Le competenze del giudice tributario e del giudice fallimentare

16 Agosto 2017

Coesistono due diversi principi inderogabili: da un lato, il principio di specialità della giurisdizione tributaria; dall'altro, il principio di concorsualità in ambito fallimentare. Il primo trova fondamento nell'art. 2 del D.Lgs. n. 546/1992; il secondo nell'art. 52 l.fall..
Premessa

Coesistono due diversi principi inderogabili: da un lato, il principio di specialità della giurisdizione tributaria; dall'altro, il principio di concorsualità in ambito fallimentare.

Il primo trova fondamento nell'art. 2 del D.Lgs. n. 546/1992: ogni questione circa l'an ed il quantum dell'obbligazione fiscale ricade nella competenza esclusiva della giurisdizione tributaria, che viene esercitata dalle commissioni tributarie provinciali e regionali.

Il secondo trova fondamento nell'art. 52 l.fall.: il fallimento apre il concorso dei creditori; tutti i crediti devono essere sottoposti al processo di verifica secondo le regole previste in materia di accertamento del passivo dagli artt. 92 ss. l.fall..

La competenza in ordine al merito della pretesa fiscale

Il principio di specialità della giurisdizione tributaria fa sì che la pretesa erariale sfugga, sotto il profilo della cognizione circa la sussistenza dell'obbligazione tributaria, tanto formale, quanto sostanziale, alla vis attractiva concursus (art. 24 l.fall.).

Secondo la S. Corte di Cassazione, con riferimento alla fase delle verifica del credito tributario, il giudice delegato, “in assenza di disposizioni che deroghino ai comuni criteri di riparto della giurisdizione […], deve fermarsi al riscontro dell'esistenza di un provvedimento impositivo che integri titolo per l'esercizio del credito, non potendosi estendere a quesiti sulla legittimità formale e sostanziale dell'atto, riservati al giudice tributario, nel processo che il contribuente instauri con impugnazione dell'atto stesso” (Cass. Civ. - Sez. V - 14 giugno 2001, n. 15715).

Il tribunale fallimentare deve dunque limitarsi a verificare se il titolo in base al quale l'Amministrazione finanziaria agisca ai fini dell'ammissione al passivo sia o meno definitivo.

Ove il titolo sia definitivo, l'Erario avrà diritto di essere ammesso al passivo; ove, viceversa, il titolo esista ma non sia definitivo (o perché sub iudice al momento dell'apertura del concorso, o perché contestato e/o ancora contestabile, a tale data, avanti la giurisdizione tributaria), la domanda erariale sarà ammessa al passivo con riserva ex art. 88 D.P.R. n. 602/1973.

La (limitata) competenza del foro fallimentare

Tenuto conto del peculiare tratto “a tuttotondo” della cognizione del giudice tributario in ordine ad ogni profilo dell'obbligazione tributaria, la competenza del foro fallimentare deve ritenersi circoscritta ai seguenti aspetti:

  • accertamento circa la sussistenza del requisito di concorsualità del credito tributario (anteriorità alla sentenza dichiarativa di fallimento del presupposto di legge su cui si fondi la pretesa erariale);
  • accertamento circa la sussistenza del titolo che dà origine alla pretesa fiscale (rispetto del principio dell'onere della prova, pur sempre a carico dell'ente titolare del diritto al tributo e/o dell'agente della riscossione);
  • accertamento circa la collocazione giuridica del credito tributario all'interno del passivo concorsuale (sussistenza ed estensione delle legittime cause di prelazione che assistano il credito tributario).
I profili estintivi dell'obbligazione tributaria

In dottrina, vi è chi autorevolmente ritiene che ricada nella competenza del foro fallimentare l'accertamento circa l'eventuale intervenuta prescrizione del credito tributario.

Mentre la cognizione in ordine alla fase che precede l'emanazione dell'atto impositivo (eccezione di decadenza) rientra, pacificamente, nella competenza del giudice tributario, la fase che segue l'emanazione dell'atto impositivo (eccezione di prescrizione) ricadrebbe, piuttosto, nella competenza del giudice delegato (L. Del Federico, I crediti tributari nell'accertamento del passivo fallimentare, in Rass. trib., 2015, 11 ss.).

Secondo il costante orientamento della Cassazione, invece, anche l'eccezione di prescrizione del credito tributario rientra nella giurisdizione esclusiva delle commissioni tributarie ex art. 2 D.Lgs. n. 546/1992.

Sul punto, la Cassazione, interrogandosi sul se il giudice ordinario (recte, fallimentare) abbia competenza o meno a decidere sui profili di prescrizione del credito tributario, dunque “sottraendo” tale controversia al giudice tributario, ha risposto negativamente: “facendosi valere mediante l'eccezione di prescrizione, un fatto estintivo dell'obbligazione tributaria, conoscere della causa spetta al giudice che abbia giurisdizione in merito a tale obbligazione” (Cass., civ. sez. un., 19 novembre 2007, n. 23832).

Ad avviso di chi scrive, la prospettiva sulla prescrizione dovrebbe essere allargata, sì da ricomprendervi ogni altra questione che attenga ai profili estintivi dell'obbligazione fiscale (pagamento, compensazione, condono, ecc.).

Per poi focalizzarsi sul tema della verifica della definitività del titolo su cui la domanda erariale si fondi, verifica da effettuarsi – naturalmente – in sede di ammissione al passivo.

A nostro avviso, ove al momento della presentazione della domanda di ammissione, il titolo su cui si fondi il credito tributario sia definitivo – e, dunque, non più contestabile –, sarà precluso al giudice delegato il decidere in ordine ai fatti estintivi dell'obbligazione tributaria.

È il caso, ad esempio, della domanda di ammissione basata, quale titolo probatorio della pretesa erariale, su di una cartella recante iscrizione a ruolo di carichi tributari – in ipotesi prescritti –, a suo tempo notificata al (solo) debitore in bonis, e da questi mai impugnata.

Il curatore potrebbe sì rilevare, in sede di progetto di stato passivo, l'eccezione di estinzione ex art. 95 l. fall., e ciò sulla base degli elementi probatori di cui disponga – producendoli in giudizio –, essendo egli parte processuale, sotto il profilo sostanziale, a tutela dell'interesse collettivo, nell'ambito del procedimento di verifica dei crediti.

Sarebbe, però, impedita, al giudice delegato, ogni decisione circa le circostanze estintive dell'obbligazione tributaria, attenendo, esse, all'an debeatur della pretesa erariale, non potendo decidersi, in ambito concorsuale, di un titolo tributario definitivo pur in mancanza di un giudicato sul fatto estintivo dell'obbligazione tributaria.

A meno di non ritenere ammissibile – ma in deroga ai principi che informano il contenzioso tributario – che la curatela possa impugnare avanti le commissioni un atto amministrativo definitivo (l'ipotizzata cartella di pagamento notificata al solo debitore in bonis).

Diversamente, ove al momento della verifica del passivo il titolo da cui tragga fondamento la pretesa erariale non sia definitivo (es., cartella di pagamento recante iscrizioni a ruolo di carichi tributari in ipotesi prescritti, notificata alla curatela fallimentare), quest'ultima potrà (recte, dovrà) eccepire avanti alla commissione tributaria ogni singolo aspetto legato all'an (oltreché al quantum) della pretesa erariale, ivi inclusa ogni eventuale eccezione in ordine all'estinzione dell'obbligazione tributaria, ed il relativo credito sarà ammesso al passivo con riserva ex art. 88 D.P.R. n. 602/1973.

Alcuni profili procedurali

Ove la sentenza dichiarativa di fallimento intervenga in pendenza di un giudizio tributario avviato dal debitore in bonis, il processo, in qualunque grado esso si trovi, si interrompe ex art. 40, comma 1, lett. a), D.Lgs. n. 546/1992, verificandosi una causa di perdita della capacità di stare in giudizio di una delle parti.

Secondo quanto previsto dal secondo comma di tale norma, l'interruzione si verifica (recte, viene accertata) al momento in cui l'evento venga dichiarato in pubblica udienza ovvero sia rappresentato, per iscritto, dal difensore.

L'interruzione del giudizio tributario consegue, in modo concorrente, anche dalla previsione di cui all'art. 43, comma 3, l.fall. (“L'apertura del fallimento determina l'interruzione del processo”).

Si ritiene che l'interruzione operi di diritto, secondo la lettera dell'art. 43 l.fall.: è la dichiarazione di fallimento, non il deposito di atti, a produrre l'effetto interruttivo del giudizio (Cass. civ. sez. un., 20 marzo 2008, n. 7443).

Effetto dell'interruzione, “automatica”, del processo tributario è la nullità dei successivi atti e, dunque, la loro inopponibilità alla curatela (Cass. civ. sez. lav., 28 ottobre 2013, n. 24271: la sentenza resa dalla commissione tributaria in relazione ad un avviso di accertamento notificato al solo debitore in bonis e da questi non impugnato, cui sia seguito fallimento senza interruzione del processo, non è opponibile alla curatela).

Verificatasi la causa interruttiva del processo tributario, ai fini della decorrenza del dies a quo per la riassunzione, rileva la conoscenza “legale” del giudizio per il quale l'effetto interruttivo sia occorso (Cass. civ. sez. lav., 7 marzo 2013, n. 5650).

Il termine per la riassunzione è di sei mesi dalla conoscenza, legale, del relativo giudizio ex art. 43, comma 1, D.Lgs. n. 546/1992 (la prova ai fini del mancato rispetto del termine per la riassunzione del processo tributario, ove venga eccepita la conoscenza legale del giudizio, incombe sulla parte diligente, non potendo, l'altra parte, provare il fatto negativo: Cass. civ. Sez. VI, ordinanza del 25 febbraio 2015, n. 3782).

Il curatore sta in giudizio previa autorizzazione del giudice delegato ed a mezzo di patrocinio tecnico obbligatorio ex art. 31 l.fall.

L'autorizzazione resa dal giudice delegato non rappresenta, peraltro, elemento di integrazione dei poteri del curatore, bensì condizione di efficacia della sua attività processuale, che si risolve nel difetto di legittimazione processuale (la Corte ritiene “sanata”, con effetti ex tunc, ogni attività processuale svolta dal curatore in mancanza dell'autorizzazione del giudice delegato, ove anche la stessa sia resa e/o prodotta nella successiva fase d'impugnazione: Cass. civ. sez. I, 11 settembre 2007, n. 19087).

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