Opposizione a decreto ingiuntivo e impugnativa della delibera assembleare

01 Settembre 2017

Si affronta la tematica, di frequente ricorrenza nella prassi condominiale e giudiziaria, dei rapporti tra decreto ingiuntivo chiesto ed ottenuto dall'amministratore per la riscossione dei contributi condominiali ai sensi dell'art. 63 disp. att. c.c. e impugnativa della delibera assembleare in forza della quale l'ingiunzione é stata emessa, analizzando, alla luce dei recenti arresti del giudice di legittimità, i relativi profili di possibile interferenza e le forme di tutela per il condomino destinatario dell'ingiunzione.
Il quadro normativo

L'art. 63 disp. att. c.c., al comma 1, prevede che l'amministratore, sulla scorta del bilancio approvato dall'assemblea unitamente al piano di riparto individuale, può ottenere decreto ingiuntivo, provvisoriamente esecutivo per così procedere all' esazione degli oneri non spontaneamente versati dai condomini.

Trattasi di procedura ingiuntiva speciale che, con riferimento al modello procedimentale ingiuntivo ordinario, così come disciplinato dagli artt. 633 ss. c.p.c., si peculiarizza, perché: la prova scritta del credito (ex art. 634 c.p.c.) è costituita da un atto di unilaterale formazione del soggetto che s'assume creditore; l'ingiunzione è corredata, ex lege, dell'attributo della provvisoria esecutorietà, laddove l'art. 642 c.p.c., quale regola generale, prevede che, ricorrendo specifiche ipotesi, tale esecutorietà possa essere concessa sin dalla pronuncia del titolo ingiuntivo, però sempre su richiesta di parte.

Nel caso in cui il ricorso per ingiunzione, quanto a pertinente prova scritta, venga fondato sulla sola deliberazione assembleare di approvazione del bilancio senza il relativo piano di riparto individuale, si ritiene, comunque, possibile la pronuncia del decreto ingiuntivo senza, però, la concessione di provvisoria esecuzione.

Tale disciplina di evidente favor, importante espressa deroga a quella generale del procedimento monitorio, si giustifica in ragione dell'esigenza, in tal modo avvertita e soddisfatta dal legislatore, di permettere all'amministratore del condominio di poter celermente acquisire, dai relativi obbligati, le risorse necessarie per provvedere alla attività conservativa delle parti comuni e alla prestazione dei servizi di interesse collettivo, in adempimento dei propri compiti d'istituto.

Trattasi di incombenti che presentano, poi, risvolti di indubbia rilevanza collettiva che trascendono la posizione soggettiva individuale condominiale - se solo si considera che, quanto alle parti comuni, la loro salvaguardia è utile ad evitarne rovina e conseguente possibilità di danni verso i terzi e che, quanto ai servizi, il carattere essenziale loro ordinariamente riferibile ne impone la regolare erogazione per evitare nocumento alla persona destinataria - e, quindi, non possono tollerare soluzione di continuità ovvero apprezzabile stasi temporale quanto al loro intervento, di tal ché la disponibilità della provvista economica necessaria per farvi fronte trova ampia e condivisibile giustificazione.

Profili di criticità: opposizione ex art. 645 c.p.c. e contestazione della validità della delibera posta a fondamento del titolo monitorio opposto.

È quindi evidente, sulla scorta di quanto evidenziato, che la sorte del titolo ingiuntivo chiesto ed ottenuto dall'amministratore ai sensi dell'art. 63 disp. att. c.c. possa dipendere dalla validità e/o efficacia della delibera assembleare, approvativa del bilancio e del relativo piano di riparto, che ne ha consentito l'emissione.

E, invero, criticità si prospettano nel caso in cui al decreto ingiuntivo chiesto ed ottenuto ai sensi dell'art. 63 disp. att. c.c., venga proposta opposizione, ex art. 645 c.p.c., e i motivi di opposizione si incentrino sulla validità della deliberazione assembleare alla cui stregua il titolo monitorio è stato emesso, come nel caso in cui il condominio ingiunto opponente deduca di non essere stato convocato alla seduta in seno alla quale detta deliberazione sia stata assunta ovvero contesti la congruenza della spesa deliberata.

In linea di principio deve escludersi che nel giudizio di opposizione la parte opposta, per paralizzare l'azione ingiuntiva e pervenire alla revoca del titolo monitorio in contestazione, possa proporre critiche incentrate sulla validità della delibera approvativa del bilancio e del pertinente piano di riparto individuale.

Come costantemente e condivisibilmente sostenuto, in materia, dalla Corte di Cassazione, ciò che assume rilievo è unicamente l'esecutività della decisione dell'assise condominiale che supporta validamente il provvedimento monitorio fatto oggetto di gravame.

L'esecutività è un attributo originario, genetico, della delibera assembleare di cui può esserne privata o a seguito di relativo provvedimento del giudice, ai sensi dell'art. 1137, comma 3, c.c. - che, a sua volta, può intervenire o incidentalmente nel corso del giudizio di impugnazione della medesima deliberazione ovvero per effetto di autonoma istanza cautelare ad hoc (ex art. 1137, comma 4, c.c.) - ovvero a seguito dalla sentenza dichiarativa dell'invalidità, resa a definizione del relativo procedimento di suo gravame.

L'opposizione, pertanto, come evidenziato dal giudice di legittimità, potrà avere ad oggetto la sussistenza del debito - perché, in ipotesi, già saldato ovvero adempiuto nelle more tra la richiesta e la pronunzia del decreto ingiuntivo ovvero dopo la sua emissione - e/o la documentazione costituente prova scritta dell'ingiunzione ovvero il verbale della delibera assembleare - a titolo esemplificativo perché il documento prodotto in sede monitoria non corrisponde a quello con cui è stato approvato il bilancio al quale il credito ingiunto avrebbe causale inerenza - ma non anche la validità della stessa, che può venire contestata, in via separata, solamente con l'impugnazione di cui all'art. 1137 c.c. (ex plurimis, v. Cass.civ., sez. II, 20 luglio 2010, n. 17014; Cass. civ., sez. II, 24 agosto 2005, n. 17206).

Sul punto, è utile il richiamo al pronunciamento delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione del 18 dicembre 2009, n. 26629, per il quale «nel procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di contributi condominiali, il giudice deve limitarsi a verificare la perdurante esistenza ed efficacia delle relative delibere assembleari, senza poter sindacare, in via incidentale, la loro validità, essendo questa riservata al giudice davanti al quale dette delibere siano state impugnate».

Va, infatti, rilevato che, laddove venisse ammessa la possibilità di poter sindacare la legalità del deliberato verrebbe, di conseguenza, ad affermarsi la possibilità di suo giudiziale scrutinio indipendentemente dal rispetto dei termini preclusivi dettati dall'art. 1137 c.c. per la tempestiva impugnazione e la cui previsione risponde ed esigenze di certezza nell'assetto delle relazioni intersubiettive condominiali.

Eventuale possibilità del simultaneus processus e rapporti tra i procedimenti

Deve, per altro verso, rilevarsi che ciò che non può ammettersi, secondo la ricostruzione pretoria dell'istituto del decreto ingiuntivo chiesto ed ottenuto ai sensi dell'art. 63 disp. att. c.c. e ai pertinenti rapporti tra giudizio avente ad oggetto la validità del titolo alla cui stregua l'ingiunzione è stata emessa (id est il deliberato assembleare approvativo del relativo bilancio gestorio e del pertinente piano individuale di riparto) e il titolo monitorio è l'apprezzamento, in termini incidentali, della validità di esso deliberato, secondo le svariate forme tipologiche (di nullità e/o annullabilità) secondo le quali potrebbe variamente atteggiarsi.

Nulla, invece, esclude che essa validità possa essere autonomamente dedotta anche nell'ambito del procedimento di opposizione ex art. 645 c.p.c., in modo espresso e distinto, così originando un cumulo oggettivo di giudizi ai sensi dell'art. 103 c.p.c.

Non può, cioè, il giudice dell'opposizione, ex art. 645 c.p.c., ritenere il titolo ingiuntivo emesso illegittimamente (ed eventualmente pronunciarne la revoca) perché il deliberato costituente sua «prova scritta», all'esito di una verifica condotta incidentalmente ex art. 34 c.p.c., ossia limitatamente al solo giudizio di opposizione, quale passaggio del percorso logico per pervenire alla sua definizione, venga, a sua volta, ritenuto illegittimo e, quindi, «disapplicato» quanto alla sua idoneità a dare prova del credito del condominio.

Potrà, invece, il giudice dell'opposizione ex art. 645 c.p.c. valutare la legittimità della deliberazione assembleare posta a fondamento probatorio scritto del titolo monitorio fatto contestualmente oggetto di giudiziale gravame nel medesimo procedimento laddove vi sia espressa e precisa domanda in tal senso della parte opponente; in tal caso, la relativa decisione circa la validità del deliberato non avrà carattere incidentale ma sarà, invece, oggetto di autonomo apprezzamento valutativo in via principale.

E', comunque, evidente la possibilità di interferenze tra il procedimento di opposizione ex art. 645 c.p.c. e il procedimento di impugnazione della deliberazione sulla cui scorta il titolo ingiuntivo opposto sia stato chiesto ed ottenuto.

Laddove si tratti di procedimenti distinti, deve, però, escludersi che il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo possa essere sospeso, ai sensi dell'art. 295 c.p.c., sino alla irrevocabile definizione dell'ulteriore procedimento avente ad oggetto l'impugnativa della delibera assembleare, poiché tra essi non può riscontrarsi relazione di giuridica pregiudizialità la cui sola sussistenza legittima l'applicazione del meccanismo sospensivo.

Il tema è stato adeguatamente ed esaustivamente affrontato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza del 27 febbraio 2007, n. 4421, per la quale «la sospensione necessaria del processo ex art. 295 c.p.c., nell'ipotesi di giudizio promosso per il riconoscimento di diritti derivanti da titolo, ricorre quando in un diverso giudizio tra le stesse parti si controverta dell'inesistenza o della nullità assoluta del titolo stesso, poiché al giudicato d'accertamento della nullità - la quale impedisce all'atto di produrre ab origine qualunque effetto, sia pure interinale - si potrebbe contrapporre un distinto giudicato, di accoglimento della pretesa basata su quel medesimo titolo, contrastante con il primo. Detto principio di inesecutività del titolo impugnato a seguito di allegazione della sua originaria invalidità assoluta è derogato, nella disciplina del condominio, da un sistema normativo che mira all'immediata esecutività del titolo, pur in pendenza di controversia, a tutela di interessi generali ritenuti prevalenti e meritevoli d'autonoma considerazione, sicché il giudice non ha il potere di disporre la sospensione della causa di opposizione a decreto ingiuntivo, ottenuto ai sensi dell'art. 63 disp. att. c.c., in relazione alla pendenza del giudizio in cui sia stata impugnata la relativa delibera condominiale, restando riservato al giudice dell'impugnazione il potere di sospendere ex art. 1137, comma 2, c.c. l'esecuzione della delibera. Non osta a tale disciplina derogatoria il possibile contrasto di giudicati in caso di rigetto dell'opposizione all'ingiunzione e di accoglimento dell'impugnativa della delibera, poiché le conseguenze possono essere superate in sede esecutiva, facendo valere la sopravvenuta inefficacia del provvedimento monitorio, ovvero in sede ordinaria mediante azione di ripetizione dell'indebito”.

Tale pronuncia si segnala perché dà analitica evidenza ai singoli e specifici profili, d'ordine prettamente giuridico, che qualificano, nel senso della specialità, il procedimento monitorio ex art. 63 disp. att. c.c., facendolo deviare dai canoni ordinari del procedimento per decreto ingiuntivo, come delineati dagli art. 633 e ss. c.p.c.

Per completezza ricostruttiva deve, poi, darsi menzione del recente arresto esegetico del giudice di legittimità, per il quale, nel caso di procedimento ex art. 645 c.p.c. avverso titolo ingiuntivo emesso ai sensi dell'art. 63 disp. att. c.c., sarebbe possibile il rilievo officioso, e la conseguente disapplicazione, della deliberazione assembleare laddove affetta da nullità.

In tal senso è intervenuta la sentenza della Corte di Cassazione, sez. II, 12 gennaio 2016, n. 305 per la quale «nel procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di oneri condominiali, il limite alla rilevabilità d'ufficio dell'invalidità delle sottostanti delibere non opera allorché si tratti di vizi implicanti la loro nullità, trattandosi dell'applicazione di atti la cui validità rappresenta un elemento costitutivo della domanda».

Tale pronunciamento, come evidenziato anche nella relativa parte motiva, si inserisce in un più ampio trend interpretativo incentrato sul doveroso rilievo officioso delle cause di nullità di atti negoziali, che ha trovato formale espressa enunciazione nella sentenza delle Sezioni Unite del 12 dicembre 2014, n. 26242.

Detto principio, vale osservare, può trovare indubbia e pacifica applicazione nell'ambito contrattuale comune nel mentre, per quel che concerne il contesto negoziale condominiale, non può non tener conto delle sue peculiarità e profili di specialità, come evidenziati nella richiamata sentenza delle Sezioni Unite del 27 febbraio 2007, n. 4421 che, in tale ottica, ha offerto una chiara e corretta lettura esegetica del relativo sistema di disciplina.

Con successiva sentenza Cass. civ., Sez. II, 19 febbraio, 2016 n. 3354, la Corte Regolatrice ha, peraltro, ribadito il proprio precedente assetto interpretativo, affermando che «l'ambito del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di oneri condominiali, ex art. 63 disp. att. c.c., è limitato alla verifica dell'esistenza ed efficacia della sottostante delibera assembleare di approvazione e riparto della spesa e non si estende alle questioni concernenti la validità della stessa»; non avendo differenziato, nell'ambito del genus «invalidità», tra situazioni patologiche di nullità ovvero di annullabilità sembra, pertanto, riaffermata la pregressa regola pretoria, come sostenuta nella decisione a Sezioni Unite 18 dicembre 2009, n. 26629, predicativa della insensibilità delle possibili invalidità della delibera nel giudizio di opposizione a titolo monitorio emesso alla sua stregua.

Ad ulteriore conferma è, quindi, intervenuta l'ulteriore pronuncia di Cass. civ., sez. II, 23 febbraio 2017, n. 4672, per la quale, con efficace ed eloquente summa riassuntiva, è stato sostenuto che «nel procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di contributi condominiali, il giudice deve limitarsi a verificare la perdurante esistenza ed efficacia delle relative delibere assembleari, senza poter sindacare, in via incidentale, la loro validità, essendo tale sindacato riservato al giudice davanti al quale dette delibere sono state impugnate» e, in cronologica successione confermativa, l'ordinanza del 24 marzo 2017, n. 7741, per la quale «nel procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di contributi condominiali, non assume rilevanza l'avvenuta impugnazione, in separato giudizio, della deliberazione assembleare posta a fondamento della domanda monitoria, atteso che il giudice dell'opposizione deve limitarsi a verificarne la perdurante esistenza ed efficacia, senza poterne sindacare, incidentalmente, la validità, dovendo accogliere l'opposizione solo quando la delibera condominiale abbia perduto la sua efficacia per esserne stata sospesa l'esecuzione dal giudice dell'impugnazione o per essere stata da questi annullata con sentenza anche non passata in giudicato».

Simultaneus processus e regole di competenza

Nel caso in cui l'impugnativa della delibera assembleare venga proposta nel medesimo procedimento ex art. 645 c.p.c. è, poi, necessario preliminarmente accertare, ai fini dell'eventuale simultaneus processus, la competenza del giudice adito anche con riferimento allo scrutinio di validità della delibera fatta contemporaneamente oggetto di giudiziale gravame ex art. 1137 c.c.

Potrebbero, infatti, registrarsi situazioni in cui il giudice che ha reso il titolo monitorio opposto non sia competente anche per il giudizio avente ad oggetto l'impugnazione del deliberato - ciò potrebbe accadere qualora il procedimento ex art. 645 c.p.c. sia stato proposto, poiché già emittente il titolo monitorio, dinanzi il giudice di pace che non abbia, però, competenza a conoscere della delibera, ad esempio perché il valore della res disputanda ecceda l'importo di euro 5.000,00 - e, quindi, non si possa pronunziare sulla domanda di impugnativa della deliberazione.

Ricorrendo tale evenienza deve, però, escludersi che il giudice di pace, qualificata giuridicamente la domanda di impugnativa della deliberazione assembleare come istanza riconvenzionale, facendo applicazione del meccanismo processuale previsto dall'art. 36 c.p.c., possa dichiarare la propria incompetenza e rimettere le parti dinanzi il tribunale con riferimento all'intero procedimento, comprensivo sia del giudizio ex art. 645 c.p.c. che dell'impugnativa ex art. 1137 c.c.

Osta, a tale possibilità, la considerazione per la quale la competenza per l'opposizione a decreto ingiuntivo, attribuita dall'art. 645 c.p.c. all'ufficio giudiziario cui appartiene il giudice che ha emesso il decreto, ha carattere funzionale ed inderogabile, stante l'assimilabilità del giudizio di opposizione a quello di impugnazione, e, pertanto, non può subire modificazioni neppure per una situazione di connessione, senza che rilevi in contrario la eliminazione della regola della rilevabilità d'ufficio delle competenze c.d. forti in ogni stato e grado del giudizio (in tal senso, v. Cass. civ., sez. II, 2 febbraio 2004, n. 1812).

In tali situazioni il giudice di pace adito deve provvedere alla separazione delle due cause, trattenendo dinanzi a sé quella avente ad oggetto l'opposizione a decreto ingiuntivo e rimettendo la sola domanda di impugnativa dinanzi il tribunale; laddove ciò non accada e trasmigri al tribunale l'intero giudizio, dovrà essere il giudice ad quem a sollevare d'ufficio il regolamento di competenza ex art. 42 c.p.c. e a chiedere alla Corte di Cassazione di disporre la (ri)assegnazione del giudizio ex art. 645 c.p.c. al giudice di pace remittente.

In conclusione

Poiché la validità del titolo monitorio emesso ai sensi dell'art. 63 disp. att. c.c. presuppone la perdurante efficacia della delibera assembleare alla cui stregua ne è intervenuta l'emissione, potrà pervenirsi a sua giudiziale revoca sia quando sopravvenga pronuncia cautelare di sospensione dell'efficacia della delibera assembleare, sia qualora tale delibera venga annullata anche soltanto con sentenza di primo grado ancora non passata in cosa giudicata.

Sul punto deve richiamarsi il principio interpretativo di legittimità per il quale, «nel procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di contributi condominiali, il giudice deve accogliere l'opposizione qualora la delibera condominiale abbia perduto la sua efficacia, per esserne stata l'esecuzione sospesa dal giudice dell'impugnazione, ex art. 1137, comma 2, c.c., o per avere questi, con sentenza sopravvenuta alla decisione di merito nel giudizio di opposizione ancorché non passata in giudicato, annullato la deliberazione» (così Cass.civ., sez. II, 14 novembre 2012, n. 19938).

Tale opzione ermeneutica si fonda sulla considerazione per la quale anche la sentenza di primo grado, sebbene non irrevocabile, può comunque esplicare un'efficacia di accertamento al di fuori del procedimento in seno al quale è stata emessa, e ciò perché corredata di una imperatività, diretta conseguenza delle sue modalità giurisdizionali di formazione.

In tal modo un sistema di disciplina incentrato sulla estrema valorizzazione delle esigenze e dei bisogni dell'apparato gestorio condominiale in punto di procacciamento delle risorse necessarie per il proprio funzionamento viene opportunamente temperato, concedendo spazi di tutela anche al singolo condomino le cui ragioni, sebbene non ancora accertate in via definitiva, abbiano comunque avuto un primo positivo riscontro ed escludendo la necessità del giudicato - i cui tempi di conseguimento, nel caso di suo raggiungimento all'esito dell'esperimento dei gravami di rito non sarebbero certamente celeri - per poter paralizzare un'azione di riscossione che, sulla scorta di una prima verifica giurisdizionale non appare legittimamente esercitata.

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