L’accertamento dei crediti delle società soggette a misure di prevenzione

Alessandro Ireneo Baratta
12 Luglio 2017

La necessità di coordinamento tra la legge fallimentare e le norme che disciplinano le misure di prevenzione ha dato origine ad un vivace dibattito dottrinale nonché ad una serie di problematiche di natura pratica di non sempre facile soluzione.
Premessa

La necessità di coordinamento tra la legge fallimentare e le norme che disciplinano le misure di prevenzione ha dato origine ad un vivace dibattito dottrinale nonché ad una serie di problematiche di natura pratica di non sempre facile soluzione. Assai interessanti risultano, in tale ottica, alcuni provvedimenti emessi dall'autorità giudiziaria in sede di giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo ex art 645 c.p.c., ove, in accoglimento dell'eccezione preliminare di improcedibilità della domanda formulata dalla difesa delle società sequestrate, l'adito Tribunale ha statuito che il diritto di credito vantato dall'opposto deve essere accertato secondo le disposizioni del Codice Antimafia ed ha di conseguenza revocato il decreto ingiuntivo già emesso, nonché un recente provvedimento emesso dal Tribunale di Roma il quale, nel respingere un'istanza di fallimento promossa da un creditore nei confronti di una società soggetta a misure di prevenzione, ha chiaramente evidenziato come la mancata esecuzione ex lege del titolo ottenuto dal creditore nei confronti della società sequestrata non possa ritenersi elemento sintomatico dell'impossibilità della società stessa di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni, il cui pagamento deve, viceversa, necessariamente avvenire nel rispetto delle forme e delle procedure stabilite dagli artt. 57 e ss. D.Lgs 159/2011 (Trib. Roma, Ordinanza 14 febbraio 2017).

Nel corso degli ultimi anni si è assistito ad un consistente incremento dell'applicazione delle misure di prevenzione ex D.Lgs. 6 settembre 2011 n. 159, le cui finalità spesso confliggono con quelle dei creditori dei soggetti coinvolti, posto che la disciplina in materia è improntata all'affermazione della priorità dell'interesse pubblico rispetto a quello della par condicio creditorum.

Le suddette misure, peraltro, mentre un tempo intervenivano per lo più nel corso dell'attività di repressione di delitti di associazione a delinquere di stampo mafioso, attualmente sono sempre più applicate anche a soggetti a cd. “pericolosità generica”, in relazione ai quali debba “ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che siano abitualmente dediti a traffici delittuosi, che vivano abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose”.

L'accertamento dei crediti e la vis attractiva del giudice delegato del procedimento di prevenzione

Al fine di evitare la precostituzione di creditori di comodo e, al contempo, tutelare i diritti degli effettivi creditori dei proposti, il D.Lgs. 159/2011 stabilisce le modalità per l'accertamento dei crediti nella sede del giudizio relativo alle misure di prevenzione, di fatto mutuando le norme previste dalla legge fallimentare, a partire dall'onere per tutti i creditori di proporre la domanda di ammissione del proprio credito al passivo, con la sostanziale differenza che, in materia di Misure di Prevenzione, la soddisfazione dei creditori avviene solo ed esclusivamente nei limiti del 60% del valore dei beni confiscati o della minor somma ricavata all'esito della vendita, mentre il 40% di detto valore rimane comunque allo Stato (A. Auletta, “Misure reali di prevenzione antimafia e procedure esecutive individuali e concorsuali”, in questo portale 8 maggio 2017).

Le modalità di presentazione della domanda di insinuazione da parte dei creditori, l'udienza di verifica dei crediti e le eventuali impugnazioni sono disciplinate dagli artt. 57 e ss..

In primo luogo, si prevede che l'amministratore giudiziario debba depositare al giudice delegato del procedimento di prevenzione l'elenco nominativo dei crediti e delle rispettive scadenze nonché l'elenco nominativo di coloro i quali vantano diritti reali o personali sui beni. Il giudice delegato assegna un termine perentorio non superiore a 90 giorni per il deposito delle domande di accertamento dei rispettivi diritti e fissa la data dell'udienza di verifica dei crediti nei trenta giorni successivi. Detto decreto è notificato dall'amministratore giudiziario ai creditori. Il giudice delegato fissa altresì un'udienza ogni sei mesi per l'esame delle domande tardive.

L'art. 58 stabilisce il contenuto della domanda di ammissione che deve presentare il creditore. essa va rivolta al giudice e deve contenere:

  • le generalità del creditore;
  • la determinazione del credito di cui si chiede l'ammissione allo stato passivo ovvero la descrizione del bene su cui si vantano diritti;
  • l'esposizione dei fatti e degli elementi di diritto che costituiscono la ragione della domanda, con i relativi documenti giustificativi;
  • l'eventuale indicazione del titolo di prelazione, nonché la descrizione del bene sul quale la prelazione si esercita, se questa ha carattere speciale.

La norma stabilisce altresì che la domanda non interrompe la prescrizione né impedisce la maturazione di termini di decadenza nei rapporti tra il creditore e l'indiziato o il terzo intestatario dei beni.

La domanda di insinuazione deve essere depositata, a pena di decadenza, entro il termine di cui all'articolo 57, comma 2. successivamente - e comunque non oltre il termine di un anno dalla definitività del provvedimento di confisca - conformemente a quanto previsto dall'art. 101 l.fall., è ammissibile la presentazione di domande relative ad ulteriori crediti solo ove il creditore provi di non aver potuto presentare la domanda tempestivamente per causa a lui non imputabile.

All'udienza di verifica dei crediti, sulla base di quanto stabilito dall'art. 59, il giudice delegato, con l'assistenza dell'amministratore giudiziario e con la partecipazione facoltativa del pubblico ministero, assunte anche d'ufficio le opportune informazioni, verifica le domande, indicando distintamente i crediti che ritiene di ammettere, con indicazione delle eventuali cause di prelazione, e quelli che ritiene di non ammettere, in tutto o in parte, esponendo sommariamente i motivi dell'esclusione.

All'udienza di verifica gli interessati possono farsi assistere da un difensore. L'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata può sempre partecipare per il tramite di un proprio rappresentante, nonché depositare atti e documenti. Terminato l'esame di tutte le domande, il giudice delegato forma lo stato passivo e lo rende esecutivo con decreto depositato in cancelleria e comunicato all'Agenzia suddetta. L'amministratore giudiziario dà notizia dell'avvenuto deposito agli interessati non presenti all'udienza.

I creditori esclusi possono proporre opposizione entro trenta giorni dalla comunicazione, mediante ricorso al tribunale che ha applicato la misura di prevenzione. Ciascun creditore può impugnare, nello stesso termine e con le stesse modalità, i crediti ammessi.

La norma prevede che il Tribunale tratti in modo congiunto le opposizioni e le impugnazioni, fissando un'apposita udienza in camera di consiglio, della quale l'amministratore giudiziario dà comunicazione agli interessati: si tratta dell'unica significativa differenza rispetto a quanto previsto sul punto dall'art. 98 l.fall., laddove le opposizioni allo stato passivo vengono trattate separatamente.

All'udienza ciascuna parte può svolgere, con l'assistenza del difensore, le proprie deduzioni, chiedere l'acquisizione di ogni elemento utile e proporre mezzi di prova. Nel caso siano disposti d'ufficio accertamenti istruttori, ciascuna parte può dedurre, entro un termine perentorio fissato dal giudice, i mezzi di prova che si rendono necessari.

Esaurita l'istruzione, il tribunale fissa un termine perentorio entro il quale le parti possono depositare memorie e, nei sessanta giorni successivi, decide con decreto ricorribile per cassazione nel termine di trenta giorni dalla sua notificazione.

Il sopra descritto procedimento di verifica dei crediti introduce, di fatto, un rito speciale per l'accertamento dei crediti vantati dai terzi nei confronti del proposto e, più in generale, per le azioni da proporsi contro l'impresa soggetta a misure di prevenzione e può dunque essere ritenuto espressivo di una regola di rito che impone l'esclusività del procedimento di accertamento del passivo demandato al giudice delegato delle misure di prevenzione.

Sulla base di tale premessa, la giurisprudenza di merito ha stabilito che, allorquando una domanda è diretta a far valere - nelle forme ordinarie o in quelle di altro procedimento speciale - una pretesa creditoria nei confronti di un soggetto sottoposto a misure di prevenzione, il Giudice civile investito della causa è tenuto a dichiarare l'inammissibilità, improcedibilità o improponibilità della domanda stessa siccome proposta secondo un rito diverso da quello previsto come necessario dalla legge e, come tale, inidonea a conseguire una pronuncia di merito.

Si osservi che in casi nei quali il terzo creditore ha agito per mezzo di ricorso per decreto ingiuntivo nei confronti di società sottoposte a sequestro da Misure di Prevenzione, nelle sedi del giudizio di opposizione ex art 645 C.P.C. il Tribunale, in accoglimento dell'eccezione preliminare di improcedibilità della domanda formulata dalla difesa delle società sequestrate, ha statuito che il diritto di credito vantato dall'opposto deve essere accertato secondo le disposizioni del Codice Antimafia ed ha di conseguenza revocato il decreto ingiuntivo già emesso (Trib. Bolzano n. 1143/2015; Trib. Bolzano n. 569/2016; Trib. Roma n. 10615/2016).

Parimenti, in materia di accertamento di crediti da lavoro, la competente sezione del Tribunale ha statuito doversi applicare le speciali disposizioni previste dal D.Lgs. 159/2011, “in particolare quelle che stabiliscono che l'accertamento dei diritti di credito dei terzi…debba necessariamente seguire un particolare procedura davanti al giudice delegato del Tribunale penale” (Trib. Roma Sez. Lav. n. 7022/2015).

Il divieto di instaurare o proseguire azioni esecutive ex art. 55 D.Lgs 159/11 e la collegata mancanza del presupposto per la dichiarazione di fallimento dell'impresa soggetta a misure di prevenzione

La normativa in vigore non esclude la possibilità di dichiarare il fallimento a carico di un'impresa soggetta a misure di prevenzione, seppure disponendosi che, in tal caso, i beni (già) sottoposti a sequestro o confisca sono esclusi dalla massa attiva fallimentare.

I presupposti per tale dichiarazione rimangono, e non possono che rimanere, solo ed esclusivamente quelli previsti dalla Legge Fallimentare, mentre la condizione di sequestro dell'impresa ex D.Lgs 159/2011 non integra affatto, di per sé, uno di detti presupposti.

In una recente fattispecie, la parte instante aveva adìto il Tribunale Fallimentare di Roma affinché fosse dichiarato il fallimento di società sottoposta a sequestro da Misure di Prevenzione deducendo che, a fronte dell'esistenza di un debito della società nei propri confronti, l'intervenuto sequestro della società e il conseguente divieto ex art 55 D. Lgs 159/2011 delle azioni esecutive nei confronti della stessa, costituivano elementi idonei a dimostrare lo stato di insolvenza dell'impresa.

Invero, nessuno degli elementi addotti dal ricorrente, sia singolarmente che globalmente considerati, integrava in alcun modo il concetto di “stato di insolvenza” dell'impresa, il quale costituisce il presupposto oggettivo indefettibile per l'eventuale dichiarazione di fallimento della medesima.

In primo luogo, il debito scaduto così come posto a fondamento dell'istanza di fallimento non poteva definirsi “non pagato”. Infatti, nel caso di procedimento di applicazione di Misure di Prevenzione, la gestione dei beni aziendali è in capo al Tribunale ed affidata ai Custodi Giudiziari nonché, se del caso, all'A.U. da questi ultimi nominato, i quali tutti agiscono ai sensi e per gli effetti del D.Lgs. 159/2011, anche in merito all'individuazione delle posizioni dei creditori sociali da relazionarsi al Giudice Delegato del Tribunale - Sezione Misure di Prevenzione.

Ai sensi e per gli effetti della citata normativa, l'accertamento dei diritti dei terzi nonché il successivo progetto e piano di pagamento dei crediti ammessi è regolato dagli artt. 57 e ss. ed è pertanto al suddetto rito che parte instante ha l'onere di ricorrere al fine di ottenere il pagamento del proprio credito.

Solo di seguito alla definizione della suddetta procedura - ovverosia una volta divenuto esecutivo il piano di pagamento dei crediti dei terzi - nell'ipotesi in cui il credito vantato dall'instante dovesse rimanere eventualmente insoddisfatto, potrà dirsi semmai concretizzato il mancato pagamento del debito scaduto da parte della società debitrice.

In considerazione di quanto sopra, non può che risultare infondata la prospettazione secondo la quale la circostanza che la società non abbia disposto il pagamento di quanto consacrato nel titolo emesso in favore del creditore istante, nonostante le fosse stato richiesto di farlo, costituirebbe, di per sé, un elemento idoneo a dimostrare lo stato di insolvenza della resistente, in quanto siffatto pagamento non poteva e non può essere disposto, per legge, se non attraverso il procedimento previsto ai sensi del Capo II del citato D.Lgs 159/2011.

Le circostanze sopra illustrate non comportano dunque, da parte della società sequestrata, né l'incapacità di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni, né l'incapacità di soddisfare prestazioni essenziali per lo svolgimento dell'attività istituzionale di essa debitrice.

Si osservi, infatti, che l'Amministrazione Giudiziaria, nell'ambito del sequestro di prevenzione che ci occupa, così come disciplinato dagli artt. 20 e 22 del Codice Antimafia, ai sensi del comma 4, art. 35 della stessa norma, “…ha il compito di provvedere alla custodia, alla conservazione e all'amministrazione dei beni sequestrati nel corso dell'intero procedimento, anche al fine di incrementare, se possibile, la redditività dei beni medesimi”.

Nel senso sopra descritto il Tribunale di Roma, con ordinanza del 14 febbraio 2017, rigettando quanto prospettato dal creditore nell'istanza di fallimento avanzata nei confronti di società sottoposta a sequestro da Misure di Prevenzione, ha chiarito che “la finalità della misura di prevenzione patrimoniale è quella di consentire la prosecuzione dell'attività imprenditoriale con la sua necessaria legalizzazione sotto la direzione degli organi dello Stato che devono garantire l'allontanamento dal circuito illegale” e che non può certamente ritenersi elemento sintomatico dell'incapacità di adempiere regolarmente alle proprie obbligazioni la mancata esecuzione da parte dell'impresa sottoposta a sequestro del titolo ottenuto dal debitore, ribadendosi la necessità che il pagamento del credito vantato nei confronti della società sottoposta alla misura cautelare avvenga “nel rispetto delle forme e delle procedure stabilite dall'art. 57 ss. D. Lgs 159/2011”.

Guida all'approfondimento

In dottrina sul tema: M. DE ROSA, Misure cautelari penali e fallimento, Convegno Ripdico del 15 novembre 2013; C. MALTESE, I rapporti tra le misure di prevenzione patrimoniali e la procedura fallimentare nel codice antimafia, in questo portale, 2012; A. FALCONI, Appunti sulle misure cautelari ordinarie e fallimento, in questo portale, 2012; F. MENDITTO, Le luci e le molte ombre del cd codice antimafia, Cass. Pen., 2012; C. FORTE, Il codice delle leggi antimafia e la crisi d'impresa sottoposta a misure di prevenzione patrimoniali: analisi della nuova disciplina dei rapporti tra gli strumenti di intervento ablativo statuale e le procedure concorsuali, in Il caso, 2013; C: FORTE, Misure di prevenzione patrimoniali e procedure concorsuali, Le procedure concorsuali, AAVV a cura di A. Caiafa, 2011; A. AULETTA, Misure reali di prevenzione antimafia e procedure esecutive individuali e concorsuali, in questo portale.

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