Restituzione della cosa locata

Massimo Falabella
03 Agosto 2017

A norma dell'art. 1590 c.c. il conduttore, al termine della locazione, deve restituire la cosa locata nello stato in cui l'ha ricevuta. L'obbligazione in questione va riguardata sotto tutti i profili giuridicamente rilevanti: deve essere chiarito chi è legittimato a ricevere il bene, dove, come e quando l'obbligazione stessa vada adempiuta. Soprattutto, va approfondito di quali eventuali deterioramenti il conduttore risponda, tenuto conto che nel corso del rapporto il bene è soggetto a un certo degrado e, proprio in considerazione di questo, il codice attribuisce rilievo al logoramento della cosa derivante dall'uso o dalla vetustà.
Inquadramento

L'obbligazione restitutoria non viene menzionata dall'art. 1587 c.c., che pure enuncia le «obbligazioni principali del conduttore», ma trova la sua collocazione nell'art. 1590 c.c.

In evidenza

Detta obbligazione ha pacificamente natura contrattuale: diviene attuale allorché la locazione è cessata, ma la restituzione trova il proprio fondamento causale nel rapporto intercorso. In conseguenza, deve considerarsi contrattuale sia la responsabilità per ritardata restituzione della cosa (art. 1591 c.c.), sia quella per i danni arrecati al bene nel corso della locazione (art. 1590 c.c.).

L'obbligazione di restituire, pur avendo natura contrattuale, non ha però carattere sinallagmatico, ma consegue alla natura propria della locazione, che si configura come contratto a termine (Cass. civ., sez. III, 15 maggio 2007, n. 11189): e infatti, chi dà in locazione una cosa non lo fa perché essa gli venga restituita, ma per ricevere un corrispettivo; è inoltre facile osservare che una risoluzione del contratto per mancata restituzione del bene non sia nemmeno concepibile, dal momento che l'obbligo di riconsegnare nasce una volta che il contratto è cessato, e, dunque, allorquando una pronuncia risolutoria (che presuppone l'esistenza in vita del vincolo contrattuale) non può più intervenire.

L'oggetto dell'obbligazione è un facere indivisibile, dal momento che la riconsegna del bene richiede che all'attività del conduttore di effettiva immissione della cosa nella sfera di concreta disponibilità del locatore faccia riscontro la cooperazione di questo nel ricevere la consegna e non può, pertanto, identificarsi in atti antecedenti o preparatori del conduttore, quali il trasferimento altrove della propria abitazione e l'invito al locatore di ricevere la consegna dell'immobile (Cass. civ., sez. III, 20 febbraio 1993, n. 2071).

L'obbligazione di restituzione della cosa esige poi che il rapporto di locazione abbia trovato attuazione con la consegna del bene: è stato così precisato, in giurisprudenza, che in materia di responsabilità per omessa restituzione in termini della cosa locata, gli artt. 1590 e 1591 c.c. non possano trovare applicazione ove la locazione non abbia avuto inizio o regolare esecuzione (Cass. civ., sez. III, 21 giugno 1972, n. 2008).

E' inoltre necessario che il contratto sia cessato: e cioè che la locazione sia venuta meno per scadenza del termine o per una causa di estinzione anticipata, come, ad esempio, la risoluzione per inadempimento, il recesso, o lo scioglimento del contratto per mutuo consenso. Non può invece parlarsi di obbligo di restituzione ex art. 1590 c.c. ove il negozio sia colpito da una patologia che escluda la stessa valida costituzione del vincolo (come accade nelle ipotesi di nullità e annullabilità del contratto).

Soggetti, tempo, luogo e modalità di esecuzione della prestazione

Destinatario della riconsegna è il soggetto che, al termine della locazione, sia da identificare come locatore; potrebbe quindi anche trattarsi di una persona diversa dall'originario contraente: il che si verifica, ad esempio, nel caso di intervenuto trasferimento della cosa locata (art. 1602 c.c.). In quest'ultima ipotesi il conduttore potrà contestare il titolo d'acquisto del terzo che richieda il rilascio perché l'acquisto costituisce il titolo della surrogazione di quel soggetto nei diritti e nelle obbligazioni derivanti dal contratto di locazione (Cass. civ., sez. III, 5 maggio 2000, n. 5699).

Obbligato alla prestazione è invece il conduttore.

Come si è detto, l'obbligo di riconsegna sorge per effetto della cessazione della locazione, onde il tempo in cui la prestazione deve essere eseguita è quello in cui il contratto cessa di produrre i suoi effetti: da allora il locatario è in mora, con le conseguenze previste dall'art. 1591 c.c..

Quanto al luogo della consegna, l'art. 1590, comma 4, c.c. precisa che le cose mobili vadano restituite ove sono state consegnate. La norma - a ben vedere - deroga alla disposizione di cui all'art. 1182, comma 2, c.c., secondo cui l'obbligazione di consegnare una cosa certa e determinata deve essere adempiuta nel luogo in cui la cosa stessa si trovava allorquando l'obbligazione è sorta: infatti, come è stato osservato, l'obbligazione di restituire sorge con la stipula del contratto; in conseguenza, senza l'esplicita previsione che si è richiamata il luogo dell'adempimento sarebbe quello della conclusione della convenzione locatizia (art. 1182, comma 2 c.c.) e non quello della consegna. Del tutto ovvio, poi, che la restituzione dell'immobile si attui nel locus rei sitae (tale ubicazione coincidendo con quella di cui all'art. 1182, comma 2, c.c., ma anche col luogo desumibile dalla natura della prestazione, giusta il comma 1 dello stesso articolo).

L'obbligazione restitutoria si intende adempiuta col trasferimento della detenzione del bene dal conduttore al locatore. Deve trattarsi, evidentemente, di restituzione piena e senza riserve: così, la restituzione dell'immobile si attua con la riconsegna delle chiavi o con l'incondizionata messa a disposizione del bene (v., ad esempio, Cass. civ., sez. III, 17 gennaio 2012, n. 550). La riconsegna non si attua, invece, con l'abbandono della cosa locata (Cass. civ., sez. I, 30 marzo 1977, n. 1218), né - come sopra accennato - con il semplice invito al locatore a ricevere il bene, anche se tale invito potrà escludere la mora nella restituzione, a norma dell'art. 1220 c.c..

Si ritiene, infatti, che il conduttore non possa essere considerato in mora nell'adempimento dell'obbligo di restituzione della cosa alla scadenza del contratto, e nemmeno tenuto, in conseguenza, a corrispondere l'indennità di occupazione, se abbia fatto, ai sensi dell'art. 1220 c.c. un'offerta seria ed affidabile, ancorché non formale, della prestazione dovuta, liberando l'immobile locato, e il locatore abbia opposto a tale offerta un rifiuto ingiustificato sulla base del dovere di buona fede ex art. 1375 c.c. (in tal senso, v. Cass. civ., sez. III, 27 novembre 2012, n. 21004; conforme: Cass. civ., sez. III, 3 settembre 2007, n. 18496; di contrario avviso, invece, Cass. civ., sez. III, 10 febbraio 2003, n. 1941, secondo cui una offerta non formale varrebbe a preservare il conduttore dalla responsabilità per il ritardo, e, quindi, ad escludere la sussistenza, in capo allo stesso, dell'obbligo di corrispondere al locatore, a titolo risarcitorio, il «maggior danno», ossia un compenso superiore al canone stabilito nel contratto ormai cessato, ma non lo dispenserebbe dal versamento del canone, senza che rilevi, in contrario, la circostanza che il locatario abbia smesso di usare l'immobile secondo la destinazione convenuta: infatti - è stato precisato - costui potrebbe sottrarsi al pagamento solo attraverso la riconsegna del cespite al locatore o l'offerta formale di esso ai sensi dell'art. 1216 c.c.).

Non é necessario che la restituzione della cosa sia fatta constatare da apposito verbale, come pure sovente accade (Cass. civ.,sez. III, 24 marzo 2004, n. 5841): tale documento, peraltro, è senz'altro utile per documentare il rilascio, oltre allo stato del bene.

Spetta naturalmente al conduttore che assuma di non essere più tenuto all'adempimento delle obbligazioni contrattuali (come quelle di custodia, o di pagamento del corrispettivo, o di restituzione) provare che il rilascio ha avuto luogo: così, perché il conduttore possa ritenersi esonerato da ogni responsabilità per danni all'immobile locato non è sufficiente che egli provi che il rapporto di locazione ebbe a risolversi consensualmente ed anticipatamente rispetto all'evento generatore di responsabilità, essendo, altresì, necessario per lui dimostrare di avere restituito effettivamente l'immobile, comprese le chiavi relative, in adempimento dell'obbligo posto a suo carico dall'art. 1590 c.c. (Cass. civ., sez. III, 5 giugno 1996, n. 5270); allo stesso modo, nel giudizio di rilascio per finita locazione, l'onere della prova relativo alla effettuata restituzione del bene locato incombe sul conduttore, trattandosi di fatto estintivo del diritto di credito del locatore, al quale il bene va restituito al termine del rapporto locativo (quale ne sia stata la causa della cessazione), ovvero va offerto in restituzione quantomeno con modalità aventi valore di offerta non formale (Cass. civ., sez. III, 23 aprile 2004, n. 7776).

Obbligo di restituire la cosa nello stato originario

In base al comma 1 dell'art. 1590 c.c., la cosa locata va restituita nello stato iniziale, salvo il normale deterioramento risultante dall'uso attuato in conformità del contratto e il danno addebitabile a vetustà: tale conformità va valutata avendo riguardo alla descrizione operata al momento della stipula della convenzione locatizia, che quindi assume valore probatorio preminente (Cass. civ., sez. III, 1 ottobre 2004, n. 19652; Cass. civ., sez. III, 29 novembre 2013, n. 26780); in mancanza di descrizione si presume che il locatario abbia ricevuto il bene in buono stato di manutenzione (art. 1590, comma 2, c.c.). Per vincere tale presunzione il conduttore ha dunque l'onere di provare rigorosamente che le condizioni dell'immobile alla data di inizio della locazione erano dipendenti dall'incuria del locatore nella ordinaria e straordinaria manutenzione dell'immobile stesso (Cass. civ., sez. III, 7 luglio 2005, n. 14305).

La disciplina dettata dall'art. 1590 c.c., secondo cui il conduttore non risponde del normale degrado del bene concesso in locazione, tende a riversare sul locatore il peso economico della manutenzione ordinaria e straordinaria: il conduttore, quindi, risponde dei danni solo se abbia utilizzato in modo anomalo del bene o se abbia mancato di porre in essere le opere di piccola manutenzione dipendenti dai deterioramenti prodotti dall'uso, le quali gravano su di lui a norma degli artt. 1576, comma 1, e 1609, comma 1, c.c.; al di fuori di tali ipotesi, il locatario, a norma dell'art. 1590 c.c., non risponde al termine della locazione per il deterioramento risultante dall'uso della cosa in conformità del contratto (Cass. civ., sez. III, 28 novembre 1988, n. 6408), giacché tale deterioramento si pone come limite all'obbligo del conduttore di restituire la cosa, al termine del rapporto, nello stato in cui l'aveva ricevuta (Cass. civ., sez. III, 8 febbraio 1990, n. 880). Proprio la disciplina contenuta nell'art. 1609, comma 1, c.c. comporta, poi, che il locatore che agisca contro l'inquilino per il rimborso delle spese di riparazione dell'immobile che assume dipendenti dalla omessa manutenzione dovuta da quest'ultimo abbia l'onere di dimostrare, in conformità con le regole generali sull'onere della prova, i presupposti del relativo diritto, e, quindi, che si tratti di danni conseguenti all'assenza di riparazioni di piccola manutenzione rese necessarie dal deterioramento prodotto dall'uso (Cass. civ., sez. III, 27 maggio 2005, n. 11289).

Le parti possono convenire che il deterioramento o il consumo in conformità del contratto non esoneri il conduttore dal ripristinare il bene nello stato iniziale: la prescrizione di cui all'art. 1590, comma 1, c.c. non è infatti inderogabile. La regola non vale, tuttavia, ove il canone sia vincolato a indici predeterminati. E infatti, la Corte di legittimità, con riferimento alle vecchie locazioni abitative soggette alla disciplina dell'equo canone, ha osservato, in passato, che la clausola con la quale il conduttore si impegni a ripristinare lo stato locativo dell'immobile nelle condizioni in cui l'ha ricevuto, sia nulla ai sensi dall'art. 79 della l. n. 392/1978 perché tende ad assicurare al locatore il vantaggio, non consentitogli dalla legge, di non sopportare l'onere economico delle spese del deterioramento della cosa determinato da un uso normale della stessa, che è compensato in parte anche con il canone di locazione (Cass. civ., sez. III, 9 ottobre 1996, n. 8819; nel medesimo senso, v. Cass. civ., sez. III, 5 agosto 2002, n. 11703, secondo cui la pattuizione in parola addosserebbe al conduttore una spesa di ordinaria manutenzione, che la legge pone, di regola, a carico del locatore, giusta l'art. 1576 c.c., così attribuendo a quest'ultimo soggetto un vantaggio in aggiunta al canone, unico corrispettivo lecitamente pattuibile a carico del conduttore).

Diversi sono i responsi della giurisprudenza sulle diverse tipologie di danni, dipendenti o meno da normale deterioramento o vetustà, presenti nell'immobile al momento della sua restituzione.

CASISTICA

Pareti interne

La norma dettata dagli artt. 1576, comma 1, e 1609 c.c., secondo la quale le riparazioni di piccola manutenzione devono essere eseguite nel corso del rapporto, dal conduttore a sue spese, non comporta che il conduttore sia tenuto, al momento del rilascio, ad eliminare a sue spese le conseguenze del deterioramento subito dalla cosa locata per l'uso fattone durante la durata del contratto in conformità di questo e con l'impiego di una media diligenza, giacché il deterioramento derivato da tale uso si pone come limite all'obbligo del conduttore di restituire la cosa, al termine del rapporto, nello stato in cui l'aveva ricevuta (Cass. civ., sez. III, 8 febbraio 1990, n. 880, per cui, anche secondo le esemplificazioni scolastiche, scolorimento di pareti, scrostature screpolature ed infissi di chiodi concretano uno scadimento del bene riferibile ad un suo normale godimento).

La disposizione contenuta nell'art. 1590 c.c. esprime una regola generale dalla quale si ricava la possibilità di un deterioramento normale della cosa locata, conseguente all'uso corretto del bene in conformità del contratto, oppure alla vetustà (art. 1609, comma 1, c.c.), che rientra nella liceità giuridica del godimento della cosa e che, dunque, il locatore è tenuto a sopportare in quanto derivante dall'utilizzo conforme al contratto (in applicazione del suddetto principio, il giudicante ha ritenuto non dovessero gravare sul conduttore - in quanto conseguenziali al deterioramento derivante dall'uso della res locata - l'imbrattamento delle pareti, come pure la presenza di fori su di essa o sui soffitti, ed anche l'arruginirsi della cancellata estensibile in ferro posta all'esterno dell'unità immobiliare) (Trib. Modena 10 luglio 2002).

Con riferimento agli obblighi gravanti sul conduttore al momento della riconsegna dell'immobile al termine del rapporto locativo, rientrano nel normale degrado d'uso i fori da tasselli nel rivestimento della cucina derivanti dalla necessità di appendere pensili e i fori per il sostegno delle tende. Inoltre, la tinteggiatura non può essere posta a carico del conduttore, atteso che rientra nel normale degrado d'uso il fatto che dopo un certo periodo di tempo i mobili e i quadri lascino impronte sulle pareti (Pret. Padova 24 giugno 1997).

Infissi esterni

La riparazione degli infissi esterni dell'immobile locato non rientra tra quelle di piccola manutenzione che l'art. 1576 c.c. pone a carico del conduttore, perché i danni riportati da questi infissi, a meno che non siano dipendenti da uso anormale dell'immobile, debbono presumersi dovuti a caso fortuito o a vetustà e debbono essere, conseguentemente, riparati dal locatore che, a norma dell'art. 1575 c.c., ha l'obbligo di mantenere la cosa locata in stato da servire per l'uso convenuto (Cass. civ., sez. III, 27 luglio 1995, n. 8191).

Pavimenti e soffitti

In tema di locazione di immobili urbani, l'obbligo di manutenzione ordinaria o straordinaria, quando non si tratta di opere di piccola manutenzione, grava sul locatore; pertanto questi non può pretendere, nel corso della locazione, il rimborso delle spese per la manutenzione delle parti dell'immobile logorate dal normale uso, né tantomeno, al termine della locazione, il risarcimento dei danni per le spese di riparazione, se non offre la prova, almeno indiziaria, dello scorretto uso della cosa da parte del conduttore (nella specie, si era confermata la sentenza di merito che, con apprezzamento di fatto incensurabile in sede di legittimità, aveva addebitato alla errata installazione di un forno elettrico in luogo di un preesistente forno a legna sia il degrado prodotto della umidità ascendente accumulatasi nelle pareti e nel controsoffitto, sia quello dei pavimenti, in parte rimossi per l'installazione del predetto forno (Cass. civ. sez. III, 7 luglio 2005, n. 14305).

Il danno risarcibile

Alla responsabilità del conduttore per la restituzione del bene in cattivo stato è correlato un obbligo risarcitorio.

Il danno emergente che il conduttore è tenuto a risarcire consiste nel costo delle riparazioni: e quindi, di regola, nella spesa sopportata per la manodopera e i materiali necessari al ripristino della cosa locata. Ove il conduttore abbia fatto un uso scorretto della cosa locata o abbia mancato di compiere le opere di piccola manutenzione, il risarcimento sarà commisurato agli interventi necessari per ricondurre il bene nella condizione in cui questo si sarebbe trovato in caso di regolare uso e di esecuzione delle necessarie riparazioni gravanti sul locatario. Nell'eventualità di innovazioni non consentite, invece, il locatore che intendesse ritenere le opere abusive realizzate dal conduttore, piuttosto che avvalersi della facoltà di ottenere la rimessione in pristino, non potrà pretendere la consegna di tali opere in perfetto stato, giacché, diversamente, egli conseguirebbe un indebito arricchimento (Cass. civ., sez. III, 7 maggio 1988, n. 3386).

E' da osservare che, poiché l'inadempimento o l'inesatto adempimento dell'obbligazione contrattuale è di per sé un illecito, ma non obbliga per ciò solo l'inadempiente al risarcimento, il conduttore non è tenuto a quest'ultimo se dal deterioramento della cosa locata, superiore a quello corrispondente all'uso della cosa in conformità del contratto, non ne è derivato, per particolari circostanze, un danno patrimoniale al locatore (Cass. civ., sez. III, 14 agosto 2014, n. 17964, in un caso in cui la pattuita riconsegna era strumentale alla ristrutturazione dell'immobile, sul cui costo il deterioramento non aveva alcuna incidenza economica; in senso conforme, ad es.: Cass. civ., sez. III, 21 febbraio 2013, n. 4352; Cass. civ., sez. III, 16 novembre 2005, n. 23086; Cass. civ., sez. III, 11 maggio 2005, n. 9872; Cass. civ., sez. III, 7 ottobre 1996, n. 8751).

Sarà poi risarcibile il lucro cessante: esso consisterà nella perdita economica sofferta per l'impossibilità di mettere a frutto il bene nel periodo occorrente alla sua rimessione in pristino; il danno è determinato in relazione all'epoca in cui i lavori potevano essere iniziati dal locatore usando l'ordinaria diligenza e al presumibile momento del loro compimento (Cass. civ., sez. III, 18 giugno 1993, n. 6798). Si esclude, in giurisprudenza, che il pregiudizio in questione vada provato con proposte formulate dai soggetti interessati alla locazione della cosa abbisognevole delle riparazioni: infatti, qualora, in violazione dell'art. 1590 c.c., al momento della riconsegna l'immobile locato presenti danni eccedenti il degrado dovuto a normale uso dello stesso, incombe al conduttore l'obbligo di risarcire tali danni, consistenti non solo nel costo delle opere necessarie per la rimessione in pristino, ma anche nel canone altrimenti dovuto per tutto il periodo necessario per l'esecuzione e il completamento di tali lavori, senza che, a quest'ultimo riguardo, il locatore sia tenuto a provare di aver ricevuto, da parte di terzi, richieste per la locazione, non soddisfatte a causa dei lavori (Cass. civ., sez. III, 1 luglio 1998, n. 6417; Cass. civ., sez. III, 31 maggio 2010, n. 13222; Cass. civ., sez. III, 21 settembre 2011, n. 19202).

E' sicuramente ammessa la rinuncia del locatore al diritto del risarcimento del danno ex art. 1590 c.c.. La configurabilità, in concreto, di tale rinuncia va tuttavia riguardata con particolare attenzione. Così, l'omessa verifica, all'atto della riconsegna delle chiavi, delle condizioni dell'appartamento locato e dei danni arrecativi dal conduttore non è, di per sé, espressione di una inequivoca volontà abdicativa del diritto del locatore al risarcimento del danno e non implica, quindi, tacita rinuncia a tale diritto (Cass. civ., sez. III, 14 ottobre 1993, n. 10152). Allo stesso modo, la prova del consenso del locatore all'apertura di una porta di comunicazione nella parete di confine tra l'immobile locato e quello limitrofo, se da un lato dimostra la liceità della realizzazione di tale apertura (che quindi non costituisce inadempimento del conduttore), dall'altro non prova che il locatore abbia rinunciato al diritto, a lui spettante ex art. 1590 c.c., di riottenere l'immobile locato nello stato in cui è stato consegnato al conduttore: e proprio la circostanza che il locatore si sia mostrato tollerante verso una innovazione (intrinsecamente non qualificabile né come miglioramento né come addizione) funzionale all'ottenimento di un commodum da parte del conduttore, dimostra che tale consenso aveva ad oggetto la realizzazione dell'innovazione a beneficio di quest'ultimo, ma non il suo sollevamento dall'obbligo di ripristinare lo stato iniziale dell'immobile al momento della riconsegna dello stesso (Pret. Firenze 28 maggio 1999).

Il rifiuto di prendere in consegna la cosa

La giurisprudenza è ferma nel ritenere che il locatore abbia facoltà di rifiutare la consegna del bene che si trovi in uno stato diverso da quello originario. Tale facoltà non è peraltro incondizionata. Infatti, nell'ipotesi in cui l'immobile offerto in restituzione dal conduttore si trovi in uno stato non corrispondente a quello descritto dalle parti all'inizio della locazione, ovvero, in mancanza di descrizione, presenti, comunque, un cattivo stato locativo, per accertare se il rifiuto del locatore di riceverlo sia o meno giustificato occorre distinguere a seconda che la cosa locata risulti deteriorata per non avere il conduttore adempiuto all'obbligo di eseguire le opere di piccola manutenzione durante il corso della locazione, ovvero per avere il conduttore stesso effettuato trasformazioni o innovazioni. Nel primo caso (trattandosi di rimuovere deficienze che non alterano la consistenza e la struttura della cosa, e non implicano l'esplicazione di un'attività straordinaria e gravosa) l'esecuzione delle opere occorrenti per il ripristino dello status quo ante rientra nel dovere di ordinaria diligenza cui il locatore è tenuto per non aggravare il danno ed il suo rifiuto di ricevere la cosa è conseguentemente illegittimo, salvo il diritto al risarcimento dei danni; nel secondo caso, poiché l'esecuzione delle opere di ripristino implica il compimento di un'attività straordinaria e gravosa, il locatore può legittimamente rifiutare la restituzione della cosa locata nello stato in cui essa viene offerta (Cass. civ., sez. III, 26 novembre 2002, n. 16685; in senso conforme, v. Cass. civ., sez. III, 14 marzo 2006, n. 5459). Si è così ritenuto che ove il conduttore abbia arrecato gravi danni all'immobile locato, o compiuto sullo stesso innovazioni non consentite, tali da rendere necessario per l'esecuzione delle opere di ripristino l'esborso di somme di notevole entità, in base all'economia del contratto e tenuto comunque conto delle condizioni delle parti, il locatore potrà legittimamente rifiutare di ricevere la restituzione del bene finché tali somme non siano state corrisposte dal conduttore, il quale, versando in mora, agli effetti dell'art. 1220 c.c., rimarrà altresì tenuto al pagamento del canone ex art. 1591 c.c., quand'anche abbia smesso di servirsi dell'immobile per l'uso convenuto (Cass. civ., sez. III, 24 maggio 2013, n. 12977).

A tale riguardo varrà pure richiamare l'art. 1197 c.c., il quale esclude che il debitore possa liberarsi eseguendo una prestazione diversa da quella dovuta (nella specie: quella di restituire il bene nello stato originario, salvo il degrado determinato dal normale uso e dalla vetustà). Se il debitore non adempie esattamente alla sua prestazione, il creditore può in linea di principio legittimamente rifiutarla, come si desume dagli artt. 1206 e 1220 c.c. Il problema si sposta, così, sulla precisa individuazione delle difformità della prestazione che, in concreto, giustifichino detto rifiuto e può certo credersi che differenze obiettivamente modeste (quali quelle determinate dalla mancata esecuzione delle opere di piccola manutenzione) non possano essere fatte valere al fine indicato.

Guida all'approfondimento

Carbone, Restituzione della cosa locata e rifiuto del locatore per danni all'immobile, in Corr. giur., 2013, fasc. 7, 1026;

Carrato, Principali profili problematici sulla responsabilità per danni da ritardata restituzione in tema di locazioni, in Corr. giur., 2010, fasc. 2, 234

De Sinno, Contratto di locazione e clausole “sproporzionate”: in merito all'obbligo contrattuale del conduttore di riconsegnare l'immobile con le pareti tinteggiate, in Arch. loc. e cond., 2012, 489;

Gabrielli - Padovini, La locazione di immobili urbani, Padova, 2005;

Tabet, La locazione-conduzione, Milano, 1972;

Mirabelli, La locazione, Torino, 1971.

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