a livello comunitario, non essendovi al riguardo alcun vincolo di matrice sovranazionale.

Per questi motivi, nel documento viene avanzata la proposta di prevedere la falcidia delle ritenute operate e non versate per un ammontare non inferiore allo 0,20% della retribuzione imponibile, elevato allo 0,40% nel caso di debiti per contributi su retribuzioni relative a dirigenti di aziende industriali (così da tutelare in ogni caso i lavoratori).

Minimi riferimenti giurisprudenziali, bibliografici e normativi

Per comodità espositiva e per agevolare il lettore si è ritenuto di inserire le pronunce rilevanti e le disposizioni normative interessate, direttamente nel commento.

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