Apparenza e realtà di tutela nella soddisfazione minima del credito chirografario

Gianfranco Di Marzio
22 Luglio 2016

Spetta al tribunale il controllo di fattibilità del piano concordatario, inteso come verifica della legittimità della sua attuazione, anche richiedendone integrazioni. Il nuovo ultimo comma dell'art. 160 l. fall. introduce nella valutazione giudiziale un aspetto importante della componente economica della fattibilità, trasformando in presupposto di ammissibilità la circostanza che il piano consenta o meno un pagamento ai creditori chirografari non inferiore al 20% dell'importo complessivo di tale categoria.
Massima

Spetta al tribunale il controllo di fattibilità del piano concordatario, inteso come verifica della legittimità della sua attuazione, anche richiedendone integrazioni, ai sensi dell'art. 162, comma 1, l. fall., in punto di: previsione di procedura competitiva di vendita immobiliare, esatta qualificazione di alcun credito concorrente e completezza dei dati contabili offerti ai creditori.

Il nuovo ultimo comma dell'art. 160 l. fall. introduce nella valutazione giudiziale un aspetto importante della componente economica della fattibilità, nel senso che si trasforma in presupposto di ammissibilità (e quindi in un qualcosa che rientra pienamente nell'oggetto delle verifiche affidate all'organo giudiziario) la circostanza che il piano consenta o meno – prima facie – un pagamento ai creditori chirografari non inferiore al 20% dell'importo complessivo di tale categoria di creditori.

Il caso

Oggetto del decreto in commento sono tre specifiche richieste - rivolte dal Tribunale alla società proponente domanda di concordato preventivo - di cambiamento di determinati aspetti contenutistici del piano, secondo prerogativa propria dell'Ufficio Giudiziario ai sensi dell'art. 162, comma 1, l. fall.

In particolare, vengono prescritti:

  • procedura competitiva per la prevista vendita immobiliare concordataria;
  • correzione della classificazione di un credito da chirografario in postergato;
  • chiarimenti e produzioni circa i criteri di determinazione dell'acconto e del compenso spettanti ai professionisti incaricati delle prestazioni funzionali alla presentazione della domanda di concordato. Il tutto nel termine massimo (di quindici giorni) stabilito dalla richiamata norma.
La questione

Già ad una prima e repentina lettura, la pronuncia mostra il pregio di una motivazione stesa secondo ordine sistematico ineccepibile nella successione dei passaggi logici.

Più precisamente, attraverso una trattazione svolta dal generale al particolare, è dapprima delineato l'ambito di legittima indagine del Tribunale, successivamente chiarito che la normativa da applicarsi sia quella risultata dalla riforma della legge fallimentare avutasi con il D. L. n. 83/2015 convertito in L. n. 132/2015 ed infine precisato quali fossero i cambiamenti dovuti al piano concordatario.

Circa l'ambito del giudizio di ammissibilità della proposta, spiega il Tribunale di aderire all'orientamento delle Sezioni Unite della Suprema Corte secondo cui la verifica di fattibilità - nel senso della verosimiglianza dell'assolvimento dell'onere concordatario secondo tempi e modalità indicati nel piano è potere-dovere dell'ufficio giudiziario adito dal debitore, siccome non configurante valutazione del merito dell'offerta, che è soltanto lambita.

In altri termini, il vaglio di ammissibilità non riguarderebbe soltanto l'osservanza di specifiche prescrizioni di rito, ma anche quella netta differenza di contenuto che consente di distinguere la proposta dalla pseudo-proposta illegittima in quanto portatrice di un onere concordatario presumibilmente impossibile da assolvere e così, in definitiva, lesiva dei diritti patrimoniali dei creditori che potrebbero votarla.

Emblematicamente il Tribunale ha considerato il nuovo comma 4 dell'art. 160 l. fall., che impone il pagamento del credito chirografario in misura minima del 20%, così sancendo l'irritualità dell'eventuale decisione di voto dei creditori su ogni proposta palesemente inadeguata al raggiungimento di tale risultato.

Il dato normativo dal quale il Tribunale trae conferma della bontà del suo convincimento circa l'ambito della verifica che gli spetta è poi pertinente, essendo contemplato dalla disposizione (l'art. 162, comma 1, l. fall.) inerente alla prerogativa di assegnazione di termine, appunto per integrazioni al piano, oltre che per produzione di ulteriori documenti.

Le soluzioni giuridiche

Non par dubbio che tutte le prescrizioni poste dal Tribunale con il provvedimento in esame siano nel senso del vantaggio per i creditori chirografari.

Tendenzialmente infatti l'adozione della procedura competitiva per la vendita concordataria dovrebbe favorire la lievitazione del prezzo di aggiudicazione, che costituirà liquidità da ripartire.

La riclassificazione del credito da chirografario in postergato poi, quando sia giusta, evita ai veri creditori chirografari una pregiudicante dispersione di liquidità che avrebbe dovuto contribuire al loro pagamento. Ciò perché, come è noto, ai creditori postergati, nemmeno contemplati dall'art. 111 l. fall. sotto la rubrica “ordine di distribuzione delle somme”, spetta il pagamento soltanto in misura di quanto residui dopo il completo adempimento dei crediti chirografari.

Anche precisazione e prova dell'argomentazione circa il dovuto ai professionisti che hanno operato per l'introduzione della procedura di concordato preventivo sono convenienti per i creditori chirografari, atteso che l'eventuale esorbitanza dei crediti di tali professionisti, aventi natura non solo privilegiata ai sensi dell'art. 2751-bis, comma 1, n. 2), c.c. (ciò che già sarebbe sufficiente ad anteporli in sede di riparto), ma ancor prima prededucibile ex art. 111, comma 2, l. fall., avrebbe evidenti riflessi negativi sulla percentuale di pagamento dei chirografari medesimi.

L'osservanza del complesso delle cennate prescrizioni contribuisce nettamente alla verosimiglianza del raggiungimento della percentuale minima di pagamento dei crediti sforniti di garanzia, che però, quasi paradossalmente, sembra per loro previsione normativa svantaggiosa.

Sebbene infatti parte della giurisprudenza, tra cui la pronuncia in commento, nonché parte della dottrina, ravvisino in tale disposizione il mezzo per consentire ai creditori di trarre effettivi vantaggi dalla scelta concordataria operata dal debitore, resta l'insuperabile dato negativo della grave limitazione arrecata all'esercizio del diritto di voto.

Oltretutto le argomentazioni volte a sottolineare l'asserita convenienza non sembrano molto convincenti.

Invero, la relazione alla novella legislativa appare soltanto suggestiva nell'enunciare “la finalità di evitare che possano essere presentate proposte per l'ammissione alla procedura di concordato preventivo che lascino del tutto indeterminato e aleatorio il conseguimento di un'utilità specifica per i creditori”; tali ipotetiche proposte infatti, probabilmente proprie più dell'esempio di scuola che della realtà, nemmeno giungerebbero all'esame dei creditori chirografari, in quanto palesemente inadeguate al superamento del vaglio di ammissibilità spettante al tribunale.

Poco persuasiva sembra essere anche la ricorrente considerazione secondo cui la previsione normativa di soglia minima di pagamento dei creditori chirografari avrebbe il vantaggioso effetto di indurre l'imprenditore in crisi a valersi della procedura concorsuale quando ancora abbia un patrimonio di considerevole entità, ovvero che consenta, appunto, pagamento in tale misura dei crediti privi di garanzia. Il punto critico di questa interpretazione infatti, è probabilmente nell'ipotesi dello scambio coartato tra parziale sacrificio della fondamentale prerogativa del creditore chirografario - cioè il diritto di voto - e perseguimento dell'interesse - seppur soltanto eventuale, mediato e di mero fatto - al rafforzamento del proposito del debitore di sottoporsi con tempestività alla procedura di concordato.

Appare più logico e naturale ritenere che la restrizione dell'autonomia negoziale dei creditori chirografari - cioè dell'esercizio così come alla consapevole e voluta omissione della dichiarazione unilaterale di voto - pregiudichi inevitabilmente, se non altro indebolendola, la loro posizione endoprocedimentale.

La tutela apprestata mediante sottrazione ed esercizio sostitutivo del diritto di scelta, trova adeguata giustificazione soltanto nei confronti dell'incapace di intendere e volere; apparendo poi perfino irragionevole allorquando non solo vi sia capacità di autodeterminazione ma, oltretutto, ad essa si accompagni pure specifica informazione sull'oggetto della decisione da assumere; proprio come nel caso dei creditori chirografari che esercitano il diritto di voto dopo essere stati nella possibilità di leggere la relazione attestativa della veridicità dei dati aziendali e della fattibilità del piano concordatario (allegata alla proposta ex art. 161, comma 3, l. fall.) nonché di ascoltare le spiegazioni del commissario giudiziale (in sede di adunanza ai sensi dell'art. 175, comma 1, l. fall.) circa il contenuto della sua relazione inerente alle ragioni della crisi d'impresa, al comportamento del debitore, alla proposta da sottoporre al voto ed alle garanzie previste in favore dei creditori.

Non sembra poi che l'importanza della questione possa essere stemperata ritenendo la soglia legale minima di pagamento dei creditori chirografari quale contenuto sebbene necessario tuttavia non vincolante della proposta concordataria.

Innanzi tutto infatti, ove valesse tale impostazione occorrerebbe chiedersi, ma solo retoricamente, quali siano senso ed utilità della nuova disposizione, restando, in tale ipotesi, la sua inosservanza priva di conseguenze negative.

In secondo luogo, come condivisibilmente rilevato dalla pronuncia in commento, il dato lessicale non lascia adito a dubbi: secondo la lettera dell'art. 160, comma 4, l. fall. infatti, la percentuale minima di pagamento dei creditori chirografari dovrà essere assicurata “in ogni caso”.

Non si ravvisano però elementi normativi utili all'ipotesi secondo cui, attraverso la previsione di questa obbligazione, il legislatore abbia inteso stravolgere il compito del Tribunale attribuendogli il giudizio di merito sulla proposta di concordato.

Sul punto il decreto in esame - con argomentazione chiaramente da condividersi per logica e ragionevolezza ineccepibili - così si esprime: “il nuovo ultimo comma dell'art. 160 introduce nella valutazione giudiziale un aspetto importante della componente economica della fattibilità, nel senso che si trasforma in presupposto di ammissibilità (e quindi in un qualcosa che rientra pienamente nell'oggetto delle verifiche affidate all'organo giudiziario) la circostanza che il piano consenta o meno – prima facie – un pagamento ai creditori chirografari non inferiore al 20% dell'importo complessivo di tale categoria di creditori”.

Forse l'intento del legislatore è stato quello di contenere i casi di esercizio spregiudicato dell'impresa siccome forieri di possibili ricadute negative sulla stabilità di mercato e quindi, in definitiva, sulla ricchezza nazionale.

In altri termini, la volontà sottostante alla imposizione di una soglia minima di pagamento dei crediti non garantiti potrebbe essere stata quella di combattere, per quanto possibile, mediante accesso più selettivo alla procedura concorsuale, il deprecabile fenomeno della socializzazione della crisi d'impresa “procurata” dall'improvvido comportamento dell'imprenditore - se non altro nel senso della censurabile inerzia - così tendenzialmente ostacolando le inevitabili ripercussioni sfavorevoli a carico degli stakeholders, cioè di coloro che abbiano rapporti giuridico-patrimoniali in corso con l'imprenditore in difficoltà.

Invero, tale eventuale scelta di politica legislativa spiegherebbe la ragione per cui l'ultimo periodo dell'art. 160, comma 4, l. fall. escluda espressamente l'operatività della soglia minima di pagamento dei creditori chirografari in relazione al concordato con continuità aziendale che invece, tenendo ferma l'opinione resa nella relazione illustrativa, piuttosto dovrebbe maggiormente giovarsene, quale opzione concordataria di più elevata alea per i creditori chirografari, le cui percentuali di pagamento saranno infatti anche il risultato della differenza, non necessariamente positiva, tra costi e ricavi dell'impresa che (“pericolosamente”) prosegua con lo stesso imprenditore (cioè non venga trasferita) durante la procedura concorsuale.

Comunque, plausibile o meno che sia l'interpretazione appena proposta, rimane l'estraneità della ratio del quarto comma dell'art. 160 l. fall. rispetto alla tutela dei creditori chirografari.

Osservazioni

La previsione concordataria di soglia legale minima di pagamento dei crediti chirografari contiene un elemento normativo che, seppur apparentemente vantaggioso per tale categoria di creditori, invero la pregiudica.

Tale obbligazione infatti, se da un lato ha il pregio di assicurare il considerevole pagamento di crediti privi di garanzia altrimenti sottoposti al rischio di falcidia, dall'altro manifesta il difetto della preclusione del diritto di voto, fino alla concorrenza della percentuale stabilita, ai titolari dei crediti medesimi.

Anzi, a ben vedere la stessa imposizione di pagamento minimo nemmeno costituisce obiettivo vantaggio per il creditore sfornito di diritto di prelazione, nulla impedendo, almeno in via di principio, il verosimile pagamento in eguale o maggiore misura, nell'ipotesi di mancanza di tale disposizione normativa.

Sul fronte della restrizione del diritto di voto invece, il pregiudizio a parere di chi scrive appare netto e di notevole portata. Come già detto infatti, la pretesa di tutela sotto forma di decisione in luogo di colui che dovrebbe determinarsi alla scelta, si giustifica nel caso di incapacità all'esercizio della prerogativa, risultando altrimenti ingerenza nell'altrui sfera di autodeterminazione. Pertanto, non essendovi ragione per ipotizzare la necessità di un ausilio “generale” e “di categoria” ai creditori chirografari, la compressione della loro autonomia negoziale sembra semplicemente pregiudizievole.

Né vi é modo di eleggere a presunzione la mera possibilità concreta che alcuni creditori manchino di informazione adeguata al consapevole esercizio del diritto di voto; la disciplina dell'iter fornisce infatti strumenti efficaci, nel loro insieme, a scongiurare questo rischio; quanto meno attraverso la consultazione della relazione attestativa allegata alla proposta di concordato e l'esame, agevolato dalle spiegazioni del commissario giudiziale in sede di adunanza dei creditori, circa i contenuti della relazione da egli stesso redatta ai sensi dell'art. 172 l. fall.

Si tratta, in definitiva, di un cambiamento della disciplina concordataria in senso dirigistico, con compressione dell'ambito di esercizio dell'atto (o, se si preferisce, del negozio) giuridico unilaterale di espressione del voto.

In estrema sintesi: si decide dell'adeguatezza o meno del pagamento (già in moneta concorsuale) dei creditori chirografari, ma non sono loro a prendere la decisione.

Minimi riferimenti giurisprudenziali, bibliografici, normativi

In giurisprudenza, su soglia legale minima di pagamento dei crediti chirografari e natura del relativo controllo spettante al tribunale, cfr. Trib. Udine, Sez. II, 5 maggio 2016; Trib. Firenze, Sez. fall., 8 gennaio 2016, in questo portale; Cass. Civ., Sez. I, 5 febbraio 2016, n. 2320; Trib. Pistoia, Sez. fall., 29 ottobre 2015, in questo portale.

Trattazioni approfondite intorno al disposto dell'art. 160, comma 4, l. fall., si trovano in F. Lamanna, La legge fallimentare dopo la miniriforma del D. L. n. 83/2015, in Il Civilista, Speciale riforma, 2015, sopratutto 15 ss.; S. Ambrosini, Il nuovo diritto della crisi d'impresa: l. 132/15 e prossima riforma organica, in Strumenti del diritto – Diritto fallimentare, vol. 41, 2016, 72 ss.

Sui nuovi contenuti della proposta di concordato (così come immutata dal D. L. n. 83/2015 conv. in L. n. 132/2015) v. M. Vitiello, I contenuti della proposta di concordato dopo la miniriforma del 2015, in questo portale.

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