Il contratto di subappalto nel concordato con continuità aziendale

Beatrice Armeli
07 Febbraio 2017

Il quadro normativo di riferimento è dato da una lettura coordinata della disciplina amministrativa relativa ai contratti pubblici e di quella fallimentare. Relativamente al caso in cui l'impresa affidataria di lavori pubblici sia ammessa a concordato preventivo con continuità aziendale, o abbia anche solo presentato relativa domanda con riserva ex art. 161, comma 6, l.fall., l'art. 110, commi 3 e 4, del nuovo Codice Appalti prevede che...
Il regime giuridico applicabile al contratto di subappalto in caso di concordato preventivo con continuità aziendale richiesto dall'impresa affidataria di lavori pubblici

Il quadro normativo di riferimento è dato da una lettura coordinata della disciplina amministrativa relativa ai contratti pubblici e di quella fallimentare. Relativamente al caso in cui l'impresa affidataria di lavori pubblici sia ammessa a concordato preventivo con continuità aziendale, o abbia anche solo presentato relativa domanda con riserva ex art. 161, comma 6, l.fall., l'art. 110, commi 3 e 4, del nuovo Codice Appalti (d.lgs. 50/2016) prevede che l'impresa stessa possa “eseguire i contratti già stipulati”, peraltro senza necessità di avvalimento di requisiti di altro soggetto ove già ammessa a procedura, “su autorizzazione del giudice delegato, sentita l'ANAC” (anche sein fase di pre-concordato il riferimento dovrebbe in realtà essere fatto più propriamente al tribunale, non essendovi ancora alcun giudice delegato alla procedura). Con specifico riguardo al pagamento del subappaltatore, sempre nel caso di concordato con continuità dell'appaltatore, nel previgente Codice (d.lgs. 163/2006), l'art. 118, comma 3-bis, disponeva nel senso che “è sempre consentito alla stazione appaltante, anche per i contratti di appalto in corso, nella pendenza di procedura di concordato preventivo con continuità aziendale, provvedere ai pagamenti dovuti per le prestazioni eseguite […] dai subappaltatori […] secondo le determinazioni del tribunale competente per l'ammissione alla predetta procedura”. Tale previsione non è stata tuttavia riprodotta nel testo del nuovo Codice, il quale, sotto l'art. 105, comma 13, si limita a prevedere, tra le altre ipotesi, che “la stazione appaltante corrisponde direttamente al subappaltatore […] l'importo dovuto per le prestazioni dagli stessi eseguite […] in caso di inadempimento da parte dell'appaltatore”.

La normativa concorsuale, all'art. 186-bis, comma 3, l.fall., disciplinante specificamente il concordato preventivo con continuità aziendale, dispone a sua volta che “fermo quanto previsto nell'art. 169-bis, i contratti in corso di esecuzione alla data di deposito del ricorso, anche stipulati con pubbliche amministrazioni, non si risolvono per effetto dell'apertura della procedura. Sono inefficaci eventuali patti contrari. L'ammissione al concordato preventivo non impedisce la continuazione di contratti pubblici se il professionista designato dal debitore […] ha attestato la conformità al piano e la ragionevole capacità di adempimento […]”. L'art. 182-quinquies, comma 5, l.fall. stabilisce inoltre che “il debitore che presenta domanda di ammissione al concordato preventivo con continuità aziendale, anche ai sensi dell'art. 161 sesto comma, può chiedere al tribunale di essere autorizzato […] a pagare crediti anteriori per prestazioni di beni o servizi, se un professionista […] attesta che tali prestazioni sono essenziali per la prosecuzione della attività di impresa e funzionali ad assicurare la migliore soddisfazione dei creditori […]”.

Dal combinato disposto degli artt. 110, commi 3 e 4, d.lgs. 50/2016 e 186-bis, comma 3, l.fall. emerge anzitutto che l'ammissione a concordato preventivo con continuità aziendale, o anche la sola presentazione della relativa domanda con riserva, da parte dell'impresa affidataria di lavori pubblici non impedisce di regola la prosecuzione del contratto di appalto stipulato con la stazione appaltante, né dell'eventuale contratto di subappalto con il quale l'appaltatore abbia affidato a terzi l'esecuzione di parte delle prestazioni oggetto del contratto di appalto. Nonostante detti contratti non si risolvano ex lege, la loro prosecuzione non può considerarsi automatica, essendo la stessa subordinata a una duplice condizione (quasi come se medio tempore l'efficacia del contratto rimanesse sospesa: Sadile, Il concordato preventivo con continuità aziendale negli appalti e subappalti pubblici, in ilcaso, 2015): i) l'attestazione da parte del professionista abilitato circa la conformità al piano della continuazione dei contratti in questione e la ragionevole capacità di adempimento degli stessi ad opera dell'impresa in concordato (l.fall.); ii) l'autorizzazione del giudice delegato, previo – in sostanza – parere favorevole dell'ANAC (nuovo Codice Appalti). A rigore, invero, tale duplice condizione, escludente l'automaticità del proseguimento, sarebbe riferibile al solo contratto pubblico di appalto stipulato tra l'impresa affidataria in concordato e la stazione appaltante, rimanendo distinto il contratto privato di sub-appalto stipulato tra la prima e il soggetto terzo. Cionondimeno non può disconoscersi come tale negozio sia riconducibile alla categoria del c.d. “contratto derivato” in ragione del forte legame intercorrente con quello di appalto, dato dall'identità della causa contrahendi, dal medesimo regime giuridico e dalla comunanza di una delle parti, “capace di dar luogo a un rapporto di accessorietà a senso unico, che comporta l'incapacità del subcontratto a sopravvivere al contratto base, allorché quest'ultimo cessi la propria efficacia ovvero sia invalido o venga risolto” (Giuffrè, Subappalto, in l'Amministrativista.it, 2016). E anche il nuovo art. 105 d.lgs. 50/2016 ne dà piena conferma (basti pensare all'ammissibilità del subappalto solo previa autorizzazione della stazione appaltante, con obbligo di deposito presso la stessa del relativo contratto, corredato della documentazione direttamente derivata dagli atti del contratto affidato, unitamente alla certificazione attestante il possesso dei requisiti di qualificazione del subappaltatore con relativa dichiarazione di assenza dei motivi di esclusione).

Appare dunque ragionevole che pure il contratto di subappalto pendente segua la disciplina del contratto pubblico da cui deriva, soggiacendo ai medesimi requisiti prescritti per il proseguimento. In particolare, l'attestazione della conformità al piano presuppone che la continuazione dei contratti sia prevista dal piano medesimo e che i costi e i ricavi attesi dalla relativa esecuzione, nonché il fabbisogno finanziario e la rispettiva copertura siano parte integrante dello stesso (Macagno, Continuità aziendale e contratti pubblici al tempo della crisi, in Fall., 2014); il professionista deve in sostanza attestare che il mantenimento in vita dei contratti è essenziale per la realizzazione del piano (Pizza, Speciale Decreto Sviluppo – Il concordato preventivo di imprese fornitrici della pubblica amministrazione, in questo portale, 2012). L'attestazione della ragionevole capacità di adempimento, effettuata secondo una valutazione prognostica, richiede invece il riscontro della capacità tecnico-organizzativa dell'impresa al fine di garantire la regolare esecuzione dei contratti sotto il profilo qualitativo e quantitativo (Sadile, Il concordato preventivo con continuità aziendale negli appalti e subappalti pubblici, cit.). In ogni caso, le attestazioni prescritte devono escludere che l'interesse dell'impresa alla prosecuzione dei contratti in questione possa confliggere con l'interesse pubblico alla regolare esecuzione e con quello dei creditori al miglior soddisfacimento (Attanasio, Procedure concorsuali e appalti pubblici, in Fallimenti e Società, 2016).

Le modalità di pagamento al subappaltatore

Supposta dunque la continuazione, per ricorrenza dei predetti requisiti, dei contratti pendenti di appalto e subappalto stipulati da un'impresa in concordato con continuità, in merito, specificatamente, al pagamento del subappaltatore, nel sistema precedente al d.lgs. 50/2016, secondo l'interpretazione offerta dalla giurisprudenza di merito (Trib. Ravenna, 19 agosto 2014), occorreva operare una distinzione tra: a) crediti sorti e divenuti esigibili anteriormente al deposito del ricorso (anche solo prenotativo) di ammissione a concordato; b) crediti sorti, o anche solo divenuti esigibili (Trib. Ravenna, 26 marzo 2014), successivamente. La diversità del regime applicabile si giustificherebbe sulla base del contemperamento delle regole della concorsualità con quelle della continuità aziendale nel settore degli appalti di opere. In particolare, nel caso sub a) trovava (e, come si vedrà, trova tutt'oggi) spazio l'art. 182-quinquies, comma 5, l.fall., il quale prevede(va, allora come ora) la possibilità per il debitore (nella specie appaltatore) in concordato con continuità di chiedere al tribunale l'autorizzazione a pagare i crediti anteriori alla domanda di concordato (nella specie riferibili a prestazioni svolte dal subappaltatore), anticipatamente rispetto agli altri creditori, nella misura percentualmente prevista dal piano per la stessa categoria di creditori, previa presentazione di un'attestazione rafforzata in ordine sia all'essenzialità delle prestazioni di cui si chiede il pagamento per il mantenimento della continuità aziendale, sia alla funzionalizzazione al migliore soddisfacimento dei creditori. Nel caso sub b) poteva invece invocarsi l'art. 118, comma 3-bis, d.lgs. 163/2006, che, per specialità, doveva ritenersi prevalente rispetto al regime delineato dalla l.fall. Il vecchio Codice degli appalti pubblici disciplinava infatti puntualmente le modalità di pagamento del corrispettivo dovuto al subappaltatore anche al fine di superare le possibili ipotesi di empasse determinate da eventuali situazioni di crisi dell'appaltatore, secondo le istruzioni impartite dal tribunale competente, che, nel dare le disposizioni per il pagamento diretto delle somme ai subappaltatori, secondo lo schema della delegazione di pagamento ex lege con esclusione della responsabilità solidale della stazione appaltante per il relativo credito (AVCP, oggi ANAC, parere del 7 marzo 2013), poteva garantire sia il rispetto della par condicio tra i creditori dell'assegnatario dei lavori, sia la continuità del contratto di appalto (T.A.R. Genova, 11 giugno 2014, n. 882). Pertanto, in assenza di specifiche istruzioni e autorizzazioni da parte del tribunale, risultava preclusa ogni possibilità di pagamento diretto e spontaneo da parte della stazione appaltante (Maroncelli, Concordato preventivo e appalti pubblici: le recenti modifiche all'art. 118 d.lgs. 163/2006, in questo portale, 2014).

Più in dettaglio, al tribunale della procedura spettava una valutazione incentrata non tanto sul diritto di credito del subappaltatore, quanto sull'interesse dei creditori concorsuali, dovendo verificare se il venir meno del pagamento della stazione appaltante a favore della procedura, quantomeno per la porzione oggetto del pagamento diretto al subappaltatore, fosse finanziariamente sostenibile dalla continuità aziendale. In altri termini, occorreva dimostrare che il mancato flusso monetario all'impresa in concordato, in forza del pagamento diretto in favore del subappaltatore, fosse compatibile con il piano concordatario, oltre che globalmente non dannoso per i creditori concorsuali (Trib. Ravenna, 29 giugno 2016). Conseguentemente, l'istanza volta ad ottenere l'autorizzazione al pagamento diretto da parte della stazione appaltante non poteva che essere avanzata dalla stessa società in concordato, provando, da un lato, l'incapacità del pagamento diretto a creare tensioni finanziarie al budget della continuità e, dall'altro, la sua idoneità a rispondere a un interesse più generale rispetto a quello del singolo subappaltatore (Trib. Ravenna, 30 giugno 2016).

Guardando ora al quadro normativo attuale, pur mantenendo valida la predetta distinzione giurisprudenziale in ordine al sorgere e all'esigibilità dei crediti, da un lato permane certa l'operatività dell'art. 182-quinquies, comma 5, l.fall. per i crediti anteriori, con possibilità quindi di pagamento anticipato a favore del subappaltatore, previa attestazione del professionista che consenta al tribunale di effettuare una valutazione comparativa tra il pagamento del creditore-subappaltatore e l'assenza di pagamento, tenendo conto che l'anticipazione richiesta deve concernere prestazioni effettivamente necessarie per l'ultimazione dell'appalto affidato all'imprenditore in concordato, in vista della realizzazione di un risultato utile per il ceto creditorio (De Sensi, Appalto pubblico e crisi di impresa, in Dir. fall., 2015), e a questi fini poco importa che detto pagamento avvenga con esborso diretto o indiretto, per il tramite di una delegazione di pagamento verso la stazione appaltante (Trib. Ravenna, 30 giugno 2016, v. anche infra quanto scritto sull'art. 105, comma 13, d.lgs. 50/2016). Dall'altro lato, però, la mancata riproduzione dell'art. 118, comma 3-bis, nel nuovo Codice Appalti comporta che per i crediti posteriori al deposito del ricorso per l'ammissione a concordato preventivo con continuità aziendale (eventualmente anche solo prenotativo, purché emerga la prospettiva concreta di prosecuzione dell'esercizio dell'impresa), e a fortiori per quelli occasionati nel corso della procedura, valga attualmente una generale libertà di pagamento, secondo la disciplina di cui agli artt. 161, comma 7, 167 e 111 l.fall.: i crediti sorti per effetto degli atti legalmente compiuti sono quindi prededucibili (ma solo, v. infra) in un eventuale successivo fallimento e i relativi pagamenti non sono revocabili ex art. 67, comma 3, lett. e) l.fall. Il subappaltatore, dunque, potrà ottenere il pagamento, per l'esecuzione dei lavori effettuati, dall'appaltatore in concordato, non dovendo rivolgersi alla stazione appaltante. Quest'ultima, infatti, non è mai responsabile in via solidale con l'appaltatore per il credito del subappaltatore, stante la reciproca indipendenza del subappalto e dell'appalto che, come già ricordato, restano contratti distinti e autonomi (Trib. Massa, 31 dicembre 2015), nonostante il nesso di derivazione del primo dal secondo, sicché nessuna diretta relazione si instaura tra il committente e il subappaltatore (Cass. 21 ottobre 2009, n. 22344); a nulla peraltro valendo la circostanza che la p.a. abbia autorizzato la conclusione del subappalto, posto che detta autorizzazione significa solo che quest'ultimo è consentito, ma non comporta il sorgere di un rapporto giuridico tra la stessa p.a. e il subappaltatore (Cass. 9 settembre 2004, n. 18196). Ne consegue che, in difetto di diversi accordi, il subappaltatore risponde della relativa esecuzione nei confronti del solo appaltatore e, correlativamente, unicamente verso quest'ultimo può rivolgersi ai fini dell'adempimento delle obbligazioni di pagamento derivanti dal subcontratto in questione (Cass. 2 agosto 2011, n. 16917).

Condizioni per il pagamento diretto da parte della stazione appaltante

Alla luce della nuova normativa contenuta nel Codice Appalti, potrebbe tuttavia residuare un'ipotesi perché si possa procedere al pagamento diretto del subappaltatore da parte della stazione appaltante, sempre per i crediti sorti nel corso della procedura di concordato o di preconcordato (ma anche eventualmente per i crediti anteriori, purché qui nell'ambito dell'art. 182-quinquies, comma 5, l.fall.: v. sopra il richiamo citato). E ciò in caso di inadempimento da parte dell'appaltatore, in virtù del menzionato art. 105, comma 13, d.lgs. 50/2016, il quale, non discernendo l'ipotesi in cui l'appaltatore inadempiente sia sottoposto alla procedura concorsuale in esame, aprioristicamente non la esclude. Ma non nel senso – è chiaro anche per quanto già osservato sul regime dei rapporti pendenti – che l'ammissione a concordato preventivo con continuità aziendale implichi di per sé inadempimento, quanto piuttosto nel senso che, (proprio) stante la (autorizzata) prosecuzione nella procedura concorsuale del rapporto contrattuale di subappalto (derivato dal contratto pubblico stipulato con la stazione appaltante), vi potrebbe essere inadempimento delle obbligazioni di cui si è fatto carico l'appaltatore/sub-committente in relazione ai termini concordatari. Da qui allora lo scattare della previsione di pagamento diretto, che resta riconducibile alla figura della delegazione di pagamento ex lege, trovandosi a tal fine conferma nell'art. 71, par. 3, della Direttiva 2014/24/UE (di cui la norma nazionale costituisce attuazione), ove si fa riferimento al “trasferimento” al subappaltatore dei pagamenti dovuti all'appaltatore (Attanasio, Procedure concorsuali e appalti pubblici, cit., 14), così permanendo l'esclusione di un'azione diretta del subappaltatore nei confronti della stazione appaltante e senza liberazione dell'appaltatore dalla responsabilità solidale (art. 105, comma 8, d.lgs. 50/2016). Tuttavia, non è chiaro se l'inadempimento dell'appaltatore legittimante il pagamento diretto debba o meno essere “grave”, risultando ad esempio sufficiente il semplice mancato pagamento di un acconto nei termini concordati. Neppure è specificato (e non solo nell'ambito di un'eventuale procedura concorsuale) quale sia il soggetto deputato ad accertare il suddetto inadempimento (forse il RUP). Inoltre, in tal caso, nel procedersi al pagamento diretto, verrebbe meno quel bilanciamento di interessi che il tribunale della procedura era chiamato ad effettuare nel compiere la valutazione richiesta dal comma 3-bis del vecchio art. 118 (v. sopra), come se una prevalente esigenza di continuità del contratto di appalto si desse sempre per scontata di fronte a un inadempimento dell'appaltatore. E infatti, pur garantendo indirettamente il subappaltatore, la previsione in commento appare prioritariamente diretta a tutelare l'interesse pubblico alla regolare esecuzione dell'appalto, evitando che il primo, avvalendosi degli strumenti di autotutela previsti dalla disciplina civilistica, possa cessare di prestare la propria opera.

Potrebbe forse fare da contraltare al venir meno del predetto bilanciamento giudiziale, prevenendo addirittura a monte il rischio di inadempimento da parte dell'appaltatore, la facoltà spendibile dal debitore in concordato (o anche in pre-concordato) di avanzare istanza di sospensione del contratto (di subappalto e, di conseguenza, di quello di appalto) ex art. 169-bis l.fall. (fermo ovviamente il diritto all'indennizzo della controparte e, se si vuole tenere in essere il contratto di appalto, probabilmente con necessità di attivazione di avvalimento, altrimenti non richiesto), la cui applicazione è fatta espressamente salva dall'art. 186-bis l.fall., senza che si rinvengano deroghe nel nuovo Codice Appalti. Per tale via rientrerebbe così in gioco una valutazione del tribunale, chiamato qui a ponderare, da un lato, l'interesse del ceto creditorio alla migliore realizzazione del piano (nel senso che la sospensione richiesta deve essere funzionale alla continuità aziendale) e, dall'altro, quello pubblico sotteso all'appalto (De Sensi, Appalto pubblico e crisi di impresa, cit., 637). Resto comunque dell'avviso che l'operatività della regola di cui all'art. 169-bis l.fall. debba essere rivista proprio con riguardo ai contratti disciplinati dal nuovo Codice Appalti, stante anche il (già) preventivo intervento giudiziale e dell'ANAC in ordine alla prosecuzione degli stessi (il che dimostra anche come in un'eventuale valutazione da compiersi ex art. 169-bis l.fall., comparativa dei vari interessi pubblici e privati in gioco, la p.a. non può non essere quantomeno sentita, cfr. anche: Pizza, Speciale Decreto Sviluppo – Il concordato preventivo di imprese fornitrici della pubblica amministrazione, cit.). Semmai, con la riforma della disciplina fallimentare in cantiere, si potrebbe cogliere l'occasione per colmare quella lacuna lasciata dal d.lgs. 50/2016 per l'ipotesi di pagamento diretto al subappaltatore nell'ambito di una procedura concorsuale quale il concordato preventivo con continuità, prevendendolo “secondo le determinazioni del tribunale competente per l'ammissione alla predetta procedura”, in virtù di quanto disponeva il previgente art. 118, comma 3-bis, d.lgs. 163/2006, su istanza dello stesso appaltatore in concordato, con conferma dunque della regola che garantisce al subappaltatore il pagamento diretto senza che questi debba avanzarne richiesta. Diversamente, come sottolineato da una recente giurisprudenza, “l'intero sistema della concorsualità potrebbe essere messo in discussione […] da […] non prevedibili iniziative di singoli creditori subappaltatori, in grado di minare ex post, […] a concordato già ammesso, i presupposti di carattere economico e finanziario su cui la proposta di ristrutturazione è stata attestata prima […] ed ammessa poi dal tribunale […]” (Trib. Ravenna, 30 giugno 2016). Interpretazione che è stata peraltro, dalla stessa pronuncia, ritenuta coerente con quella direttiva di contenimento delle prededuzioni prevista nel d.d.l. “per la riforma organica delle discipline della crisi di impresa e dell'insolvenza”, di cui l'avvenuta abrogazione dell'art. 118 d.lgs. 163/2006 è considerata essere una prima applicazione. Anche i primi commenti in dottrina sembrano in tal senso concordi, affermando che la questione della prededuzione perde oggi di contingente rilevanza per il credito del subappaltatore, dovendo il rispettivo pagamento, anche in forza di quella delegazione ex lege, avvenire alla stregua della graduazione (Pezzano - Ratti, Nuovo codice degli appalti e procedure concorsuali: prime riflessioni, in Fall., 2016). Se così non fosse, una soddisfazione extra-concorsuale del subappaltatore si trasformerebbe infatti inevitabilmente in una poziorità del suo credito. Non può infatti negarsi come il pagamento della stazione appaltante eseguito a beneficio del subappaltatore dopo la domanda di ammissione a concordato preventivo (a fortiori se si tratta di crediti anteriori) violi la par condicio creditorum: la stazione appaltante adempie infatti l'obbligazione nei confronti dell'appaltatore, estinguendo il debito che questi ha a sua volta contratto con il subappaltatore. Se è vero quindi, da un lato, che tale possibilità andrebbe ad agevolare tanto il subappaltatore – che riuscirebbe ad ottenere il pagamento di prestazioni eseguite –, quanto l'appaltatore – che eviterebbe di subire gli effetti negativi derivanti da esigenze di cassa, mediante l'utilizzo di somme teoricamente ad esso spettanti –, che la stazione appaltante – la quale vedrebbe diminuire il rischio di ritardi o sospensione dei lavori – (Gentile, Pagamento dei subappaltatori: il “circolo vizioso” dell'Autorità, in Appalti e Contratti, 2012), dall'altro lato l'interesse del ceto creditorio ne risulterebbe pregiudicato.

Come noto, nel sistema previgente, la Suprema Corte aveva invece affermato la prededucibilità delle somme dovute al subappaltatore, legando la stessa al concetto di “utilità”, per la procedura, dell'attività svolta prima di essa, nel senso che il pagamento di quel credito, ancorché avente natura concorsuale, doveva considerarsi rientrare negli interessi della massa, e dunque rispondente allo scopo della procedura in quanto inerente alla stessa: in sostanza, la prededucibilità del credito del subappaltatore doveva ritenersi legata all'accertamento di un legame di funzionalità tra il credito dell'appaltatore verso la stazione appaltante e il pagamento del subappaltatore, nel senso che l'incasso del primo sarebbe subordinato al soddisfacimento del secondo (Cass., 5 marzo 2012, n. 3402). È tuttavia da precisare che tale sentenza, intervenuta ancor prima dell'inserimento del comma 3-bis all'art. 118 d.lgs. 163/2006 e riferentesi al vecchio comma 3 della stessa disposizione, offrendo un'interpretazione estensiva dell'art. 111 l.fall., si era occupata della prededucibilità dei crediti nel fallimento (cfr. però Trib. Rovereto, 13 ottobre 2014 che ha affermato che il precedente della Cassazione sarebbe riferibile anche al concordato con continuità aziendale) ed era stata comunque oggetto di lettura critica da parte della giurisprudenza di merito (Trib. Monza, 15 aprile 2015; Trib. Bolzano, 25 febbraio 2014; Trib. Pavia, 26 febbraio 2014; Trib. Milano, 17 luglio 2014; v. Finardi, L'art. 118 Codice Appalti: negata la natura prededucibile al credito del subappaltatore che soggiace alle regole della verifica concorsuale, in Crisi d'impresa e Fallimento, 2015). Si ritiene quindi di confermare la nuova soluzione cui si è giunti, risultando ragionevole che il previsto pagamento diretto ex art. 105, comma 13, d.lgs. 50/2016, nell'ambito di un concordato preventivo con continuità aziendale, non possa che effettuarsi, quantomeno sotto il controllo del commissario giudiziale, unicamente nella misura stabilita dal piano (cfr. anche Lamanna, Nuovo regime dei pagamenti dei crediti anteriori nei contratti pubblici secondo il decreto “Destinazione Italia”, in questo portale, 2014).

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