Il proprietario non locatore
24 Agosto 2017
Il quadro normativo
Il problema di ordine generale della locazione di cosa altrui (v. bussola locazione di cosa altrui) suscita il quesito concernente l'opponibilità della locazione al dominus, il quale si ritiene essere legittimato ad intraprendere nei confronti del conduttore le azioni reali dirette a recuperare la disponibilità della cosa locata. Il che gli consente, inoltre, di interferire con le iniziative giudiziarie intraprese dal locatore di cosa altrui. Ad esempio, qualora il locatore di cosa altrui agisca contro il conduttore per conseguire, attraverso lo sfratto, la restituzione del bene, al proprietario, in quanto titolare del diritto di possedere e godere il bene medesimo in via esclusiva, deve riconoscersi la facoltà non solo di fare opposizione di terzo, ai sensi dell'art. 404 c.p.c., avverso la sentenza che provvedendo su detta domanda pregiudichi il suo diritto, ma anche di partecipare al procedimento in corso con intervento autonomo ad excludendum, ai sensi dell'art. 105, comma 1, c.p.c., per ottenere nei confronti di entrambi i contendenti una pronuncia che gli riconosca l'indicato diritto (Cass. civ., sez. III, 22 settembre 1978, n. 4255). Le azioni derivanti dal contratto
Viceversa, il proprietario non locatore, essendo terzo rispetto al contratto, non è titolare delle azioni che da esso sorgono. La natura personale del rapporto di locazione, infatti, comporta che, per tutte le controversie relative al rapporto stesso la legitimatio ad causam va riconosciuta esclusivamente al locatore medesimo, ancorché persona diversa dal proprietario. Ne consegue l'improponibilità della domanda avanzata dal proprietario non locatore nei confronti del conduttore (Cass. civ., sez. III, 26 giugno 1982, n. 3856). Nelle controversie relative al rapporto di locazione, come quella per recesso del locatore ex art. 59 della l. 27 luglio 1978 n. 392 (sull'equo canone), l'indagine sulla legittimazione attiva attiene perciò, non alla qualità di proprietario del bene, ma a quella di locatore, che non deve necessariamente identificarsi con la persona del proprietario (Cass. civ., sez. III, 17 gennaio 1983, n. 358). Per converso, poiché nelle controversie relative al rapporto di locazione l'indagine sulla legittimazione attiva attiene non alla qualità di proprietario del bene, bensì a quella di locatore, l'azione di recesso per necessità, ai sensi dell'art. 59 della l. n. 392/1978, è legittimamente esercitata dal locatore stesso, a nulla rilevando la mancanza di prova in ordine al suo diritto di proprietà (Cass. civ., sez. III, 15 aprile 1986, n. 2657). Può ribadirsi, allora, in linea generale, che nelle controversie relative al rapporto di locazione l'indagine sulla legittimazione attiva attiene, non alla qualità di proprietario del bene, ma a quella di locatore, che non deve necessariamente identificarsi con la persona del proprietario (Cass. civ., sez. III, 17 gennaio 1983, n. 358). Merita osservare, per completezza, che lo stesso principio si applica ad altri rapporti modellati su quello di locazione, e cioè connotati dal carattere personale e non reale. Così, il contratto di pascipascolo (o di compravendita di erbe) è costitutivo di rapporti di natura personale ed a contenuto obbligatorio, che prescindono dalla titolarità di un diritto reale sul fondo che ne è oggetto. Pertanto la legittimazione ad agire, in ordine al diniego di rinnovo del rapporto, spetta a colui che abbia la disponibilità del bene e la facoltà di trasferirne la detenzione e il godimento, senza che la controparte possa opporgli il difetto del titolo di proprietà del bene concesso con quel contratto (Cass. civ., sez. III, 4 agosto 1987, n. 6706). Posizione di parte e subentro del proprietario nel contratto
Diverso, naturalmente, è il caso che il proprietario della cosa, pur non avendo stipulato il contratto di locazione, rivesta comunque il ruolo di locatore, o per averlo acquistato ab origine o nel corso del rapporto. È, cioè, titolare dei diritti sorti dal contratto il comproprietario che non abbia personalmente stipulato il contratto, ma a mezzo di mandatario, ovvero l'acquirente della cosa locata, quale successore a titolo particolare nel rapporto, ai sensi degli artt. 1599 ss. c.c. Mandato senza rappresentanza
Particolare, poi, è la situazione del proprietario che abbia conferito ad un terzo il mandato senza rappresentanza a concedere un suo immobile in locazione. In tal caso, la qualità di locatore compete al rappresentante, ai sensi del principio sancito dall'art. 1705, comma 1, c.c. Tuttavia il proprietario non locatore può, in questo caso, acquistare la veste di parte del contratto ai sensi del comma 2 della stessa disposizione. Difatti, l'espressione «diritti di credito derivanti dall'esecuzione del mandato», contenuta nell'art. 1705, comma 2, c.c., deve intendersi riferita a qualsivoglia categoria di diritti derivanti da un rapporto obbligatorio posto in essere dal mandatario nell'interesse del mandante (Cass. civ., sez. III, 4 giugno 1980, n. 3626), tanto da consentirgli l'azione di rilascio. In altra occasione è stato tuttavia affermato che la disposizione di cui al comma secondo, prima parte, dell'art. 1705 c.c. introduce - per ragioni di tutela dell'interesse del mandante - un'eccezione al fondamentale principio, enunciato nel comma primo, secondo cui il mandatario che agisce in nome proprio acquista i diritti ed assume gli obblighi derivanti dagli atti compiuti con i terzi, anche se questi hanno avuto conoscenza del mandato. Detta eccezione, essendo limitata alla possibilità dell'esercizio, da parte del mandante, dei diritti di credito derivanti al mandatario dalla esecuzione del mandato, non può ritenersi estensibile anche all'esercizio di diritti di natura diversa, quale quello di sperimentare contro il terzo le azioni da contratto e, in particolare, quelle di risoluzione per inadempimento e di risarcimento dei danni, perché altrimenti la disposizione generale di cui allo stesso art. 1705 c.c. resterebbe svuotata di contenuto (Cass. civ., sez. II, 5 novembre 1998, n. 11118). In tal senso, è stato in seguito affermato dalle Sezioni Unite che, in tema di azioni esercitabili dal mandante nell'ipotesi di mandato senza rappresentanza, il sistema normativo è imperniato sul rapporto regola-eccezione, nel senso che, secondo la regola generale (art. 1705, comma 1, c.c.), il mandatario acquista i diritti e assume gli obblighi derivanti dagli atti compiuti con i terzi, che non hanno alcun rapporto con il mandante, mentre costituiscono eccezioni le disposizioni, tanto sostanziali quanto processuali, che prevedono l'immediata reclamabilità del diritto (di credito o reale) da parte del mandante, con conseguente necessità di stretta interpretazione di queste ultime e dell'esclusione di qualunque integrazione di tipo analogico o estensivo, nell'ottica della tutela della posizione del terzo contraente. Ne deriva che l'espressione «diritti di credito derivanti dall'esecuzione del mandato» (art. 1705, comma 2, c.c.), che accorda al mandante pretese dirette nei confronti del terzo contraente, va circoscritta all'esercizio dei diritti sostanziali acquistati dal mandatario, rimanendo escluse le azioni poste a loro tutela (annullamento, risoluzione, rescissione, risarcimento del danno) (Cass. civ., sez.un., 8 ottobre 2008, n. 24772). È stato in ogni caso affermato, e successivamente ribadito (Cass. civ., sez. III, 22 aprile 1995, n. 4587), che il proprietario di un immobile locato ad un terzo da un suo mandatario senza rappresentanza può, nel revocare il mandato, e sostituendosi al mandatario, esercitare ex art. 1705, comma 2, c.c., ogni diritto di credito derivante dal rapporto obbligatorio posto in essere e quindi anche il diritto a ricevere il pagamento dei canoni direttamente da parte del conduttore ed è legittimato ad agire in giudizio nei confronti di costui per la realizzazione di tale diritto (Cass. civ., sez. III, 19 febbraio 1993, n. 2029). Sviluppando ancora il medesimo tema della locazione stipulata dal mandatario senza rappresentanza, occorre ricordare che nel periodo vincolistico il locatore poteva sottrarre il rapporto locativo al regime di proroga, in alcune ipotesi individuate dalla legge, adducendo la necessità di disporre dell'immobile per destinarlo al proprio uso (art. 4 l. 23 maggio 1950, n. 253). Poteva accadere, allora, che, essendo stata stipulata la locazione dal mandatario senza rappresentanza, il proprietario-mandante intendesse far cessare la proroga per necessità propria e non del mandatario-locatore: sicché´ sorgeva il quesito dei limiti entro cui il proprietario non locatore potesse far valere ragioni proprie a giustificazione della pretesa. Anche oggi un analogo quesito può porsi nel caso del diniego di rinnovazione alla prima scadenza (artt. 28 e 29 l. 27 luglio 1978, n. 392; art. 3 l. 9 dicembre 1998, n. 431) addotto dal proprietario non locatore. Il fenomeno evidenziato esorbita dal ristretto l'ambito della questione esaminata dalla Suprema Corte e possiede un più generale interesse pratico. Accade infatti frequentemente, nell'ambito dei rapporti familiari, che l'immobile venga locato in nome proprio da un congiunto dell'effettivo proprietario. Contratto stipulato tramite fiduciario
In tal caso ci si può trovare dinanzi ad un contratto stipulato da un soggetto che abbia agito sulla base di un mandato fiduciario ricevuto dal proprietario del bene, così da acquistare, in via diretta ed esclusiva, la qualità di locatore. Di qui l'utilità di rammentare il responso che segue. Nell'ipotesi di contratto di locazione di un immobile stipulato in nome proprio dal mandatario, su incarico fiduciario del proprietario del bene, quest'ultimo – ai fini della legittimazione all'azione di opposizione alla proroga legale della locazione ex art. 4 l. n. 253/1950, la quale postula la qualità di parte del rapporto locativo e la titolarità di un diritto attuale al godimento dell'immobile – come non può invocare e giovarsi degli effetti propri della rappresentanza per difetto di contemplatio domini, così non può sostituirsi all'ex mandatario (parte formale del contratto) nella posizione di locatore, ove non abbia proceduto mediante la revoca anche tacita del mandato fiduciario all'assunzione della gestione diretta del rapporto di locazione (Cass. civ., sez. III, 5 dicembre 1985, n. 6098). Dunque, nell'ipotesi di contratto stipulato in nome proprio dal mandatario, su incarico fiduciario del proprietario del bene, quest'ultimo, ai fini della legittimazione all'esercizio dell'azione di opposizione alla proroga legale della locazione ex art. 4 della l. n. 253/1950, che postula la qualità di parte del rapporto locativo e la titolarità di un diritto attuale al godimento dell'immobile, mentre non può giovarsi degli effetti propri della rappresentanza (difettando la contemplatio domini), può tuttavia con la revoca del mandato fiduciario, e la gestione diretta del rapporto, assentita dal conduttore, conseguire, oltre la ratifica degli atti compiuti dal mandatario senza rappresentanza, relativamente agli effetti pregressi di essi, anche la sostituzione all'ex mandatario, parte formale del contratto, nella posizione di locatore. Né l'operatività di siffatta modificazione soggettiva richiede che sia espressa in forma scritta la revoca del mandato, ravvisabile, ai sensi dell'art. 1724 c.c., allorquando il mandante provveda egli stesso alla cura del negozio in precedenza affidato al mandatario, ovvero l'assenso del conduttore, che ben può desumersi da un suo comportamento univocamente concludente (Cass. civ., sez. III, 28 febbraio 1983, n. 1508). In breve, con la revoca del mandato fiduciario e la gestione diretta del rapporto, assentita dal conduttore, il proprietario non locatore può conseguire, oltre la ratifica degli atti compiuti dal mandatario senza rappresentanza, relativamente agli effetti pregressi di essi, anche la sostituzione all'ex mandatario, parte formale del contratto, nella posizione di locatore. Né l'operatività di siffatta modificazione soggettiva richiede che sia espressa in forma scritta la revoca del mandato, ravvisabile, ai sensi dell'art. 1724 c.c., allorquando il mandante provveda egli stesso alla cura del negozio in precedenza affidato al mandatario, ovvero l'assenso del conduttore, che ben può desumersi da un suo comportamento univocamente concludente (Cass. civ., sez. III, 28 febbraio 1983, n. 1508). Che successivamente è stato ribadito che, nell'ipotesi di contratto di locazione di un immobile stipulato in nome proprio dal mandatario, su incarico fiduciario del proprietario del bene, quest'ultimo - ai fini della legittimazione all'azione di opposizione alla proroga legale della locazione ex art. 4 della l. n. 253/1950, la quale postula la qualità di parte del rapporto locativo e la titolarità di un diritto attuale al godimento dell'immobile - come non può invocare e giovarsi degli effetti propri della rappresentanza per difetto di contemplatio domini, così non può sostituirsi all'ex mandatario (parte formale del contratto) nella posizione di locatore, ove non abbia proceduto mediante la revoca anche tacita del mandato fiduciario alla assunzione della gestione diretta del rapporto di locazione (Cass. civ., sez. III, 5 dicembre 1985, n. 6098). In conclusione
Si può dunque dire che, se nel corso della locazione il proprietario ha assunto direttamente la gestione del rapporto, riscuotendo i canoni, rilasciando ricevute, inviando disdette e quant'altro, tale condotta assume il rilievo di revoca del mandato fiduciario originariamente conferito, con la conseguenza che, in mancanza di opposizione da parte del conduttore, il quale abbia implicitamente accettato tale mutamento, il proprietario medesimo, non solo ratifica gli atti precedentemente compiuti dal mandatario senza rappresentanza, ma si sostituisce all'ex mandatario, assumendo egli stesso le vesti del locatore. |