Concordato preventivo e accordi di ristrutturazione: il ricorso straordinario in Cassazione

Beatrice Armeli
04 Aprile 2017

Il decreto con cui la Corte d'appello, decidendo sul reclamo ai sensi dell'art. 183, comma 1, richiamato dall'art. 182-bis, comma 5, l.fall., provvede in senso positivo o negativo in ordine all'omologazione dell'accordo di ristrutturazione dei debiti, ha carattere decisorio ed è pertanto soggetto, non essendo previsti altri mezzi d'impugnazione, a ricorso straordinario per Cassazione ai sensi dell'art. 111, comma 7, Cost.
Massima

Il decreto con cui la Corte d'appello, decidendo sul reclamo ai sensi dell'art. 183, comma 1, richiamato dall'art. 182-bis, comma 5, l.fall., provvede in senso positivo o negativo in ordine all'omologazione dell'accordo di ristrutturazione dei debiti, ha carattere decisorio ed è pertanto soggetto, non essendo previsti altri mezzi d'impugnazione, a ricorso straordinario per Cassazione ai sensi dell'art. 111, comma 7, Cost.

In tal caso, la legittimazione passiva non spetta al pubblico ministero, bensì ai creditori per titolo e causa anteriore alla data di pubblicazione dell'accordo nel registro delle imprese, ai quali si riferiscono gli effetti dell'accordo stesso, nonché agli altri interessati che abbiano proposto opposizione.

Le questioni giuridiche

La Prima Sezione della Suprema Corte, con due ordinanze interlocutorie (23 febbraio 2016, n. 3472 e 20 aprile 2016, n. 7958), rilevando questioni di massima di particolare importanza, sollecitava l'intervento delle Sezioni Unite al fine, rispettivamente, di:

  • dare una valutazione comparativa delle ipotesi di cui agli artt. 162, 173, 179 e 180 l.fall. in relazione alle diverse fattispecie concrete che, in assenza di dichiarazione di fallimento, potrebbero dar luogo al ricorso per Cassazione ex art. 111 Cost.;
  • chiarire l'oggettiva impugnabilità in Cassazione del provvedimento emesso dalla Corte d'appello in sede di reclamo avverso il decreto del tribunale di diniego dell'omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti ai sensi dell'art. 182-bis l.fall., esaminando altresì l'integrità del contraddittorio in caso di ricorso notificato soltanto al pubblico ministero.
Il quadro normativo

All'attenzione delle Sezioni Unite vengono complessivamente sottoposte le ipotesi contemplate dalla legge fallimentare di provvedimento negativo sull'esito della procedura di concordato preventivo e di ristrutturazione dei debiti, per valutare la relativa impugnabilità in Cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost., il quale, come noto, consente il ricorso straordinario davanti alla Suprema Corte per violazione di legge di tutti i provvedimenti giurisdizionali che, pur avendo forma diversa dalla sentenza, presentino i caratteri della decisorietà e della definitività.

In particolare, esplicitando le suddette ipotesi:

  • ai sensi dell'art. 162, comma 2, l.fall., in caso di inammissibilità della proposta di concordato preventivo (senza dichiarazione di fallimento), il tribunale, sentito il debitore in camera di consiglio, emette decreto non soggetto a reclamo;
  • ai sensi dell'art. 179, comma 1, l.fall., in caso di mancata approvazione del concordato preventivo da parte dei creditori secondo le maggioranze richieste, il tribunale – come nel caso inammissibilità della proposta di concordato preventivo –, sentito il debitore in camera di consiglio, emette decreto non soggetto a reclamo;
  • ai sensi dell'art. 173, comma 2, l.fall., in caso di revoca dell'ammissione a procedura di concordato preventivo (senza dichiarazione di fallimento) per atti di frode, atti non autorizzati o insussistenza delle condizioni prescritte, il tribunale, all'esito del procedimento svolto nelle forme di cui all'art. 15 l.fall., provvede con decreto;
  • ai sensi dell'art. 180, comma 5, l.fall., (a seguito di opposizioni, anche) in caso di diniego dell'omologazione del concordato preventivo (senza dichiarazione di fallimento), il tribunale emette decreto motivato reclamabile alla Corte di appello a norma dell'art. 183, comma 1, l.fall.;
  • ai sensi dell'art. 182-bis, comma 4 e 5, l.fall., (a seguito di opposizioni, anche) in caso di diniego dell'omologazione dell'accordo di ristrutturazione dei debiti, il tribunale – come nel caso di diniego dell'omologazione del concordato preventivo – emette decreto motivato reclamabile alla Corte di appello a norma dell'art. 183, comma 1, l.fall.

Deve precisarsi che in tutti i predetti casi riferibili al concordato preventivo, allorquando al decreto di inammissibilità, di revoca o di non omologazione si accompagni la dichiarazione di fallimento del debitore, è previsto (espressamente dalla legge, nella prima e terza ipotesi, e in via interpretativa, nella seconda, v. Cass., sez. I, 23 giugno 2011, n. 13817) il reclamo alla Corte di appello, avente ad oggetto sia la dichiarazione di fallimento, sia il provvedimento negativo sul concordato. È certo che avverso la decisione della Corte d'appello è sempre ammesso ricorso in Cassazione. Il dubbio invece sorge, nel silenzio della legge, allorquando al provvedimento negativo sul concordato non si accompagni la dichiarazione di fallimento. Da qui le questioni sottoposte alla Corte.

Per ciascuna delle ipotesi menzionate, le Sezioni Unite esplicitano dunque l'ammissibilità o meno del ricorso in Cassazione ex art. 111 Cost. avverso il provvedimento negativo di volta in volta in questione, da ultimo – in risposta all'ordinanza interlocutoria 20 aprile 2016, n. 7958 – con particolare riguardo al decreto di diniego dell'omologazione dell'accordo di ristrutturazione dei debiti, fattispecie oggetto di specifico principio di diritto. Non prima, però, di aver ricordato i tratti essenziali dei presupposti di tale impugnazione.

La soluzione

L'iter motivazionale della pronuncia in commento si apre, infatti, proprio richiamando i principi indiscussi su cui si fondano i requisiti della decisorietà e della definitività, quali attributi inscindibilmente immanenti ai provvedimenti suscettibili di ricorso straordinario in Cassazione per violazione di legge, a prescindere dalla forma degli stessi, che può anche divergere da quella della sentenza, identificandosi, ad esempio, in quella del decreto.

In estrema sintesi: i) per decisorietà deve intendersi l'attitudine del provvedimento giudiziale a incidere, con efficacia di giudicato, su diritti soggettivi, quale effetto tipico della giurisdizione contenziosa, che si esprime su una controversia tra parti contrapposte, chiamate a confrontarsi in contraddittorio; ii) per definitività deve intendersi l'inattitudine del provvedimento giudiziale a essere soggetto a qualunque forma di impugnazione (v. anche Cass. S.U., 2 febbraio 2016, n. 1914, richiamata in sentenza).

Ciò premesso, passando in rassegna tutte le ipotesi contemplate, la Corte conclude nel senso:

  • dell'inammissibilità del ricorso straordinario in Cassazione del decreto del tribunale di inammissibilità della proposta di concordato preventivo ex art. 162 l.fall. (lasciando per implicito che la medesima soluzione, stante l'espresso rinvio, si applichi pure al decreto ex art. 179 l.fall.), per mancanza del carattere della decisorietà: tale decreto, infatti, pur presentando il carattere della definitività (in quanto non soggetto a reclamo), viene emesso a prescindere da una controversia, anche solo potenziale, tra parti contrapposte, nonché all'esito di un procedimento che non prevede alcun contraddittorio (in passato hanno invece ammesso ricorso straordinario in Cassazione del decreto di inammissibilità: Cass., sez. I, 25 giugno 2014, n. 14447; Cass., sez. I, 3 febbraio 2014, n. 2326; Cass., sez. I, 25 settembre 2013, n. 21901; Cass., sez. I, 25 ottobre 2010, n. 21860);
  • dell'inammissibilità del ricorso straordinario in Cassazione del decreto del tribunale conclusivo del giudizio di revoca dell'ammissione a procedura di concordato preventivo (sia esso positivo o negativo) ex art. 173 l.fall., per mancanza del carattere della decisorietà: tale decreto, infatti, laddove manchino istanze di fallimento, viene emesso all'esito di un procedimento di natura non contenziosa, che non prevede il contraddittorio tra parti contrapposte; le forme di cui all'art. 15 l.fall. devono dunque rispettarsi solo qualora siano state presentate istanze di fallimento;
  • dell'inammissibilità del ricorso straordinario in Cassazione del decreto del tribunale conclusivo del giudizio di omologazione del concordato preventivo (sia esso positivo o negativo) ex art. 180 l.fall., per mancanza del carattere della definitività: tale decreto, infatti, pur presentando il carattere della decisorietà (in quanto emesso all'esito di un procedimento di natura contenziosa, che prevede il contraddittorio tra parti contrapposte, e quindi idoneo a giudicato), è reclamabile alla Corte d'appello; potrà invece essere oggetto di ricorso straordinario in Cassazione il decreto emesso dalla Corte d'appello che si pronuncia sul reclamo ai sensi dell'art. 183 l.fall., posto che condivide il carattere decisorio del provvedimento impugnato e non è a sua volta impugnabile;
  • dell'inammissibilità del ricorso straordinario in Cassazione del decreto del tribunale conclusivo del giudizio di omologazione dell'accordo di ristrutturazione dei debiti (sia esso positivo o negativo) ex art. 182-bis l.fall., per mancanza del carattere della definitività: tale decreto, infatti, pur presentando il carattere della decisorietà (in quanto emesso all'esito di un procedimento di natura contenziosa, che prevede il contraddittorio tra parti contrapposte, e quindi idoneo a giudicato), è reclamabile alla Corte d'appello; ugualmente a quanto previsto in caso di concordato preventivo, potrà invece essere oggetto di ricorso straordinario in Cassazione il decreto emesso dalla Corte d'appello che si pronuncia sul reclamo ai sensi dell'art. 183 l.fall. (richiamato dall'art. 182-bis, comma 5, l.fall.), posto che condivide il carattere decisorio del provvedimento impugnato e non è a sua volta impugnabile.

In quest'ultimo caso, qualora si tratti di provvedimento negativo (e dunque di decreto di diniego dell'omologazione dell'accordo) i legittimi contraddittori del debitore ricorrente vanno individuati nei soggetti ammessi a partecipare al giudizio di merito e ad opporsi eventualmente all'omologazione e, dunque, nei creditori per titolo e causa anteriore alla data di pubblicazione dell'accordo nel registro delle imprese, nonché negli altri interessati che abbiano proposto opposizione, non invece nel pubblico ministero, non essendo infatti quest'ultimo titolare del potere di impugnazione, anche in considerazione del fatto che la sua presenza neppure è prevista dalla disciplina speciale sul procedimento di ristrutturazione.

Poiché peraltro nella fattispecie in esame il ricorso in Cassazione, avverso il decreto pronunciato dalla Corte d'appello di diniego dell'omologazione dell'accordo di ristrutturazione dei debiti, è stato notificato al solo Procuratore Generale presso la Suprema Corte, lo stesso, pur essendo in astratto ammissibile per i motivi anzidetti, è stato in concreto dichiarato dalle Sezioni Unite inammissibile per vizio di contraddittorio.

Osservazioni

Tanto la premessa sull'istituto del ricorso straordinario in Cassazione ex art. 111 Cost. (su cui compiutamente v. Tiscini, Il ricorso straordinario in Cassazione, Torino, 2005), quanto le soluzioni motivatamente offerte – che non trascurano di dar conto dei contrapposti orientamenti giurisprudenziali (v. al riguardo anche Montanari, Ricorso straordinario in Cassazione e improcedibilità del concordato preventivo, in Fall., 2016, che illustra altresì la divisione in dottrina) – non sembrano necessitare di particolare commento, nella loro chiarezza espositiva che si è tentato qui di sintetizzare, risultando l'esito di considerazioni (perlomeno per chi scrive) condivisibili.

È dato solo rilevare come le Sezioni Unite, andando oltre i confini del tema di indagine da esse stesse definito, si spingano a considerare, non ravvisando alcun distinguo al riguardo, la ricorribilità o meno in Cassazione, non solo dei provvedimenti negativi sull'esito della procedura di concordato preventivo, ma altresì dei speculari provvedimenti positivi previsti dalle disposizioni menzionate, ancorché non per tutte le ipotesi. Così, viene contemplato tanto il provvedimento di revoca, quanto quello di diniego di revoca dell'ammissione a concordato preventivo, e, parimenti, tanto il decreto di non omologazione, quanto quello di omologazione del concordato preventivo e idem con riguardo al provvedimento conclusivo del giudizio di omologazione dell'accordo di ristrutturazione dei debiti. Con il che, tuttavia, non si esauriscono talune questioni che, non affrontate expressis verbis dalla pronuncia in esame, restano irrisolte, pur rientrando nel perimetro di indagine già ex ante definito ovvero ex post allargato, così come persistono taluni nodi interpretativi afferenti alla definizione delle ipotesi contemplate, in quanto considerati dalla Corte, a tal fine, non determinanti.

In dettaglio. Già si è evidenziato, con riguardo al decreto di cui all'art. 179 l.fall., la mancata esplicitazione in sentenza dell'inammissibilità del relativo ricorso in Cassazione, di cui comunque si può esser certi alla luce del medesimo trattamento previsto dall'art. 162 l.fall. riservato dalla legge stessa. È solo in merito a quest'ultima ipotesi, peraltro, che le Sezioni Unite non esercitano quell'ulteriore sforzo chiarificatore, non comprendendo anche il corrispettivo provvedimento positivo, in effetti previsto dall'art. 163 l.fall. (non espressamente richiamato). La soluzione, tuttavia, dovrebbe ben essere la stessa: anche infatti il decreto di ammissione alla procedura di concordato preventivo, al pari del decreto di inammissibilità della proposta, pur avendo il carattere della definitività, in quanto per legge non soggetto a reclamo, difetta, per gli stessi motivi sopra esposti, del requisito della decisorietà e, pertanto, non può essere suscettibile di ricorso straordinario in Cassazione.

Con riguardo poi al decreto conclusivo del giudizio di revoca dell'ammissione a procedura di concordato preventivo di cui all'art. 173 l.fall., se da un lato si spiega la relativa inattitudine a essere oggetto di ricorso straordinario per carenza di decisorietà (già, da sola, assorbente ogni altro motivo), dall'altro lato le Sezioni Unite scelgono di non chiarire, a differenza che nelle altre ipotesi, la sussistenza o meno del requisito della definitività, pur riconoscendo palesemente il dubbio sorto circa la reclamabilità o meno del decreto in questione davanti alla Corte d'appello (in senso negativo: Cass., sez. I, 8 maggio 2014, n. 9998, richiamata in sentenza).

Proprio in merito al requisito della definitività, preme peraltro evidenziare come la pronuncia in commento, sempre sulla scia della giurisprudenza sopra richiamata, non pare affatto considerare l'argomento, invece avanzato (anche, tra le molte) dalla prima ordinanza interlocutoria, tendente ad escludere detto carattere del provvedimento giudiziale nella misura in cui non sia preclusa per l'interessato la possibilità di proporre una nuova domanda, nella specie di concordato preventivo (per un commento, v. Giorgetti, Nadin, Il carattere definitivo del provvedimento di inammissibilità del concordato preventivo, in questo portale, 26 aprile 2016). Anche le Sezioni Unite, infatti, tutte le volte in cui ritengono sussistente il requisito in questione, lo fanno sul solo presupposto della semplice non reclamabilità del provvedimento, senza dar peso alla possibilità di ripresentare la domanda (qui di concordato) qualora la proposta venga dichiarata inammissibile o l'ammissione a procedura venga revocata.

La lacuna più avvertita pare comunque riguardare il decreto (positivo o negativo) conclusivo del giudizio di omologazione del concordato preventivo ai sensi dell'art. 180 l.fall. In tal caso, nell'escluderne la ricorribilità in Cassazione ex art. 111 Cost. per difetto di definitività, le Sezioni Unite sembrano infatti considerare solo l'ipotesi in cui detto decreto sia stato emesso a seguito di opposizioni, posto che solo in tale ipotesi è prevista la richiamata reclamabilità del decreto alla Corte d'appello ex art. 183 l.fall. Invece, nella diversa ipotesi in cui non siano state proposte opposizioni, contemplata specificatamente dall'art. 180, comma 3, l.fall., il tribunale provvede con decreto motivato, per volere espresso del legislatore, non soggetto a gravame. E qui null'altro si dice. Nonostante peraltro la legge si riferisca unicamente al caso in cui il tribunale omologhi il concordato, non si può escludere a priori (seppur come caso limite) che, anche in assenza di opposizioni, il tribunale, a seguito di una verifica negativa circa la regolarità della procedura e l'esito della votazione, decida di non omologare il concordato preventivo. Pure in detto caso, deve ritenersi, il tribunale provvederà con decreto motivato non soggetto a gravame. Ora, in coerenza al percorso argomentativo fatto proprio dalle Sezioni Unite con riguardo alle ipotesi espressamente risolte, si dovrebbe concludere nel senso dell'inammissibilità del ricorso straordinario in Cassazione del decreto del tribunale conclusivo del giudizio di omologazione del concordato preventivo (sia esso positivo o negativo), in assenza di opposizioni, per mancanza del carattere della decisorietà: tale decreto, infatti, pur presentando il carattere della definitività (in quanto non soggetto a gravame), viene emesso a prescindere da una controversia tra parti contrapposte, all'esito di un procedimento che non prevede alcun contraddittorio (contra, nel senso dell'ammissibilità del ricorso immediato per Cassazione ex art. 111 Cost. avverso il decreto di omologa pronunciato in assenza di opposizioni: Cass., sez. I, 15 luglio 2011, n. 15699, trattandosi di provvedimento dotato dei caratteri della decisorietà e della definitività, in quanto obbligatorio per i creditori, di cui determina una riduzione delle rispettive posizioni creditorie). Lo stesso, chiaramente, sarebbe a dirsi – sempre che si riconosca la fondatezza dell'argomento – mutatis mutandis pure per il decreto del tribunale conclusivo del giudizio di omologazione dell'accordo di ristrutturazione dei debiti (sia esso positivo o negativo), in assenza di opposizioni.

Invero, tale ipotesi, a differenza di quanto detto con riguardo al concordato preventivo, non è espressamente contemplata dall'art. 182-bis l.fall., ma le analogie della relativa disciplina con quella del concordato preventivo, in parte qua riscontrate pure dalla sentenza in esame, lascerebbero propendere per la conclusione anzidetta. Probabilmente, però, la soluzione non convince chi ha trovato argomenti per ravvisare, a prescindere dalla sussistenza o meno di opposizioni, quel carattere di decisorietà che qui si è predicato mancante (seppur solo) in assenza di opposizioni. Proprio con specifico riguardo al giudizio di omologazione dell'accordo di ristrutturazione dei debiti – ma si crede che le medesime considerazioni possano valere a fortiori anche con riguardo al concordato preventivo (avvalorando quindi la giurisprudenza contraria citata) – non si è infatti mancato di rilevare il carattere decisorio del decreto conclusivo del giudizio di omologazione, sia esso positivo o negativo (Fabiani, Gli accordi di ristrutturazione nella cornice della tutela dei diritti e la rilevanza della fattispecie speciale di cui all'art. 182-septies l.fall. in chiave di collettivizzazione della crisi, in Fall., 2016). Nel primo caso, ciò verrebbe giustificato dagli effetti prodotti dal provvedimento medesimo, tali per cui “i diritti delle parti coinvolte ne escono modificati” (si menzionano in particolare gli effetti di estensione dell'efficacia di un accordo anche verso terzi, sottintendente un accertamento negativo dello stato d'insolvenza; di moratoria nei pagamenti verso i terzi non aderenti; di esenzione da revocatoria con indiretta lesione della garanzia patrimoniale generica in caso di successivo fallimento). Nel secondo caso, invece, i maggiori dubbi verrebbero sciolti dando rilievo alla “semplice sufficienza della incisione sul diritto”, tanto dei creditori aderenti, che avevano deciso di regolare il proprio credito con l'accordo, quanto del debitore che potrà sì ripresentare una nuova domanda, ma a condizioni necessariamente diverse. Ora, non che qui non si veda la prospettata “incidenza” sui diritti dei soggetti coinvolti – tanto nel caso di omologa, quanto in quello di diniego di omologa –, ma ciò che sembra sfuggire (o perlomeno ciò che la scrivente fatica a cogliere) è quell'”incidenza con efficacia di giudicato”, propugnata anche dalla sentenza in commento quale essenza del carattere della decisorietà (v. anche Cass., sez. I, 1° dicembre 1994, n. 10254, richiamata).

Efficacia che non può non scaturire, come già osservato nell'estrapolare il pensiero della Corte, dall'esercizio di una giurisdizione contenziosa che prevede il contraddittorio tra parti contrapposte. Se questo allora è il discrimine, va da sé che tali requisiti vengono meno in assenza di opposizioni. Da qui, allora, per coerenza con il pensiero espresso da ultimo dai giudici di legittimità, l'inammissibilità del ricorso straordinario in Cassazione del decreto del tribunale conclusivo del giudizio di omologazione (sia esso positivo o negativo) – del concordato preventivo o dell'accordo di ristrutturazione dei debiti – emesso (anche) in assenza di opposizioni, pur dotato (in tal caso) del carattere della definitività.

Conclusioni

La sentenza in commento, che trova compiuta conferma nella di poco successiva decisione adottata da Cass. S.U., 28 dicembre 2016, n. 27073 (resa specificatamente sull'ordinanza interlocutoria 23 febbraio 2016, n. 3472), nell'offrire una soluzione specifica ai casi ex ante determinati, non esaurisce tutte le ipotesi dubbie di ricorso straordinario in Cassazione afferenti alla disciplina del concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione dei debiti, seppur talune di esse, in altre occasioni, siano state già in vario modo risolte dagli stessi giudici di legittimità. Ciò che comunque sembra avere la pronuncia che si annota è il pregio di delineare chiaramente i parametri in base ai quali determinare i caratteri di decisorietà e definitività al fine di ammettere o meno il ricorso ex art. 111 Cost. avverso il provvedimento di volta in volta in questione: in particolare, con riguardo al primo, sottolineando la natura contenziosa del giudizio svoltosi in contraddittorio tra parti contrapposte, idonea a determinare quell'incidenza con efficacia di giudicato sui diritti soggettivi, nonché, con riguardo al secondo, trascurando di considerare, e dunque – pare – implicitamente rendendola irrilevante, la possibilità o meno di reiterare l'istanza in caso di provvedimento negativo. Così, alla luce di tali parametri, si dovrebbero forse ripensare alcune soluzioni cui si è giunti, o perlomeno rettificarne l'iter argomentativo.

Ad esempio, con riferimento al decreto della Corte d'appello che rigetta la domanda di risoluzione del concordato preventivo ai sensi dell'art. 186 l.fall. (in assenza di dichiarazione di fallimento), si è negata l'ammissibilità del ricorso straordinario (Cass., sez. I, 16 febbraio 2016, n. 2990), senza nulla statuire sul carattere della decisorietà, (ma solo) per carenza di definitività, in quanto non risulta preclusa la riformulazione dell'istanza, sia da parte del reclamante, sia da parte di altri creditori. Anche se, in realtà, la possibilità di reiterare l'istanza – si crede – dovrebbe concedersi soltanto in presenza di un sopravvenuto mutamento della situazione considerata in precedenza (coglie in modo diverso: De Vita, Il regime dei provvedimenti sulla risoluzione (e sull'annullamento) del concordato preventivo (e fallimentare), in Fall., 2016). Di certo non può qui disconoscersi, proprio seguendo la linea dettata dalle Sezioni Unite, il carattere della decisorietà, stante la natura contenziosa del procedimento, che prevede il contraddittorio tra parti contrapposte, da esplicarsi (sempre) nelle forme di cui all'art. 15 l.fall.

Con riferimento poi ai provvedimenti, pronunciati in sede di reclamo, di autorizzazione alla sospensione o allo scioglimento dei contratti pendenti nel concordato preventivo ai sensi dell'art. 169-bis l.fall., se da un lato, ravvisandosi nei provvedimenti relativi allo scioglimento – al pari del decreto che dispone il divieto di iniziare o proseguire le azioni cautelari o esecutive nell'accordo di ristrutturazione (Giordano, Su alcuni profili processuali delle misure di protezione “anticipate” di cui all'art. 182-bis, comma 6, l.fall., in questo portale 22 ottobre 2014) – la natura propria di misure cautelari, si è inteso, proprio per tale ragione, escluderne la ricorribilità in Cassazione ex art. 111 Cost., dall'altro lato, si è negato tale mezzo di impugnazione contro il provvedimento di rigetto della richiesta di scioglimento per difetto di entrambi i requisiti di definitività e decisorietà (Cass., sez. I, 3 settembre 2015, n. 17520), facendo però sorgere dubbi con riguardo al caso del provvedimento di accoglimento (Salvato, Non è ricorribile per Cassazione il provvedimento del tribunale che decide l'istanza di scioglimento dei contratti pendenti nel concordato preventivo, in Fall., 2016). Ancora una volta, in merito al provvedimento che non autorizza lo scioglimento, la carenza dei requisiti di accesso al ricorso straordinario si argomenta valorizzando la circostanza che si tratta di richiesta riproponibile sia prima che dopo il decreto di ammissione al concordato e reiterabile nel corso della procedura, senza però mai agganciare propriamente il requisito della decisorietà all'innegabile natura contenziosa del giudizio che viene invece legato, nel caso irrisolto di provvedimento positivo, alla sola (e anch'essa innegabile) incidenza irreversibile dello stesso sui diritti soggettivi delle parti. Da qui, allora, il ripensamento auspicato.

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