Concordato liquidatorio: condizioni legali di ammissibilità e principio di atipicità della proposta

11 Agosto 2017

Il rispetto della disposizione dettata dall'ultimo comma dell'art. 160 l.fall. costituisce una condizione di ammissibilità della proposta di concordato e, pertanto, nell'ipotesi in cui dovesse ritenersi certa l'inidoneità del piano concordatario ad assicurare il pagamento del ceto chirografario nella percentuale minima di legge del venti per cento, la procedura deve essere revocata per l'acclarata mancanza di una condizione di ammissibilità della proposta di concordato. Il tema del valore dei beni ceduti alla massa dei creditori incide direttamente sulla..
Massima

Il rispetto della disposizione dettata dall'ultimo comma dell'art. 160 l.fall. costituisce una condizione di ammissibilità della proposta di concordato e, pertanto, nell'ipotesi in cui dovesse ritenersi certa l'inidoneità del piano concordatario ad assicurare il pagamento del ceto chirografario nella percentuale minima di legge del venti per cento, la procedura deve essere revocata per l'acclarata mancanza di una condizione di ammissibilità della proposta di concordato.

Il tema del valore dei beni ceduti alla massa dei creditori incide direttamente sulla cd. fattibilità giuridica del concordato, e quindi rientra nella sfera di cognizione tipica dell'organo giurisdizionale. Da ciò deriva che qualora il commissario giudiziale ritenga che il valore dei beni ceduti ai creditori sia insufficiente ad assicurare il pagamento dei creditori chirografari nella misura di legge del venti per cento per il tribunale è doveroso, prendendo atto di ciò, arrestare il concordato preventivo e, in presenza dei presupposti di legge, dichiarare il fallimento.

Nel concordato per cessio bonorum il debitore è tenuto ad assumere un'obbligazione di natura pecuniaria nei confronti dei titolari di un credito chirografario, o di un credito degradato al chirografo, in tal modo dovendosi tradurre l'espressione normativa secondo cui “in ogni caso la proposta di concordato deve assicurare il pagamento di almeno il venti per cento dell'ammontare dei crediti chirografari”. E' stata così introdotta una significativa eccezione al principio dell'atipicità dei contenuti del piano (e della proposta) previsto dall'art. 160, comma primo lett a) l. fall.

Il caso

Una società presentava dinanzi al Tribunale di Bergamo una domanda di concordato preventivo con la quale prevedeva la cessione ai creditori dell'intero patrimonio sociale, proponendo il pagamento integrale delle spese di procedura prededucibili e dei crediti assistiti da prelazione, nonché il pagamento dei crediti chirografari in misura pari al 42,13% entro 36/48 mesi dall'omologazione.

Aperta la procedura e fissata l'adunanza dei creditori, il collegio dei commissari giudiziali ha presentato una relazione ex art. 173 l.fall. evidenziando quattro circostanze rilevanti ai fini della eventuale revoca del decreto di ammissione al concordato. In particolare, tali rilievi sono stati i seguenti: a) valutazione errata in eccesso dell'attivo patrimoniale oggetto di cessione ai creditori da cui sarebbe derivata l'impossibilità di soddisfare i creditori chirografari nella misura minima di legge del venti per cento; b) non corretta applicazione dei principi contabili nella redazione dei bilanci; c) costituzione di garanzie reali in favore di alcuni creditori chirografari in frode al principio della par condicio creditorum; d) accertata dismissione a valori non congrui di beni immobili con conseguente soddisfacimento in misura integrale di un creditore chirografario ed in misura parziale di un creditore postergato (socio).

Il tribunale, all'esito dell'esame congiunto dei rilievi mossi dal collegio dei commissari giudiziali, ha revocato il decreto di ammissione al concordato preventivo.

La questione giuridica e la relativa soluzione

La questione giuridica di maggiore interesse trattata nel provvedimento in esame riguarda il sindacato del tribunale sulla fattibilità del piano di concordato ed in particolare sulla corretta applicazione delle disposizioni dettate dal quarto comma dell'art. 160 l.fall.. La soluzione offerta dal Tribunale di Bergamo è quella di ritenere che detta ultima disposizione normativa costituisca una condizione legale di ammissibilità della domanda di concordato e che, pertanto, il tribunale, nell'ambito dei suoi poteri di controllo sul rispetto di norme inderogabili, è tenuto a garantirne il rispetto. Accertamento, quest'ultimo, che legittimerebbe il tribunale a sindacare anche la valutazione dell'attivo indicata nel piano di concordato, atteso che tale sindacato non andrebbe ad investire la fattibilità economica del piano, che rimarrebbe in capo ai creditori, ma la fattibilità giuridica, in quanto tesa ad accertare la sussistenza di una condizione legale di ammissibilità.

Con il provvedimento in esame il Tribunale di Bergamo ha dunque evidenziato, in primo luogo, come nel concordato per cessio bonorum, il debitore sia tenuto ad assumere un'obbligazione di natura pecuniaria nei confronti dei titolari di un credito chirografario, o di un credito degradato al chirografo, perché questo è ciò che risulta dalla nuova disposizione dettata dall'ultimo comma dell'art. 160 l.fall. il quale recita “in ogni caso la proposta di concordato deve assicurare il pagamento di almeno il venti per cento dell'ammontare dei crediti chirografari”. Tale disposizione normativa, introdotta con la riforma del 2015, avrebbe determinato per il Tribunale di Bergamo il superamento del principio di atipicità del piano e della proposta previsto dall'art. 160, comma primo lett a), l.fall., quantomeno per ciò che riguarda il pagamento in misura pari ad almeno il 20%, facendo salvo detto principio per ogni eventuale ed ulteriore soddisfacimento.

Sulla base di tale considerazione, il Tribunale di Bergamo ha poi ritenuto che il rispetto della disposizione dettata dall'ultimo comma dell'art. 160 l.fall. debba essere qualificato come condizione di ammissibilità della proposta di concordato e, pertanto, nell'ipotesi in cui dovesse essere accertata l'inidoneità del piano concordatario ad assicurare il pagamento del ceto chirografario nella percentuale minima di legge, la conseguenza non potrebbe essere che l'arresto della procedura per l'acclarata mancanza di una condizione di ammissibilità della proposta di concordato.

Con riferimento poi alla valutazione dei beni ceduti ai creditori e, conseguentemente, al sindacato sulla idoneità o meno del piano di concordato a rispettare la disposizione dettata dall'ultimo comma dell'art. 160 l.fall., il Tribunale di Bergamo ha osservato “… in termini di principio, non v'è dubbio che il tema dell'effettivo valore dei beni ceduti alla massa dei creditori per il loro soddisfacimento inerisca alla cd. fattibilità economica del piano ed in quanto tale sia devoluto alle valutazioni che la massa dei creditori esprime con il voto, favorevole o sfavorevole, alla proposta, è allo stesso modo indubbio che, qualora il commissario giudiziale ritenga che il valore dei beni ceduti ai creditori sia insufficiente ad assicurare il pagamento dei creditori chirografari nella misura di legge del venti per cento, e sia in grado di supportare tale prognosi con elementi plausibili, per il tribunale sia doveroso, prendendo atto di ciò, arrestare il concordato preventivo e, in presenza dei presupposti di legge, dichiarare il fallimento.”

Il Tribunale di Bergamo ritiene quindi che nell'ipotesi in cui le valutazioni operate dal perito nominato dal commissario giudiziale siano difformi, in senso negativo, rispetto a quelle del perito nominato dal debitore, si debbano ritenere prevalenti le prime sulle seconde. Sicché, qualora le valutazioni operate dal commissario giudiziale dovessero evidenziare la sostanziale inidoneità del piano di concordato al rispetto della disposizione dettata dall'ultimo comma dell'art. 160 l.fall. e tali valutazioni siano esenti, a giudizio del Collegio, da inesattezze o incoerenze, “…non v'è dubbio che in tali ipotesi il tema del valore dei beni ceduti alla massa dei creditori incida direttamente sulla cd. fattibilità giuridica del concordato, e quindi rientri nella sfera di cognizione tipica dell'organo giurisdizionale.”

Il Tribunale di Bergamo giunge alla sopra enunciata conclusione valorizzando il ruolo e le funzioni del commissario giudiziale in considerazione della “fisiologica maggior attendibilità delle stime eseguite dall'organo di promanazione giurisdizionale, il commissario giudiziale, rispetto alle stime eseguite dall'organo di promanazione privatistica, l'attestatore. Sino a prova contraria, infatti, le valutazioni del commissario giudiziale avrebbero quale esclusivo obiettivo la tutela dell'interesse della massa dei creditori, sia quando ineriscono ad aspetti devoluti alla esclusiva valutazione dei creditori, sia quando attengono a circostanze che, in quanto attinenti alla regolarità della procedura concorsuale, rientrano nell'ambito delle valutazioni cui è chiamato il tribunale.

È al contrario scontato che le valutazioni operate dal debitore siano condizionate, del tutto fisiologicamente, dalla legittima aspettativa del buon esito della procedura introdotta, e che in quanto tali abbiano necessità, per essere ritenute pienamente attendibili, di trovare supporto nelle indagini e nelle verifiche cui il commissario giudiziale è tenuto ex lege.

Tale premessa di principio induce a privilegiare la valenza degli accertamenti del collegio dei commissari giudiziali anche qualora essi ineriscano ad elementi di carattere valutativo – congetturale, come nel caso di specie è accaduto con riferimento alla valorizzazione dei beni che compongono il patrimonio (…) ceduto ai creditori.”

Il Tribunale di Bergamo ha dunque aperto la procedura di concordato preventivo affidandosi alle valutazioni operate dalla debitrice ed attestate dal professionista per poi revocare il decreto di apertura ai sensi dell'art. 173, ultimo comma, l.fall. ritenendo che il piano non fosse idoneo a consentire il pagamento di almeno il venti per cento dei creditori chirografari sulla base delle perizie dell'attivo patrimoniale effettuate dai commissari giudiziali.

Osservazioni

La decisione in commento affronta il tema della incidenza, sul concordato preventivo per cessio bonorum, del nuovo comma quarto dell'art. 160 l.fall. introdotto con la riforma del 2015 (decreto legge 27 giugno 2015 n. 83 convertito nella legge 6 agosto 2015 n. 132). Ed in particolare, il provvedimento in esame evidenzia l'ampliamento dei poteri del tribunale ed il superamento del principio di atipicità dettato dall'art. 160, comma primo, lett. a), l.fall.

Si tratta di temi sui quali è stata registrata una certa evoluzione interpretativa. Ed infatti, le prime interpretazioni dell'art. 160, comma quarto, l.fall. offerte da una parte della giurisprudenza (Tribunale di Pistoia – decreto 29 ottobre 2015) e da una parte della dottrina (Bozza, Proposte e offerte concorrenti, in Fallimenti e Società, 2015) erano orientate a minimizzare la portata precettiva della norma in esame, ritenendo che l'introduzione del limite minimo di pagamento in misura pari ad almeno il 20% dei creditori chirografari non avrebbe inciso sui poteri di sindacato del tribunale sulla domanda di concordato così come già tracciati dalle Sezioni Unite con la nota sentenza del 23 gennaio 2013, n. 1521. Pertanto, secondo questa prima interpretazione, il tribunale avrebbe continuato a sindacare la fattibilità del piano di concordato sia sotto un profilo di legittimità, accertando la compatibilità del piano e della proposta alle norme inderogabili (c.d. fattibilità giuridica) sia sotto un profilo economico ma limitatamente alle ipotesi di assoluta, manifesta non attitudine del piano concordatario a realizzare la causa del concordato, individuabile non più in una sia pur minimale soddisfazione dei creditori chirografari in un tempo ragionevole (c.d. fattibilità economica), bensì nel pagamento dei creditori chirografari in misura non inferiore al 20%. In altri termini, secondo un primo orientamento si riteneva che attraverso l'introduzione dell'obbligo di pagamento di almeno il 20% in favore dei creditori chirografari il legislatore avesse voluto alzare l'asticella del limite minimo di pagamento che sarebbe passato così dalla previsione di un pagamento sia pure “in minima parte” ad un pagamento di almeno il “venti percento”.

Una diversa interpretazione della norma in esame si è invece consolidata nel tempo (M.Vitiello, I contenuti della proposta di concordato dopo la miniriforma del 2015, 8 marzo 2016, in questo portale; G.Bozza, Il ritorno del giudice sulla scena del concordato e il tramonto di una stella polare; ovvero una indagine sulla attualità dell'insegnamento delle Sezioni Unite della Cassazione n. 1521 del 2013, in Crisi d'impresa e Fallimento, 2017, in Il caso; V. Zanichelli, Il ritorno della ragione o la ragione di un ritorno ?, 5 novembre 2015, in Il caso). Si tratta di quell'interpretazione tesa a riconoscere all'art. 160, comma quarto, l.fall. un ruolo centrale nella individuazione dei poteri del tribunale in sede di ammissione della domanda di concordato preventivo per cessio bonorum. La decisione in commento abbraccia tale ultima interpretazione ritenendo che l'obbligo del pagamento dei creditori chirografari in misura pari ad almeno il 20% introdotto con il comma quarto dell'art. 160 l.fall. andrebbe qualificato come condizione legale di ammissibilità del concordato preventivo per cessio bonorum; che il controllo in ordine alla sussistenza di tale condizione legale rientrerebbe nell'accertamento della compatibilità del piano e della proposta con le norme imperative (c.d. fattibilità giuridica) e che, per i creditori chirografari, non sarebbe consentita una forma di soddisfazione diversa dal pagamento, almeno per quanto attiene al raggiungimento della soglia minima del 20%.

Si tratterebbe dunque di un controllo di legittimità quello che andrebbe ad esercitare il tribunale sul rispetto della disposizione dettata dall'art. 160, comma quarto, l.fall. in quanto qualificata come condizione legale di ammissibilità. Un controllo bifasico posto che in una prima fase, quella di ammissione, il tribunale, non potendo accedere ad una consulenza tecnica d'ufficio per motivi di celerità del procedimento, sarà chiamato ad effettuare un controllo sulla completezza della domanda, nonché sulla congruità e logicità dell'attestazione ovvero un controllo di legittimità formale. In una seconda fase, invece, ossia quella successiva all'ammissione, il tribunale, potendosi avvalere dell'attività del commissario giudiziale e dei relativi periti, potrà effettivamente esercitare un controllo di legittimità in concreto ed eventualmente revocare il decreto di ammissione al concordato qualora dalle stime raccolte dal commissario giudiziale dovesse emergere che i creditori chirografari (verosimilmente) non verranno pagati nella misura minima di legge del 20%. È evidente che si tratta di un controllo di legittimità fondato su valutazioni prognostiche che per loro natura implicano un margine di incertezza a volte anche rilevante, essendo peraltro essenzialmente legate all'andamento del mercato che anche in relazione alla durata del concordato (quindi all'arco temporale entro il quale i beni devono essere liquidati) potrebbe fornire ulteriori margini di incertezza che dovrebbero indurre il tribunale ad un'applicazione ponderata della norma in esame. Sarebbe dunque auspicabile che il tribunale nel valutare la sussistenza di tale condizione di ammissibilità adotti una qualche elasticità di giudizio (margine di tollerabilità) che sia parametrata quantomeno al livello di oscillazione dei mercati di riferimento dei beni oggetto di liquidazione ed all'arco temporale di liquidazione. Diversamente opinando anche una valutazione dell'attivo che consentirebbe il pagamento di una percentuale del 19,90% dovrebbe condurre, a rigore, alla revoca del concordato preventivo.

Altro tema interessante richiamato con il decreto in commento, anche se non costituiva elemento di discussione, è quello dell'ipotizzato superamento del principio di atipicità del contenuto del piano e della proposta previsto dall'art. 160, comma primo, lett. a) l.fall. ossia che nel concordato per cessio bonorum, ma non anche in quello in continuità, il debitore è tenuto ad assumere un'obbligazione di natura pecuniaria nei confronti dei titolari di un credito chirografario, o di un credito degradato al chirografo, in tal modo dovendosi tradurre l'espressione normativa secondo cui “in ogni caso la proposta di concordato deve assicurare il pagamento di almeno il venti per cento dell'ammontare dei crediti chirografari”. Residuando l'atipicità per un eventuale ed ulteriore soddisfacimento del chirografo rispetto al pagamento del venti per cento o con forme alternative di soddisfacimento, diverse dal pagamento, che tuttavia potranno solo essere esuberanti rispetto al pagamento del venti per cento, e mai sostitutive dello stesso (in tal senso si veda M. Fabiani, L'ipertrofica legislazione concorsuale fra nostalgie e incerte contaminazioni ideologiche, in Il caso; G.B. Nardecchia, Le modifiche apportate alla domanda di concordato, in Il caso).

Si tratta di una interpretazione che si presta ad alcune osservazioni di carattere critico, in quanto ancorata esclusivamente al dato letterale. Sembrerebbe invece che la norma meriti una lettura sistematica superando il dato letterale e ciò anche in virtù dell'utilizzo, spesso disinvolto, che il legislatore fallimentare ha fatto degli avverbi “pagamento” e “soddisfazione”. A tal riguardo, si pensi alla disposizione dettata dall'art. 163 l.fall. la quale esclude la possibilità di presentare proposte concorrenti nei concordati con continuità aziendale laddove sia assicurato il pagamento di almeno il 30% dei creditori chirografari. Orbene, qualora si dovesse adottare una interpretazione letterale della norma ci troveremmo di fronte ad ipotesi in cui le proposte concorrenti verrebbero evitate con il pagamento del 30% dei creditori chirografari ma non anche se la proposta di concordato dovesse prevedere una soddisfazione al 100% mediante qualsiasi forma (cessione di beni, di crediti, accollo, cessioni di azioni o altro). Sicché, da un lato (cfr. art. 160, comma quarto, l.fall.) nel concordato in continuità sarebbe consentito la soddisfazione dei creditori con strumenti alternativi al pagamento mentre per evitare le proposte concorrenti non basterebbe neanche la soddisfazione al 100% dei creditori chirografari essendo necessario, qualora si dovesse accedere all'interpretazione letterale della norma, il pagamento di almeno il 30% dei creditori chirografari. Tale interpretazione letterale non sembrerebbe coerente rispetto alle finalità che si era prefissato il legislatore allorquando ha introdotto la misura minima del 30% al di sotto della quale devono essere consentite le proposte concorrenti. La ratio di tale disposizione era infatti quella di favorire la competitività sugli asset oggetto di liquidazione inducendo l'imprenditore in crisi a fare ricorso agli strumenti di ristrutturazione del debito quanto prima possibile, evitando così l'erosione integrale del patrimonio. Orbene, se questa era la ratio della norma in esame, sembra non trovare ragione la distinzione tra pagamento e soddisfazione.

In altri termini, sembrano sussistere elementi significativi a supporto di una interpretazione secondo la quale il legislatore del 2015 abbia utilizzato, sia nel quarto comma dell'art. 160 l.lfall. che nel quinto comma dell'art. 163 l.fall., l'avverbio “pagamento” inteso come adempimento e dunque come sinonimo di soddisfazione dei creditori (F. Lamanna, La legge fallimentare dopo la miniriforma del D.L. n. 83/2015, in Il Civilista. Speciale Riforma, 2015, 18; G. D'Attorre, Le proposte di concordato preventivo concorrenti, in Fall. 2015).

Conclusioni

La decisione in esame merita di essere condivisa nella parte in cui qualifica come condizione legale di ammissibilità l'obbligo di pagamento dei creditori chirografari nei concordati preventivi per cessio bonorum in misura pari ad almeno il 20% così come merita di essere condivisa l'interpretazione offerta dal Tribunale di Bergamo secondo la quale il controllo del tribunale sul rispetto di tale condizione rientra nella c.d. fattibilità giuridica (volendo ancora adottare lo schema indicato dalle Sezioni Unite con la nota sentenza 1521/2013 sulla distinzione tra fattibilità giuridica ed economica), trattandosi di accertare l'applicazione di una norma inderogabile. Accertamento che a fronte di elementi nuovi (segnalati dal commissario giudiziale) idonei a stabilire con certezza l'inidoneità del piano a supportare una proposta di pagamento nei limiti di legge, legittimano una decisione di revoca. In tale prospettiva però si ritiene di fondamentale importanza che nell'applicazione concreta della norma il tribunale sappia adottare ogni necessaria cautela connessa alla natura prognostica delle valutazioni ed alla durata del piano di liquidazione.

Non appare invece del tutto convincente la motivazione a supporto dell'ipotizzato superamento del principio di atipicità delle modalità di soddisfazione dei creditori, ritenendo prevalente una interpretazione sistematica rispetto a quella strettamente letterale sposata dal Tribunale di Bergamo con la decisione in commento.

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