L’applicabilità al preconcordato dell’obbligo di audizione del debitore

17 Ottobre 2016

Ove sia stata presentata proposta di concordato preventivo cd. “in bianco” ai sensi dell'art. 161, comma 6, l. fall., va rispettato l'obbligo di audizione del debitore ex art. 162, comma 2, l. fall. per consentire allo stesso di svolgere le proprie difese prima della pronuncia di inammissibilità, salvo che, inserendosi la proposta nell'ambito della procedura prefallimentare, il debitore sia stato comunque sentito in relazione alla proposta ed abbia avuto modo di svolgere le sue difese.
Massima

Ove sia stata presentata proposta di concordato preventivo cd. “in bianco” ai sensi dell'art. 161, comma 6, l. fall., va rispettato l'obbligo di audizione del debitore ex art. 162, comma 2, l. fall. per consentire allo stesso di svolgere le proprie difese prima della pronuncia di inammissibilità, salvo che, inserendosi la proposta nell'ambito della procedura prefallimentare, il debitore sia stato comunque sentito in relazione alla proposta ed abbia avuto modo di svolgere le sue difese.

Il caso

A seguito del deposito del ricorso ex art. 161, comma 6, l. fall., il Tribunale aveva dichiarato inammissibile il concordato preventivo assumendo la mancanza, a corredo del ricorso, dell'“elenco nominativo dei creditori con l'indicazione dei rispettivi crediti” prescritto dalla medesima norma. Il debitore (imprenditore individuale) proponeva allora reclamo alla Corte d'appello, dolendosi della intervenuta declaratoria di inammissibilità da parte del Tribunale senza che quest'ultimo avesse previamente fatto luogo alla sua audizione (come invece previsto dall'art. 162, comma 2, l. fall.) prima della dichiarazione (evidenziando come tale circostanza l'avesse posto nella impossibilità di chiarire che l'elenco dei creditori risultava “inglobato” nella situazione patrimoniale depositata insieme al ricorso, ciò che avrebbe così consentito di verificare l'assolvimento dell'obbligo previsto dalla legge). La Corte d'appello accoglieva il reclamo presentato dalla debitrice avverso il decreto di inammissibilità della domanda di concordato preventivo con riserva e la sentenza dichiarativa di fallimento: in questo modo revocando, corrispondentemente, entrambe le pronunce. La curatela fallimentare ricorreva per cassazione avverso la decisione della Corte d'Appello: la Suprema Corte ha infine respinto il ricorso sul fondamento della motivazione in massima.

Le questioni

L'art. 162 l. fall., nella formulazione data dal D. Lgs. n. 169 del 2007, dispone al secondo comma che “il Tribunale, se all'esito del procedimento verifica che non ricorrono i presupposti di cui agli artt. 160, commi 1 e 2, e 161, sentito il debitore in camera di consiglio, con decreto non soggetto a reclamo dichiara inammissibile la proposta di concordato. In tali casi il Tribunale, su istanza del creditore o su richiesta del pubblico ministero, accertati i presupposti di cui agli articoli 1 e 5, dichiara il fallimento del debitore”.

La pronuncia in esame affronta due questioni giuridiche emergenti dalla lettura e dalla interpretazione della norma appena ricordata.

La prima riguarda l'applicabilità della stessa anche nel caso del concordato in bianco” di cui all'art. 161, comma 6. l. fall.; la seconda riguarda la possibilità di prescindere dalla prevista audizione del debitore prima di dichiarare inammissibile la proposta di concordato nel caso in cui, essendo stata già avviata una procedura pre-fallimentare, l'audizione abbia avuto luogo in quella sede e il debitore abbia in tale occasione avuto la possibilità di svolgere le sue difese: in sostanza si discute se l'audizione di cui all'art. 162, comma 2, l. fall., possa in qualche modo ritenersi assorbita da quella prevista dall'art. 15 l. fall.

Quanto alla prima questione, la Corte prende atto del fatto che il riferimento all'”esito del procedimento”, contenuto nel secondo comma dell'art. 162, parrebbe condurre alla conclusione di escluderne l'applicabilità con riguardo al caso del concordato “in bianco”, giacché la norma presupporrebbe l'intervenuto deposito della proposta e del piano: sennonché viene preferita una “interpretazione estensiva”. La ragione di tale scelta ermeneutica viene fondata dalla Corte sulla circostanza che, comunque, il Tribunale, anche di fronte ad una domanda di concordato con riserva, dovrebbe comunque procedere ad una “verifica della legittimità della procedura con il riscontro della propria competenza e dell'esistenza dei requisiti oggettivi e soggettivi di accesso alla procedura” che ben potrebbe, anche a fronte di tale tipologia di domanda, portare ad un provvedimento dichiarativo di inammissibilità della proposta: donde la necessità di convocare previamente il debitore, al fine di porlo nelle condizioni di poter esercitare il diritto di difesa.

Se mai, aggiunge la Corte, si dovrà fare una applicazione “ragionata” dell'art. 162: nel senso di doversi escludere, evidentemente, l'applicazione del suo primo comma (che si riferisce alla possibilità per il Tribunale di concedere al debitore un termine non superiore a quindici giorni “per apportare integrazioni al piano e produrre nuovi documenti”).

Pertanto, conclude la Corte, della espressione “all'esito del procedimento”, contenuta nell'art. 162, comma 2, non deve darsi una interpretazione formale, bensì estensiva, poiché, come accennato, anche nel caso del concordato con riserva il Tribunale deve comunque svolgere “un'attività di valutazione che, ove si rifletta nel provvedimento dichiarativo di inammissibilità della proposta, postula la previa convocazione del debitore, nel rispetto del principio fondamentale del diritto di difesa”.

Quanto, poi, alla considerazione che la fissazione di una udienza allo scopo comporterebbe il pericolo di un imponderabile allungamento del periodo del c.d. “automatic stay”, la Corte evidenzia che tale constatazione non sminuisce i termini della motivazione, per cui l'art. 162, comma 2, potrà applicarsi anche al concordato con riserva, essendo tale situazione “una possibile conseguenza di fatto, che spetterà al Giudice del merito contenere in termini ristretti”.

Quanto alla seconda questione affrontata dalla pronuncia, il principio espresso nella massima era stato già affermato da Cass. Civ. - Sez. I, 27 maggio 2013, n. 13083. In quella occasione, la Suprema Corte aveva al riguardo affermato che l'obbligo di audizione del debitore è funzionale a consentire al medesimo, soprattutto nel caso in cui la proposta di concordato costituisca un autonomo procedimento, senza previe pendenze, di illustrarla e di svolgere le proprie difese.

Il principio che sottende il ragionamento della Corte è che l'audizione del debitore nel concordato preventivo non è funzionale ad una preveniva comunicazione al debitore delle ragioni di inammissibilità della proposta: pertanto, ben può l'audizione prevista dall'art. 15 l. fall. assolvere alla funzione di consentire al debitore di illustrare la proposta presentata in fase prefallimentare e di svolgere le proprie difese. Questo orientamento giurisprudenziale ne perpetua invero uno anteriore, formulato con riferimento alla originaria formulazione dell'art. 162 l. fall., che pur non faceva riferimento alcuno all'obbligo di disporre l'audizione del debitore, ma il cui contenuto è stato integrato dalla sentenza della Corte Costituzionale 27 giugno 1972, n. 110, che aveva dichiarato l'incostituzionalità della norma nella parte in cui non prevedeva che il tribunale, prima di pronunciarsi sulla domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo, dovesse ordinare la comparizione in camera di consiglio del debitore per l'esercizio del diritto di difesa (in questa prospettiva Cass. 7 maggio 2010, n. 11113 e Cass. 11 agosto 2000, n. 10673).

Osservazioni

La prima questione oggetto della pronuncia riguarda la possibilità di applicare al concordato “con riserva” la disposizione di cui all'art. 162 l. fall., nonostante il fatto che in tale tipologia di procedura, per definizione, manchi ancora la predisposizione di un piano, e, conseguentemente, di una proposta di concordato. Come si è visto, la Corte assume al riguardo un atteggiamento maggiormente “pragmatico”, inteso a non escludere, aprioristicamente, la possibilità di una simile applicazione, giungendo alla conclusione della sola non applicabilità del primo comma dell'articolo (in questa prospettiva anche Trib. Massa, 29 luglio 2015, secondo cui “la facoltà di emendamento prevista dall'art. 162, comma 1, deve intendersi limitata all'integrazione del piano già compiutamente depositato (…)”, circostanza che, evidentemente, non può darsi nel concordato “in bianco”), ma rispondendo affermativamente rispetto alla questione della applicabilità del secondo comma, non ricorrendo motivazione veruna per la sua esclusione, prescindendo la previsione dalla esistenza di un “piano” e, dunque, anche di una “proposta”.

D'altra parte, per quanto in sede di presentazione di una domanda di “concordato con riserva” sia, per definizione, esclusa la presenza del piano e della proposta di concordato, ciò non toglie che già in sede di presentazione della domanda si ponga, tra l'altro, il tema della verifica del possesso dei requisiti di cui all'art. 1 l. fall., oltre che degli altri requisiti richiesti dallo stesso art. 161, comma 6, l. fall. (l'avvenuto deposito dei bilanci relativi agli ultimi tre esercizi e dell'elenco nominativo dei creditori con l'indicazione dei rispettivi crediti), del requisito “negativo” richiesto dal comma 7 (il non aver presentato nei due anni precedenti altra domanda analoga cui non abbia fatto seguito l'ammissione alla procedura di concordato preventivo o l'omologazione dell'accordo di ristrutturazione dei debiti), e dei requisiti di competenza territoriale nonché di legittimazione attiva dell'istante (sul punto Trib. Bolzano, 25 settembre 2012, in questo portale; V. Donativi, I requisiti della domanda di concordato con riserva (e il difficile equilibrio tra prevenzione degli abusi ed eccessi di formalismo), in Riv. soc., 2013, 1195; M. Fabiani – G. Carmellino, Il concordato preventivo, in A. Didone (cura di), Le riforme delle procedure concorsuali, II, Milano, 2016, 1764; P. Vella, Il controllo giudiziale sulla domanda di concordato preventivo “con riserva”, in Fall. 2013, 83 ss.). Poiché anche in questi casi si pone un tema di “ammissibilità” della procedura (qualificazione espressamente richiamata dal comma 7) ben può, nell'avviso della Corte, trovare applicazione anche al concordato “con riserva” la previsione di cui al comma 2 dell'art. 162 l. fall.

Pervero, in dottrina non vi è unità di consensi in ordine alla necessità di accertare anche i requisiti oggettivi e soggettivi di accesso alla procedura (lo escludono R. Amatore- L. Jeantet, Il nuovo concordato preventivo, Giuffrè, 2013; nel senso, invece, della necessità di tale verifica E. Staunovo Polacco, Il concordato con riserva, Giuffrè, 2016, 58).

D'altra parte, è ben possibile, se non frequente, che alla domanda di concordato “con riserva” si accompagni una prima “bozza” della proposta (c.d. “disclosure”), talora necessaria per poter motivare la richiesta, ad esempio, del compimento di atti di straordinaria amministrazione, o di perfezionamento di finanziamenti in prededuzione, o del pagamento di creditori anteriori. Sicché, anche in questi casi ci si è domandati se la prefigurazione, seppur in nuce, di una proposta, non possa comportare un giudizio in termini di inammissibilità, ove formulabile già con riferimento alla parte nota del piano o della proposta (in senso negativo E. Staunovo Polacco, Il concordato con riserva, cit., 59-60, sull'assunto che comunque il debitore non risulterebbe vincolato a depositare, poi, una proposta corrispondente alle “anticipazioni” rese in sede di domanda di concordato “in bianco”).

Sullo specifico punto della applicabilità al concordato “con riserva” della disposizione contenuta nel secondo comma dell'art. 162 l. fall. non risultano precedenti arresti giurisprudenziali di legittimità: il tema della applicabilità/inapplicabilità al concordato “in bianco” di disposizioni dettate con riferimento al concordato preventivo oggetto di domanda accompagnata dalla proposta si è posto, se mai, in precedenza, all'attenzione dell'interprete e della giurisprudenza, con riferimento alla possibilità, per il tribunale, di dichiarare l'inammissibilità della domanda quando risulti la sussistenza di condotte del debitore che determinerebbero la revoca del concordato preventivo ai sensi dell'art. 173 l. fall.: in questa prospettiva al quesito si è talora fornita risposta affermativa, ad esempio in relazione al compimento di atti di straordinaria amministrazione da parte dell'imprenditore (è il caso preso in considerazione da Trib. Bologna, 27 febbraio 2013), mentre la successiva modifica dell'art. 161, comma 6, ultimo periodo, l. fall., operata dal D. L. n. 69 del 2013 si esprime in termini di “improcedibilità” della domanda. In dottrina si esprime nel senso della possibilità di una pronuncia di inammissibilità in tali circostanze E. Staunovo Polacco, Il concordato con riserva, cit., 65.

Inoltre, il tema della inammissibilità della domanda di concordato con riserva è stata oggetto di interesse giurisprudenziale anche sotto il profilo dell'eventuale abuso del diritto che abbia a realizzarsi attraverso la proposizione di tale domanda, allo scopo di differire la dichiarazione di fallimento: per tutti Cass. SS.UU., 15 maggio 2015, n. 9935, in questo portale; in dottrina si veda D'attorre, L'abuso del concordato preventivo, in Giur. comm., 2013, II, 1059).

E' peraltro da evidenziare come il principio della inapplicabilità al concordato “in bianco” di disposizioni dettate relativamente alla procedura di concordato preventivo sia presupposto in alcune pronunce giurisprudenziali di merito, come ad esempio quelle che assumono la diversità di “causa” del concordato con riserva rispetto al concordato preventivo (per concludere che soltanto in questo caso viene “provocata” la decisione del tribunale ai sensi degli artt. 162 e 163 l. fall.”: così Trib. Pistoia, 29 ottobre 2015, in questo portale). E' da evidenziare, infine, come gli interpreti avessero in precedenza ritenuto inapplicabile la disciplina dell'art. 162, comma 2, anche al concordato preventivo “con riserva”. In questa prospettiva, ad esempio, il CNDCEC (Circolare n. 38/IR del 3 marzo 2014), secondo cui “in assenza di rinvii all'art. 162, comma 2, l'inammissibilità della domanda dovrebbe essere pronunciata senza previa audizione del debitore (…)”. Sotto altro aspetto si è detto che con la presentazione di una domanda di concordato “in bianco” “si paralizza temporaneamente quel potere-dovere del Tribunale di dichiarare inammissibile la proposta che esso sarebbe chiamato ad esercitare ai sensi dell'art. 162, comma 2, in ragione (…) della mancanza degli elementi minimi di riconoscibilità di una proposta concordataria valida ed ammissibile” (Lamanna, La problematica relazione tra pre-concordato e concordato con continuità aziendale alla luce delle speciali autorizzazioni del tribunale, in questo portale): tale impostazione pare condivisa dal Consiglio Nazionale del Notariato, La c.d. domanda di concordato in bianco, Studio n. 100-2013-1, 5.

Conclusioni

Mentre il problema della necessità di procedere all'audizione del debitore in presenza di una procedura pre-fallimentare in corso e della possibilità di un eventuale assorbimento di tale adempimento in quello previsto dall'art. 15 l. fall. risulta nel solco di orientamenti in parte consolidati, merita particolare rilievo – e soprattutto consenso – l'orientamento “empirico” espresso dalla Corte circa il problema della applicabilità dell'art. 162 l. fall. anche al concordato con riserva: orientamento che si sostanzia nel rifiuto di una ricostruzione astratta e “dogmatica” dell'assetto normativo, e che predilige una verifica in concreto di “adattabilità” alla situazione concreta di una norma che, in sé, non stabilisce preclusioni di principio ad una sua riferibilità anche al concordato “in bianco”. Non è inutile aggiungere che - anche volendo seguire un approccio “formalistico”, indipendente dalla argomentazione logico-pragmatica adottata dalla Corte - il secondo comma dell'art. 162 contiene il riferimento alla mancanza, tra l'altro, dei presupposti di cui all'art. 161, richiamato nella sua interezza (e, dunque, anche con riferimento al suo sesto comma): di talché l'applicabilità dell'art. 162, comma 2, anche al concordato con riserva avrebbe potuto discendere finanche da una interpretazione di tipo puramente letterale della norma, non ostandovi la mancanza della formulazione del piano e della proposta.

Guida all'approfondimento

Sulla dottrina in materia di “concordato con riserva” la produzione dottrinale è foltissima: in questa sede ci si limita a ricordare, oltre ai contributi citati nel testo: F. D'angelo, Il nuovo volto del concordato preventivo con riserva, in Giur. comm., 2014, I, 494 ss.; L. Panzani, Il concordato in bianco, in questo portale; nonché il recentissimo E. Staunovo Polacco, Il concordato con riserva, Milano, 2016.

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