La compensazione dei crediti scaduti ceduti post fallimento

29 Novembre 2016

Non è ammissibile la compensazione ex art. 56, comma 2, l.fall. laddove il creditore (contestuale debitore della massa) abbia acquistato il credito successivamente alla data di fallimento indipendentemente dalla scadenza dello stesso.
Massima

Non è ammissibile la compensazione ex art. 56, comma 2, l. fall. laddove il creditore (contestuale debitore della massa) abbia acquistato il credito successivamente alla data di fallimento indipendentemente dalla scadenza dello stesso.

Il caso

La Cisalpina Tours S.p.a. proponeva ricorso ex art. 98 l. fall. avverso il provvedimento con cui la Curatela del Fallimento I Viaggi del Ventaglio S.p.A. aveva escluso il credito insinuato poichè derivante da una cessione di credito ritenuta inopponibile ed inefficace nei confronti della procedura in quanto realizzata in danno della massa dei creditori.

Il Tribunale di Milano ha rigettato l'opposizione proposta, ritenendo applicabile al caso di specie l'art. 56, comma 2, l. fall. anche se la cessione, intervenuta dopo la dichiarazione di fallimento, aveva ad oggetto un credito sorto e scaduto prima dell'apertura del concorso.

La questione

Il Tribunale di Milano, con il provvedimento oggetto di commento, ha inteso fare rivivere un orientamento appartenente al medesimo ufficio, che, in tempi piuttosto risalenti – 29 ottobre 1984 – aveva avuto modo di contribuire a censire l'ambito di operatività della disposizione della legge fallimentare disciplinante l'istituto della compensazione.

Nel provvedimento in esame il Tribunale, pur accogliendo preliminarmente le eccezioni sollevate dalla Curatela circa la mancanza di prova tanto sulla certezza del credito quanto sulla certezza della anteriorità di parte degli atti di cessione intervenuti tra l'opponente ed altra società cedente, ha voluto affrontare lo specifico tema della applicabilità del divieto di compensazione tra debiti verso la fallita con crediti afferenti a debiti scaduti, ma acquisiti in forza di cessione intervenuta successivamente alla apertura del concorso.

Il giudice investito della questione ha ritenuto meritevole di accoglimento – anche in forza del risalente orientamento sopra richiamato – la prospettazione della curatela relativa alla inopponibilità della cessione al ceto creditorio, in quanto tale atto sarebbe stato realizzato in danno della massa ed esclusivamente con finalità elusiva delle norme poste a tutela della par condicio creditorum.

In sostanza il fallimento opposto, e con esso il Tribunale, ha ritenuto che l'operazione di cessione di credito sarebbe stata effettuata con l'unica finalità di azzerare l'esposizione debitoria progressivamente accumulata nei confronti della società fallita, fino a giungere addirittura a fare maturare in capo all'opponente un credito nei confronti della massa.

Il Giudice milanese ha ritenuto che tale operazione, ancorchè apparentemente non soggetta al divieto di cui all'art. 56, comma 2, l. fall. essendo – secondo la prospettazione dell'opponente - il credito oggetto di cessione “scaduto” prima della dichiarazione di fallimento, in realtà dovesse essere interdetta - e per l'effetto, l'opposizione rigettata – in quanto, a prescindere dalla scadenza del credito, dev'essere massimamente tutelata tanto la parità di trattamento tra i creditori insinuati, quanto la possibilità per il fallimento di attivarsi con iniziative recuperatorie finalizzate ad acquisire attivo fallimentare sì da consentire il maggior soddisfo possibile del ceto creditorio.

Le soluzioni giuridiche

L'art. 56, comma 2, l. fall. recita: ”Per i crediti non scaduti la compensazione non ha luogo se il creditore ha acquistato il credito per atto tra vivi dopo la dichiarazione di fallimento o nell'anno anteriore”.

Aderendo al tenore letterale della norma, parte opponente ha ritenuto legittimamente compensabili i crediti acquisiti con il suo debito verso la massa, in quanto crediti pacificamente scaduti prima della pubblicazione della sentenza di fallimento.

Il Tribunale, con la pronuncia in commento, ha superato il mero dato letterale e, partendo dall'analisi dello scopo della norma, è giunto ad una conclusione di segno diametralmente opposto.

E' evidente, ha osservato il Giudice, che la finalità perseguita dal legislatore sia quella di evitare che mediante operazioni di cessione di credito - che, se intervenute del periodo indicato nella norma, si presumono perfezionate dietro corresponsione di un prezzo vile – si sterilizzi la possibilità di realizzazione di un credito della massa a fronte di una posta creditoria determinata da crediti acquisiti ad un valore notevolmente inferiore rispetto al valore nominale del credito ceduto, con evidente violazione delle norme che tutelano il concorso dei creditori in sede fallimentare.

Come osserva il Tribunale di Milano, ricorrerebbe in siffatta fattispecie una situazione tale per cui il presunto creditore della massa avrebbe un notevole beneficio competitivo, dato dall'operare del meccanismo estintivo della compensazione in funzione del quale vedrebbe estinto un debito con “moneta buona” a fronte di un credito acquistato presuntivamente ad un prezzo molto basso.

Tale sperequazione si realizza tanto nel caso in cui il credito oggetto di cessione sia un credito futuro (quindi non scaduto) oppure non sia ancora scaduto alla data di fallimento, quanto nel caso in cui la cessione sia successiva al fallimento o sia intervenuta nell'anno ad esso anteriore ma riguardi crediti non scaduti all'atto della dichiarazione di fallimento.

Ritroviamo così l'elemento in funzione del quale concludere per l'applicabilità o meno dell'art. 56, comma 2, l. fall nella scadenza del credito rispetto alla data di pubblicazione della sentenza dichiarativa di fallimento.

Ma, conclude il Tribunale, in considerazione delle superiori finalità di garanzia della par condicio creditorum, non avrebbe alcuna logica vietare la compensazione con crediti, la cui scadenza sia – in ipotesi – di pochi giorni successiva alla dichiarazione fallimento, se ceduti successivamente all'apertura del concorso e ritenerla invece ammissibile nel caso in cui il credito sia scaduto – sempre in ipotesi – pochi giorni prima del fallimento, ma la cessione avvenga successivamente ad esso.

Osservazioni

La pronuncia oggetto di commento si inserisce nel filone giurisprudenziale che, implicitamente, muove una critica al legislatore che con la riforma del 2006 non ha emendato la norma di riferimento nella parte in cui fa esplicito riferimento ai soli debiti non scaduti, e ciò nonostante nei lavori preparatori a detta riforma fosse stata evidenziata l'esigenza di rimodulare tale disposizione per evitarne utilizzi strumentali e, come nel caso di specie, con finalità elusive.

Va ad onor del vero dato atto che la Corte Costituzionale si era sul punto espressamente pronunziata con ordinanza del 20 ottobre 2000, n. 431 dichiarando non fondata la questione di legittimità costituzionale della norma e rimettendo al legislatore la libera scelta degli strumenti normativi idonei ad evitare una artificiosa compensazione operata in danno della massa fallimentare attraverso l'acquisto, nel cosiddetto periodo sospetto, di crediti verso il fallito. La Corte riteneva , con riferimento alla disposizione in questione, che la distinzione operata tra crediti non scaduti (espressamente esclusi dalla compensazione) e crediti scaduti, ancorchè censurabile sul piano dell'efficacia pratica, non desse luogo ad una incongruenza dal punto di vista logico giuridico, poichè la differenza di trattamento troverebbe spiegazione nel fatto che solo con riguardo ai crediti scaduti prima del fallimento l'effetto estintivo proprio della compensazione deve intendersi realizzato anteriormente alla dichiarazione di fallimento.

Il Giudice di Milano, per contro, acutamente osserva come la limitazione del divieto di compensazione ai soli crediti non scaduti appaia poco logica, in primo luogo in quanto alla data di fallimento tutti i crediti non scaduti si considerano, ai fini dell'ammissione al concorso, scaduti ex art. 55, comma 2, l. fall., in secondo luogo perché la medesima legge fallimentare – nella parte in cui disciplina l'istituto del concordato fallimentare, segnatamente all'art. 127 – sterilizza i trasferimenti dei crediti (ai fini del voto, con eccezione per gli istituti di credito e per gli intermediari finanziari) avvenuti dopo la dichiarazione di fallimento ed a prescindere dalla riconducibilità degli stessi all'interno delle categorie di crediti scaduti e non scaduti.

Pur volendo tale ultima norma prevenire il fenomeno – sanzionabile penalmente – del mercato di voto, non si può omettere di considerare che essa testimonia la ricorrenza nel corpus normativo fallimentare di una disposizione in grado di offrire un criterio simmetricamente applicabile alla disciplina della compensazione dei crediti in sede concorsuale.

Guida all'approfondimento

Il tema della compensabilità dei crediti in sede concorsuale è stato oggetto di frequente speculazione ed analisi da parte degli operatori del diritto e consistente è la mole di pronunce sul tema, con orientamenti anche difformi.

Si segnala un orientamento della giurisprudenza, secondo cui, purchè il credito sia scaduto ante fallimento, potrà legittimamente operare la compensazione anche se la cessione intervenga successivamente all'apertura del concorso (Trib. Mantova, 14 marzo 2006, App. Torino 21 gennaio 2010).

Altro orientamento, cui aderisce il Tribunale di Milano con la pronunzia in commento, ritiene di non potersi applicare la compensazione ex art. 56 l.fall. laddove il credito sia acquisito successivamente all'apertura del concorso, ciò in quanto verrebbe leso il principio di cristallizzazione della massa, posto che la coesistenza di credito e debito in capo ad un unico soggetto si realizzerebbe in un momento successivo alla dichiarazione di fallimento (Trib. Mondovì 12 gennaio 2015, Trib. Alba, 7 marzo 2006 – pronuncia citata nella sentenza in commento, Tribunale di Monza, 12 ottobre 2015).

Nel solco tracciato da tale ultimo orientamento si inserisce una recente ordinanza del Tribunale di Torino (ordinanza 5 agosto 2016) che, pur pronunziandosi relativamente a fattispecie ricorrente nell'ambito di un concordato preventivo, ha ritenuto che, affinchè la compensazione possa operare in sede fallimentare è necessario ed anzi imprescindibile che la causa genetica delle obbligazioni sia antecedente al fallimento ovvero quando vi sia reciprocità tra credito e debito.

Si osserva però che la reciprocità può non sussistere allorchè credito e debito sussistano prima dell'apertura del concorso, ma il credito appartenga ad un terzo e il debitore della massa ne acquisti la titolarità in corso di procedura fallimentare.

Il Tribunale di Torino, partendo dall'assunto della perfetta assimilazione tra dichiarazione di fallimento e pignoramento – ovviamente per quanto concerne gli effetti sul patrimonio del fallito/debitore –, proponendo una attenta analisi tanto della disciplina dell'espropriazione quanto delle pronunce della Corte di Cassazione in merito, giunge a concludere per l'applicabilità del divieto di cui all'art. 56, comma 2, l. fall. laddove la cessione del credito, scaduto o non scaduto poco importa, intervenga successivamente all'apertura del concorso, e ciò in quanto la compensabilità può essere riconosciuta se ed in quanto l'esecutato nel pignoramento, o il creditore e contestuale debitore del fallimento, sia titolare del credito prima della notifica dell'atto di pignoramento/della pubblicazione della sentenza di fallimento.

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