Rapporti giuridici preesistenti nel fallimento

Edoardo Staunovo Polacco
14 Settembre 2016

Fra i rapporti giuridici non ancora esauriti, particolare rilievo hanno quelli che il legislatore, all'art. 72 l. fall., ha definito “pendenti” nell'ambito della Sezione IV del Capo III del Titolo II, dedicato agli «effetti del fallimento sui rapporti giuridici preesistenti». Si tratta dei contratti ancora ineseguiti o non compiutamente eseguiti non già dal solo debitore insolvente, ma da entrambe le parti quando, nei confronti di una, è dichiarato il fallimento.

Inquadramento

La dichiarazione di fallimento interviene per definizione su rapporti giuridici del debitore non ancora esauriti e su obbligazioni non ancora interamente adempiute. Se infatti il debitore avesse eseguito tutte le prestazioni facentigli carico non esisterebbero obbligazioni ineseguite e pertanto debiti impagati, con la conseguenza che non potrebbe esservi insolvenza e quindi dichiarazione di fallimento.

Fra tali rapporti giuridici non ancora esauriti, particolare rilievo hanno quelli che il legislatore, all'art. 72 l. fall., ha definito “pendenti” nell'ambito della Sezione IV del Capo III del Titolo II, dedicato agli «effetti del fallimento sui rapporti giuridici preesistenti». Si tratta dei contratti ancora ineseguiti o non compiutamente eseguiti non già dal solo debitore insolvente, ma da entrambe le parti quando, nei confronti di una, è dichiarato il fallimento.

Ed essi è dedicata la disciplina contenuta nelle norme ricomprese nella Sezione stessa, costituita da diciassette articoli (da 72 a 83-bis, con alcuni articoli bis, ter e quater), oltre ad alcune norme speciali.

I presupposti

Affinché possa trovare applicazione la disciplina dei rapporti giuridici pendenti nel fallimento è necessario, in primo luogo, che si tratti di contratti inerenti a rapporti giuridici di diritto patrimoniale compresi nel fallimento. Di conseguenza rimangono estranei tutti i rapporti giuridici inerenti ai beni esclusi dal fallimento ai sensi dell'art. 46 l. fall. (v. ad es. Cass. 29 settembre 2009, n. 20804 e Cass. 19 giugno 2008, n. 16668, che escludono dal fallimento il rapporto pendente di locazione avente ad oggetto un immobile destinato esclusivamente ad abitazione propria del fallito e della sua famiglia).

In secondo luogo è necessario che si tratti di contratti preesistenti, nel senso di stipulati anteriormente alla dichiarazione di fallimento. In proposito non è superfluo rammentare la differenza tra conclusione del contratto, che significa stipulazione, ed esecuzione dello stesso. Ai fini di cui si discute è necessario che il contratto sia stato concluso anteriormente all'apertura della procedura e che, prima di allora, non sia stato eseguito o compiutamente eseguito.

Terzo requisito è che si tratti di contratti opponibili al fallimento, cioè che siano state osservate le formalità necessarie per renderli opponibili ai terzi. In mancanza (ad es. ove non vi sia data certa della scrittura privata ex art. 2704 c.c., oppure la vendita immobiliare non sia stata trascritta), trova applicazione il disposto dell'art. 45 l. fall. e, di conseguenza, il curatore, se ritiene che corrisponda agli interessi della procedura, può disconoscere il rapporto in quanto non opponibile.

È necessario inoltre che si tratti di rapporti giuridici non revocabili ai sensi degli artt. 64 ss. l. fall. Qualora, infatti, dovesse trovare applicazione una o più di tali norme il curatore potrebbe (sempre ove ritenuto opportuno), esercitare l'azione di inefficacia o revocatoria ordinaria o fallimentare, giungendo ancora al risultato del disconoscimento del rapporto.

Infine è necessario che il contratto sia ineseguito o non compiutamente eseguito, alla data della dichiarazione di fallimento, da entrambi i contraenti. Qualora, infatti, una delle parti avesse totalmente adempiuto alla propria obbligazione, residuerebbe o la prestazione a favore del fallito, che andrebbe adempiuta nei confronti del curatore, oppure la prestazione a carico del fallito, la quale, ai sensi dell'art. 52 l. fall., andrebbe invece collocata al passivo della procedura nelle forme dell'insinuazione del credito o della domanda di rivendicazione o restituzione ex art. 103 l. fall.

Caratteri generali

A fronte di rapporti giuridici stipulati anteriormente alla dichiarazione di fallimento ma ineseguiti o non compiutamente eseguiti da entrambi i contraenti, le possibili soluzioni possono essere le seguenti:

  • la loro prosecuzione ex lege;
  • il loro scioglimento ex lege;
  • l'attribuzione al curatore della facoltà di scelta fra la prosecuzione o lo scioglimento;
  • l'attribuzione della facoltà di incidere sul contratto al contraente in bonis;
  • la previsione dello scioglimento o della continuazione al verificarsi di determinate altre condizioni.

La regola generale adottata dalla legge fallimentare all'art. 72 è quella sub n. 3., ossia quella della scelta da parte del curatore circa lo scioglimento o la prosecuzione del rapporto.

Vi sono poi regole speciali che si esamineranno nel paragrafo che segue e che contemplano esempi delle altre quattro ipotesi.

Da segnalare, sia pure in estrema sintesi, che le norme appena richiamate si applicano anche in caso di liquidazione coatta amministrativa, in forza del richiamo contenuto nell'art. 201 l. fall., con effetto a far data dal provvedimento che dispone la liquidazione e sostituiti nei poteri del tribunale e del giudice delegato l'autorità amministrativa che vigila sulla liquidazione, nei poteri del curatore il commissario liquidatore e in quelli del comitato dei creditori il comitato di sorveglianza. La disciplina è diversa, invece, per l'amministrazione straordinaria, essendo essa contenuta nell'art. 50 D. Lgs. n. 270/1999 (che prevede una generale facoltà di scelta in capo al commissario straordinario, con due sole eccezioni per i rapporti di lavoro subordinato e di locazione di immobili se ad essere sottoposto ad amministrazione straordinaria è il locatore), ed è diversa altresì per il concordato preventivo, nel cui procedimento opera l'art. 169-bis l. fall. (sempre in estrema sintesi, la disciplina è quella della prosecuzione dei rapporti, salva la sospensione o lo scioglimento autorizzati dal tribunale su istanza del debitore, fatta eccezione per i rapporti di lavoro subordinato nonché per i contratti di cui agli articoli 72, comma 8, 72-ter e 80, comma 1, l. fall., che saranno esaminati infra).

Da segnalare, inoltre, che in tutti i casi di scioglimento del contratto, sia esso conseguenza della scelta di una delle parti o dell'applicazione di una regola di legge, l'effetto si produce a far data dalla sentenza dichiarativa di fallimento, si producono le conseguenti obbligazioni restitutorie da far valere – per quanto attiene a quelle verso la curatela – al passivo della procedura (art. 72, commi 4 e 5, l. fall.), ma non è dovuto risarcimento del danno a causa dell'anticipata interruzione del rapporto, salvo che lo stesso non sia riconducibile ad inadempimenti verificatisi prima della sentenza dichiarativa del fallimento e si versi nell'ipotesi di cui all'art. 72, comma 5, l. fall. che si vedrà infra. Lo scioglimento, infatti, è un fenomeno diverso dalla risoluzione per inadempimento e provoca la mera resiliazione del rapporto per effetto della dichiarazione di fallimento ed in forza di una previsione legale che la impone o comunque la consente. Ciò è previsto, per il caso dello scioglimento deciso dal curatore, dall'art. 72, comma 4, l. fall.: l'inciso «senza che gli sia dovuto risarcimento del danno» che termina il comma è stato introdotto dal cd. “decreto correttivo” n. 169/2007, ma il principio, valevole per tutte le ipotesi di scioglimento, era già condiviso sotto la previgente normativa (v. Cass. 25 febbraio 2002, n. 2754).

Invece, in tutti i casi di prosecuzione del rapporto, le parti hanno entrambe l'obbligo di eseguire integralmente tutte le obbligazioni contrattuali. Il curatore, in particolare, subentra nella stessa posizione contrattuale del fallito e deve adempiere integralmente, in prededuzione ed alla scadenza tutte le obbligazioni scaturenti dal rapporto. Anche questa regola è espressamente sancita dall'art. 72 l. fall., al primo comma, a seguito della riforma del 2006, per il caso del subentro in forza della scelta del curatore (è previsto che il curatore possa subentrare “assumendo tutti i relativi obblighi”), ma si applica in tutte le ipotesi di subentro ed era pacifica già nella vigenza della precedente disciplina (v ad es. Cass. 2 dicembre 2011, n. 25876).

La regola generale: art. 72 l. fall.

Venendo più nel dettaglio alla regola generale contenuta nell'art. 72 l. fall., come riformato dal legislatore del 2006, esso dispone al primo comma che «se un contratto è ancora ineseguito o non compiutamente eseguito da entrambe le parti quando, nei confronti di una di esse, è dichiarato il fallimento, l'esecuzione del contratto, fatte salve le diverse disposizioni della presente Sezione, rimane sospesa fino a quando il curatore, con l'autorizzazione del comitato dei creditori, dichiara di subentrare nel contratto in luogo del fallito, assumendo tutti i relativi obblighi, ovvero di sciogliersi dal medesimo». Con il cd. “decreto correttivo” n. 169/2007 è stata aggiunta, al termine del periodo, la clausola «salvo che, nei contratti ad effetti reali, sia già avvenuto il trasferimento del diritto», che sarà esaminata nel paragrafo che segue.

Inizialmente, pertanto, l'esecuzione rimane sospesa ed il curatore può rimanere inerte al fine di compiere le più opportune valutazioni sulle sorti del contratto; dopodiché il curatore, debitamente autorizzato, può decidere di subentrare o di sciogliersi dal contratto. L'esercizio di tale facoltà, che può avvenire in qualsiasi momento, è prerogativa esclusiva del curatore stesso, al quale non può sostituirsi il contraente in bonis e può essere esercitata nell'esclusivo interesse della procedura fintantoché il fallimento è aperto.

A tutela del contraente in bonis, peraltro, il legislatore ha previsto il meccanismo di messa in mora di cui al secondo comma dell'art. 72 l. fall., a mente del quale «il contraente può mettere in mora il curatore, facendogli assegnare dal giudice delegato un termine non superiore a sessanta giorni, decorso il quale il contratto si intende sciolto». Chi non si avvalga di tale disposizione non può dolersi del tempo che intercorre tra la dichiarazione di fallimento ed il momento in cui il curatore si avvale della facoltà di scelta concessagli dalla legge.

Quanto all'esercizio della facoltà di subentro, essa richiede la previa autorizzazione del comitato dei creditori, come espressamente stabilito dall'art. 72, comma 1, l. fall. Sulla base della giurisprudenza formatasi nella disciplina anteriore alla riforma del D. Lgs. n. 5/2006 (che prevedeva l'autorizzazione del giudice delegato), il subentro può anche essere tacito, ovvero espresso per fatti concludenti (Cass. 2 dicembre 2011, n. 25876, Cass. 3 settembre 2010, n. 19035). In ipotesi di subentro, come già visto, il curatore prosegue il rapporto nella stessa posizione sostanziale del fallito ed è tenuto ad eseguire integralmente le obbligazioni contrattualmente previste (art. 72, comma 1, l. fall.), nei modi, nei tempi dovuti ed in prededuzione.

In caso, invece, di scioglimento del contratto, il contraente ha diritto di far valere nel passivo il credito conseguente al mancato adempimento, senza che gli sia dovuto risarcimento del danno. Tuttavia, qualora il contratto fosse stato inadempiuto dal fallito prima della dichiarazione di fallimento ed il contraente in bonis, sempre prima dell'apertura della procedura, avesse agito giudizialmente per la risoluzione, tale azione «spiega i suoi effetti nei confronti del curatore, fatta salva, nei casi previsti, l'efficacia della trascrizione della domanda». Se però «il contraente intende ottenere con la pronuncia di risoluzione la restituzione di una somma o di un bene, ovvero il risarcimento del danno, deve proporre la domanda secondo le disposizioni di cui al Capo V», ossia deve insinuarsi al passivo della procedura (art. 72, comma 5, l. fall.), potendo proseguire l'azione nelle sedi ordinarie solo qualora gli effetti della risoluzione non debbano in alcun modo essere fatti valere nei confronti del fallimento.

Da ultimo, la scelta del curatore fra il subentro e lo scioglimento non può essere pregiudicata da clausole contrattuali che prevedano la risoluzione in caso di fallimento di una o di entrambe le parti. Tali clausole, infatti, sono inefficaci ai sensi dell'art. 72, comma 6, l. fall. («sono inefficaci le clausole negoziali che fanno dipendere la risoluzione del contratto dal fallimento»).

Da tenere presente, infine, che la regola della sospensione e della scelta fra il subentro o lo scioglimento non si applica quando sia disposto l'esercizio provvisorio. In tal caso, infatti, l'art. 104, comma 7, l. fall. dispone la regola della prosecuzione di tutti i contratti, salvo che il curatore non intenda sospenderne gli effetti oppure scioglierli («durante l'esercizio provvisorio i contratti pendenti proseguono, salvo che il curatore non intenda sospenderne l'esecuzione o scioglierli»).

Le regole speciali

La disciplina generale come sopra specificata soffre alcune eccezioni, tutte espressamente previste dalla legge.

a) I contratti ad effetti reali

Per i contratti ad effetti reali l'art. 72, comma 1, l. fall. dispone che il curatore non possa esercitare la facoltà di scelta tra scioglimento e subentro quando il trasferimento della proprietà si sia già verificato alla data della dichiarazione di fallimento. In tali casi il curatore subentra nel contratto ex lege.

Ai sensi dell'art. 1376 c.c., i contratti ad effetti reali sono quelli che hanno per oggetto il trasferimento della proprietà di una cosa determinata, la costituzione o il trasferimento di un diritto reale ovvero il trasferimento di un altro diritto. In tali casi, la proprietà o il diritto si trasmettono e si acquistano per effetto del consenso delle parti legittimamente manifestato, ossia nel momento della conclusione del contratto. Poiché, nei contratti pendenti, la conclusione del contratto è per forza di cose anteriore alla dichiarazione di fallimento, ne consegue che questa tipologia di contratti è sottratta alla facoltà di scelta ed è assoggettata alla regola della prosecuzione ex lege.

La disposizione in esame è di particolare importanza perché, fra i contratti ad effetti reali, vi è la compravendita. Conseguentemente, la regola generale della sospensione e della scelta del curatore vale solo per le vendite ad effetti obbligatori, ossia per le vendite di cosa generica e di cosa futura, nel qual caso, ai sensi degli artt. 1378 e 1472 c.c., il trasferimento della proprietà non si verifica al momento dello scambio dei consensi ma all'atto, rispettivamente, dell'individuazione ed in quello in cui la cosa è venuta ad esistenza.

b) Il contratto preliminare

Il contratto preliminare, invece, è sottoposto alla regola generale della scelta del curatore in quanto ha effetti meramente obbligatori, consistenti nell'obbligo di stipulare il definitivo. Si tratta, quindi, di un contratto ineseguito per definizione che, non producendo effetti reali, rientra appieno nella disciplina generale dei contratti pendenti.

Il legislatore, tuttavia, ha sottratto alla facoltà di scelta del curatore, in ragione di preminenti interessi della controparte in bonis, i contratti preliminari di vendita aventi ad oggetto immobili ad uso abitativo destinati a costituire l'abitazione principale dell'acquirente o di suoi parenti ed affini entro il terzo grado ovvero immobili ad uso non abitativo destinati a costituire la sede principale dell'attività d'impresa dell'acquirente, a condizione che siano stati debitamente trascritti ai sensi dell'art. 2645-bis c.c. (art. 72, comma 8, l. fall.). In tali casi opera la prosecuzione ex lege, con la conseguenza che il curatore è tenuto a stipulare il definitivo.

Altra disposizione di tutela della controparte in bonis attiene alle conseguenze dello scioglimento dei contratti preliminari di compravendita aventi ad oggetto immobili diversi da quelli appena indicati. In tale eventualità l'art. 72, comma 7, l. fall. dispone che se il preliminare di vendita immobiliare è stato trascritto ai sensi dell'art. 2645-bis c.c. l'acquirente ha diritto di far valere il proprio credito nel passivo, senza che gli sia dovuto il risarcimento del danno e gode del privilegio di cui all'art. 2775-bis c.c., a condizione che gli effetti della trascrizione del contratto preliminare non siano cessati anteriormente alla data della dichiarazione di fallimento. Da tenere presente, tuttavia, che secondo la giurisprudenza di legittimità (Cass. 30 luglio 2014, n. 17270, Cass. 9 gennaio 2013, n. 341, Cass. 27 novembre 2012, n. 20974, Cass. 16 marzo 2012, n. 4195, Cass. SS.UU. 1 ottobre 2009, n. 21045), tale privilegio speciale resta sottratto alla regola generale di prevalenza del privilegio sulla ipoteca, in ragione della subordinazione ad una particolare forma di pubblicità costitutiva, con la conseguenza che l'eventuale ipoteca preesistente prevale.

Infine, in caso di fallimento del promittente venditore e di domanda del promissario acquirente di esecuzione in forma specifica dell'obbligo di concludere il contratto definitivo ai sensi dell'art. 2932 c.c., secondo la più recente giurisprudenza di legittimità, se la domanda stessa è stata trascritta prima della dichiarazione di fallimento, la sentenza che l'accoglie, anche se trascritta successivamente, è opponibile alla massa dei creditori, sì che l'esercizio da parte del curatore del contraente fallito della facoltà di scioglimento è inopponibile al promissario acquirente, sempre che la domanda venga poi accolta (Cass. SS.UU. 16 settembre 2015, n. 18131, in questo portale, con nota di Nocera, seguita da Cass. 22 dicembre 2015, n. 25799).

c) I contratti relativi ad immobili da costruire

Ai sensi dell'art. 72-bis l. fall., i contratti di cui all'art. 5 D. Lgs. 20 giugno 2005, n. 122 si sciolgono se, prima che il curatore comunichi la scelta tra esecuzione o scioglimento, l'acquirente abbia escusso la fideiussione a garanzia della restituzione di quanto versato al costruttore, dandone altresì comunicazione al curatore. In ogni caso, la fideiussione non può essere escussa dopo che il curatore ha comunicato di voler dare esecuzione al contratto.

I contratti di cui si tratta attengono agli immobili da costruire, tali intendendosi quelli per i quali sia stato richiesto il permesso di costruire e che siano ancora da edificare o la cui costruzione non risulti essere stata ultimata versando in stadio tale da non consentire ancora il rilascio del certificato di agibilità, e sono tutti quelli aventi ad oggetto il trasferimento non immediato della proprietà o di altro diritto reale di godimento di immobili per i quali il permesso di costruire o altra denuncia o provvedimento abilitativo sia stato richiesto successivamente alla data di entrata in vigore del decreto legislativo.

In tali eventualità, quindi, la controparte in bonis ha la possibilità di determinare lo scioglimento del contratto, escutendo la fideiussione e dandone comunicazione al curatore. In mancanza, o comunque se il curatore anticipa la controparte scegliendo il subentro, opera la regola generale di cui all'art. 72, comma 1, l. fall.

d) I finanziamenti destinati ad uno specifico affare

Ai sensi dell'art. 72-ter l. fall. il fallimento della società determina lo scioglimento del contratto di finanziamento di cui all'art. 2447-bis, comma 1, lett. b), c.c. quando impedisce la realizzazione o la continuazione dell'operazione.

In caso contrario, il curatore, sentito il parere del comitato dei creditori, può decidere di subentrare nel contratto in luogo della società assumendone gli oneri relativi. Ove il curatore non subentri nel contratto, il finanziatore può chiedere al giudice delegato, sentito il comitato dei creditori, di realizzare o di continuare l'operazione, in proprio o affidandola a terzi; in tale ipotesi il finanziatore può trattenere i proventi dell'affare e può insinuarsi al passivo del fallimento in via chirografaria per l'eventuale credito residuo.

In queste ultime due ipotesi, resta ferma la disciplina prevista dall'articolo 2447-decies, commi 3, 4 e 5, c.c. Qualora invece, nel primo caso di scioglimento, non si verifichi alcuna delle ipotesi previste nel secondo e nel terzo comma, si applica l'art. 2447-decies, comma 6, c.c.

e) Il leasing (locazione finanziaria)

Il contratto di leasing è disciplinato dall'art. 72-quater l. fall.

In caso di fallimento del concedente, ai sensi del quarto comma il contratto prosegue; l'utilizzatore conserva la facoltà di acquistare, alla scadenza del contratto, la proprietà del bene, previo pagamento dei canoni e del prezzo pattuito.

Nel più frequente caso del fallimento dell'utilizzatore, invece, se è disposto l'esercizio provvisorio dell'impresa il contratto continua ad avere esecuzione salvo che il curatore dichiari di volersi sciogliere. Altrimenti, si applica la regola generale della scelta del curatore ai sensi dell'art. 72.

In caso di scioglimento, il concedente ha diritto alla restituzione del bene ed è tenuto a versare alla curatela l'eventuale differenza fra la maggiore somma ricavata dalla vendita o da altra collocazione del bene stesso avvenute a valori di mercato rispetto al credito residuo in linea capitale, mentre in caso di realizzo insufficiente ha diritto ad insinuarsi nello stato passivo per la differenza fra il credito vantato alla data del fallimento e quanto ricavato dalla nuova allocazione del bene. Il rapporto tra ri-allocazione ed insinuazione al passivo è risolto dalla giurisprudenza nel senso che il credito relativo ai canoni a scadere può essere insinuato solo dopo che la società abbia proceduto alla allocazione del bene e solo nella misura differenziale fra quanto ricavato e quanto dovuto in base al contratto. (Cass. 3 settembre 2015, n. 17577, Cass. 1 marzo 2010, n. 4862). Inoltre, il concedente può soddisfarsi sul bene oggetto del contratto di locazione finanziaria al di fuori del concorso, senza peraltro essere esentato dal concorso formale (Cass. 15 luglio 2011, n. 15701).

Da precisare, infine, che la norma in esame trova applicazione solo nel caso in cui il contratto di leasing sia pendente al momento del fallimento dell'utilizzatore, mentre, ove si sia già anteriormente risolto, occorre distinguere a seconda che si tratti di leasing di godimento o traslativo; per quest'ultimo si può utilizzare, in via analogica, l'art. 1526 c.c., con l'ulteriore conseguenza che il concedente ha l'onere, se intende insinuarsi al passivo del fallimento, di proporre la corrispondente domanda completa in tutte le sue richieste nascenti dall'applicazione della norma da ultimo citata (Cass. 9 febbraio 2016, n. 2538).

f) La vendita con riserva di proprietà

Ai sensi dell'art. 73 l. fall., nella vendita con riserva di proprietà, in caso di fallimento del compratore, se il prezzo deve essere pagato a termine o a rate, il curatore può subentrare nel contratto con l'autorizzazione del comitato dei creditori; il venditore può chiedere cauzione a meno che il curatore paghi immediatamente il prezzo con lo sconto dell'interesse legale. Qualora il curatore si sciolga dal contratto, il venditore deve restituire le rate di prezzo già riscosse, salvo il diritto ad un equo compenso per l'uso della cosa.

Il fallimento del venditore, invece, non è causa di scioglimento del contratto, il quale pertanto prosegue.

g) Contratti ad esecuzione continuata o periodica

Per tutti i contratti ad esecuzione continuata o periodica (ad es. la somministrazione), l'art. 74 l. fall. (norma eccezionale insuscettibile di applicazione analogica, v. Cass. 15 febbraio 2013, n. 3834), prevede che, se il curatore subentra, deve pagare integralmente il prezzo anche delle consegne già avvenute o dei servizi già erogati, anche anteriormente alla dichiarazione di fallimento.

h) Restituzione di cose non pagate

L'art. 75 l. fall. contiene una deroga al principio secondo il quale le norme sui contratti pendenti non si applicano quando una delle parti abbia interamente adempiuto la propria prestazione. Infatti, a norma dell'art. 1510 c.c., se la cosa venduta deve essere trasportata da un luogo all'altro, il venditore si libera dall'obbligo della consegna rimettendo la cosa al vettore o allo spedizioniere. Tuttavia l'art. 75 l. fall. dispone che se la cosa mobile oggetto della vendita è già stata spedita al compratore prima della dichiarazione di fallimento di questo, ma non è ancora a sua disposizione nel luogo di destinazione, né altri ha acquistato diritti sulla medesima, il venditore può riprenderne il possesso, assumendo a suo carico le spese e restituendo gli acconti ricevuti, sempreché non preferisca dar corso al contratto facendo valere nel passivo il credito per il prezzo, o il curatore non intenda farsi consegnare la cosa pagandone il prezzo integrale.

i) Contratto di borsa a termine

A norma dell'art. 76 l. fall., il contratto di borsa a termine, se il termine scade dopo la dichiarazione di fallimento di uno dei contraenti, si scioglie alla data della dichiarazione di fallimento. La differenza fra il prezzo contrattuale e il valore delle cose o dei titoli alla data di dichiarazione di fallimento è versata nel fallimento se il fallito risulta in credito, o è ammessa al passivo del fallimento nel caso contrario.

j) Associazione in partecipazione

L'associazione in partecipazione si scioglie per il fallimento dell'associante. L'associato ha diritto di far valere nel passivo il credito per quella parte dei conferimenti, la quale non è assorbita dalle perdite a suo carico. L'associato è tenuto al versamento della parte ancora dovuta nei limiti delle perdite che sono a suo carico. Nei suoi confronti è applicata la procedura prevista dall'art. 150 (art. 77 l. fall.). In caso di fallimento dell'associato, invece, si applica la regola generale della scelta del curatore.

k) Conto corrente, mandato, commissione

Ai sensi dell'art. 78 l. fall., i contratti di conto corrente, anche bancario, e di commissione, si sciolgono per il fallimento di una delle parti.

Quanto al contratto di mandato, anche se irrevocabile e in rem propriam, esso si scioglie per il fallimento del mandatario. In caso di fallimento del mandante, invece, vale la regola generale della scelta del curatore, ma se egli subentra il credito del mandatario è prededucibile per l'attività compiuta dopo il fallimento.

l) Contratto di affitto d'azienda

L'art. 79 l. fall. dispone che il fallimento non è causa di scioglimento del contratto di affitto d'azienda, ma entrambe le parti possono recedere entro sessanta giorni, corrispondendo alla controparte un equo indennizzo, che, nel dissenso tra le parti, è determinato dal giudice delegato, sentiti gli interessati. L'indennizzo dovuto dalla curatela è prededucibile.

m) Contratto di locazione di immobili

L'art. 80 l. fall., in tema di locazione immobiliare, distingue l'ipotesi del fallimento del locatore da quella del fallimento del conduttore.

Nel primo caso il fallimento non scioglie il contratto e il curatore subentra nel contratto. Qualora, tuttavia, la durata del contratto stesso sia complessivamente superiore a quattro anni dalla dichiarazione di fallimento, il curatore ha, entro un anno dalla dichiarazione di fallimento, la facoltà di recedere dal contratto corrispondendo al conduttore un equo indennizzo per l'anticipato recesso, che nel dissenso fra le parti, è determinato dal giudice delegato, sentiti gli interessati. Il recesso ha effetto decorsi quattro anni dalla dichiarazione di fallimento.

Nel caso del fallimento del conduttore, invece, il curatore può in qualunque tempo recedere dal contratto, corrispondendo al locatore un equo indennizzo per l'anticipato recesso, che nel dissenso fra le parti, è determinato dal giudice delegato, sentiti gli interessati.

Il credito per l'indennizzo è soddisfatto in prededuzione ai sensi dell'articolo 111, n. 1 con il privilegio dell'articolo 2764 del codice civile.

n) Contratto di appalto

Ai sensi dell'art. 81 l. fall. il contratto di appalto si scioglie per il fallimento di una delle parti, se il curatore, previa autorizzazione del comitato dei creditori, non dichiara di voler subentrare nel rapporto dandone comunicazione all'altra parte nel termine di giorni sessanta dalla dichiarazione di fallimento ed offrendo idonee garanzie. Nel caso di fallimento dell'appaltatore, il rapporto contrattuale si scioglie se la considerazione della qualità soggettiva è stata un motivo determinante del contratto, salvo che il committente non consenta, comunque, la prosecuzione del rapporto. Sono salve le norme relative al contratto di appalto per le opere pubbliche.

o) Contratto di assicurazione

L'art. 82 l. fall. dispone che il fallimento dell'assicurato non scioglie il contratto di assicurazione contro i danni, salvo patto contrario, e salva l'applicazione dell'art. 1898 del codice civile se ne deriva un aggravamento del rischio. Se il contratto continua, il credito dell'assicuratore per i premi non pagati deve essere soddisfatto integralmente, anche se la scadenza del premio è anteriore alla dichiarazione di fallimento.

p) Contratto di edizione

L'art. 83 l. fall. rinvia, per gli effetti del fallimento dell'editore sul contratto di edizione, alla legge speciale. Ai sensi dell'art. 135 l. n. 633/1941, il fallimento dell'editore non determina la risoluzione del contratto di edizione. Il contratto di edizione è tuttavia risolto se il curatore, entro un anno dalla dichiarazione del fallimento, non continua l'esercizio dell'azienda editoriale o non la cede ad un altro editore nelle condizioni indicate nell'art. 132 stessa legge.

Riferimenti

Normativi

  • art. 72 l. fall.
  • art. 72-bis l. fall.
  • art. 72-ter l. fall.
  • art. 72-quater l. fall.
  • artt. 73 – 83 l. fall.
  • art. 169-bis l. fall.

Giurisprudenza

  • Cass. 25 febbraio 2002, n. 2754
  • Cass. 3 settembre 2010, n. 19035
  • Cass. 2 dicembre 2011, n. 25876
  • Cass. 15 febbraio 2013, n. 3834
  • Cass. SS.UU. 16 settembre 2015, n. 18131
  • Cass. 9 febbraio 2016, n. 2538