Spese per le volte i soffitti e i solaiFonte: Cod. Civ. Articolo 1125
01 Agosto 2017
Inquadramento
Il regime della ripartizione delle spese di volte, soffitti e solai è disciplinato dall'art. 1125 c.c. che, proprio in considerazione della comunione dei beni de quibus tra i proprietari dell'appartamento situato al piano superiore e quello al piano inferiore, stabilisce che gli oneri di manutenzione e ricostruzione devono essere equamente ripartiti tra gli stessi specificando, poi, che al primo spettano la spese inerenti «la copertura del pavimento», mentre il secondo deve sostenere quelle concernenti «l'intonaco, la tinta e la decorazione del soffitto». In via preliminare, tuttavia, non si può prescindere dal fornire una definizione di massima dei singoli elementi in esame. Il soffitto è la superficie che «delimita superiormente il vano di ogni ambiente coperto e può essere costituito dalla faccia inferiore di un solaio ovvero da quella di una struttura leggera senza alcuna funzione portante, sospesa al solaio, ovvero indipendentemente da esso» (definizione da Dizionario Enciclopedico Treccani). La volta, sempre riferita alla copertura di un vano, è la struttura «che può avere forme diverse, ma in ogni caso è caratterizzata dalla curvatura delle sue superfici» differenziandosi l'una dall'altra in base alla forma della propria superficie (ibidem). Il solaio, infine, rappresenta la «struttura piana orizzontale che forma la copertura e soprattutto il sostegno dei piani intermedi dell'edificio» (ibidem). Esso è costituito da travi, travicelli, mattoni, cemento e/o materiali vari che sono atti a svolgere solo tale funzione e da esso sono esclusi, pertanto, le parti strutturali estranee alla sua propria natura, per le quali occorre di volta in volta accertare la proprietà. In questo ambito i giudici di legittimità hanno escluso che possa rientrare nella nozione di solaio l'intercapedine costruita per aereare un locale dell'appartamento sottostante e nascondere un tubo di scarico passante sotto il pavimento dell'appartamento sovrastante (Cass. civ., sez. II, 21 ottobre 1976, n. 3715). Sempre in passato, inoltre, la Corte si era espressa in merito al concetto di solaio quale bene in comunione fra i piani rispetto ad esso sovrapposti, evidenziando che tale condominialità è limitata alla parte strutturale che, incorporata nei muri perimetrali assolve alla nota duplice funzione, mentre gli spazi pieni o vuoti che accedono al soffitto od dal pavimento, e non sono essenziali all'indicata struttura del solaio medesimo sono esclusi dalla comunione e sono utilizzabili rispettivamente da ciascun proprietario nell'esercizio del suo pieno ed esclusivo diritto (Cass. civ., sez. II, 7 giugno 1978, n. 2868). In buona sostanza, quindi, ancora di recente è stato ribadito che le travi, per la loro funzione, sono oggetto di comunione mentre non lo sono gli spazi esistenti tra le stesse ed integranti volumetrie di esclusiva utilizzazione da parte del proprietario del piano sottostante (Cass. civ., sez. II, 14 febbraio 2017, n. 3893). Ove, invece, le travi abbiano una funzione meramente decorativa del soffitto del sottostante immobile, le spese competono solo al proprietario di detto appartamento. Manutenzione e ricostruzione
L'art. 1125 c.c., che con la l. n. 220/2012 non ha subìto modifiche rispetto al passato, in relazione alla ripartizione delle spese tra i due soggetti interessati ha menzionato solo due tipi di interventi che interessano tanto i soffitti, quanto le volte e solai e che, nello specifico, non possono che essere classificate opere interne alla costruzione. Sono esclusi, quindi, gli interventi che abbiano un carattere di abbellimento o meramente estetico. Quanto al primo profilo, la manutenzione, non può sfuggire come il legislatore non abbia operato una differenziazione tra intervento ordinario e straordinario, talché debbono essere presi in considerazione entrambi. In via generale, il concetto di manutenzione, in entrambe le sue forme, consiste nel complesso di attività che devono essere eseguite per mantenere un bene od un impianto in piena efficienza, prevenendo il fisiologico degrado del medesimo, nel caso di manutenzione ordinaria e, nell'ipotesi di intervento a carattere straordinario, mettendo in campo lavori più rilevanti ed importanti da un punto di vista qualitativo, strutturale ed economico, tenendo conto anche delle tempistiche di realizzazione nonché del carattere di urgenza e di imprevedibilità dei lavori. Il tutto, comunque, senza una modifica della destinazione del bene oggetto di intervento. I beni oggetto dell'art. 1125 c.c. non sfuggono a tale principio di ordine generale, per cui anche per essi si rientra nell'una o nell'altra categoria a seconda della consistenza dell'intervento, dovendosi definire di carattere straordinario il rifacimento del solaio di calpestio o di copertura che si sostanzi in un'opera di consolidamento della struttura orizzontale e/o di rifacimento di quella fatiscente, ma senza la modifica della quota di imposta del solaio stesso, restando inalterata la quota di colmo nel caso di copertura e, comunque, non generando aumenti di cubatura. Secondo una remota decisione della Suprema Corte, della quale, peraltro, non risultano ulteriori pronunce in merito, l'indagine diretta alla qualificazione delle opere di ripristino dei solai come di ordinaria o straordinaria manutenzione, va condotta anche alla stregua dell'art 1005 c.c., ove sono elencate in via esemplificativa le riparazioni straordinarie in immobile oggetto di usufrutto, trattandosi di norma rispondente a criteri di portata generale, applicabili anche ad istituti diversi dall'usufrutto (Cass. civ., sez. I, 3 aprile 1979, n. 1881). Il termine ricostruzione, invece, si addice ad un'attività edilizia di maggiore complessità e rilevanza ed il relativo concetto coincide con interventi più radicali e che tendono a trasformare, anche attraverso atti di demolizione e ricostruzione, un organismo edilizio in qualcosa di diverso. Ratio ispiratrice della ripartizione delle spese: presunzione di comunione
Il principio fondatore del diritto condominiale, fissato dall'art. 1117 c.c., è costituito dalla presunzione legale di comunione, salvo titolo contrario, di determinati beni e/o servizi, che sono considerati dalla legge in comproprietà tra i condomini per effetto di due elementi: la loro funzionalità o destinazione in favore dei partecipanti al condominio ed il godimento comune da parte di tutti i soggetti che rappresentano la collettività. Da tale regola consegue che ciascun condomino, in ragione della propria quota di comproprietà sul bene comune (espressa nelle diverse tabelle millesimali) deve partecipare alla contribuzione nelle spese concernenti lo stesso bene. Dall'art.1123 c.c., che disciplina le spese in ambito condominiale, inoltre, emerge che determinati beni possono essere a servizio di una parte del condominio, per cui su di essi si va a formare una sorta di condominio parziale, il cui effetto è quello di determinare una gestione separata di dette parti (pur nel rispetto della normativa codicistica), sia in ordine alla loro manutenzione, sia per quanto concerne la suddivisione degli oneri di spesa. Circoscrivendo ancora di più il campo, nel caso contemplato dall'art. 1125 c.c., per espressa previsione legislativa, volte, soffitti e solai - considerata la loro specifica funzione - rappresentano oggetto di una comunione ancora più ristretta, costituita dai soli due soggetti che ne traggono beneficio diretto, con la conseguenza che una questione inerente la ripartizione delle spese concernenti le strutture qui in esame potrà mai essere oggetto di delibera assembleare. Ciò è tanto più vero in quanto «nel giudizio instaurato, ai sensi dell'art. 1225 c.c., per la divisione delle spese di manutenzione o ricostruzione del solaio divisorio comune, dal proprietario del piano sovrastante nei confronti del proprietario di quello inferiore o viceversa, non sussiste la necessità di integrare il contraddittorio nei confronti di altri soggetti e, specificamente, del condominio, in quanto il rapporto dedotto in giudizio è afferente solo alla titolarità del diritto di proprietà dei piani divisi dal solaio» (così Cass. civ., sez. II, 28 gennaio 2003, n. 1225). La chiara formulazione della norma, che dispone sostanzialmente solo in ordine alla ripartizione delle spese, potrebbe far pensare ad una esclusione della fattispecie in esame dall'ambito di applicabilità del noto principio di presunzione legale di comunione cui si è fatto cenno, tuttavia il mancato inserimento dell'art. 1125 c.c. nell'ambito dell'art. 1138 c.c. (nella parte in cui individua le norme inderogabili anche in presenza di regolamento condominiale) rende lo stesso articolo in esame modificabile in presenza di diversa convenzione tra le parti. In tal senso, quindi, considerato che raramente i regolamenti di condominio intervengono per una differente disciplina della materia in esame, di carattere specifico, può accadere che i due soggetti interessati esprimano una concorde volontà di disciplinare i rispettivi diritti, determinando convenzionalmente oltre i lavori da eseguire, anche chi debba sostenerne la spesa ed in quale percentuale. In assenza di tale accordo trova piena applicazione il criterio indicato dall'art. 1125 c.c., il che tuttavia, non elimina il diritto di rimborso del condomino che abbia provveduto alle opere per la manutenzione e ricostruzione di volte, soffitti e solai purché dimostri di aver operato in condizione di necessità e di urgenza, ovvero dell'indifferibilità, e di aver agito secondo il criterio del buon padre di famiglia.
Va da ultimo osservato che il regime di ripartizione delle spese previsto dall'art. 1125 c.c. riguarda le ipotesi in cui la necessità delle riparazioni non sia da attribuirsi ad alcuno dei condomini, mentre quando il danno sia ascrivibile ad uno di essi trova chiaramente applicazione, anche in ordine ad eventuale richiesta di risarcimento del danno, il principio di responsabilità in capo a colui che tale danno ha cagionato (Cass. civ., sez. II, 8 settembre 2011, n. 18240). In merito all'onere della prova, pertanto, qualora il condomino del piano sottostante agisca nei confronti del condomino del piano di sopra per il risarcimento dei danni al suo solaio deve dimostrare, ai sensi dell'art. 2043 c.c., che essi dipendono da fatti imputabili a quest'ultimo. In difetto si applica - come detto - l'art. 1125 c.c. con la conseguente inapplicabilità dell'art. 2051 c.c. diretta a tutelare i terzi danneggiati dalle cose che altri hanno in custodia ma non i comunisti tra loro (Cass. civ., sez. II, 16 ottobre 2001, n. 12617). Tipologia delle spese
L'art. 1125 c.c., nella seconda parte, individua quali sono le spese che sono a carico del proprietario dell'appartamento situato al piano superiore e quali quelle in capo al condomino sottostante, indicando per il primo solo la copertura del pavimento e per il secondo l'intonaco, la tinta e la decorazione del soffitto. Ancora una volta emerge come il fondamento di tale ripartizione vada riconosciuto nella utilitas che ciascuno dei due soggetti interessati trae dai singoli componenti dei beni oggetto di normativa, con un maggior aggravio per il proprietario del piano sovrastante in ragione del fatto che il pavimento, struttura essenziale per la costituzione ed utilizzo dell'immobile, rappresenta l'area di calpestio necessaria per l'appartamento del piano superiore. Per quanto concerne la «copertura del pavimento» il legislatore ha inteso ricomprendere nel termine non solo qualsiasi tipo di pavimentazione a copertura (marmo, parquet, ceramiche ed altro), ma anche tutte quelle opere accessorie che si rendano necessarie per la posa in opera dei materiali al fine di ottenere il prodotto finito, quale il massetto o sottofondo in cemento. Il pavimento, appartenendo in via esclusiva al proprietario dell'abitazione, che lo può liberamente rimuovere e sostituire in ragione della propria utilità e convenienza, deve essere distinto dal solaio divisorio, che è struttura comune ai due proprietari tra loro sovrastanti. Le spese poste a carico del proprietario dell'appartamento sottostante sono quelle testualmente indicate nell'art. 1125 c.c. il cui elenco, tuttavia, non è esaustivo in quanto il legislatore ha inteso avere come obiettivo interventi non strutturali, lasciando il campo aperto ad altre opere di carattere estetico od igienico, come ad esempio decorazioni, stucchi ed altro. Il solaio del balcone
La struttura di separazione tra due unità immobiliari, localizzate su altrettanti piani sovrastanti, può essere costituita anche dalla superficie di due balconi sovrapposti. Si parla di balcone in aggetto allorché il manufatto si protende nel vuoto oltre la facciata dell'edificio, così rappresentando un prolungamento della superficie dell'appartamento dal quale vi si accede. Il manufatto, pur coprendo il sottostante balcone, sempre in aggetto, non costituisce elemento strutturale di quest'ultimo e, quindi, ad esso non si applica il regime legale delle spese previsto dall'art. 1125 c.c. Ne consegue che le spese ad esso inerenti sono interamente a carico del suo proprietario. Esso costituisce elemento accidentale del fabbricato, privo di funzione portante ed è oggetto di godimento esclusivo da parte del proprietario dell'appartamento cui è annesso, di cui costituisce pertinenza. Al c.d. piano di calpestio - parte superiore del balcone - corrisponde la soletta, o parte inferiore, rispetto alla quale si sono posti, nel corso degli anni, problemi in relazione tanto alla presunzione di comunione tra i due soggetti interessati, quanto alle modalità di ripartizione delle relative spese che sono stati oramai definitivamente risolti dalla giurisprudenza.
Altra tipologia di balconi è costituita dai c.d. balconi ad incasso o a loggia, che non sporgono rispetto ai muri perimetrali dell'edificio ma rimangono in essi contenuti, in quanto sono posizionati in nicchie, delimitate lateralmente da pareti confinanti con proprietà esclusive e/o condominiali. In questo caso la soletta del balcone viene considerata prolungamento del solaio dell'appartamento, svolgendo la funzione di separazione, sostegno e copertura delle diverse porzioni dello stabile. La natura strutturale del bene e la peculiare struttura dell'edificio, pertanto, implica l'applicabilità a tale ipotesi dell'art. 1125 c.c. Nella specie si tratterebbe di un'interpretazione estensiva del dettato codicistico. L'art. 1125 c.c. può essere applicato, in via analogica, anche all'ipotesi in cui uno o più locali di proprietà di un solo condomino abbiano il solaio di copertura in comune con un bene di carattere condominiale, come ad esempio un cortile oppure un viale di accesso all'edificio. In questo senso si è espressa la giurisprudenza che, escludendo il ricorso all'art. 1126 c.c., ha ritenuto, nella fattispecie, sussistenti le condizioni per l'applicazione del citato art. 1125 c.c., che rappresenta una particolare applicazione del principio generale in materia di oneri condominiali previsto dall'art. 1123, comma 2, c.c.. Argomentando, in particolare, che «l'usura della pavimentazione del cortile è determinata dall'utilizzazione esclusiva che della stessa viene fatta dalla collettività dei condomini, per cui deve trovare applicazione il principio ubi eadem ratio ibis eadem legis dispositio» (così Cass. civ., sez. II, 14 settembre 2005, n. 18194). Orientamento confermato dalla stessa Corte e negli stessi termini, affermando che, in materia di condominio, qualora si debba procedere alla riparazione del cortile o viale di accesso all'edificio condominiale, che funga anche da copertura per i locali sotterranei di proprietà esclusiva di un singolo condomino, ai fini della ripartizione delle relative spese non si può ricorrere ai criteri previsti dall'art. 1126 c.c., ma si deve, invece, procedere ad un'applicazione analogica dell'art. 1125 c.c., il quale accolla per intero le spese relative alla manutenzione della parte della struttura complessa identificantesi con il pavimento del piano superiore a chi con l'uso esclusivo della stessa determina la necessità della inerente manutenzione, in tal senso verificandosi un'applicazione particolare del principio generale dettato dall'art. 1123, comma 2, c.c. (Cass. civ., sez. II, 5 maggio 2010, n. 10858, la quale, in applicazione di tale principio, ha cassato la sentenza impugnata, e decidendo nel merito ha accolto l'opposizione di un condominio avverso la delibera con la quale le spese di riparazione del cortile comune erano state poste a carico per un terzo del condominio e per due terzi del proprietario esclusivo di un sottostante locale, ritenendosi che l'usura della pavimentazione del cortile era stata determinata dall'utilizzazione esclusiva che della stessa veniva fatta dalla collettività dei condomini). Terzago, Il condominio. Trattato teorico-pratico, Milano, 2015, 349; Lazzaro - Di Marzio - Petrolati, Codice del condominio, Milano, 2014, 234; Scarpa, Il nuovo condominio, Torino, 2013, 1011; Giuggioli - Giorgetti, Le nuove leggi civili - Il nuovo condominio, Milano, 2013, 202; De Tilla, Manutenzione e ricostruzione del solaio divisorio comune, in Arch. loc. e cond., 2003, 649. |