La revocabilità dell’atto di scissione societaria

Alessandro Ireneo Baratta
14 Settembre 2016

Nell'attuale scenario di crisi, gli imprenditori, anche al fine di salvaguardare il proprio patrimonio, in epoca prossima al fallimento talora eseguono operazioni di scissione con potenziale pregiudizio ai creditori delle società. L'assoggettabilità ad azione revocatoria dell'atto di scissione costituisce però una questione estremamente discussa sia in dottrina che nella giurisprudenza di merito. Gli Autori ricostruiscono le diverse tesi formulate dalla giurisprudenza, fornendo infine delle indicazioni volte a tutelare gli interessi dei creditori.
Premessa

In uno scenario di crisi quale quello attuale, gli imprenditori, anche al fine di salvaguardare il proprio patrimonio, eseguono con sempre maggiore frequenza operazioni di scissione delle proprie imprese mediante le quali vengono trasferiti assets strategici in altre società di nuova costituzione con assegnazione in proprio favore del capitale sociale delle beneficiarie.

In quest'ottica, uno degli aspetti di maggiore rilievo della scissione è costituito dalla possibilità, a tutt'oggi controversa, che detta operazione possa essere assoggettata a revocatoria fallimentare.

Trattasi, a ben vedere, di una problematica di non poco conto laddove dette operazioni possono celare, con progetti compiacenti, veri e propri trasferimenti di ricchezza a vantaggio dei soci ed in danno dei creditori con evidente lesione della par condicio creditorum conseguente al fallimento di società che siano state oggetto di forme di scissione societaria. Infatti, la scissione può causare un pregiudizio ai creditori della scissa poiché sottrae loro elementi patrimoniali sui quali avrebbero potuto soddisfarsi (F. Magliulo, L'inammissibilità dell'esercizio dell'azione revocatoria nei confronti della scissione, in Il Nuovo diritto delle società, n. 12/2014).

Come si avrà modo di appurare, se la giurisprudenza di legittimità penale (Cass. Pen. n. 42272/2014; n. 13522/2015) ha stabilito che commette reato di bancarotta fraudolenta l'amministratore che, nell'ideazione e nell'attuazione della scissione, trasferisce tutti gli elementi attivi di effettivo valore in favore della beneficiaria in pregiudizio dei creditori della società scissa, la giurisprudenza civile non ha raggiunto posizioni univoche sull'assoggettabilità a revocatoria delle operazioni suddette.

L'obiettivo del presente contributo è proporre una serie di spunti di riflessione emergenti dagli orientamenti della giurisprudenza e dalla prassi professionale in merito alle funzioni ed alle conseguenze delle operazioni di scissione, anche alla luce di una recente sentenza emessa dal Trib. di Bologna (1° aprile 2016, n. 861), che contiene interessanti considerazioni in ordine alla irrevocabilità delle operazioni di scissione.

Brevi cenni sulla scissione di società

La scissione è un'operazione straordinaria attraverso la quale una società, detta scissa, trasferisce l'intero suo patrimonio o parte dello stesso ad altre società, dette beneficiarie, con assegnazione ai soci della prima delle azioni o quote delle società beneficiarie. Le società beneficiarie possono essere preesistenti o di nuova costituzione e la scissione determina la suddivisione del patrimonio della società scissa a favore della o delle società beneficiarie.

La scissione può essere totale o parziale. Nel caso di scissione totale, la società trasferisce l'intero suo patrimonio a una o più società preesistenti o di nuova costituzione, estinguendosi. I rapporti della società estinta si trasferiranno alle società beneficiarie della scissione. Nella scissione parziale, invece, la società trasferisce solo parte del suo patrimonio ad una o più società; in tal caso la società scissa non si estingue.

Le ragioni che sottendono le operazioni di scissione possono essere molteplici e più in particolare:

  • di natura organizzativa, laddove un decentramento delle funzioni e delle responsabilità del management e dell'organizzazione aziendale può favorire la cessione di singoli rami di azienda, non considerati strategici;
  • di natura economica, laddove una scissione può consentire la separazione di attività in perdita da quelle che operano in utile con la possibilità di preservare l'avviamento commerciale dei rami più redditizi;
  • di natura finanziaria, laddove una creazione di più società operative può favorire il ricorso al credito con frazionamento del rischio in capo agli istituti di credito.

Inoltre, il frazionamento patrimoniale conseguente alle operazioni di scissione può essere funzionale a una molteplicità di ulteriori obiettivi tra i quali si richiamano, a titolo meramente esemplificativo:

  • il desiderio di valorizzare le risorse umane coinvolte nella gestione dell'impresa. La scissione può consentire di separare alcune attività ed attribuire, in seguito, ad alcuni dipendenti azioni/quote delle beneficiarie come forma di avanzamento e sviluppo di carriera;
  • la successione all'interno di imprese familiari. La scissione può permettere di definire un perimetro delle attività svolte più circoscritto e, successivamente, attribuire a familiari della seconda generazione partecipazioni nelle società nelle quali si ipotizza possano esprimere compiutamente le proprie capacità professionali.

E' opportuno precisare che la scissione è operazione assolutamente diversa dal conferimento d'azienda o di ramo d'azienda, sebbene in entrambi i casi si assista al trasferimento di una parte del patrimonio di una società o dell'intero patrimonio di una società a favore di una o più società. Infatti, nel caso di conferimento d'azienda, una società detta conferente trasferisce l'intero suo patrimonio o parte dello stesso a favore di un'altra società detta conferitaria, ricevendone in contropartita azioni o quote della conferitaria medesima. Pertanto, nel caso di conferimento d'azienda, le azioni o quote della società conferitaria rimangono nel patrimonio della società conferente e vengono iscritte nell'attivo patrimoniale della stessa. Nel caso di scissione dell'azienda, invece, sebbene si assista al trasferimento dell'intero patrimonio o di una parte del patrimonio della società scissa a favore della o delle società beneficiarie, le azioni o quote della società beneficiaria o delle società beneficiarie vengono assegnate non alla società scissa, ma ai soci della stessa. Conseguentemente, in entrambi i casi si assiste ad un trasferimento patrimoniale con la differenza che, mentre nel conferimento d'azienda le azioni o quote della conferitaria vengono assegnate alla società conferente che ne continua a detenere il controllo, nella scissione d'azienda le azioni o quote della beneficiaria vengono assegnate ai soci della società scissa.

La normativa civilistica prevista per la scissione è mutuata da quella sulla fusione, cui si rimanda per maggiori approfondimenti.

Le tesi formulate dalla giurisprudenza di merito

L'assoggettabilità ad azione revocatoria dell'atto di scissione costituisce una questione estremamente discussa sia in dottrina che nella giurisprudenza di merito; si osserva infatti che, ad oggi, non vi sono pronunce sul punto da parte della Corte di Cassazione.

Parte della giurisprudenza (Trib. Bologna 01 aprile 2016, Trib. Napoli 31 ottobre 2013, Trib. Modena 22 gennaio 2010, Trib. Roma 11 gennaio 2001) ritiene che l'azione revocatoria sia incompatibile con la disciplina dettata in materia di scissione societaria, osservando che il legislatore, attraverso l'art. 2504-quater c.c., ha inteso conferire stabilità alle operazioni di fusione e di scissione e che d'altronde i creditori anteriori sono tutelati dalla normativa che, da una parte, consente loro di opporsi all'operazione (art. 2503 c.c.) e, dall'altra, prevede la responsabilità solidale delle scisse nei limiti del valore effettivo del patrimonio netto assegnato.

Si osserva (Trib. Bologna 01 aprile 2016), infatti, che la scissione non rappresenta un negozio traslativo, ma configura invece un'operazione societaria a formazione progressiva volta ad ottenere una nuova articolazione dell'ente. Si tratta, quindi, di un evento modificativo degli statuti delle società partecipanti alla scissione, che determina la riorganizzazione delle strutture societarie senza operare l'estinzione dell'ente, o un effettivo trasferimento di cespiti patrimoniali, che vengono solo allocati in maniera differente all'interno delle diverse strutture sociali.

Peraltro si ritiene (Trib. Napoli 31 ottobre 2013) che l'azione revocatoria sia incompatibile con la scissione poiché una volta “decorso il termine fissato dall'art. 2503 c.c. per l'opposizione dei creditori, gli effetti della scissione divengono irretrattabili, ed ai creditori della società scissa, oltre al risarcimento del danno, resta solo la possibilità di far valere la responsabilità solidale delle società beneficiarie della scissione, le quali, ai sensi dell'art. 2506-quater, comma 3, c.c., rispondono nei limiti del patrimonio netto loro assegnato”.

Pertanto (Trib. Roma 11 gennaio 2001) “l'atto di scissione di una società non può configurare – nemmeno in via meramente ipotetica – alcun pagamento anormale, revocabile ex art. 67, comma 1, n. 2, l. fall.

All'atto di scissione della società, in virtù del richiamo contenuto nell'art. 2506-ter, u.c., c.c. si applica l'art. 2504-quater c.c., secondo cui l'atto non può essere invalidato dopo le iscrizioni a norma dell'art. 2504, comma 2, c.c.

Altra parte della giurisprudenza di merito (Trib. Catania 09 maggio 2012, Trib. Palermo 25 maggio 2012, Trib. Benevento 17 settembre 2012) ritiene invece ammissibile l'azione, facendo leva sulla mancanza di una norma di diritto positivo che impedisca l'esperimento della revocatoria, rimedio di carattere generale, ed evidenziando che la norma contenuta all'art. 2504-quater c.c. esclude unicamente la possibilità, una volta che l'atto sia iscritto al Registro delle Imprese, di accertare la nullità della scissione, mentre non precluderebbe l'azione revocatoria, tenuto conto che la pronuncia che accoglie la revocatoria comporta solo una inefficacia relativa, senza pregiudicare la stabilità della organizzazione societaria nel suo complesso.

Si esclude infatti (Trib. Palermo 25 maggio 2012) che il legislatore, con le norme positive contenute agli artt. 2506 ss c.c. "abbia delineato un microsistema di tutela dei creditori in grado di soddisfare anche le (residuali) esigenze sottese all'azione revocatoria fallimentare e ciò per due ordini di ragioni: nessuna disposizione si esprime espressamente in tal senso; i particolari strumenti di tutela previsti o hanno un oggetto diverso o producono effetti "più limitati" rispetto a quello della revocatoria fallimentare. In sostanza, ciò che il legislatore ha voluto evitare è che la declaratoria di invalidità dell'operazione possa determinare la riattribuzione alla società scissa degli elementi patrimoniali trasferiti alle beneficiarie riconoscendo comunque, ai i terzi che hanno subito un danno diretto dalla scissione, la tutela risarcitoria. In altri e più chiari termini, l'atto di scissione, eseguite le iscrizioni a norma del secondo comma dell'art. 2504 c.c., è "sanato" da ogni ipotesi di invalidità; ma laddove lo stesso (come qualunque atto valido) comporti la lesione della garanzia patrimoniale potrà essere oggetto dei rimedi generali previsti dall'ordinamento per la conservazione della garanzia patrimoniale, fra cui rientra l'azione revocatoria fallimentare."

Anche il Tribunale di Catania nella sentenza sopracitata afferma che "si tratta - come è stato in dottrina condivisibilmente affermato - di due rimedi dissimili e nessuna norma di diritto positivo impedisce l'esperimento in favore dei creditori sociali di due mezzi di garanzia, l'opposizione - di natura cautelativa - e l'azione revocatoria fallimentare, diretta, invece, a rimuovere la lesione della par condicio creditorum. Va considerato come non possa essere condiviso l'assunto secondo cui il perfezionarsi del procedimento di scissione, attraverso gli adempimenti pubblicitari prescritti dalla legge, osti alla possibilità di esperire l'azione revocatoria, in ragione della previsione dell'art. 2504-quater c.c., che preclude la pronuncia dell'invalidità della cessione, la revocatoria non determina un'invalidità o una caducazione degli effetti della scissione, ma la sola dichiarazione di inefficacia parziale della scissione nei confronti dei creditori pregiudicati dalla stessa e, di fatto, si traduce in un diritto di soddisfazione preferenziale rispetto agli altri creditori".

Osserva, altresì, il Tribunale di Benevento (sentenza del 17 settembre 2012) che “l'opposizione e l'azione revocatoria si presentano profondamente diverse, al punto che appare difficile ritenere che il primo rimedio possa ritenersi sostitutivo del secondo […] l'opposizione impedisce la venuta in essere dell'atto pregiudizievole mentre la revocatoria lo rende inefficace ex post; all'opposizione, inoltre, va attribuito un carattere di specialità, rispetto all'actio pauliana, avente carattere generale”.

Si segnala, infine, un recentissimo provvedimento emesso dal Tribunale di Roma (cautelare ante causam del 16 agosto 2016) il quale, nell'autorizzare l'esecuzione del sequestro conservativo sui beni e sui crediti assegnati alla società a seguito di atto di scissione, osserva che “ la scissione parziale di una società consistente nel trasferimento di una parte del suo patrimonio ad una o più società contro l'assegnazione delle azioni o delle quote di queste ultime ai soci della società scissa, si traduce in una fattispecie effettivamente traslativa, che comporta l'acquisizione da parte della società beneficiaria di valori prima non esistenti nel suo patrimonio; e ciò, per effetto della manifestazione di volontà unilaterale della società scissa contenuta nell'atto di scissione. L'operazione straordinaria in questione, certamente di natura organizzativa, ha dunque quale effetto normale quello del mutamento della titolarità soggettiva (dalla scissa alla beneficiaria) di una parte del patrimonio della società che l'operazione ha deciso: l'atto di scissione è, sotto questo profilo, atto dispositivo ed è, quindi, revocabile (recte, relativamente inefficace per i creditori, anche di massa, della scissa), ricorrendone i rispettivi presupposti, tanto ai sensi degli artt. 64 e 67 l. fall. quanto ai sensi dell'art. 2901 c.c.”. Osserva altresì il Tribunale di Roma che “la dichiarazione di inefficacia dell'atto dispositivo consistito nell'assegnazione alla società beneficiaria di parte del patrimonio della società scissa non interferisce sulla validità dell'atto di scissione bensì, in considerazione della natura relativa dei suoi effetti, consente ai creditori della società scissa ovvero al curatore del fallimento della società scissa di recuperare all'attivo del fallimento i beni che dal patrimonio della società scissa sono usciti, oppure, ottenuta declaratoria di inefficacia ex art. 2901 c.c., di esercitare sui beni stessi, appartenenti alla società beneficiaria, azione esecutiva ex art. 2902 c.c.”.

Criticità operative

Appare di tutta evidenza come dal punto di vista meramente pratico imprenditori disinvolti possano utilizzare lo strumento della scissione parziale a proprio vantaggio ed in danno del ceto creditorio.

La creazione di nuove società, l'attribuzione alle medesime degli asset e la permanenza in capo alla società scissa di parte consistente dei debiti assimilandola di fatto ad una bad company, può costituire il veicolo per salvaguardare unicamente il patrimonio dei soci ledendo gli interessi legittimi dei creditori che si vedrebbero così privati della possibilità di rivalersi nei confronti delle società beneficiarie.

La scissione costituisce, di fatto, un tipico strumento potenzialmente elusivo della responsabilità patrimoniale anche per la scarsa applicazione (ed appetibilità) dell'istituto delle opposizioni, laddove l'iscrizione dell'atto di scissione nel registro delle imprese consolida gli effetti dell'operazione, impedendo pertanto qualsiasi accertamento successivo di invalidità e/o patologia, e financo di inesistenza (D. Galletti, Scissione negativa e valutazione dell'insolvenza, in questo portale).

Come è stato osservato, possibili effetti negativi nei confronti dei creditori possono essere ravvisati in un'operazione di scissione che trasferisca in favore della beneficiaria immobili, macchinari ed attrezzature aziendali, lasciando i marchi in capo alla scissa con il rischio di un rapido deprezzamento dei segni distintivi che rimarrebbero privi delle strutture idonee a produrre i beni cui sono legati (T. Di Marcello, La revocatoria ordinaria e fallimentare della scissione di società, in Il diritto fallimentare e delle società commerciali, 1/2006).

I rimedi previsti dal codice civile in favore dei creditori per opporsi al progetto di scissione e disciplinati dall'art. 2503 c.c. richiamato dall'art. 2506-ter c.c. presentano numerose difficoltà di tipo operativo per chi volesse esercitarli. L'opposizione necessita dell'effettiva conoscenza dell'intenzione della società scissa (rectius debitrice) di procedere all'operazione, con la conseguenza di dover esercitare un continuo monitoraggio del Registro delle Imprese e l'effettuazione di continue visure camerali, che mal si conciliano con le esigenze dei creditori, che sono certamente impegnati più con le problematiche gestionali delle proprie aziende, che con i possibili atti di mala gestio posti in essere dai propri debitori. A ciò aggiungasi che il creditore dovrà eseguire un'analisi della congruità delle attività trasferite in capo alla beneficiaria, senza sottacere dell'onerosità di dover procedere alla presentazione formale dell'opposizione con relativa prova del pericolo reale o attuale della perdita o della riduzione dell'importo vantato (A. Crenca, Scissione societaria e bancarotta fraudolenta per distrazione).

A tal proposito, si evidenzia che le società di piccole e medie dimensioni non dispongono di strutture amministrative tali da poter continuamente verificare la solvibilità dei propri clienti, né le necessarie competenze tecniche per poter comprendere il ricorso ad articolate architetture economico finanziarie quali quelle di una scissione societaria.

Le disposizioni del codice civile in materia rendono pertanto difficilmente azionabile l'istituto dell'opposizione, per cui la tutela del creditore è di fatto più ipotetica che effettiva, con la conseguenza che, nel caso in cui l'operazione di scissione avesse in realtà l'obiettivo di trasferire determinati asset facendo entrare il relativo corrispettivo nelle disponibilità dei soci sotto forma di partecipazioni invece che in quelle della società scissa, riversando quindi sui creditori il rischio di un'eventuale insolvenza, sarebbe necessario poter esperire l'azione revocatoria rispetto a quanto espressamente contemplato sul punto dal codice civile (art. 2503 c.c.).

Nel caso in cui dovesse prevalere la tesi secondo la quale l'operazione di scissione non possa essere assoggettata a revocatoria fallimentare, i creditori (rectius il fallimento) possono comunque fare ricorso:

  • alla responsabilità a carico degli amministratori per l'inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione dell'integrità del patrimonio sociale (artt. 2394 e 2476, comma 6, c.c.);
  • alla responsabilità solidale dei soci di società a responsabilità limitata che hanno intenzionalmente deciso o autorizzato il compimento di atti dannosi per i terzi (art. 2476, comma 7, c.c.).
Conclusioni

Le operazioni di scissione che, nella dinamica fisiologica delle organizzazioni imprenditoriali, sono dirette a conseguire obiettivi di riorganizzazione economicamente e finanziariamente vantaggiosi, talora vengono utilizzate con finalità distrattive e generano notevoli danni ai creditori. Dal momento che l'art. 2503 c.c. così come richiamato dall'art. 2506-ter c.c. offre ai creditori lo strumento dell'opposizione alla scissione, parte della giurisprudenza di merito ritiene che l'operazione de qua non possa essere oggetto di azione revocatoria. Viceversa, vi sono orientamenti contrapposti secondo i quali l'opposizione e la revocatoria sono strumenti differenti e azionabili sulla base di diversi presupposti, talché la mancata attivazione del primo non inibisce l'avvio del secondo. Nel caso di fallimento della società scissa, è possibile che, tramite una precedente operazione, una parte significativa delle attività sia stata trasferita alle beneficiarie con conseguente nocumento a carico dei creditori. E' per tale motivazione che la curatela, nel caso in cui il Giudice non ritenga esperibile l'azione revocatoria, può promuovere un'azione di responsabilità contro gli amministratori della società (artt. 2394 c.c. e 2476, comma 6, c.c.) e, qualora ne ricorrano i presupposti, contro i sindaci (art. 2407, comma 3, c.c.) e contro i soci di società a responsabilità limitata (art. 2476, comma 7, c.c.).

Guida all'approfondimento

In dottrina sul tema: G. Cabras, Le opposizioni dei creditori nel diritto delle società, Milano, 1978; T . Manferoce, Il sistema dell'art. 2503, in Le Società, 1986; F. Denozza, La scissione di società, in Impresa e società. Nuove tecniche comunitarie, Milano, 1992; N. Gasperoni, voce Trasformazione e fusione di società, in Enc. Dir., XLIV, Milano, 1992; A. Serra-M.S. Spolidoro, Fusioni e scissioni di società, Torino, 1994; F. Fimmanò, Funzioni, forma ed effetti dell'opposizione alla fusione, in Le Società, 1998; L. Salvato, Le operazioni di fusione e di scissione, in AA VV., Manuale di volontaria giurisdizione, a cura di V. Salafia, Milano, 1999; G. Scognamiglio, Le scissioni, in Trattato delle società per azioni diretto da G.E. Colombo e G.B. Portale, Torino, 2004; A. Balsamo - M. Stocco, Assoggettabilità della scissione societaria a revocatoria fallimentare, in Il Sole 24 Ore - Diritto e Pratica delle Società, n. 17 del 24 settembre 2004; T. DI Marcello, La revocatoria ordinaria e fallimentare della scissione di società, in Il diritto fallimentare e delle società commerciali, n° 1/2006; R. DINI, Scissioni – strutture, forme e funzioni, Torino, 2008; G. Capparella, Le operazioni di Merger Leveraged buyout nella riforma societaria con particolare riferimento alla società a responsabilità limitata, in Riv. not., 2008; A. Crenca, Scissione societaria e revocatoria fallimentare, in www.ilcaso.it, 2008; F. Magliulo, La scissione delle società, Milano, 2012; F. Magliulo, L'inammissibilità dell'esercizio dell'azione revocatoria nei confronti della scissione, in Il Nuovo diritto delle società, n. 12/2014; D. Galletti, Scissione negativa e valutazione dell'insolvenza, in questo portale, 2014; A. Crenca, Scissione societaria e bancarotta fraudolenta per distrazione, in www.ilcaso.it, 2015.

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