Azione esecutiva del credito fondiario e fallimento

Fabio Fiorucci
01 Febbraio 2017

L'azione esecutiva sui beni ipotecati a garanzia di finanziamenti fondiari può essere iniziata o proseguita dalla banca anche dopo la dichiarazione di fallimento del debitore. Il curatore ha facoltà di intervenire nell'esecuzione. La facoltà del creditore fondiario di iniziare o proseguire l'azione esecutiva chiedendo la vendita in sede esecutiva (art. 41, comma 2, TUB), si pone in deroga a quanto stabilito dall'art. 51 l. fall. Quanto ricevuto dalla banca in sede di esecuzione individuale ha carattere di..
Premessa

L'azione esecutiva sui beni ipotecati a garanzia di finanziamenti fondiari può essere iniziata o proseguita dalla banca anche dopo la dichiarazione di fallimento del debitore. Il curatore ha facoltà di intervenire nell'esecuzione. La facoltà del creditore fondiario di iniziare o proseguire l'azione esecutiva chiedendo la vendita in sede esecutiva (art. 41, comma 2, TUB), si pone in deroga a quanto stabilito dall'art. 51 l. fall.

Quanto ricevuto dalla banca in sede di esecuzione individuale ha carattere di provvisorietà, dovendo la stessa sottostare alle risultanze del riparto fallimentare e, se del caso, restituire le eventuali eccedenze. Anche il creditore fondiario deve insinuarsi al passivo del fallimento allo scopo di conseguire definitivamente, se il credito risulta ammesso ed utilmente collocabile, il risultato dell'esecuzione privilegiata, restituendo invece alla massa fallimentare la somma che ecceda quanto ad esso spettante.

Rapporti tra azione esecutiva e fallimento

Il secondo comma dell'art. 41 D.Lgs. 385/1993 (di seguito TUB) stabilisce che “L'azione esecutiva sui beni ipotecati a garanzia di finanziamenti fondiari può essere iniziata o proseguita dalla banca anche dopo la dichiarazione di fallimento del debitore. Il curatore ha facoltà di intervenire nell'esecuzione. La somma ricavata dall'esecuzione, eccedente la quota che in sede di riparto risulta spettante alla banca, viene attribuita al fallimento”.

La facoltà (non l'obbligo) del creditore fondiario di iniziare o proseguire l'azione esecutiva - anche promossa da altri - chiedendo la vendita in sede esecutiva, si pone in deroga a quanto stabilito dall'art. 51 l. fall., secondo cui, "salvo diversa disposizione della legge", dal giorno della dichiarazione di fallimento nessuna azione individuale esecutiva o cautelare, anche per crediti maturati durante il fallimento, può essere iniziata o proseguita sui beni compresi nel fallimento (la ratio della norma è evidente: garantire la parità di trattamento dei creditori concorsuali, nel rispetto delle rispettive cause di prelazione).

Una corretta esegesi della norma non può prescindere dalle indicazioni fornite dal legislatore nella Relazione illustrativa all'articolo in esame che, in accoglimento di un consolidato orientamento giurisprudenziale, nel consentire l'azione esecutiva individuale in costanza di fallimento la riconduce “nell'ambito dei privilegi meramente procedurali, escludendo che dalla stessa possano derivare anche effetti di natura sostanziale, tali da alterare la par condicio creditorum” (in altri termini, il creditore fondiario partecipa al concorso 'formale' e 'sostanziale').

Eventuali altri creditori intervenuti nella procedura esecutiva promossa dal creditore fondiario restano esclusi, sopraggiunto il fallimento del debitore, dai privilegi processuali e subiscono gli effetti della disciplina fallimentare, come bene evidenziato dalla S. Corte di cassazione (Cass. 15.6.1994, n. 5806), secondo cui il fallimento produce a carico degli altri creditori - eventualmente intervenuti nella procedura individuale - l'effetto sancito dagli artt. 51 e 52 l. fall., di guisa che detti creditori non possono concorrere alla distribuzione ex art. 41, comma 4, TUB e l'eventuale supero del prezzo di vendita deve essere attribuito (non certo al fallito, spossessato dei suoi beni, ma) al curatore del fallimento.

In caso di esecuzione individuale contro il fallito, dottrina e giurisprudenza discutono se soggetto passivo della procedura esecutiva individuale iniziata o proseguita dal creditore fondiario in costanza di fallimento sia il curatore fallimentare (ex art. 43 l. fall.), il debitore fallito o se la legittimazione passiva spetti ad entrambi, come sostenuto da parte della dottrina (in arg. Cass. 3.6.1996, n. 5081; Cass. 11.3.1987, n. 2532; Cass. 2.10.2003, n. 14675; Cass. 19.8.2003, n. 12115).

La facoltà del creditore fondiario di iniziare o proseguire una procedura esecutiva individuale in pendenza di fallimento è stata ricostruita dalla Cassazione nei seguenti termini: in primo luogo, è stato rilevato che, posta la natura e l'origine della normativa speciale sul credito fondiario e ravvisata in essa una deroga alle regole generali della liquidazione dei beni nel fallimento, compatibile con la successiva vigenza dell'attuale legge fallimentare, occorre pur sempre interpretarla, tale normativa speciale, nel modo in cui meno vistoso risulti lo strappo rispetto ai principi ispiratori di detta legge e non si pervenga a disparità di trattamento irrazionali e poco giustificabili (Cass. 17.12.2004, n. 23572). Ma, soprattutto, "sia l'elaborazione giurisprudenziale che l'intervento legislativo organico in materia fallimentare hanno consentito di sancire chiaramente la soggezione della procedura esecutiva individuale alla competenza concorsuale in materia di accertamento del credito e dei privilegi e alla ripartizione della somma ricavata. Ne deriva il carattere accessorio e subordinato al procedimento concorsuale della procedura esecutiva condotta dal creditore fondiario il quale, pur conservando un privilegio di riscossione che si esplica nella conservazione del potere esecutivo sul bene ipotecato, resta comunque soggetto all'attrazione e al controllo della procedura individuale da parte di quella concorsuale" (Cass. 8.9.2011, n. 18436).

In altri termini, il legislatore speciale ha derogato al divieto di azioni esecutive individuali, ma la contemporanea pendenza di due procedure esecutive (individuale e concorsuale) che si viene a verificare e i problemi di coordinamento che ne conseguono debbono essere risolti in base al principio della prevalenza della procedura concorsuale al fine di garantire, nel riguardo di tutti i creditori, il rispetto delle regole del concorso sostanziale e formale (cui anche il creditore fondiario è assoggettato) (Trib. Rimini 15.9.2014, Il caso).

La giurisprudenza di legittimità ha escluso la possibilità del creditore fondiario di intraprendere o proseguire azioni esecutive individuali in costanza di amministrazione straordinaria delle grandi imprese, amministrazione controllata e concordato preventivo (Cass. 19.3.1998, n. 2922; Cass. 28.6.2002, n. 9488; Cass. 7.11.1991, n. 11879), invece ammettendola nella liquidazione coatta amministrativa (Cass. 7.6.1988, n. 3847).

La provvisorietà delle attribuzioni al creditore fondiario

Il secondo comma dell'art. 41 TUB in commento stabilisce, altresì, che le somme ricavate dall'esecuzione individuale che risultassero, “in sede di riparto” (ex artt. 596-598 c.p.c., come preferibile ritenere), eccedenti la quota di spettanza dell'istituto bancario, dovranno essere attribuite al fallimento; quanto ricevuto dalla banca in sede di esecuzione individuale ha, dunque, carattere di provvisorietà, dovendo la stessa sottostare alle risultanze del riparto fallimentare e, se del caso, restituire le eventuali eccedenze.

La distribuzione effettuata nell'esecuzione individuale non è dunque definitiva, avendo solo la funzione di attuare una prima graduazione con i crediti fatti valere in quella sede, salva la definitiva valutazione in sede concorsuale. In altri termini, mentre l'accertamento del credito della banca e la vendita dell'immobile può avvenire al di fuori della procedura fallimentare, l'ammontare che essa ricaverà risulterà definitivamente fissato solo dal riparto effettuato in sede fallimentare.

La giurisprudenza ha chiarito che, in materia fallimentare, la tutela della par condicio non consente due differenti criteri di ripartizione dell'attivo e presuppone l'unicità del procedimento di acquisizione e distribuzione che coinvolge tutti i creditori, ivi incluso il creditore fondiario; pertanto il principio della par condicio creditorum si attua solo con il procedimento di verificazione dei crediti, ai cui dati è indissolubilmente connessa la fase del riparto, non certo con procedimenti estranei alla fase fallimentare. Nel caso della concomitante esecuzione individuale questi principi non soffrono eccezioni, poiché in tale sede non possono formarsi situazioni difformi dalle risultanze dello stato passivo né possono essere attribuite al creditore privilegiato somme diverse da quelle che potrebbero essergli riconosciute nel riparto fallimentare. La disciplina fallimentare è legge speciale intuitu materiae rispetto alla legge processuale comune, anche quando quest'ultima, come nel caso della normativa in materia di procedimento esecutivo prevista per il credito fondiario, stabilisca deroghe o esenzioni in favore di soggetti determinati, di modo che il trasferimento nel sistema organico dell'ordinamento fallimentare di norme dettate in favore di particolari situazioni creditorie autonomamente considerate è possibile solo dove via sia un'esplicita deroga ovvero, pur in mancanza di un rinvio o di una riserva, queste ultime siano compatibili con la disciplina fallimentare (nei termini, Trib. Reggio Calabria 9.5.2011, Dejure Giuffrè).

Il beneficio in discorso costituisce dunque, per consolidato orientamento giurisprudenziale, un mero privilegio processuale che non incide, in costanza di fallimento dell'esecutato, sulle regole della par condicio e sulle regole del concorso, con la conseguenza che anche il creditore fondiario deve insinuarsi al passivo del fallimento allo scopo di conseguire/consolidare, se il credito risulta ammesso ed utilmente collocabile, il risultato dell'esecuzione privilegiata, restituendo invece alla massa fallimentare la somma che ecceda quanto ad esso spettante (ex multis Cass. 15.1.1998, n. 314; Cass. 23.11.1990, n. 11324; Cass. 2.3.1988, n. 2196; Trib. Venezia, 3.2.2004, Foro pad., 2005; Trib. Santa Maria Capua Vetere 4.5.2007, Diritto e giurisprudenza, 2008; App. Torino 5.9.2007, Fall., 2008; Trib. Torino 10.10.2008, Fall., 2009; Trib. Rimini 15.9.2014, Il caso).

L'insinuazione al passivo del fallimento del creditore fondiario

Anche alla luce delle previsioni recate dal novellato art. 52 l. fall., secondo cui ogni credito, "anche se munito di diritto di prelazione", e se esentato dal divieto di cui all'art. 51 l. fall., deve essere assoggettato all'obbligo di accertamento in sede concorsuale, deve ritenersi ormai risolta la dibattuta questione relativa alla necessità del creditore fondiario di insinuarsi nel passivo fallimentare ai fini della definitività dell'attribuzione, fermo restando che la suddetta, ormai indispensabile, insinuazione non è comunque richiesta per procedere all'assegnazione provvisoria alla banca di quanto ricavato dalla vendita in sede esecutiva del cespite cauzionale: depone in tal senso l'art. 41, comma 2, TUB, che in nessun passaggio contempla l'onere della banca di preventiva insinuazione al passivo fallimentare, sembrando anzi presupporre che la distribuzione a favore del creditore fondiario avvenga proprio nel procedimento esecutivo individuale, non avendo altrimenti senso prevedere l'attribuzione del residuo al fallimento.

Le disposizioni fallimentari in tema di ripartizione (art. 110, comma 1, l. fall..) e in tema di intervento (facoltativo) del curatore nelle procedure esecutive (art. 107 l. fall.) confermano come il legislatore della riforma abbia voluto far interagire procedure esecutive fondiarie e procedure concorsuali nell'intento di realizzare il massimo grado di coordinamento fra di esse e abbia voluto sancire la linea minimalista nella definizione dell'autonomia dell'esecuzione individuale dal fallimento (così Cass. 8.9.2011, n. 18436). Peraltro, anche la relazione governativa al D.Lgs. 169 del 2007 (correttivo alla legge fallimentare), che ha novellato gli articoli in commento, ha chiarito "che i crediti esentati dal divieto di azioni esecutive e cautelari fruiscono di un privilegio puramente processuale (il potere di iniziare o proseguire l'espropriazione pur in pendenza del fallimento del debitore), ma non sono esentati dal concorso sostanziale: come tutti gli altri creditori devono essere ammessi al passivo (concorso formale) e poi essere collocati nei riparti (concorso sostanziale) per poter trattenere in via definitiva quanto è stato ricavato dall'espropriazione singolare da loro compiuta".

L'insinuazione al passivo fallimentare non è comunque una condizione di procedibilità dell'azione esecutiva individuale, che può condursi anche in assenza di insinuazione, solo che non si stabilizza: in altri termini, il creditore fondiario può iniziare e proseguire l'esecuzione individuale senza preventivamente ricorrere all'insinuazione al passivo del fallimento del debitore, che costituisce un onere per trattenere definitivamente quanto percepito e non una condizione di procedibilità dell'azione esecutiva, anche considerato che le disposizioni sul credito fondiario non richiedono per il suo esercizio la preventiva partecipazione al concorso.

Nel confermare tale, ormai consolidato, indirizzo, la giurisprudenza di legittimità (Cass. 17.12.2004, n. 23572; Cass. 28.5.2008, n. 13996; Cass. 4.9.2009, n. 19217; Cass. 8.9.2011, n. 18436; Cass. 11.10.2012, n. 17368) ha fissato i seguenti principi di diritto:

  • le disposizioni eccezionali sul credito fondiario riguardano la fase di liquidazione dei beni e non anche quella dell'accertamento del passivo, non apportando alcuna deroga al principio di esclusività della verifica fallimentare, posto dall'art. 52 l. fall.;
  • solo attraverso l'insinuazione al passivo del fallimento l'istituto di credito fondiario può rendere definitiva l'assegnazione delle somme, già provvisoriamente avvenuta in suo favore al termine della procedura esecutiva individuale, perché solo così potrà realizzarsi quella graduazione dei crediti che ne è il presupposto indispensabile. È quanto, del resto, unanimemente si ritiene debba accadere per il caso in cui la vendita fallimentare del bene ipotecato abbia preceduto nel tempo l'iniziativa individuale dell'istituto di credito fondiario, che resta in tal caso pur sempre tenuto a proporre domanda di ammissione del proprio credito per consentire la verifica del privilegio che lo assiste da parte degli organi della procedura, e non vi sarebbero ragioni plausibili per escludere l'analogo onere solo perché l'iniziativa volta alla vendita coatta dei beni del debitore sia stata assunta per primo dall'istituto fondiario;
  • per definire la graduazione dei crediti aventi diritto a partecipare al concorso, ivi compreso quello del creditore fondiario, non è affatto necessario che il curatore assuma iniziative nel procedimento esecutivo individuale da detto istituto promosso e coltivato (salvo che al fine di far valere in quella sede le eventuali ragioni del debitore esecutato). Non può essere quella la sede in cui si attua l'accertamento e la graduazione dei crediti concorrenti in deroga al principio di esclusività della veridica fallimentare posto dall'art. 52 l. fall.. Dunque, perché l'assegnazione conseguita dall'istituto fondiario all'esito del procedimento esecutivo individuale assuma o no (in tutto o in parte) carattere definitivo, è solo necessario che si compia il normale procedimento di verifica dei crediti disciplinato da tale ultima norma e che ciascun credito sia collocato nel rango che gli compete, secondo il piano di riparto elaborato in base alle regole della procedura concorsuale.

In definitiva, il privilegio del creditore fondiario si sostanzia nella possibilità di avviare o proseguire la procedura esecutiva individuale, ma soprattutto di conseguire il risultato concreto di tale procedura, ossia l'assegnazione, seppure a titolo provvisorio, della somma ricavata dalla vendita forzata dei beni del debitore, entro i limiti del proprio credito (Cass. 28.5.2008, n. 13996), a prescindere dalla preventiva insinuazione al passivo fallimentare; diversamente, se il prezzo dell'aggiudicazione dovesse essere immediatamente e integralmente consegnato al curatore, si giungerebbe a delegittimare la stessa esecuzione intrapresa, in quanto pare arduo configurare un titolo che sia idoneo ad espropriare i beni, ma non altrettanto idoneo a consentire la distribuzione del ricavato.

Conclusioni

La facoltà del creditore fondiario di iniziare o proseguire l'azione esecutiva chiedendo la vendita in quella sede (art. 41, comma 2, TUB), si pone in deroga a quanto stabilito dall'art. 51 l. fall., secondo cui, "salvo diversa disposizione della legge", dal giorno della dichiarazione di fallimento nessuna azione individuale esecutiva o cautelare, anche per crediti maturati durante il fallimento, può essere iniziata o proseguita sui beni compresi nel fallimento. La disposizione è da ricondurre nell'ambito dei privilegi meramente procedurali del creditore fondiario, restando comunque escluso che dalla stessa possano derivare anche effetti di natura sostanziale, tali da alterare la par condicio creditorum.

Quanto ricevuto dalla banca in sede di esecuzione individuale ha carattere di provvisorietà, dovendo la stessa sottostare alle risultanze del riparto fallimentare e, se del caso, restituire le eventuali eccedenze. Il beneficio in discorso costituisce anch'esso un mero privilegio processuale che non incide, in caso di fallimento dell'esecutato, sulle regole della par condicio e sulle regole del concorso, con la conseguenza che anche il creditore fondiario deve insinuarsi al passivo del fallimento allo scopo di conseguire definitivamente, se il credito risulta ammesso ed utilmente collocabile, il risultato dell'esecuzione privilegiata, restituendo invece alla massa fallimentare la somma che ecceda quanto ad esso spettante.

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