Amministratore (legittimazione attiva)

Massimo Ginesi
23 Agosto 2017

Dalla rappresentanza sostanziale del condominio deriva in capo all'amministratore anche una rappresentanza processuale, ossia il potere di porre in essere le azioni giudiziarie necessarie alla tutela delle parti comuni, laddove il normale svolgersi della vita condominiale veda arresti che richiedono l'intervento del giudice. Nel diritto processuale la facoltà di rappresentanza è denominata legittimazione; la c.d. legitimatio ad processum indica la generale capacità di stare in giudizio; la legittimazione attiva identifica il potere di promuovere l'azione, la c.d. legitimatio ad causam, e compete usualmente ha chi ha la titolarità sostanziale del diritto dedotto in giudizio.
Inquadramento

La legittimazione processuale identifica la facoltà di un soggetto di promuovere o essere destinatario di azioni giudiziali inerenti la situazione giuridica soggettiva di cui è titolare.

Più in generale, la capacità processuale, sia attiva che passiva identifica l'idoneità ad essere parte nel processo e trova il proprio riferimento normativo nell'art. 75 c.p.c. che la ricollega, necessariamente, alla capacità di agire sostanziale delineata dall'art. 2 c.c.

L'art. 75, commi 3 e 4, c.p.c. delinea la c.d. rappresentanza processuale organica «Le persone giuridiche stanno in giudizio per mezzo di chi le rappresenta a norma della legge o dello statuto. Le associazioni e i comitati, che non sono persone giuridiche, stanno in giudizio per mezzo delle persone indicate negli articoli 36 e seguenti del codice civile».

Pur non rientrando il condominio in tali definizioni, non vi è dubbio che lo stesso rappresenti un elemento soggettivamente complesso e presupponga - come accade per ogni soggetto collettivo - che sussista un organo al quale ricondurre la rappresentanza sostanziale dell'ente (come deriva, in via logica dall'art. 65 disp.att. c.c.); a tale soggetto competerà - nei limiti di quella rappresentanza sostanziale - anche la capacità di proporre le azioni giudiziali a tutela di quei diritti.

L'art. 1131 c.c. detta le linee di detta rappresentanza sotto il profilo attivo:«Nei limiti delle attribuzioni stabilite dall'articolo 1130 o dei maggiori poteri conferitigli dal regolamento di condominio o dall'assemblea, l'amministratore ha la rappresentanza dei partecipanti e può agire in giudizio sia contro i condomini sia contro i terzi» e sotto quello passivo: «Può essere convenuto in giudizio per qualunque azione concernente le parti comuni dell'edificio; a lui sono notificati i provvedimenti dell'autorità amministrativa che si riferiscono allo stesso oggetto».

Le Sezioni Unite del 2010

A seguito di alcune pronunce della Suprema Corte a Sezioni Unite del 2010 (fra cui Cass. SS.UU. 6 agosto 2010, nn. 18331 e 18332) il tema, assai complesso, della legittimazione processuale dell'amministratore di condominio pare aver trovato una propria dimensione stabile, avvallata dalla riforma del 2012 e dalla più recente giurisprudenza.

Sotto il profilo della legittimazione attiva non si sono mai dati particolari problemi ermeneutici, atteso che l'art. 1131, comma 1, c.c. ancora in maniera incontrovertibile tale potere alle competenze sostanziali dell'amministratore delineate dall'art. 1130 c.c. e dispone, in maniera altrettanto chiara, la necessità di una espressa decisione assemblare o di una specifica previsione regolamentare per conferire all'amministratore il potere di promuovere liti in materie che esorbitino quei limiti; più articolato il problema della legittimazione passiva dell'amministratore, che è stata oggetto di rilevanti dispute giurisprudenziali terminate con le pronunce a sezioni unite della Suprema Corte poco sopra citate.

Il problema posto della legittimazione passiva attiene al contemperamento fra l'esigenza del terzo di individuare comunque il necessario contraddittore per una legittima instaurazione del giudizio contro il Condominio, da qui la previsione dei cui al secondo comma dell'art. 1131 c.c., e quella di assicurare - nei rapporti interni fra amministratore e condominio - che una volta ricevuta la notifica dell'atto introduttivo, l'amministratore sia anche munito del potere di porre in essere i necessari atti difensivi.

Si tratta di materia che esula dalla presente trattazione, ma le riflessioni che la Corte ha svolto - seppur riguardo alla titolarità passiva - in tema di legittimazione processuale dell'amministratore di condominio hanno invece una portata generale e di assoluto interesse per ciò che attiene alla individuazione dei soggetti titolari del potere decisionale all'interno del condominio.

La corte ha evidenziato come la prima, fondamentale, competenza dell'amministratore consista nell'eseguire le deliberazioni dell'assemblea dei condomini in forza di quanto disposto dall'art. 1130, comma 1, n. 1), c.c.; ne deriva che l'essenza delle funzioni dell'amministratore è imprescindibilmente legata al potere decisionale dell'assemblea: è l'organo collegiale che è titolare del potere deliberativo e, conseguentemente, della facoltà di scelta in ordine alle modalità di gestione e amministrazione dello stesso, mentre all'amministratore in quanto tale non potrà essere riconosciuto alcun potere decisionale autonomo, essendo costui un mero organo esecutivo delle delibere adottate dalla assemblea.

Sotto tale profilo non sarà inutile rilevare che, anche ove agisca nei limiti delle proprie attribuzioni, le iniziative e le spese dell'amministratore saranno comunque soggette ad esame ed approvazione dell'assemblea, quanto meno in sede di approvazione del rendiconto annuale.

Anche l'art. 1131 c.c., nell'attribuire all'amministratore di condominio un potere di rappresentanza dei condomini e di azione in giudizio, chiarisce che tale potere è conferito «Nei limiti delle attribuzioni stabilite dall'articolo precedente o dei maggiori poteri conferitigli dal regolamento di condominio o dall'assemblea».

In evidenza

La legittimazione dell'amministratore del condominio dal lato attivo coincide con i limiti delle sue attribuzioni (art. 1131 c.c.) Nell'ambito di quelle attribuzioni potrà promuovere tutte le liti necessarie alla tutela dei beni comuni senza necessità di alcuna autorizzazione assembleare, che dovrà intervenire necessariamente in via preventiva o mediante ratifica per le azioni che eccedono le sue attribuzioni.

I poteri dell'amministratore

Venendo alla specifica posizione dell'amministratore riguardo alle liti attive, si è dunque evidenziato che l'art. 1131 c.c. gli conferisce autonomia di azione rispetto a quelle controversie che siano funzionalmente collegate ai suoi poteri sostanziali delineati dall'art. 1130 c.c.; tale autonomia trova conferma nell'art. 1136, comma 4, c.c., laddove prevede il necessario intervento della assemblea per le decisioni circa le liti attive e passive che esorbitano dalle attribuzioni dell'amministratore.

Va evidenziato che tale previsione, prima ancora che delineare i confini della legitimatio ad causam dell'amministratore, costituisce anche il primo e più generale limite alla sua capacità processuale, che potrà sussistere unicamente laddove la lite abbia valenza condominiale e riguardi dunque la sua sfera di competenza funzionale, sfera a cui si riconnette anche il correlato interesse ad agire previsto dall'art. 100 c.p.c.

L'amministratore dunque potrà legittimamente rappresentare il condominio in giudizio e, nei limiti e per le materie individuate dall'art. 1130 c.c. dare anche impulso processuale autonomo alla lite, solo ove sussista un interesse a quella azione sotto il profilo della sua riferibilità alla compagine condominiale, intesa come centro di imputazione di interessi relativo alla gestione delle parti comuni.

Si è invece radicalmente escluso che l'amministratore possa trovare nelle norme in tema di condominio titolo per promuovere liti che vedano coinvolti diritti relativi alle proprietà solitarie (Cass. civ., sez. II, 11 febbraio 2009, n. 3393, Cass. civ., sez. II, 15 novembre 2016, n. 23256) o che, seppur relativi alle parti comuni, abbiano ad oggetto l'estensione del diritto dominicale di ciascun condomino (Cass. civ., sez. II, 5 giugno 2014, n. 12678), essendo indispensabile nella prima ipotesi un mandato specifico dei singoli interessati (costituendosi con ciò un rapporto diretto che esula dalla disciplina del condominio) e nel secondo essendo necessario un mandato speciale in favore dell'amministratore da parte di ogni condomino interessato oppure di una unanime positiva deliberazione di tutti i condomini.

Allo stesso modo si è escluso che sussista potere di rappresentanza sostanziale e processuale per vicende che attengano a beni di uso comune ma che non rientrano fra quelli di proprietà comune ex art. 1117 c.c., per i quali è necessario uno speciale mandato conferito all'amministratore da ciascuno dei singoli condomini, oppure la ratifica del suo operato effettuata da ciascuno, essendo altrimenti irrilevante la spendita della qualità di amministratore condominiale, trattandosi di verificare la sussistenza di un potere di rappresentanza convenzionale estraneo all'ambito di operatività degli artt. 1130 e 1131 c.c. (Cass. civ., sez. VI/II, 8 marzo 2017, n. 5833, fattispecie relativa ad un cancello di accesso ad un vicolo di proprietà di terzi ed utilizzato anche dal condominio).

Quanto ai poteri che all'amministratore derivano direttamente dalla legge, va osservato che - anteriormente alla novella del 2012 - l'art. 1130 c.c. era composto di soli due commi, il primo dei quali composto da 4 capoversi numerati, sicché la legittimazione attiva dell'amministratore non destava grandi dubbi interpretativi ed era pacificamente riconnessa alle vicende giudiziali relative alla impugnativa di delibere della assemblea e alla esecuzione delle delibere stesse, alla disciplina dell'uso delle cose comuni e dei servizi comuni nonché all'applicazione e al rispetto del regolamento, alla riscossione delle quote dovute dai condomini, al compimento degli atti conservativi dei diritti inerenti le parti comuni dell'edificio e alla redazione e approvazione del rendiconto annuale ordinario.

La l. 11 dicembre 2012, n. 220 ha lasciato sostanzialmente immutati i primi quattro punti della norma (seppur rimodulati sotto il profilo sintattico) ed ha aggiunto altri 6 punti che - per il richiamo effettuato dall'art. 1131, comma 1, c.c. - oggi vanno ad ampliare la legittimazione attiva autonoma dell'amministratore.

In particolare si deve ritenere che lo stesso possa autonomamente agire in giudizio, senza necessità di alcuna delibera in proposito, per tutte quelle controversie che attengano l'esecuzione degli adempimenti fiscali cui l'amministratore è chiamato, la formazione e la tenuta dei registri di anagrafe condominiale individuati dai nn. 6 e 7 della norma, per le vicende inerenti la conservazione della documentazione condominiale, sia per quel che attiene al rapporto con i condomini che per ciò che riguarda lo stato tecnico amministrativo del fabbricato, per le liti che attengano ai suoi obblighi di attestazione sui pagamenti e le liti.

Si tratta tuttavia di materie in cui è assai più facile immaginare vicende giudiziali che vedano l'amministratore dal lato passivo del rapporto processuale. più che in qualità di attore.

Il potere di agire, anche in via monitoria, senza necessità di alcuna autorizzazione per la riscossione dei contributi condominiali è sempre stato riconosciuto all'amministratore dalla giurisprudenza (Cass. civ., sez. II, 5 gennaio 2000, n. 29) ed è oggi espressamente sancito dall'art. 63, comma 1, disp.att. c.c.

La disposizione è decisamente pleonastica, atteso che si tratta di potere che deriva direttamente dall'art. 1130, comma 1, n. 3), c.c.

Il potere autonomo di azione dell'amministratore è stato esteso dalla giurisprudenza anche all'azione civile nel processo penale volta ad ottenere il risarcimento del danno subito dal condominio (Cass. pen., sez. IV, 12 dicembre 2014, n. 3320)

Nell'ambito delle controversie che l'amministratore ha potere di introdurre in via autonoma, gli è conferito parimenti il potere di proporre impugnazione della eventuale decisione sfavorevole (Cass. civ., sez. II, 3. agosto 2016, n. 16260).

In tutti i casi in cui la legittimazione attiva sussista ex lege e non trovi genesi in una deliberazione assembleare non è consentito al singolo esercitare dissenso dalla lite ai sensi dell'art. 1132 c.c. (Cass. civ., sez. VI/II, 8 marzo 2017, n. 5833)

Al di fuori di tali attribuzioni, il potere di agire in giudizio, sempre con il limite dell'inerenza alle parti comuni dell'edificio, dovrà trovare fondamento in una delibera assembleare assunta ai sensi dell'art. 1136 II e IV comma c.c. oppure in disposizioni del regolamento condominiale.

In tal senso si collocano, a titolo esemplificativo, le azioni volte al risarcimento del danno derivato da vizi nell'appalto per lavori straordinari svolti nel condominio (Trib. Salerno 25 gennaio 2011), le azioni reali da esperirsi contro i singoli condomini o contro terzi e dirette ad ottenere statuizioni relative alla titolarità, al contenuto o alla tutela dei diritti reali dei condomini su cose o parti dell'edificio condominiale e che esulino dal novero degli atti meramente conservativi (Cass. civ., sez. II, 8 gennaio 2015, n. 40).

Da segnalare, per la rilevanza operativa, l'orientamento della giurisprudenza circa i poteri dell'amministratore in tema di azioni relative al contratto di appalto: egli potrà autonomamente promuovere azione ex art. 1669 c.c., poiché si tratta di iniziativa avente natura extracontrattuale, mentre l'azione ex art. 1667 c.c. per vizi di costruzione ha natura contrattuale e spetta solo al committente, non compete dunque all'amministratore ove il condominio non sia tale (fattispecie relativa a vizi di impianto di riscaldamento installato in subappalto da ditta incaricata dall'originario costruttore del fabbricato condominiale, v. Cass. civ., sez. II, 6 febbraio 2009, n. 3040).

Gli atti conservativi e la novella del 2012

Gli atti conservativi previsti dall'art. 1130, comma 1, n. 4), c.c. devono essere intesi sia in senso materiale, ovvero quegli interventi di riparazione eseguiti sui beni comuni che ne mantengano la funzione e la destinazione sia estesi a quelle azioni che, per il contenuto di tutela urgente, sono volti a ripristinare (anche in maniera rapida e sommaria) il diritto o la situazione di fatto lesa dalla condotta di un terzo soggetto o di un condomino.

A tali fattispecie devono essere dunque ricondotte le azioni possessorie e cautelari necessarie a conservare l'integrità dei beni e servizi volti a fornire utilità alla compagine condominiale.

La novella del 2012 ha rimodulato il contenuto dell'art. 1122 c.c. che oggi, oltre a vietare al condomino opere sulla proprietà individuale suscettibili di arrecare danno alle parti comuni o pregiudizio al decoro, stabilità e sicurezza del fabbricato, impone a costui l'obbligo di dare preventiva notizia dell'intervento all'amministratore che a sua volta ne riferirà in assemblea.

Alla stessa ratio pare ispirato l'art. 1122-bis, comma 3, c.c.

E' pacifico che in tali casi non si dia luogo ad autorizzazione da parte dell'assemblea, circostanza espressamente esclusa dall'art. 1112-bis, comma 4, c.c. per le ipotesi ivi previste e - in generale - dalla giurisprudenza (Trib. Milano 6 ottobre 2014; Trib. Verona 4 dicembre 2000); è quindi del tutto plausibile che detta comunicazione sia unicamente volta a consentire all'amministratore di esercitare tempestivamente il suo potere di attivarsi con atti conservativi - anche in sede giudiziale - oltre che di consentire a ciascun condomino di esercitare il proprio potere di veto ove ritenga travalicati i limiti di cui agli artt. 1122 e 1102 c.c. e chiedere tutela in tal senso all'autorità giudiziaria.

Il condominio parziale nel processo

Il condominio parziale, che identifica quelle realtà in cui determinati beni e servizi sono comuni solo ad alcuni condomini a mente dell'art. 1123, comma 3, c.c., non comporta la sussistenza di una autonoma legittimazione attiva in capo al gruppo ristretto: le azioni relative ai quei beni e servizi che sono comuni solo ad alcuni condomini compete comunque all'amministratore dell'intero condominio, né è ipotizzabile una legittimazione autonoma o concorrente del gruppo ristretto (Cass. civ., sez. II, 17 giugno 2016, n. 12641; Cass. civ., sez. II, 17 febbraio 2012, n. 2363)

Il difetto di legittimazione e la ratifica

Può accadere che l'amministratore agisca in giudizio al di fuori dei suoi poteri, così come previsti dal combinato disposto dagli artt. 1130 e 1131 c.c., e che non sussista delibera in tal senso.

In tal caso il suo operato può essere sempre ratificato dalla assemblea con delibera assunta ai sensi dell'art. 1136, comma 4, c.c.: ove ciò avvenga sussisterà sanatoria con efficacia ex tunc degli atti compiuti dall'amministratore, dovendosi escludere nullità o inammissibilità della proposta azione (Cass. civ., sez. II, 12 novembre 2015, n. 23124, Cass. civ., sez. II, 15 ottobre 2015, n. 20816).

Casistica

CASISTICA

Strade private

Ai sensi dell'art. 1117-bis c.c. sussiste il supercondominio nei casi in cui più unità immobiliari o più edifici ovvero più condominii di unità immobiliari o di edifici abbiano parti in comune ai sensi dell'art. 1117 c.c. Le strade private non sono oggetto di proprietà comune ai sensi dell'art. 1117 cit., in quanto non iscrivibili nelle categorie di beni elencate dalla medesima norma, neppure per effetto di interpretazione estensiva. (Trib. Genova 28 gennaio 2016).

Regolamento contrattuale

Va riconosciuta la legittimazione dell'amministratore ad agire in giudizio, senza che sia necessaria alcuna preventiva autorizzazione assembleare, anche quando si tratti di inosservanza di un regolamento contrattuale da parte del condomino, per aver utilizzato l'unità immobiliare di sua proprietà esclusiva in modo non consentito dal regolamento stesso. Sicché, la deliberazione assembleare è superflua, dato che la legittimazione processuale attiva dell'amministratore ha la sua fonte direttamente nella legge (Trib. Salerno 25 maggio 2016).

Giudice amministrativo

L'amministratore condominiale ha, secondo quanto dispone l'art. 1131, comma 1, c.c., la rappresentanza dei partecipanti a quella peculiare forma di comunione disciplinata dagli artt. 1117 ss. c.c. e può agire in giudizio - a tutela di un interesse comune - sia contro i condomini medesimi sia contro i terzi, nei limiti delle attribuzioni stabilite dall'art. 1130 c.c.: ne consegue che, quando la rappresentanza attiva esorbiti dall'ambito di dette attribuzioni, è necessario che sia sorretta da apposita investitura mediante atto deliberativo dell'assemblea dei condomini, con la maggioranza indicata dall'art. 1136, comma 2, c.c. (T.A.R. Salerno - Campania, sez. II, 13 aprile 2011, n. 704).

Azioni per il rispetto del regolamento di condominio

Curare l'osservanza del regolamento di condominio è compito precipuo affidato dall'art. 1130 c.c. all'amministratore, il quale pertanto è senz'altro abilitato ad agire e a resistere nei pertinenti giudizi, senza che occorra un'apposita autorizzazione, necessaria soltanto per le liti attive e passive esorbitanti dalle incombenze proprie dell'amministratore stesso (Cass. civ., sez. II, 25 ottobre 2010, n. 21841).

Atti conservativi e apertura di finestre

L'amministratore è legittimato, senza necessità di autorizzazione dell'assemblea dei condomini, ad instaurare il giudizio per la rimozione di finestre da taluni condomini aperte abusivamente, in contrasto con il regolamento, sulla facciata dello stabile condominiale, perché tale atto, diretto a preservare il decoro architettonico dell'edificio contro ogni alterazione dell'estetica dello stesso, è finalizzato alla conservazione dei diritti inerenti alle parti comuni dell'edificio, e pertanto ricade, ai sensi dell'art. 1130, n. 4), c.c., tra le attribuzioni dell'amministratore, potendo il regolamento condominiale di origine contrattuale configurare un concetto di decoro architettonico più rigoroso della configurazione accolta dall'art. 1120 c.c. (Cass. civ., sez. II, 17 giugno 2010, n. 14626).

Appalto e vizi di costruzione

In tema di responsabilità dell'appaltatore per difetti di costruzione di un immobile condominiale, se tali difetti determinano un'alterazione che incida negativamente ed in modo considerevole sul godimento dell'immobile, la relativa azione - prevista dall'art. 1669 c.c. ed avente natura extracontrattuale - può essere proposta anche dall'amministratore; diversamente, se i difetti sono riconducibili alla categoria delle difformità e dei vizi di cui all'art. 1667 c.c., la relativa azione - di natura contrattuale - spetta soltanto al committente (nella specie, la Suprema Corte ha confermato la sentenza di merito che, avendo ricompreso i vizi di costruzione nella fattispecie dell'art. 1667 c.c., aveva negato all'amministratore del condominio la legittimazione attiva a proporre la relativa azione, non essendo il condominio committente dell'opera) (Cass. civ., sez. II, 6 febbraio 2009, n. 3040).

Azioni relative a beni in uso esterni al condominio

In tema di condominio, il contratto stipulato dall'amministratore, qualora implichi l'obbligo di sostenere le spese relative ad un bene non rientrante tra le parti comuni dell'edificio condominiale, assume efficacia vincolante nei confronti dei condomini solo in virtù di uno speciale mandato rilasciato da ciascuno di essi, ovvero della ratifica del pari proveniente da ognuno, atteso che, trattandosi di ipotesi estranea all'ambito di operatività dei poteri rappresentativi di cui agli artt. 1130 e 1131 c.c., è necessaria la sussistenza, in capo all'amministratore predetto, di un potere di rappresentanza convenzionale (fattispecie relativa ad un contratto avente ad oggetto l'assunzione di oneri di manutenzione di un cancello elettrico utilizzato dai condomini per il transito su di un'area di proprietà esclusiva di un terzo) (Cass. civ., sez. VI/II, 8 marzo 2017, n. 5833).

Guida all'approfondimento

Celeste - Scarpa, Il condominio negli edifici, Milano,2017;

Terzago, Il condominio. Trattato teorico-pratico, Milano, 2015;

Boni, Le attribuzioni processuali dell'amministratore del condominio, in AA.VV., I rapporti tra assemblea e amministratore del condominio, Milano, 2005;

Corona, La rappresentanza processuale dell'amministratore ed i poteri dell'assemblea, Torino, 2000;

Amagliani, L'amministratore e la rappresentanza degli interessi condominiali, Milano, 1992;

Crescenzi, Le controversie condominiali, Padova, 1991;

Scarpa, Rappresentanza dell'amministratore e legittimazione processuale, in Immob. & proprietà, 2012, 297;

Salciarini, La legittimazione processuale dell'amministratore di condominio, in Immob. & diritto, 2011, fasc. 2, 2;

Izzo, L'amministratore e la difesa del condominio, in Giust. civ., 2006, I, 116.

Sommario