La sospensione dei contratti bancari auto-liquidanti

05 Giugno 2017

Nei contratti bancari con linee di credito autoliquidanti - muniti di patto di compensazione e mandato all'incasso - la banca non esaurisce le sue obbligazioni mediante la mera anticipazione all'imprenditore dell'importo di un credito, posto che essa deve ancora completare la prestazione di incasso in virtù del mandato in rem propriam e del patto di compensazione.
Massime

Nei contratti bancari con linee di credito autoliquidanti - muniti di patto di compensazione e mandato all'incasso - la banca non esaurisce le sue obbligazioni mediante la mera anticipazione all'imprenditore dell'importo di un credito, posto che essa deve ancora completare la prestazione di incasso in virtù del mandato in rem propriam e del patto di compensazione. Conseguentemente rientrano nel novero dell'art 169-bis l. fall. – per il quale devono intendersi come contratti pendenti quelli ancora ineseguiti o non compiutamente eseguiti anche da una sola delle parti, essendo l'ambito di applicazione dell'art. 169-bis più ampio di quello dell'art. 72 l. fall. – sia il contratto principale di servizio sia i patti accessori, quali il mandato in rem propriam ed il patto di compensazione.

La compensazione, in quanto presuppone la alterità dei rapporti giuridici, non può operare rispetto ad operazioni riferibili ad un unico rapporto di conto corrente, fra le quali si verifica un mero effetto contabile di elisione delle poste attive e passive.

Il patto di compensazione che accede a un contratto bancario non può essere invocato dalla banca, oltre che in virtù del generale principio della par condicio creditorum, anche in forza del divieto ricavabile dall'art 56 l. fall., applicabile anche al concordato ex art 169 l. fall. Infatti, il credito derivante dall'anticipazione del credito viene ad esistenza prima dell'apertura della procedura di concordato e il debito restitutorio conseguente all'incasso dopo, mentre la compensazione ex art. 56 l. fall. può operare solo quando entrambi i crediti siano venuti ad esistenza prima dell'apertura della procedura concorsuale, anche se divengano esigibili dopo.

Il caso

Nell'ambito di un concordato preventivo con riserva, una società proponeva, ai sensi dell'art. 169-bis l. fall., istanza di sospensione dell'efficacia di diversi contratti di concessione di linee di credito con mandato all'incasso e patto di elisione, c.d. contratti bancari “auto-liquidanti” assistiti da clausola di compensazione. Il Tribunale, dopo aver provocato il contraddittorio con le banche anche in assenza di un obbligo espresso di legge in tal senso (è necessario infatti che l'altro contraente sia sentito, secondo il tenore letterale dell'art. 169-bis, solo nel caso in cui sia chiesto lo scioglimento dal contratto), accoglieva la richiesta del debitore autorizzando la sospensione dei contratti fino al termine massimo consentito di 60 giorni.

La questione

Il provvedimento in commento ha ad oggetto diversi rapporti di anticipazione salvo buon fine, ossia quelle operazioni negoziali, regolate in conto corrente bancario, in cui la banca mette a disposizione del cliente una somma di denaro dietro presentazione, da parte di quest'ultimo, di documenti comprovanti la propria titolarità di un credito verso terzi (ad esempio fatture, cambiali, etc…) e riceve, contestualmente, il mandato all'incasso che la legittima a ricevere il pagamento del terzo.

Simile patto viene spesso rafforzato da un accordo di compensazione, anche detto di annotazione o elisione, che consente alla banca di trattenere le somme incassate dal terzo al fine di estinguere il credito sorto in conseguenza dell'anticipo.

Il Tribunale comasco si pronuncia su due questioni assai dibattute: se detti contratti rientrino nell'ambito di applicazione dell'art. 169-bis l. fall. e sia dunque possibile autorizzarne la sospensione dell'efficacia; nonché, in caso di risposta affermativa, se il patto di compensazione possa essere oggetto di sospensione o se, invece, la banca sia legittimata, anche in costanza della procedura concordataria, a trattenere le somme percepite in qualità di mandataria del debitore fino al soddisfo delle proprie pretese.

Ritiene il collegio di individuare due orientamenti ai fini della identificazione dei contratti suscettibili di sospensione o scioglimento, il primo dei quali, maggioritario, delimita il campo di applicazione dell'art. 169-bis l. fall. in termini identici rispetto all'art. 72 l. fall., in tema di rapporti pendenti nel fallimento, nel senso che ne sono interessati soltanto i contratti ineseguiti o solo parzialmente eseguiti da entrambe le parti. Alla stregua di tale nozione, secondo i giudici di Como, non ricorrerebbe nella specie un contratto pendente ai sensi dell'art. 169-bis l. fall., in quanto la banca, erogando la somma di denaro a titolo di anticipo, avrebbe esaurito le proprie obbligazioni.

Aderendo ad un diverso orientamento, il Tribunale accoglie invece l'istanza di sospensione, affermando, da un lato, che l'ambito d'applicazione dell'art. 169-bis l. fall.è più ampio rispetto ai “rapporti pendenti” nel fallimento, e dall'altro altro lato precisando che le obbligazioni della banca non si esauriscono al momento dell'anticipazione del denaro, in quanto quest'ultima è chiamata ancora a dare esecuzione al mandato all'incasso. In quest'ottica, rientrerebbero nella nozione di “contratti pendenti” di cui all'art. 169-bis tanto il contratto principale di anticipazione quanto quelli accessori di mandato e compensazione.

Con specifico riferimento poi al c.d. patto di compensazione, il collegio sembra far propria la tesi che disconosce la ricorrenza in simili ipotesi di una compensazione in senso tecnico, individuando invece un “mero effetto contabile di elisione delle poste attive e passive”.

In ogni caso, proseguono i giudici, non sarebbe possibile compensare, ai sensi dell'art. 56 l. fall., il debito del cliente, conseguenza dell'anticipazione, e il credito della banca, che ha diritto alla restituzione di quanto erogato, poiché l'art. 56 l. fall. richiede che i crediti posti in compensazione siano entrambi sorti anteriormente all'inizio della procedura concorsuale. Nel caso di specie, il credito originato dall'anticipazione e l'obbligo di restituzione delle somme sorgono invece in momenti differenti, in quanto quest'ultimo trova la propria genesi solo nel momento in cui è possibile esercitare il mandato all'incasso. Pertanto, qualora il terzo versi le somme dovute successivamente all'inizio della procedura concordataria, non sarà possibile alcuna compensazione.

Le soluzioni giuridiche

La decisione del Tribunale di autorizzare la sospensione dell'efficacia del contratto di anticipazione e conseguentemente dei patti accessori, consentendo di apprendere al concordato preventivo le somme che altrimenti sarebbero state trattenute dalla banca, ha l'effetto di agevolare il debitore nel “dotarsi della liquidità iniziale necessaria a dare avvio alla procedura concorsuale, senza essere costretto a passare per una richiesta di nuova finanza nei confronti del ceto bancario” (C. Frigeni, Linee di credito «autoliquidanti» e (pre)concordato preventivo, in Società banche e crisi d'impresa, Liber amicorum Pietro Abbadessa, 3, 2014).

Il panorama della giurisprudenza, anche di legittimità, appare tuttavia niente affatto univoco, con riferimento ai due punti nodali affrontati dal provvedimento in commento; in particolare, il contrasto più stridente si registra in tema di efficacia del patto di compensazione.

Con riguardo all'ambito di applicazione dell'art. 169-bis, come correttamente rilevato dal Tribunale, si fronteggiano due tesi: la prima ritiene che la norma, nell'individuare i contratti suscettibili di sospensione e/o scioglimento, faccia implicito rinvio alla nozione di “rapporti pendenti” prevista dall'art. 72 l. fall., in virtù della quale si possono considerare pendenti solo quei rapporti ineseguiti, anche parzialmente, da entrambe le parti (cfr. App. Trento 9 dicembre 2014, n. 376, in fallimentiesocieta.it ; Trib. Bergamo 28 gennaio 2016, in Fall., 2016, p. 617; Trib. Verona 31 agosto 2015, in Fall., 2015, p. 1351; Trib. Reggio Emilia 8 luglio 2015, in Quotidiano giuridico 7.8.2015).

Alcuni tribunali ritengono quindi che i contratti con linee di credito auto-liquidanti vadano considerati alla stregua di fattispecie unilaterali, in quanto la banca, erogando l'anticipazione, avrebbe adempiuto interamente la propria prestazione, sicché detti patti non possono farsi rientrare nella nozione tradizionale di rapporti pendenti (cfr. Trib. Rovigo, 7 ottobre 2014, in pluris-cedam.utetgiuridica.it; App. Napoli 13 gennaio 2015, in Dir. fall., 419).

L'esigenza, cui si è fatto cenno poc'anzi, di agevolare la soluzione concordata della crisi, attraverso la messa a disposizione del debitore di adeguati mezzi finanziari, ha indotto alcuni interpreti ad espandere i limiti applicativi dell'art. 169-bis l. fall., facendo leva tanto sulla circostanza che la norma non reca una definizione di contratti suscettibili di sospensione/scioglimento, quanto sul testo della originaria rubrica dell'articolo, intitolata (prima della novella ex d.l. n. 83/2015 sul che infra) “contratti in corso di esecuzione”, non sovrapponibile a quella di “rapporti pendenti” dell'art. 72 l. fall.

Una simile interpretazione, tuttavia, finisce con l'ampliare eccessivamente le tipologie di rapporti negoziali interessate, così da rendere applicabile l'art. 169-bis “a tutti i rapporti obbligatori con la sola eccezione di quelli espressamente esclusi dalla norma” (D. Giordano, Le anticipazioni bancarie nel concordato con continuità aziendale, in Giur comm., 2016).

Invero, appare dominante in dottrina e in giurisprudenza, anche se non unanime (cfr. Trib. Rovigo 20 ottobre 2015, in Fall., 2016, il quale rigetta il parallelismo tra art. 72 e 169-bis l. fall. “in ragione delle differenti conseguenze normative derivanti nel concordato e nel fallimento”), l'opinione che ritiene sovrapponibile la fattispecie dei contratti in corso di esecuzione nel concordato preventivo e nel fallimento.

Questa tesi è avvalorata, infatti, tanto da un'interpretazione sistematica della materia dei rapporti pendenti nella disciplina della crisi d'impresa (F. Lamanna, La nozione di “contratti pendenti” nel concordato preventivo, in questo portale, 07 Novembre 2013) - si guardi ad esempio al disposto del tutto analogo dell'art. 50, D. Lgs. n. 270/1999, sull'amministrazione straordinaria delle grandi imprese, il quale definisce come “contratti in corso” quelli “ineseguiti o non interamente eseguiti da entrambe le parti” (v. M. Ferro, sub. art. 169 bis, in La legge fallimentare, a cura di M. Ferro, Cedam, 2014) - quanto dalla novella legislativa, contenuta nel D.L. n. 83/2015, che ha modificato l'art. 169-bis, oggi rubricato“contratti pendenti” al pari dell'art. 72 l.fall.

In ogni caso la fattispecie delle linee di credito auto-liquidanti può ben essere ricompresa nella nozione tradizionale di rapporti pendenti, ossia quella delineata dall'art. 72 l. fall., senza la necessità di ricorrere ad un ampliamento della stessa.

Ed invero, come evidenziato in dottrina (cfr. P. Bontempi, I contratti bancari “autoliquidanti” nel concordato preventivo: tra scioglimento e retrocessione delle somme incassate dalla banca, commento a Trib. Ravenna, decr. 14 novembre 2014, in Nuova giur. civ. comm., 2015), nelle anticipazioni salvo buon fine la banca non si limita ad erogare una somma di denaro, in quanto l'attività di incasso dei crediti del cliente verso terzi costituisce espressione di quei servizi di cassa, tipici del contratto di conto corrente bancario, che proseguono anche successivamente alla messa a disposizione del denaro; pertanto “se la fase di esecuzione del mandato all'incasso è destinata ad essere portata a compimento dopo l'apertura del concordato preventivo, deve concludersi che il contratto non è stato compiutamente eseguito né dal cliente (che deve ancora restituire le somme anticipategli) né dalla banca (che ha erogato l'anticipazione, ma deve ancora dare esecuzione al mandato all'incasso degli effetti anticipati, prestazione per la quale peraltro il cliente paga un corrispettivo, rappresentato dalle commissioni di incasso e dalle spese di tenuta del conto)”.

Altra questione fondamentale presa in esame dai giudici comaschi concerne l'efficacia del c.d. patto di compensazione in virtù del quale la banca trattiene le somme incassate in qualità di mandataria del debitore, estinguendo così il debito restitutorio di quest'ultimo.

A tal riguardo il Tribunale fa proprio l'orientamento, per il quale l'estinzione reciproca di poste annotate sul medesimo conto corrente bancario non costituisce compensazione in senso tecnico-giuridico – circostanza pacifica, invece, nel caso di conto corrente ordinario – quanto piuttosto un mero conguaglio contabile (cfr. C. Silvetti, Il conto corrente bancario, in Trattato Cottino, VI, Cedam, 2001).

Si ritiene, infatti, che la compensazione legale, in senso stretto, richieda l'alterità e autonomia dei rapporti giuridici, il che non ricorre nel caso di specie, in quanto i reciproci debiti e crediti insistono su un unico rapporto di conto corrente. L'istituto bancario, pertanto, non può trattenere le somme riscosse successivamente alla domanda di concordato preventivo, che devono essere destinate alla procedura.

Questa ricostruzione dell'istituto trova eco tanto nella recente giurisprudenza di merito (cfr. Trib. Rovigo 20 ottobre 2015, cit.; Trib. Bergamo 21 novembre 2011 (in motivazione), in Fall., 2011) quanto nelle decisioni della Suprema Corte, la quale ha statuito che “l'accredito, da parte di una banca, in un conto corrente assistito da apertura di credito, di somme rimesse da terzi (…) s'inserisce nell'ambito dell'unitario complesso rapporto di conto corrente e non realizza un'obbligazione autonoma della banca di rimettere al cliente le somme riscosse, suscettibile di compensazione legale con il saldo passivo, in quanto determina una semplice variazione quantitativa del debito del correntista” (cfr. Cass. 19 novembre 2002 n. 16261; in senso conforme Cass. 28 giugno 2002 n. 9494; Cass. 23 aprile 1987, n. 3919).

Corre l'obbligo di sottolineare, tuttavia, che la questione potrebbe essere risolta ricorrendo non già alla fattispecie della compensazione legale, ma alla compensazione volontaria ex art. 1352 c.c. (così C. Silvetti, cit., 522, il quale rimanda a F. Martorano, Il conto corrente bancario, Jovene, 1955). Detta norma, infatti, subordina alla volontà delle parti l'effetto compensativo anche in assenza dei requisiti richiesti dalla legge per la compensazione legale, di tal che il mandato all'incasso assistito da pactum de compensando potrebbe, salvo quanto si dirà tra breve, consentire alla banca di soddisfare legittimamente il proprio credito.

Ed infatti, un'analisi del diritto pretorio consente di individuare due diversi orientamenti che ammettono la sussistenza, nel caso di specie, di un'ipotesi di compensazione, e tuttavia forniscono un'interpretazione divergente dell'art. 56 l. fall. - applicabile al concordato preventivo in forza del rinvio effettuato dall'art. 169 - che conduce nell'un caso ad escludere l'efficacia in costanza di concordato preventivo del patto di compensazione, come fa il Tribunale di Como, nell'altro, invece, a sostenerne la piena operatività.

L'interpretazione che ha offerto una parte della giurisprudenza, favorevole alla compensazione, muove dalla considerazione che nel concordato preventivo, a differenza che nel fallimento, tutti i rapporti contrattuali proseguono anche in costanza della procedura concorsuale, ragion per cui se il contratto di anticipazione salvo buon fine continua ad essere pienamente efficace, ugualmente efficaci saranno i patti accessori recanti il mandato all'incasso e il patto di compensazione.

Tutto ciò non è ostacolato dall'art. 56 l. fall., il quale consente di compensare i crediti nei confronti del debitore sottoposto alla procedura concorsuale, in deroga alla par condicio creditorum, ma soltanto a condizione che le reciproche pretese siano sorte, nel nostro caso, in un momento anteriore alla presentazione dell'istanza di concordato.

Ed infatti, sebbene il mandato all'incasso venga esercitato successivamente all'istanza di ammissione al concordato, anche con riserva, la Suprema Corte ritiene sufficiente per l'applicazione dell'art. 56 l. fall. che il fatto genetico da cui sorgono le reciproche obbligazioni sia anteriore all'istanza di concordato, essendo irrilevante che uno dei due crediti diventi esigibile solo in un momento successivo, purché il mandato preveda espressamente il diritto della banca di trattenere le somme riscosse, ossia il patto di compensazione (cfr. Cass. 23 luglio 1994; in tempi più recenti valorizzano il principio del “fatto genetico anteriore alla domanda” anche Cass. 25 novembre 2015, n. 24046, con riferimento alla compensazione di canoni locatizi maturatisi dopo l'ammissione della società locatrice alla procedura, ma in esecuzione di un contratto stipulato anteriormente ad essa, e crediti della medesima conduttrice per prestazioni di servizi resi alla locatrice precedentemente alla sua istanza concordataria; Cass. 20 gennaio 2015, n. 825; si veda inoltre, relativamente però alla amministrazione controllata, Cass. 1 settembre 2011, n. 17999; nella giurisprudenza di merito si veda Trib. Ancona 3 giugno 2015, in Fall., 2015, 1258; Trib. Cuneo 14 novembre 2013, in Fall., 2014, 234; Trib. Bergamo 21 novembre 2011, cit.).

Ciò detto circa la sopravvivenza del patto di compensazione all'istanza di ammissione al concordato, si ribadisce che nel caso in cui il giudice autorizzi la sospensione o lo scioglimento del contratto di anticipazione ai sensi dell'art. 169-bis l. fall., perderanno altresì efficacia anche i patti accessori, tra cui quello di compensazione, non essendo possibile sciogliersi selettivamente da singole clausole del contratto (così D. Giordano, cit., p. 74).

L'orientamento contrario, cui aderisce anche il provvedimento in commento, ritiene invece che l'obbligo di restituzione delle somme non si possa considerare sorto in capo al debitore al momento del conferimento del mandato all'incasso, “ma soltanto all'atto della riscossione del credito, con la conseguenza che, qualora quest'ultima debba aver luogo dopo la presentazione della domanda di ammissione al concordato preventivo, non sussistono i presupposti per la compensazione” (così Cass. 7 maggio 2009, n. 10548; in senso conforme Cass. 28 agosto 1995, n. 9030; cfr. per la giurisprudenza di merito che accoglie questa interpretazione Trib. Prato 23 settembre 2015, in Fall., 2016, 587; Trib. Treviso 2 febbraio 2015, in Fall., 2015, 559; Trib. Verona 31 agosto 2015, in Fall., 2015, 1351; Trib. Rovigo 7 ottobre 2014, in Quotidiano Giuridico, 7.11.2014).

Quest'ultimo orientamento non è che il corollario del principio di cristallizzazione dei debiti al momento della presentazione dell'istanza di concordato, che opera nel concordato preventivo per effetto del rinvio dell'art. 169 all'art. 45 l. fall. (così C. Frigeni, cit., 3062; in senso conforme P. Bontempi, cit., 284, il quale ritiene che detto principio comporta la non operatività del patto di compensazione in ogni caso, anche in assenza di un provvedimento che autorizzi la sospensione e/o lo scioglimento ai sensi dell'art. 169-bis l. fall.; Trib. Prato 23 settembre 2015, cit.). Tutto ciò comporta, in costanza della procedura concorsuale, il divieto di pagare i debiti anteriori al concordato al di fuori delle regole procedurali previste (cfr. ex multis Cass. 12 gennaio 2007, n. 578).

Osservazioni

Alla luce delle considerazioni appena svolte sulla giurisprudenza in tema di linee di credito auto-liquidanti, pare di potersi affermare come più corretta l'interpretazione che considera non compiutamente eseguiti da entrambe le parti detti contratti, cosicché sia possibile applicare l'art. 169-bis l. fall. senza ampliarne eccessivamente l'ambito di applicazione, rispettando altresì la nozione di contratti pendenti come risulta da un ricostruzione sistematica della disciplina di simili rapporti nel diritto della crisi d'impresa.

Anche con riguardo al tema della compensazione la tesi, accolta dai giudici comaschi, in virtù della quale l'elisione delle poste attive e passive su un medesimo conto corrente bancario non costituisce compensazione in senso tecnico giuridico, pare controvertibile. La giurisprudenza di legittimità, peraltro, non aiuta a sciogliere il nodo, essendosi pronunciata sia in senso conforme al provvedimento in commento, sia in senso difforme, in quanto le argomentazioni che fanno ricorso all'art. 56 l. fall. sottintendono necessariamente una nozione di compensazione in senso stretto, regolata dagli artt. 1241 e ss. del codice civile.

Infine, l'interpretazione estremamente rigorosa dell'art. 56 l. fall., accolta dal Tribunale di Como, è manifestazione di un favor verso il debitore in crisi in quanto agevola quest'ultimo nel procacciamento dei mezzi finanziari utili ad un proficuo esito del concordato.

Tuttavia, non è priva di pregio la diversa interpretazione che valorizza l'unità funzionale tra conferimento del mandato all'incasso e successivo esercizio dello stesso, evitando una visione parcellizzata del dispiegarsi dell'attività giuridica, che rischi di produrre una formalistica difesa della par condicio creditorum.

Guida all'approfondimento

È a P. Ferro-Luzzi, Lo sconto bancario, in riv. dir. comm., 1977, 143 e ss., che si deve la definizione di contratti di liquidità (149), espressione con la quale l'A. intendeva sottolineare il fatto che “con lo sconto la banca dà moneta attuale, la liquidità di cui è naturale depositaria, e riceve moneta futura, realizzando il proprio guadagno col riavere, successivamente una maggior quantità di moneta attuale, ripristinando così la sua liquidità”.

Tra gli autori che si sono espressi sull'argomento, oltre quelli già indicati nel corpo del commento, si segnalano:

S. Ambrosini, Il concordato preventivo, in Trattato diritto fallimentare e delle altre procedure concorsuali, diretto da F. Vassalli, F.P. Luiso, E. Gabrielli, 4, Giappichelli, per il quale non sussiste un rapporto pendente nel caso delle linee di credito auto-liquidanti ma soltanto un debito da parte del correntista, come tale non soggetto a scioglimento ex art. 169-bis (p. 297); G. Scognamiglio, Concordato preventivo e scioglimento dei contrati in corso di esecuzione, in Società banche e crisi d'impresa, Liber amicorum Pietro Abbadessa, 3, Utet, 2014; V. Cederle, La controversa applicazione dell'art. 169-bis l.fall. ai contratti bancari, commento a Trib. Prato, decr. 23 settembre 2015, in Fall., 2016; M. Arato, La domanda di concordato preventivo, in Crisi d'impresa e procedure concorsuali, diretto da O. Cagnasso e L. Panzani, 3, Utet, 2016; V. Bisignano, Linee di credito autoliquidanti e scioglimento ex art. 169 bis l.fall, in questa rivista, 7.12.2016.

Infine, sulle criticità dell'istituto dello scioglimento dei contratti pendenti ai sensi dell'art. 169-bis l. fall. si veda G. Terranova, Il concordato con continuità aziendale e i costi dell'intermediazione giuridica, in Dir. fall., 2013.

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