Compravendita di immobili da costruire in caso di débâcle del costruttore

22 Agosto 2016

L'Autore analizza vantaggi e svantaggi dei cd. acquisti "in cantiere" o "su carta", fenomeno che consiste nell'acquisto di immobili non ancora ultimati e/o la cui realizzazione non sia nemmeno iniziata. In particolare, evidenzia le criticità che si presentano qualora, nel contempo, l'impresa costruttrice fallisca, chiarendo alcuni aspetti circa le garanzie successivamente introdotte dal legislatore a tutela della parte più debole del rapporto.
Premessa

Nella seconda metà del secolo scorso iniziava a diffondersi in Italia la pratica dei cosiddetti acquisti “in cantiere” o “su carta”, fenomeno che consiste nell'acquisto di immobili non ancora ultimati e/o la cui realizzazione non sia nemmeno iniziata.

La ratio sottesa ad una simile diffusione del fenomeno può senz'altro cogliersi nella possibilità per l'acquirente, da un lato, di aggiudicarsi con largo anticipo un bene che ancora non abbia fatto il suo effettivo ingresso nel mercato, nonché, dall'altro, nel prezzo tendenzialmente più vantaggioso di un immobile in fase di costruzione rispetto a quello di un corrispondente bene già ultimato in ogni sua parte.

Altrettanto agilmente intuibili risultano essere i vantaggi che, da simili operazioni, possono nascere anche in capo al costruttore: ci si riferisce, come ovvio, all'immediato pagamento di un acconto del prezzo finale (così come al pagamento delle rate a seguire, da parte del medesimo acquirente, di pari passo con l'avanzamento dei lavori) e, dunque, all'innegabile ingresso di liquidità nelle casse del costruttore con conseguente possibilità di coprire buona parte dei costi dell'iniziativa edilizia antecedentemente ad essa, ovvero in corso di realizzazione.

Né, del resto, può essere sottaciuta la circostanza che la certezza del buon esito dell'operazione commerciale, connaturata al realizzo conseguente al collocamento sul mercato delle unità abitative ancor prima della loro realizzazione e/o in corso d'opera, rappresenti anch'essa un sicuro beneficio, quantomeno in termini di evidenza, verso l'esterno, della solidità stessa dell'impresa costruttrice, con tutte le più che evidenti ricadute di segno favorevole in tema di accesso al credito bancario.

La crisi dell'impresa costruttrice e la necessità di tutelare l'acquirente

Fermi i sicuri vantaggi, qui posti in luce soltanto in via meramente esemplificativa e non già esaustiva, l'acquisto degli immobili da costruire appare al contempo potenzialmente foriero di plurimi effetti di segno negativo, soprattutto per l'acquirente.

Basti, al riguardo, rammentare le oltre duecentomila famiglie che, come cronaca e nutrita casistica giurisprudenziale insegnano, hanno subìto conseguenze devastanti dall'intervenuta declaratoria di fallimento di varie imprese, operanti nel settore edile, antecedentemente alla consegna dell'immobile.

In tali casi, malauguratamente noti e sin troppo ricorrenti nell'ultimo decennio del secolo scorso, i promissari acquirenti perdevano sia il denaro investito nell'affare, sia l'immobile, rimanendo di fatto con in mano la sola amarezza ed inconsistenza di un sogno, tanto a lungo coltivato quanto estemporaneamente sfumato.

Evento esiziale, quello della crisi dell'impresa costruttrice, che vedeva il riverberarsi di effetti sfavorevoli anche quand'anche, ottenuta la previa consegna dell'immobile, si fossero palesati, occorsa la declaratoria di fallimento, vizi e/o gravi difetti inficianti a tal punto il bene da renderlo inidoneo all'uso per il quale erano stati profusi non pochi sforzi al momento ed al fine del relativo acquisto (giova, in proposito, operarsi un rimando alla disciplina recata dall'art. 1669 c.c.).

In tale ultima ipotesi l'acquirente, ormai entrato nel possesso dell'immobile, alla luce del fallimento dell'impresa costruttrice spesso e volentieri si trovava innanzi ad una totale assenza di tutela, con materiale impossibilità di ottenere, in qualsivoglia forma, un risarcimento di tutti i danni patiti e patiendi.

Proprio in ragione di tali gravi conseguenze, scaturenti dal dilagare della crisi delle imprese costruttrici – nei confronti delle quali gli acquirenti si trovavano ad essere, di fatto, del tutto inermi e senza alcun margine di reazione e/o possibilità di rivendica (ciò tanto in termini di azione per il recupero di quanto già versato a titolo di acconto, quanto in termini di risarcimento dei danni eventualmente occorsi in conseguenza dei ridetti gravi vizi e/o difetti di costruzione) – il Legislatore ha preso posizione in materia, nel tentativo di ovviare a quella che risultava a tutti gli effetti un'ingiustificabile carenza di tutela, un vuoto normativo divenuto ormai intollerabile .

In particolare: l'obbligo per il costruttore di prestare una fideiussione

Al fine di rimediare alla prima delle questioni dianzi esposte il legislatore è intervenuto con l'art. 2 D.Lgs. n. 122/2005, rubricato Disposizioni per la tutela dei diritti patrimoniali degli acquirenti di immobili da costruire, a norma della legge 2 agosto 2004, n. 210”, imponendo al costruttore la prestazione di una fideiussione in previsione di una, anche solo eventuale, “situazione di crisi” variamente intesa.

In tale criptica esplicazione del fenomeno in commento, il Legislatore ha inteso ricomprendere tutti i casi in cui “(..) il costruttore sia sottoposto o sia stato sottoposto ad esecuzione immobiliare, in relazione all'immobile oggetto del contratto, ovvero a fallimento, amministrazione straordinaria, concordato preventivo, liquidazione coatta amministrativa (..)”.

Un ventaglio di ipotesi, dunque, molto ampio e sussunto nell'espressione “situazione di crisi”, nel precipuo intento di non escludere dalla previsione normativa alcuna situazione patologica che potrebbe arrecare un grave nocumento economico all'acquirente.

Un'interpretazione estensiva, del resto, finalizzata ad una tutela quanto più possibile altrettanto ampia, evincibile anche nel correlato concetto di “immobile da costruire”, nonché nelle modalità con cui è disciplinata la fideiussione prestata dal costruttore a favore dell'acquirente.

La novella è stata chiara ed inequivoca in tal senso, considerando “immobile da costruire”tutti quelli “(..) per i quali sia stato richiesto il permesso di costruire e che siano ancora da edificare o la cui costruzione non risulti essere stata ultimata versando in stadio tale da non consentire ancora il rilascio del certificato di agibilità (..)”.

Quantomeno prima facie, la tutela apprestata dal Legislatore parrebbe interessare i soli immobili in fase di costruzione, con riferimento dunque ad un momento ben preciso da collocarsi temporalmente tra l'avvenuta richiesta del permesso di costruire (o l'avvenuta presentazione della denuncia di inizio attività) ed il susseguente completamento delle finiture, con contestuale richiesta di rilascio del certificato di agibilità.

Pare però ragionevole nonché preferibile, in chiave ermeneutica conforme agli originari intenti, considerare che la disciplina normativa sia non già riferibile ai soli immobili di nuova costruzione, bensì anche a quelli oggetto di ristrutturazione, soprattutto laddove quest'ultima sia di portata tale da comportare un deciso rinnovamento del bene stesso.

Viene dunque previsto che, all'atto della stipula (ovvero in un momento precedente) di un contratto che abbia quale finalità il trasferimento non immediato della proprietà o di un diverso diritto reale di godimento su un immobile da costruire, il costruttore è tenuto a procurare all'acquirente il rilascio di una fideiussione di importo identico alle somme ed al valore di ogni altro eventuale corrispettivo effettivamente riscosso oltre ai relativi interessi legali maturati sino al momento in cui si verifica l'effetto traslativo, dunque fino alla consegna dell'immobile. La fideiussione deve essere rilasciata da una banca oppure da un'impresa esercente le assicurazioni o da intermediari finanziari iscritti all'albo di cui all'art. 107 T.U.B. La polizza riveste un ruolo di primaria importanza, tanto da costituire elemento essenziale del contratto. La sua mancanza ne comporta infatti la nullità, seppur relativa, poiché può essere fatta valere solamente dall'acquirente.

Quest'ultimo, parte debole nell'interesse della quale è prestata la fideiussione, deve comunque esercitare un effettivo controllo attivo al fine di veder rilasciata la garanzia, in modo da scongiurare un successivo ricorso all'Autorità giudiziaria, volto al riconoscimento delle proprie legittime pretese, mediante domanda di accertamento della nullità del contratto.

L'acquirente deve, peraltro, prestare debita attenzione non soltanto al momento della stipula del contratto, ma anche ed a maggior ragione nel caso in cui si venga a concretare la situazione di crisi (in tale ultimo caso, infatti, per l'escussione della garanzia l'interessato sarà tenuto a formulare idonea richiesta scritta da inviarsi all'attenzione del costruttore).

Occorre inoltre che, in caso di procedura esecutiva pendente, l'acquirente comunichi al costruttore la propria volontà di recedere dal contratto e che, in caso di fallimento, l'organo della procedura concorsuale non abbia comunicato la propria volontà di subentrare nel contratto.

La portata dell'innovazione consiste proprio nella protezione del soggetto contrattualmente più debole, ovverosia l'acquirente, che ha la possibilità di far valere per primo le proprie pretese attraverso l'escussione della fideiussione, a prescindere dalle scelte che verranno prese dall'organo della procedura. L'unico onere dell'acquirente, al fine di veder riconosciuta la propria tutela, è quello di attivarsi per tempo una volta verificatasi la situazione di crisi.

Diversamente, nel caso in cui l'organo della procedura concorsuale abbia già comunicato la volontà di proseguire nel rapporto contrattuale, l'acquirente non potrà più richiedere l'escussione della garanzia.

Per meglio intuire la finalità della norma in esame, appare utile osservare come la stessa sia specifica nel definire un ulteriore aspetto primario.

Viene infatti evidenziata l'insufficienza della semplice dichiarazione, da parte del costruttore, in ordine all'avvenuta richiesta ed ottenimento della fideiussione, non essendo neppure sufficiente il mero inserimento dei relativi estremi nel contratto.

È, infatti, necessario che all'acquirente venga effettivamente consegnata la polizza fideiussoria al fine di dimostrare l'effettiva sussistenza della stessa.

Tale ultimo indefettibile elemento, unitamente alla summenzionata interpretazione estensiva dei concetti di “situazione di crisi” e di “immobili da costruire”, nonché ad una tutela estesa a qualsivoglia dazione di denaro finalizzata all'acquisto dell'immobile effettuata dall'acquirente in favore del costruttore antecedentemente alla stipula del contratto, rendono chiara l'idea di fondo del Legislatore in ordine all'approntamento di una tutela quanto più possibilmente ampia in favore di tutti quei soggetti, a vario titolo, risultanti vittime proprio di quella crisi in cui le imprese costruttrici siano eventualmente, purtroppo, non sporadicamente incorse.

L'ulteriore garanzia decennale

Come già precedentemente sottolineato, la norma oggetto di analisi non si è comunque limitata a garantire la protezione dell'acquirente in una fase antecedente al verificarsi dell'effetto traslativo previsto dal contratto, prevedendo piuttosto una tutela anche per la fase successiva alla stipula.

Più precisamente, giusta il disposto di cui all'art. 4 D.Lgs. n. 122/2005, il costruttore è tenuto, all'atto del trasferimento della proprietà, a consegnare una polizza assicurativa di durata decennale in cui sia contemplato espressamente un indennizzo, a favore dell'acquirente medesimo, nei casi di rovina totale e/o parziale e/o di gravi difetti di costruzione delle opere che si siano manifestati soltanto successivamente alla stipula del contratto definitivo di compravendita.

Disciplina, come già si è avuto modo di ricordare, all'uopo descritta dall'art. 1669 c.c.

Proprio per sfuggire all'onerosa responsabilità prevista dalla disposizione appena citata, i costruttori tendevano a servirsi di società cosiddette mono-intervento, quindi costituite per la realizzazione di un unico e ben determinato complesso edilizio.

Una volta conclusa l'opera di costruzione, la società veniva sciolta e conseguentemente cancellata dal Registro delle Imprese.

Di norma, la società costruttrice, nel momento in cui i vizi e/o i difetti venivano scoperti, era ormai estinta o, in ogni caso, aveva cessato la propria attività, con la conseguenza che l'acquirente, ormai divenuto proprietario, rimaneva privo di qualsivoglia tutela.

E' proprio per ovviare a questa ulteriore problematica che la novella in esame ha previsto una garanzia, sotto forma di garanzia decennale postuma, alla cui prestazione il costruttore è tenuto in sede di accordo contrattuale.

La garanzia deve essere rilasciata da una banca, da una società di assicurazione o da altro operatore abilitato, soggetti dunque che non dovrebbero appalesare, quantomeno nel breve periodo, una consistenza eterea al pari delle rammentate imprese mono-intervento.

Conclusioni critiche

Nonostante i cambiamenti di sicuro rilievo originatisi a fronte dell'introduzione della normativa de qua non parrebbe che, perlomeno vagliando attentamente la casistica del settore, la prestazione della garanzia abbia condotto a risultati certi, uniformi e soprattutto tempestivi, tanto che alla stessa è stata ripetutamente attribuito, dalla dottrina e dalla giurisprudenza nell'ambito del dibattito venutosi inevitabilmente a delineare, l' emblematico ed efficace epiteto “garanzia fantasma”.

Motivo principale per cui la garanzia risulta essere di scarsa efficacia nel concreto è senza dubbio l'assenza di un rimedio giuridico specifico contro l'inadempimento del costruttore in ordine alla consegna degli incartamenti relativi alla fideiussione ottenuta.

Gli svariati studi succedutisi al riguardo a livello puramente esegetico, per il tramite dei quali gli esperti hanno sondato e vagliato una possibile soluzione per una simile evenienza, non hanno infatti apportato risultati soddisfacenti.

Parte della dottrina ha considerato l'assenza della garanzia come causa di nullità dell'atto traslativo per violazione di norma imperativa o di nullità sopravvenuta del contratto prodromico al trasferimento, non giungendo tuttavia ad una soluzione che raggiunga l'obiettivo di tutelare effettivamente l'acquirente.

Se, infatti, la nullità del contratto è riferibile ad un suo elemento essenziale, non si può considerare come elemento strutturale del contratto l'obbligo di prestare la garanzia, che è rappresentativa solamente di un comportamento da tenere, da cui nasce una pura obbligazione non sanzionabile in punto di nullità dell'atto traslativo.

Come pure inefficace, nonostante sia stato ipotizzato dalla dottrina, il rimedio della risoluzione del contratto, poiché quest'ultima soluzione appare addirittura svantaggiosa per lo stesso acquirente.

Il mancato adempimento dell'obbligo di prestare la garanzia costringerebbe, per vero, ad una scelta tra la rinuncia all'acquisto dell'immobile (con domanda di restituzione di quanto eventualmente già corrisposto, in uno al risarcimento del danno) e l'acquisto dell'immobile con rinuncia, per contro, alla copertura della garanzia decennale postuma, facendosi carico dei più che evidenti, correlativi rischi.

Qualunque sia la soluzione accolta, sempre e soltanto l'interesse dell'acquirente viene frustrato, poiché sia il rimedio della nullità sia quello della risoluzione operano ex post, stagliandosi nell'ambito di una tutela di tipo meramente obbligatorio, e sanzionare in tal modo l'inadempimento del costruttore significherebbe compromettere ulteriormente l'accordo, con aggravio del già inizialmente evidente squilibrio sinallagmatico.

Eppure, il fine della normativa, senz'altro condivisibile, era quello di garantire all'acquirente un'effettiva tutela che lo salvaguardasse dalle situazioni di crisi in cui le imprese costruttrici possono cadere.

Se, però, alla previsione della consegna della garanzia decennale postuma non viene accompagnato un effettivo rimedio applicabile nel caso di mancata dazione della stessa, è evidente come la tutela sia da ritenersi assolutamente inoperante, mera lettera morta, residuando una mera possibilità di tutela risarcitoria che difficilmente l'acquirente riuscirà ad ottenere.

A ciò si aggiunga che vi sono altri problemi, riscontrati sul campo, nei casi in cui i vizi ed i difetti riscontrati non rientrino tra quelli previsti nella polizza che pur sia stata ottenuta.

E', dunque, consigliabile per il compratore non solo pretendere che la polizza sia effettivamente prestata, ma anche che questa non sia circoscritta ai soli elementi strutturali, dovendo opportunamente essere estesa anche a possibili vizi secondari ed accessori che, nel caso in cui si verifichino, rischiano di rendere inservibile l'immobile o comunque di pregiudicarne la piena fruibilità.

A fronte dell'evidente carenza normativa, è proprio l'acquirente a doversi muovere nel modo più avveduto possibile onde realizzare i propri interessi ed evitare di doversi confrontare, risultando soccombente, con le “varie” situazioni di crisi del venditore.

Sarebbe opportuno varare dunque quanto prima altre integrazioni normative in grado di realizzare il fine di tutela reale dell'acquirente che il D.Lgs. n. 122/2005 aveva inteso perseguire.

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