Sovraindebitamento: l'accesso alla procedura in presenza di atti in frode

16 Gennaio 2017

Ai sensi dell'articolo 10, comma 3, L. n. 3/2012 il Tribunale in sede di omologazione dell'accordo di composizione della crisi deve accertare d'ufficio la presenza di iniziative o atti in frode ai creditori.La presenza di iniziative o atti in frode ai creditori che siano obiettivamente idonei ad arrecare pregiudizio alle ragioni creditorie a prescindere dalla loro idoneità decettiva incidono sulla meritevolezza del debitore e determinano il rigetto della domanda di omologazione dell'accordo.
Massima

Ai sensi dell'articolo 10, comma 3, L. n. 3/2012 il Tribunale in sede di omologazione dell'accordo di composizione della crisi deve accertare d'ufficio la presenza di iniziative o atti in frode ai creditori.

La presenza di iniziative o atti in frode ai creditori che siano obiettivamente idonei ad arrecare pregiudizio alle ragioni creditorie a prescindere dalla loro idoneità decettiva incidono sulla meritevolezza del debitore e determinano il rigetto della domanda di omologazione dell'accordo.

Il caso

Il Tribunale di Milano, con il provvedimento del 18 novembre 2016 in esame, rigetta una proposta di accordo di composizione della crisi presentata da una persona fisica, ai sensi della legge n. 3 del 2012, sul presupposto di un proprio sovraindebitamento dovuto alle obbligazioni assunte a favore di una società a responsabilità limitata, di cui era socia, prima posta in liquidazione e, poi, dichiarata fallita.

Orbene, dopo aver proposto istanza per la nomina del professionista al quale attribuire le funzioni di organismo di composizione della crisi, il ricorrente aveva depositato il ricorso per l'omologazione di una proposta di accordo di composizione ottenendo, in prima battuta, un decreto con il quale il Tribunale aveva disposto, come previsto dalla legge, il divieto di iniziare o proseguire azioni esecutive individuali, di disporre sequestri conservativi o acquisire diritti di prelazione sul patrimonio del ricorrente da parte dei creditori aventi causa o titolo anteriore alla proposta.

La proposta di accordo presentata dal debitore - Più in particolare, la proposta di accordo avanzata dal ricorrente prevedeva il pagamento integrale del professionista incaricato delle funzioni di OCC; il pagamento del creditore ipotecario nella misura massima ricavabile dalla vendita degli immobili sui quali gravava l'ipoteca con degradazione del residuo al chirografo e il pagamento dei creditori chirografari, divisi in tre classi, in misura, rispettivamente, dell'0,05%, dell'1% e del 5,32%. Un solo creditore ipotecario sarebbe stato pagato integralmente dopo la moratoria di un anno concordata con lo stesso.

L'accordo prevedeva il pagamento di quei creditori tramite un finanziamento che sarebbe stato erogato da un istituto di credito a fronte della cessione dei diritti di credito nascenti da un contratto di consulenza tra il ricorrente e una società, ma non prevedeva la liquidazione dei beni e dei diritti di cui il ricorrente era titolare.

L'accordo così proposto aveva raggiunto una percentuale di voti favorevoli pari al 60,63%, come aveva dato atto il professionista nella sua relazione allegata alla proposta di piano.

L'atto di disposizione in frode ai creditori - Peraltro, ai sensi dell'art. 9 della l. 3/2012 unitamente alla proposta il ricorrente deve depositare, inter alia, "l'elenco … di tutti i beni del debitore e degli eventuali atti di disposizione compiuti negli ultimi cinque anni".

Ebbene, nell'elenco degli atti dispositivi compiuti il debitore indica "di aver donato alle sue figlie il 19 dicembre 2014 la nuda proprietà di un immobile sito in Milano" comprensivo dei due box annessi, mantenendone l'usufrutto per sé.

Un atto di disposizione certamente non indifferente per le ragioni creditorie dal momento che "secondo la stima effettuata dall'O.C.C., il valore dell'immobile oggetto di donazione in piena proprietà è pari ad € 637.500, mentre il valore dell'usufrutto, ovviamente rapportato all'età del ricorrente, nato nel 1947, è di € 286.875 e che ove il creditore … titolare sull'immobile di ipoteca di secondo grado avesse potuto soddisfarsi sul diritto di proprietà e non solo sul solo usufrutto, il suo credito avrebbe potuto essere quasi certamente soddisfatto per intero".

Atto di disposizione che era stato oggetto di due azioni revocatorie ordinarie e che aveva ad oggetto – come emerge dalla parte motiva del provvedimento – "la posta attiva più importante del suo patrimonio".

Ed è proprio questo l'aspetto che sarà decisivo, come si vedrà, del caso oggetto di esame da parte del Tribunale di Milano.

E ciò anche perché uno dei creditori (in particolare si era trattato del creditore ipotecario per un credito di € 422.601,67 che sarebbe stato soddisfatto per € 152.000 e con l'1% a titolo di credito chirografario sulla residua parte) aveva svolto una contestazione proprio in relazione all'esistenza di atti in frode ai creditori (per cui già aveva esperito l'azione revocatoria ordinaria) della quale il professionista aveva dato conto nella propria relazione.

La questione

Sulla base dei presupposti di fatto appena richiamati il Tribunale ha affrontato due questioni.

La prima questione era quella volta a stabilire se la proposta di accordo fosse stata, o no, approvata dai creditori.

Sul punto il Tribunale ha affermato, in conformità alla disposizione di legge, che "per la formazione dell'accordo previsto dall'art. 9 della legge n. 3 del 2012 non è richiesta la maggioranza delle classi, ma l'adesione di creditori rappresentanti il 60% dei crediti, sicché si deve dare atto dell'approvazione della proposta da parte della maggioranza dei creditori".

La seconda questione – destinata ad avere grande impatto, sistematico e pratico, sull'istituto del sovraindebitamento - era quella volta a stabilire se, e quando, il giudice possa rigettare la richiesta di omologa, pur approvata dalla maggioranza dei creditori - laddove riscontri la presenza di atti in frode ai creditori.

Orbene, per il Tribunale di Milano, come già in precedenza per altri tribunali, non vi è dubbio che la presenza di atti in frode ai creditori debba portare al rigetto della domanda di omologa dell'accordo di composizione della crisi.

I requisiti dell'atto in frode ai creditori - A tal fine, però, non è necessario accertare, né vi sarebbero gli elementi di fatto per farlo, se le azioni revocatorie (nel caso di specie) esperite siano, o no, fondate.

Ed infatti, nel procedimento in esame "rilevano … le circostanze antecedenti e successive la stipulazione del contratto ed il negozio stesso nella sua obiettività; in altre parole occorre accertare se la donazione in esame, oltre ad aver compromesso, in concreto, la possibilità per i creditori (o alcuni di essi) di soddisfarsi in misura maggiore rispetto a quella prospettata in questa sede, sia oggettivamente fraudolenta e dunque posta in essere con la consapevolezza e l'intenzione di arrecare pregiudizio al ceto creditorio".

Gli indizi della fraudolenza -Nel caso di specie gli indici rivelatori della frode sono stati individuati: (a) nel fatto che l'atto è stato compiuto dopo nove anni dall'acquisto e subito dopo aver appreso delle irregolarità nell'amministrazione della società che aveva portato ad ipotizzare un ingente debito sociale di cui il ricorrente era garante; (b) nella circostanza che non esistesse nessun interesse alla donazione nelle due figlie, che erano le uniche due eredi; (c) che il donante avesse continuato a pagare le rate del mutuo dell'immobile nonché tutte le spese che pure avrebbero dovuto gravare sulle nude proprietarie che pure avevano redditi.

Ne deriva che per il Tribunale, sebbene i creditori aderenti non avessero ritenuto l'atto lesivo dei loro interessi, l'atto sarebbe stato comunque sanzionabile, perché volto a sottrarre alla garanzia patrimoniale un bene (peraltro di rilevante entità).

Gli atti in frode non sono soltanto quelli decettivi - Peraltro, il Tribunale ha anche rigettato l'ulteriore tesi difensiva del ricorrente il quale sosteneva, richiamandosi all'esperienza del concordato preventivo, che l'atto di donazione era un atto "noto" al ceto creditorio avendo avuto il ricorrente cura di inserirlo nell'elenco degli atti di disposizione come richiesto dalla normativa.

Senonché, per il Tribunale di Milano "la disciplina della composizione della crisi da sovraindebitamento … appare essere in controtendenza rispetto alle scelte operate dal legislatore in materia di concordato preventivo, essendo il tribunale chiamato a più riprese e sotto diversi profili a verificare la meritevolezza del soggetto sovraindebitato".

Del resto non vi è dubbio che, con riferimento all'accordo di composizione della crisi, l'art. 10, comma 3, della legge n. 3 del 2012 prevede che "all'udienza il giudice, accertata la presenza di iniziative o atti in frode ai creditori, dispone la revoca del decreto di cui al comma 1 e ordina la cancellazione della trascrizione dello stesso, nonché la cessazione di ogni altra forma di pubblicità disposta".

Atti in frode e non meritevolezza del debitore - Ecco allora che il giudice d'ufficio deve sempre verificare l'eventuale presenza di atti di disposizione patrimoniale di natura fraudolenta posti in essere dal debitore "che se esistenti lo rendono immeritevole dei vantaggi che derivano dal buon esito della procedura indipendentemente dalla loro idoneità decettiva".

Ne deriva che l'espressione "atti in frode ai creditori" che ricorre sia nell'art. 10 (accordo di composizione della crisi) sia nell'art. 12-bis (piano del consumatore) che nell'art. 14-quinquies (liquidazione dei beni) non può essere <<interpretata diversamente a seconda che sia formulata una proposta di accordo o il debitore faccia ricorso ad una delle altre procedure previste dalla medesima legge".

A conferma del fatto che è necessario e sufficiente un solo atto di frode ai creditori per bloccare l'iter, il Tribunale osserva anche che l'art. 12, comma 2, consente di superare la contestazione del creditore non aderente laddove il suo credito non possa essere soddisfatto in misura maggiore in una alternativa procedura liquidatoria.

Ma quell'alternativa liquidatoria si riferisce ai beni presenti nel patrimonio del debitore al momento del deposito della domanda (e a quelli sopravvenuti nei quattro anni successivi ex art. 14-novies e undecies) "e non ai possibili esiti, per il singolo creditore delle azioni revocatorie intraprese".

Ne deriva che proprio il riferimento all'alternativa liquidatoria dimostra come la determinazione del patrimonio non deve essersi modificata (in peius) ad opera del debitore.

Osservazioni

Infine, resta da dire che – come anticipato – il requisito dell'assenza di atti in frode ai creditori è destinato ad avere grande impatto, sistematico e pratico, sull'istituto del sovraindebitamento condizionandone l'ammissibilità come requisito di meritevolezza del debitore, come del resto può confermare l'evoluzione dell'istituto del concordato preventivo e la giurisprudenza formatasi con riferimento all'art. 173 L. fall. (nella parte in cui dispone la revoca del concordato laddove il commissario abbia accertato "che il debitore ha occultato o dissimulato parte dell'attivo, dolosamente omesso di denunciare uno o più crediti, esposto passività insussistenti o commesso altri atti di frode").

Peraltro, già lo stesso concetto di atto in frode ai creditori si presta ad essere inteso con diversa ampiezza: da una lettura restrittiva come quella secondo la quale deve essere così qualificato un atto che rientra nelle condotte penalmente sanzionate dalla L. n. 3/2012, ad una più estensiva secondo cui deve essere qualificato come atto in frode qualunque atto che abbia come effetto finale quello di diminuire per tutti i creditori la garanzia generica del credito ovvero di alterare la formazione della volontà dei creditori (nell'accordo di composizione e nella liquidazione) o la percezione del giudice in ordine al piano del consumatore (ivi compresi, ovviamente, gli atti rientranti nell'art. 16 della L. 3/2012).

Tuttavia, occorre anche avvertire che il requisito de quo deve essere inteso cum grano salis: e così, ad esempio, non sarà ostativo un atto in frode ai creditori come l'istituzione di un fondo patrimoniale effettuata nel quinquennio laddove, prima del ricorso, il disponente lo abbia sciolto (cfr. Trib. Prato, 28 settembre 2016). Ugualmente, si dovrà escludere la capacità ostativa di un atto in frode tutte le volte in cui, per avventura, il debitore abbia tempestivamente privato di effetti l'atto in contestazione ricostituendo lo status quo ante.

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