Accertamento dei crediti nel concordato: inammissibile il reclamo al G.D.

11 Ottobre 2016

È inammissibile il reclamo al Giudice Delegato per il riesame dei crediti relativi a un concordato preventivo omologato poiché questo strumento impugnatorio non è previsto per tale fattispecie.
Massima

È inammissibile il reclamo al Giudice Delegato per il riesame dei crediti relativi a un concordato preventivo omologato poiché questo strumento impugnatorio non è previsto per tale fattispecie.

Le questioni relative all'esistenza, all'entità e al rango dei crediti devono essere sollevate con autonomo giudizio di merito e non semplicemente formulate al Liquidatore che non ha il potere di riclassificare i crediti, se non all'esito di una controversia ovvero nell'ambito di una transazione funzionale ad evitare una controversia.

Il caso

Il piano concordatario omologato relativo ad una società cooperativa a responsabilità limitata prevede la soddisfazione del creditore Alfa in via chirografaria.

Nella fase di liquidazione, quando il liquidatore sta per dare esecuzione al primo riparto parziale, Alfa propone reclamo al Giudice Delegato evidenziando una serie di circostanze che consentirebbero di riconoscere il privilegio ex art. 2751-bis n. 4 c.c. al proprio credito.

Il reclamo viene rigettato dal Giudice Delegato dal momento che lo strumento processuale utilizzato non è ammissibile per il riesame dei crediti.

Le questioni

Come noto, nell'ambito della procedura fallimentare esiste uno specifico procedimento di accertamento del passivo che consente di verificare l'entità di ogni singolo credito, l'opponibilità dello stesso alla massa creditoria complessiva e la sussistenza di eventuali cause di prelazione.

Nella procedura di concordato preventivo invece non vi è un analogo sistema di verifica dei crediti e la disciplina in argomento fornita dalla legge fallimentare rimane lacunosa sia nello svolgimento della procedura (dall'ammissione all'omologa), sia nella fase di liquidazione.

Si parla al riguardo di “fluidità” dell'accertamento del passivo nel concordato preventivo.

Dalla domanda di ammissione all'omologa la “verifica” (per così dire) dei crediti avviene in questo modo.

  • Nella fase iniziale ci si basa essenzialmente sull'elenco di creditori e crediti che il debitore deve predisporre ai sensi dell'art. 161 l. fall. con il deposito della domanda.
  • Successivamente, una volta ammesso il debitore alla procedura, il commissario giudiziale nominato deve verificare l'elenco sopra citato “sulla scorta delle scritture contabili presentate a norma dell'art. 161 l. fall., apportando le necessarie rettifiche” (art. 171 l. fall.). In questa fase il commissario è il vero dominus e dovrà non solo esaminare la contabilità sociale, ma altresì chiedere prontamente la precisazione delle posizioni a ogni singolo creditore e analizzare gli esiti della verifica del passivo già effettuata dal professionista attestatore.
  • Il Giudice Delegato subentra in un secondo momento, nell'ambito dell'adunanza dei creditori ex art. 174 l. fall. e della discussione della proposta di concordato ex art. 175 l. fall. In questa sede infatti “può ammettere provvisoriamente in tutto o in parte i crediti contestati ai soli fini del voto e del calcolo delle maggioranze, senza che ciò pregiudichi le pronunzie definitive sulla sussistenza dei crediti stessi” (art. 176 l. fall.).
  • Nel giudizio di omologa, il Tribunale, alla luce delle opposizioni svolte dai creditori, può sempre effettuare un ulteriore vaglio sulla sussistenza dei crediti ai fini delle determinazioni delle maggioranze (Trib. Arezzo 24 dicembre 2012; Trib. Novara 20 marzo 2013) e, specie nel caso di pretese creditorie non riconosciute di notevole importo, ai fini di una rideterminazione del fabbisogno concordatario (Vitiello, La verifica del passivo nel concordato preventivo. La posizione del creditore escluso, in questo portale).

Soprattutto nel vigore della precedente versione dell'art. 180 l. fall. si è inoltre ritenuto che nell'ambito della valutazione delle “condizioni di ammissibilità del concordato” il Tribunale potesse riverificare anche l'esame del passivo, persino con riferimento a crediti non contestati (Cass. 1792/1969).

È bene però ricordare che in tutti questi passaggi non vi è un “accertamento” nel senso giurisdizionale del termine.

Non vi è una “cognizione” da parte del Giudice Delegato o del Tribunale, poiché, in realtà nessuna norma prevede in sede concordataria una “verifica crediti”.

Pertanto in ogni passaggio le finalità sono diverse e, stante la cosiddetta “fluidità” dell'accertamento del passivo nel concordato preventivo, non comportano alcun accertamento definitivo preclusivo, né per lo step successivo, né per la fase di liquidazione, né, tanto meno, al di fuori della procedura (Trentini, Modalità di verifica dei crediti nel concordato preventivo, il Fallimento, 1/2003, 27).

Non a caso si è affermato che in tale ambito Giudice Delegato e Commissario Giudiziale svolgono attività di natura “amministrativa” (Cass. n. 11192/1993; Cass. n. 4446/1993) poiché l'obiettivo del loro operato nei passaggi citati non è l'accertamento in senso giurisdizionale dei singoli crediti.

Infatti in sede di ricorso ex art. 161 l. fall. l'elenco dei crediti e creditori ha la funzione di individuare complessivamente il passivo per valutare il fabbisogno concordatario.

La verifica del Commissario Giudiziale è necessaria per poter compiere il giudizio prognostico sulla “tenuta” del piano concordatario ed è strettamente collegata all'invio della convocazione ex art. 171 l. fall., alla stesura della relazione ex art. 172 e alle eventuali segnalazioni ex art. 173.

Così pure le analisi del Giudice Delegato (ex art. 176) e del Tribunale (ex art. 180) sono essenzialmente legate al sistema di votazione della proposta concordataria, alle modalità di calcolo delle maggioranze e al giudizio di omologa (vedi Trib. Roma, 27 settembre 1999).

A conferma della provvisorietà dell'accertamento la giurisprudenza di merito ha addirittura evidenziato che “l'ammissione al voto nel concordato sta come il riconoscimento della legittimazione in capo al creditore istante nella procedura prefallimentare: entrambe seguono ad una verifica sommaria da parte del giudice, ma in entrambi i casi tale verifica non pregiudica l'accertamento vero e proprio del credito[…]”(Trib. Monza 3 giugno 2015).

Anche in sede di omologa l'effetto delle valutazioni del Tribunale non è quello di determinare un giudicato sull'esistenza, entità o rango dei crediti, ma solo quello di creare un vincolo di riduzione degli stessi in corrispondenza della percentuale offerta (Cass. n. 20298/2014; Cass. n. 12545/2000; Trib. Monza, 1 giugno 2015) e di giungere all'esdebitazione parziale del debitore in conseguenza della falcidia concordataria (Trentini Modalità di verifica dei crediti nel concordato preventivo, cit., 30; Cass. n. 770/1980)

Nella successiva fase di liquidazione, secondo l'orientamento maggioritario in dottrina e giurisprudenza, il liquidatore non è vincolato alle determinazioni e considerazioni maturate nel corso della procedura concordataria (Cass. n. 6859/1995; Trib. Bassano del Grappa, 28 maggio 2013; Trib. Bergamo 12 febbraio 2015, in questo portale con nota di Bottai, Esecuzione del concordato e crediti incerti: risoluzione per eccessivo ritardo nella liquidazione).

Non a caso la prassi di molti Tribunali, in mancanza di disciplina legislativa sul punto, è quella di imporre al liquidatore la redazione di uno “stato passivo” e di “riparti parziali” (in tal senso Nobili, L'accertamento dei crediti nelle procedure concorsuali minori, Atti del convegno S.I.S.CO. del 9 novembre 1991 l'Accertamento dei crediti nelle procedure concorsuali in Quaderni di giurisprudenza commerciale 1992, 117; Trentini, Ripartizioni disposte con l'omologazione e rimedi a favore del creditore pretermesso, Il Fallimento, 2/2016, 215).

Stante l'assenza di uno stato passivo vincolante della procedura, egli è libero in “duplice” direzione.

Da un lato può ammettere un credito pretermesso, un importo maggiore o una prelazione non riconosciuta precedentemente; dall'altro potrebbe anche disconoscere crediti (in tutto o in parte) ammessi al voto o “degradarli” a ranghi inferiori (così osserva Trentini, Ripartizioni disposte con l'omologazione e rimedi a favore del creditore pretermesso, cit., 216).

Di contrario avviso la tesi opposta (vedi Leozappa, Ruolo del debitore e competenza del liquidatore nella revisione dei crediti, in questo portale) secondo la quale l'omologa del concordato determina un vincolo in ordine alla riduzione dei crediti che può essere superato solo dall'esito dei giudizi ordinari di accertamento dei crediti stessi (su cui infra).

In argomento in effetti la decisione del Tribunale di Padova sottolinea brevemente nella parte conclusiva che “il Liquidatore non ha il potere di riclassificare i crediti, se non all'esito di una controversia ovvero nell'ambito di una transazione funzionale ad evitare una controversia”.

Secondo tale impostazione, quindi, nessun potere autonomo in tal senso può essere rimesso al liquidatore.

Tutt'al più al debitore (e solo a lui) potrebbe essere concesso di rideterminare i crediti alla luce delle contestazioni del titolare o del commissario giudiziale a patto che tale potere di revisione sia previsto espressamente nel piano concordatario (così specifica Leozappa, Ruolo del debitore e competenza del liquidatore nella revisione dei crediti, in questo portale).

Le soluzioni giuridiche

L'unico strumento consentito al creditore per far riconoscere il proprio credito in modo incontrovertibile (esistenza, entità, rango, opponibilità), sia nell'ambito della procedura concordataria, sia nella fase di liquidazione è allora solo l'introduzione di un autonomo giudizio di accertamento (Cass. n. 2560/1987; Cass. Sez. Unite, n. 7562/1990).

Infatti solo l'eventuale sentenza definitiva a lui favorevole potrà avere l'effetto di includere il credito nel passivo concordatario, con conseguente obbligo degli organi della procedura di tenerne conto nella distribuzione delle risorse che compongono l'attivo” (Tribunale di Bergamo, 12 febbraio 2015), proprio perché la sentenza emessa “è destinata a fare stato ai fini della liquidazione concordataria” (Cass., n. 2234/1987).

Il giudizio può svolgersi sia con rito ordinario a cognizione piena ed esauriente, sia con rito sommario ex art. 702-bis c.p.c., sia con procedimento monitorio se sussistono i presupposti (Trentini Ripartizioni disposte con l'omologazione e rimedi a favore del creditore pretermesso, cit., 216).

Ove il provvedimento giurisdizionale non fosse stato ancora emesso o non fosse ancora definitivo, in sede di omologa il Tribunale potrà “sospendere” i pagamenti e ordinare il deposito della somma ex art. 180, comma 6, l. fall. a cautela delle pretese del creditore contestato.

Sulle domande proponibili in giudizio si è osservato che l'accertamento dovrà essere richiesto in relazione alla totalità del credito, mentre la conseguente condanna all'adempimento dovrà essere limitata all'eventuale percentuale concordataria se si sono già determinati gli effetti modificativi sui rapporti obbligatori coinvolti nel concordato, altrimenti sarà anch'essa relativa alla completezza del credito riconosciuto (Nardecchia L'accertamento e la prescrizione dei crediti nel concordato preventivo, Il Fallimento, 7/2012, 871).

Legittimato ad agire è certamente il creditore pretermesso o quello che afferma di avere un credito maggiore o di rango superiore rispetto a quanto valutato dagli organi della procedura.

Si ritiene tuttavia che, stante la citata fluidità dell'accertamento nel concordato preventivo, possa introdurre un giudizio volto a far riconoscere con provvedimento giurisdizionale definitivo il proprio credito anche il creditore le cui pretese verso il debitore concordatario siano in realtà condivise dagli organi della procedura (Cass. 4446/1993; contra Trib. Vigevano, 23 marzo 1988).

In questo caso però si afferma che le spese processuali dovrebbero essere a carico del creditore stesso (in tal senso Nardecchia, L'accertamento e la prescrizione dei crediti nel concordato preventivo, Il Fallimento, 7/2012) e la ricognizione del debito nell'elenco ex art. 161 configurerebbe una semplice relevatio ab onere probandi (sempre Nardecchia, cit.).

Sfruttando tale “inversione” dell'onere della prova, si è sostenuto che nell'ipotesi in cui sia il liquidatore a “dissentire” dalle risultanze dell'elenco creditori ex art. 161 l. fall. e dalle indicazioni del piano concordatario omologato, sarebbe onere del debitore introdurre il giudizio di cognizione autonomo volto a riconoscere il credito diverso da quello risultante dall'elenco (vedi per tale tesi la motivazione di Corte d'Appello di Venezia, 21 novembre 2013 con conclusione però non condivisa dalla Corte).

In ordine alla legittimazione passiva giurisprudenza e dottrina hanno optato per le soluzioni più varie.

Secondo un primo orientamento la legittimazione andava “ripartita” tra il liquidatore per le controversie concernenti i beni da liquidare (Cass. n. 2135/1988) o le operazioni di liquidazione (Cass. n. 1735/1991, si legga anche Nobili, L'accertamento dei crediti nelle procedure concorsuali minori, Atti del convegno S.I.S.CO. del 9 novembre 1991 l'Accertamento dei crediti nelle procedure concorsuali in Quaderni di giurisprudenza commerciale 1992,) e il debitore per i giudizi relativi all'accertamento dei crediti concorsuali (così Trib. Milano, 20 settembre 1976; Cass. 18 dicembre 1978, n. 6042; Cass. 1 agosto 1997, n. 7147).

Secondo una differente impostazione, facendo leva sulle finalità pubblicistiche della procedura concordataria, si era ritenuto di attribuire la legittimazione al liquidatore “quanto meno nei casi in cui sia astrattamente prospettabile un conflitto fra l'azione del preteso creditore e la finalità oggettiva generale della procedura di concordato” (Trib. Milano 10 luglio 1987).

Si è poi sostenuto che la legittimazione passiva spetterebbe solo al debitore, tranne la particolare ipotesi di concordato con cessione dei beni nell'ambito della quale legittimato passivo sarebbe il liquidatore (Nardecchia, L'accertamento e la prescrizione dei crediti nel concordato preventivo, cit., 870).

Si è affermata la legittimazione passiva in capo al debitore e al liquidatore con litisconsorzio necessario se il giudizio può dar luogo a interferenze con l'attività di liquidazione (Cass. n. 10250/2001), altrimenti la legittimazione passiva spetterebbe al solo debitore (Cass. n. 4301/1999).

Sussisterebbe invece la legittimazione del solo liquidatore se il giudizio promosso dal creditore ha ad oggetto l'accertamento del carattere concorsuale del credito o la condanna al pagamento in esecuzione del concordato (Trib. Firenze 9 giugno 1997).

Oggi l'orientamento prevalente ritiene la legittimazione passiva del debitore, mentre il liquidatore sarà litisconsorte necessario se è stata proposta anche domanda di condanna oppure nel caso in cui la pronuncia abbia rilevanza ai fini della liquidazione (così riassume Trentini, Ripartizioni disposte con l'omologazione e rimedi a favore del creditore pretermesso, cit., 216; Cass. n. 17748/2009).

Sono stati inoltre evidenziati alcuni rimedi “indiretti” endoconcorsuali a tutela del creditore pretermesso.

  • Nel caso in cui l'imprenditore abbia predisposto un elenco creditori e crediti palesemente incompleto e, dal controllo del Commissario Giudiziale, emergessero delle dolose omissioni, l'organo della procedura dovrebbe avvisare tempestivamente il Tribunale per valutare se ricorrono i presupposti per la revoca dell'ammissione ex art. 173 l. fall. (Paluchowski-Bocchiola, Codice del Fallimento, 2013, Giuffré, 1963; Nardo, La tutela dei creditori nel concordato preventivo. A fronte del drastico ridimensionamento dei poteri di controllo del tribunale fallimentare la centralità acquisita dai creditori non rappresenta una soluzione efficace, su www.cndcec.it).
  • In sede di adunanza i creditori possono far presente al Giudice Delegato le proprie ragioni, mentre il debitore potrà rispondere e contestare a propria volta i crediti e rispondere ai chiarimenti richiesti dal Magistrato. Questi potrà provvedere ai sensi dell'art. 176, ma, come detto, esclusivamente ai fini del voto e del calcolo delle maggioranze.
  • Nel giudizio ex art. 180, il creditore pretermesso potrà opporsi all'omologazione del concordato e chiedere (oltre all'accantonamento sopra indicato ex art. 180, comma 6) una valutazione della sussistenza del proprio credito ma solo in via incidentale e indiretta nella misura in cui l'errata omissione possa minare “la regolarità della procedura e gli esiti della votazione” che il Tribunale deve valutare per emettere il decreto di omologa (Vitiello, La verifica del passivo nel concordato preventivo. La posizione del creditore escluso, in questo portale).
Osservazioni

Nel decreto in commento il Giudice delegato del Tribunale di Padova ha fatto buon uso dei principi sopra ricordati, ribadendo che “nel momento in cui il liquidatore rispetti le previsioni del piano nella soddisfazione dei crediti, non vi è alcuna irregolare attività che il Giudice Delegato possa essere chiamato a verificare ex art. 36 l. fall.: la questione proposta dal creditore infatti andava sollevata con autonomo giudizio di merito e non semplicemente formulata al liquidatore. Il reclamo proposto da Alfa è pertanto infondato, giacché lo strumento impugnatorio esperito non è funzionale al riesame dei crediti”.

In sostanza il rimedio del reclamo non è consentito poiché proprio non è previsto dalla legge fallimentare.

Né si ritiene possibile estendere analogicamente, stante la diversità delle procedure, lo strumento previsto per il fallimento del reclamo al giudice delegato ai sensi degli artt. 110, comma 3 e 36 l. fall. (nell'ambito del quale comunque non è possibile contestare i crediti come accertati nella verifica crediti ed eventuali relative impugnazioni).

Anzi, secondo alcuni l'esecuzione non apparterrebbe neppure alla procedura concordataria. Secondo Cass. n. 7021/2012 (in materia di ragionevole durata del processo) il concordato si sviluppa dall'ammissione alla procedura alla definitività del decreto di omologa; l'esecuzione non sarebbe un procedimento giudiziale, né una sua fase (in tal senso anche Trib. Pistoia 31 marzo 2010).

Anche da questo punto di vista quindi il rimedio del reclamo non è esperibile ed eventuali provvedimenti resi in tale sede irrituale (diversi dal rigetto per inammissibilità) dovrebbero essere considerati inesistenti perché emessi in assoluta carenza di potere (così Trentini, Modalità di verifica dei crediti nel concordato preventivo, cit., 28; Cass. n. 523/1999).

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