Condizioni alla (in)fattibilità del concordato preventivo

Giuseppe Matarazzo
26 Luglio 2016

Si deve ritenere inammissibile ai sensi dell'art. 162, comma 2, l. fall., in quanto priva dei presupposti di legge, la proposta di concordato la cui fattibilità dipenda dall'avveramento di eventi futuri ed incerti dedotti quali condizioni sospensive all'efficacia degli impegni assunti da un terzo acquirente nell'ambito della procedura, tra cui la conclusione di accordi in violazione degli artt. 2112 e 2113 c.c.
Massima

Si deve ritenere inammissibile ai sensi dell'art. 162, comma 2, l. fall., in quanto priva dei presupposti di legge, la proposta di concordato la cui fattibilità dipenda dall'avveramento di eventi futuri ed incerti dedotti quali condizioni sospensive all'efficacia degli impegni assunti da un terzo acquirente nell'ambito della procedura, tra cui la conclusione di accordi in violazione degli artt. 2112 e 2113 c.c.

Il caso

Viene depositata presso il Tribunale di Alessandria una domanda di concordato preventivo con continuità aziendale che prevede, tra l'altro, la cessione dell'azienda (previa una fase di affitto) e di un immobile di proprietà della ricorrente ad un terzo investitore, in forza di apposita offerta d'acquisto già depositata in atti. Unitamente alla domanda di ammissione alla procedura, la ricorrente deposita altresì bozza dei contratti preliminari di cessione d'azienda e dell'immobile suddetti, nonché del contratto di affitto, la cui efficacia è subordinata al previo avveramento di una serie di condizioni, ritenute a vario titolo aleatorie ovvero illegittime dal Tribunale, con conseguente convocazione dell'udienza ex art. 162, comma 2, l. fall.

La questione

Il ricorso depositato presso il Tribunale di Alessandria ha richiesto ai giudici piemontesi di pronunciarsi in merito all'ammissibilità di una domanda di concordato preventivo “con continuità aziendale” la cui fattibilità è, nella sostanza, subordinata all'avveramento di una pluralità di condizioni sospensive. In particolar modo, la stipula dei contratti definitivi di acquisto dei cespiti è condizionata all'intervenuta omologa non più soggetta a gravame del concordato entro un dato termine nonché, per quanto concerne il trasferimento d'azienda, al previo esperimento positivo dell'accordo sindacale ex art. 47 L. 428/1990 ed al perfezionamento di accordi transattivi con i dipendenti non trasferiti ex art. 2113 c.c. e con tutti gli agenti “aventi rapporto in essere con la concedente alla data di sottoscrizione del contratto d'affitto”.

Il contratto d'affitto d'azienda, infine, dispone espressamente che l'affittuaria (e futura acquirente) “non sarà tenuta in solido per i debiti nascenti e/o comunque attinenti ai rapporti di lavoro con i dipendenti trasferiti” maturati dalla ricorrente prima della data di efficacia, salvo quanto eventualmente previsto nell'accordo sindacale.

Il Collegio, interrogatosi circa la compatibilità delle suddette condizioni con le esigenze di ragionevole certezza e prevedibilità tipiche della procedura concordataria, ha concluso per la natura aleatoria della condizione della definitività dell'omologa e per l'illegittimità (sotto taluni profili) delle condizioni inerenti il trasferimento dei lavoratori, specie in considerazione delle deroghe ivi previste agli artt. 2112 e 2113 c.c.

Il Collegio ha quindi disposto la fissazione dell'udienza ex art. 162, comma 2, l. fall.

Le soluzioni giuridiche

Pur muovendosi nel solco di quella giurisprudenza di merito che, già da tempo, ha rilevato profili di criticità nell'ammissione di proposte concordatarie la cui fattibilità sia “condizionata”, la decisione del Tribunale di Alessandria si caratterizza per l'analisi di taluni profili ulteriori e, per certi versi, inediti.

Tra i motivi determinanti la declaratoria di inammissibilità della proposta concordataria, infatti, i giudici piemontesi ricomprendono la deduzione in condizione della “intervenuta definitività” dell'omologa concordataria entro un dato termine. Tale condizione è stata ritenuta dal Tribunale manifestamente aleatoria e foriera di incertezze per così dire “strutturali”, considerato che:

  • Non è possibile prevedere con un ragionevole grado di certezza i tempi della definitiva omologa concordataria, considerato che la stessa potrebbe intervenire dopo “mesi o anche anni in caso di impugnazione (del provvedimento) in Cassazione”;
  • Parimenti, non può escludersi la natura “meramente potestativa” di tale condizione, considerato che l'offerente (vale a dirsi, lo stesso soggetto che quella condizione ha apposto) potrebbe acquistare un credito concordatario, opporsi in sede di omologa e, infine, impugnare la decisione “al fine di sciogliersi dagli impegni di acquisto precedentemente assunti”;
  • Nemmeno la previsione di un “termine ultimo” per l'avveramento della condizione è di per sé sufficiente ad “oggettivizzare” la previsione ed, anzi, ne accentua la natura ed il carattere aleatorio (non potendovi essere ragionevole certezza che il decreto di omologa diverrà definitivo entro quel dato termine).

Per quanto concerne i profili giuslavoristici, il decreto in esame ha rilevato:

  • L'impossibilità di derogare, con un accordo ai sensi dell'art. 47, comma 4-bis, L. n. 428/90, alla solidarietà - tra cedente e cessionario - disposta dall'art. 2112 c.c. Secondo il Tribunale, il contratto d'affitto d'azienda in sede concordataria non avrebbe dovuto prevedere che il cessionario/affittuario “non sarà tenuto in solido per i debiti nascenti e/o comunque attinenti ai rapporti di lavoro con i dipendenti trasferiti maturati […] prima della (e sino alla) data di efficacia”. Sul punto, la motivazione fornita dal giudice è chiara: un accordo sindacale tra cedente e cessionario (come tra affittante ed affittuario) può prevedere la “non applicazione” dell'art. 2112 c.c. ai lavoratori interessati, ma solo nelle ipotesi previste dall'art. 47, comma 5, L. n. 428/90. Diversamente, un accordo sindacale che, come nel caso di specie, interviene nell'ambito di una procedura di concordato con continuità aziendale non può derogare all'art. 2112 c.c., in quanto riconducibile al comma 4-bis dell'art. 47 L. n. 428/90 e non, per l'appunto, al successivo comma 5;
  • La incompiutezza (e, dunque, incertezza) degli elementi fattuali della proposta di concordato preventivo. Il decreto evidenzia come non sia chiara la composizione dei rami di azienda oggetto di trasferimento, sia per quanto concerne il personale afferente, sia per quanto riguarda gli agenti: parte offerente, infatti, sembra essersi limitata ad allegare la lista del totale dei dipendenti e degli agenti/promotori della cedente, ciò senza indicare quali dipendenti ed agenti sarebbero poi, nello specifico, risultati afferenti ai rami o comunque trasferiti. Da qui, un ulteriore e particolarmente significativo elemento di incertezza rilevato dal Tribunale;
  • Dubbi applicativi sulla possibilità per i dipendenti non afferenti ai rami di azienda di liberare il cessionario, ai sensi dell'art. 2112 c.c., dalle obbligazioni derivanti dal rapporto di lavoro. Un'ulteriore condizione sospensiva riguarda la stipula di accordi transattivi individuali con i lavoratori del cedente, con cui i medesimi rinuncino alla solidarietà di cui all'art. 2112 c.c. nei confronti del cessionario/affittuario e sulla cui validità, seguendo il decreto in commento, “sussistono dubbi”. In assenza di un'argomentazione del giudice sul punto, si può ipotizzare che la pronuncia si basi sul mero dato letterale del comma 2 dell'art. 2112 c.c., secondo cui “il lavoratore può consentire la liberazione del cedente”, quindi non anche del cessionario.
Osservazioni

Le conclusioni tratte dal Tribunale di Alessandria nella pronuncia in commento assumono particolare rilevanza considerato come, nella prassi, le operazioni di acquisto di cespiti aziendali nell'ambito delle procedure di concordato, in particolar modo se precedute da un periodo di affitto, sono generalmente condizionate all'intervenuta omologazione della domanda di concordato ovvero, più raramente, a specifica autorizzazione degli organi della procedura che garantisca all'acquirente stabilità nel relativo investimento.

Si evidenzia, per completezza, come il descritto rilievo del tribunale alessandrino si inserisce in un contesto caratterizzato da molteplici e gravi profili di inammissibilità che potrebbe aver influito, almeno in parte, sull'approccio conservativo assunto.

Per gli aspetti relativi al personale ed alla solidarietà di cui all'art. 2112 c.c., fermo il profilo della non riconducibilità nell'alveo delle ipotesi dell'art. 47, comma 5, L. n. 427/90, il decreto sembra suggerire, anche ai fini della “genuinità” dell'operazione societaria, una maggiore chiarezza nella delimitazione del perimetro dei rami d'azienda, con un'indicazione puntuale e precisa del personale (e degli agenti) che vi afferisce.

Quanto agli accordi transattivi individuali ai sensi dell'art. 2113 c.c., il Tribunale si è invece limitato ad una serie di rilievi generici, pur dovendosi rilevare che, nella prassi, la conclusione di simili accordi è usualmente posta quale condizione sospensiva all'efficacia degli impegni di intervento di terzi nelle procedure di concordato preventivo.

Minimi riferimenti giurisprudenziali, bibliografici e normativi
  • Fortunato, La responsabilità civile del professionista nei piani di sistemazione delle crisi d'impresa, in Il Fall., 2009, 891;
  • Manfredi, Il concordato in continuità: alcune criticità e tecniche per l'attestazione, in questo portale;
  • Nigro, Sandulli, Santoro, Il concordato preventivo e gli accordi di ristrutturazione dei debiti, Commento per articoli, 2014;
  • Trentini, Cessione parziale dei beni nel concordato preventivo e attestazione condizionata, commento al decreto del Trib. Roma 25 luglio 2012, in Il Fall., 2013, 748;
  • Zorzi, I finanziamenti alle impresi in crisi e le soluzioni stragiudiziali (piani attestati e accordi di ristrutturazione), in Giur. comm., 2009, 1247.

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