Riparazioni alla cosa locataFonte: Cod. Civ. Articolo 1575 | Cod. Civ. Articolo 1577 | Cass. Civ. sez. III, 9 giugno 2010, n. 13841 | Cod. Civ. Articolo 1609 | Cass. Civ. sez. II, 18 maggio 1994, n. 4831 | Cass. Civ. sez. II, 12 gennaio 2000, n. 238 | Cod. Civ. Articolo 1625 | Cod. Civ. Articolo 1576 | Cod. Civ. Articolo 1621 | Cass. Civ. sez. III, 25 gennaio 1991, n. 759 | Cod. Civ. Articolo 1575 | Cass. Civ. sez. III, 28 novembre 1998, n. 12085 | L. 23 maggio 1950 n. 253 Articolo 41 | Cass. Civ. sez. III, 28 novembre 2007, n. 24737 | Cass. Civ. sez. III, 20 febbraio 1998, n. 1777 | Cass. Civ. sez. III, 10 dicembre 2013, n. 27540 | Cod. Civ. Articolo 1578 | Cass. Civ. sez. I, 3 aprile 1979, n. 1881 | Cod. Civ. Articolo 1586 | L. 27 luglio 1978 n. 392 Articolo 56 | L. 5 agosto 1978 n. 457 Articolo 31 | Cod. Civ. Articolo 1025 | Cod. Civ. Articolo 1588 | Cod. Civ. Articolo 1587 | Cod. Civ. Articolo 1591 | Cass. Civ. sez. III, 22 novembre 1991, n. 12543 | Cass. Civ. sez. III, 29 novembre 1995, n. 12397 | Cass. Civ. sez. III, 25 novembre 2014, n. 24987 | Cod. Civ. Articolo 1585 | Cod. Civ. Articolo 1590 | Cass. Civ. sez. III, 22 novembre 1985, n. 5786 | Cass. Civ. sez. III, 21 novembre 2011, n. 24459 | Cass. Civ. sez. III, 30 gennaio 2009, n. 2458 | Cod. Civ. Articolo 1005 | Cass. Civ. sez. III, 28 giugno 2010, n. 15372 | DM 9 gennaio 1996 | Cass. Civ. sez. III, 26 luglio 2016, n. 15361 | Cod. Civ. Articolo 1583 | Cod. Civ. Articolo 1610 | Cass. Civ. sez. III, 21 luglio 1983, n. 5021 | L. 5 marzo 1990 n. 46 | Cass. Civ. sez. III, 18 aprile 2001, n. 5682 | Cod. Civ. Articolo 1121 | Cod. Civ. Articolo 1584 | Trib. Bari , 21 settembre 1988 | Cass. Civ. sez. III, 15 maggio 2007, n. 11198 | Cass. Civ. sez. III, 27 marzo 1997, n. 2748 | Cass. Civ. sez. III, 25 gennaio 2011, n. 1735 | Cass. Civ. sez. III, 9 febbraio 1982, n. 772 | Cass. Civ. sez. III, 3 ottobre 1997, n. 9669 | Cass. Civ. sez. III, 27 luglio 1995, n. 8191 | Cod. Proc. Civ. Articolo 295 | L. 27 luglio 1978 n. 392 Articolo 9
29 Agosto 2017
Inquadramento
Il locatore deve mantenere la cosa locata in stato da servire all'uso convenuto (art. 1575, n. 2, c.c.). La norma trova specificazione in ulteriori disposizioni codicistiche, tra cui, in primo luogo, il successivo art. 1576, comma 1, c.c. secondo cui il locatore deve eseguire, durante la locazione, tutte le riparazioni necessarie, eccettuate quelle di piccola manutenzione che sono a carico del conduttore: piccola manutenzione cui si riferiscono altresì gli artt. 1609, comma 1, e 1610 c.c. L'art. 1577 c.c., inoltre, pone a carico del conduttore l'obbligo di avviso delle riparazioni da effettuare e gli riconosce la facoltà di eseguire direttamente quelle urgenti. Gli artt. 1583 e 1584 c.c. regolano l'esecuzione delle riparazioni urgenti ad opera del locatore e, dall'opposto versante, sanciscono i diritti che, in detto frangente, spettano al conduttore. Accanto alle menzionate norme poste dal codice civile, va considerato il rilevante apporto della legislazione speciale: basti menzionare l'importanza dell'art. 9 della l. n. 392/1978 in tema di riparto degli oneri accessori connessi al rapporto locativo di immobili urbani. Equilibrio del sinallagma
Va poi rammentato che la locazione ha ad oggetto l'attribuzione del godimento di un bene per una destinazione determinata: sicché la relazione funzionale tra godimento e destinazione contrattualmente pattuita della cosa deve non soltanto sussistere al momento della consegna, ma altresì persistere nel corso del rapporto, dal momento che, se così non fosse, il sinallagma subirebbe medio tempore alterazioni peggiorative, sicché l'obbligazione di manutenzione, attraverso le riparazioni, «rientra già di per sé in quella fondamentale di far godere» (Tabet, 388). L'obbligazione in discorso si concretizza dunque nel provvedere «a che il godimento secondo la destinazione contrattuale non venga alterato a causa di eventi sopravvenuti» (Mirabelli, 383), ovvero nell'assicurare «l'integrità del pattuito godimento della cosa locata» (Tabet, 396), o ancora nel rendere persistente «un rapporto proporzionale tra il valore del godimento assicurato al conduttore e l'entità del canone pagato al locatore» (Gabrielli - Padovini, 261). Insomma, una volta consegnata la cosa, idonea all'uso pattuito, il locatore deve effettuare i necessari interventi di manutenzione, id est le riparazioni occorrenti, tanto da far sì che l'originario equilibrio del rapporto rimanga invariato nel corso del tempo. L'effettuazione delle riparazioni, presupponendo l'esatto adempimento dell'obbligazione di consegna della cosa locata, ha come termine di paragone la cosa stessa come consegnata: è in linea di principio estranea, cioè, al contenuto dell'obbligazione di riparazione l'effettuazione di modificazioni migliorative della cosa, le quali possono essere eventualmente dovute soltanto in forza di apposita pattuizione. D'altro canto, l'obbligazione di riparazione è soltanto eventuale: essa sorge, cioè, in dipendenza del verificarsi di eventi sopravvenuti alla consegna i quali abbiano determinato o possano determinare una modificazione peggiorativa della cosa, ossia «una diminuzione dell'attitudine della cosa al godimento pattuito» (Mirabelli, 384). Ed inoltre, l'obbligazione di riparazioni scatta in presenza di fatti materiali che alterano lo stato fisico della cosa locata: è cioè estraneo al campo delle riparazioni il fenomeno dell'alterazione del godimento dovuto a modificazioni della situazione giuridica di essa, le quali hanno natura di molestie (v. artt. 1585 e 1586 c.c.). In particolare: «Tutti gli eventi materiali che determinano alterazione dello stato della cosa e siano eliminabili con riparazioni rendono esigibile la prestazione, sia che abbiano causale intrinseca sia che siano provocati da cause estrinseche; il minore godimento può derivare, infatti, sia da deterioramenti dovuti a vetustà o difetti di costruzione o di produzione che dall'incidenza di fattori esterni. I fatti estrinseci alla cosa possono essere sia naturali che umani; il locatore risponde, infatti, di ogni diminuzione di utilità, anche se imputabile a terzi e non risponde solamente di quelle diminuzioni di utilità e siano imputabili al conduttore» (Mirabelli, 384). Le riparazioni in generale
Nel linguaggio del codice le espressioni «manutenzione» e «riparazione» paiono fungibili. In dottrina si è evidenziato però che il concetto di riparazione non sempre coincide con quello di manutenzione: la riparazione, difatti, presuppone che la cosa locata abbia subito un guasto capace di pregiudicarne il godimento, mentre la manutenzione ben può essere attuata in prevenzione, indipendentemente dal verificarsi di esso, attraverso l'esecuzione di «quelle opere periodiche tendenti ad evitare che il semplice decorso del tempo e l'uso continuo della cosa la degradino progressivamente, rendendola a poco a poco sempre meno idonea all'uso cui è destinata» (Provera, 195). Viene inoltre in questione la distinzione tra manutenzione ordinaria e straordinaria: all'«ordinaria manutenzione» fa riferimento l'art. 1576, comma 2, c.c., in tema di locazione mobiliare, mentre la nozione di «riparazioni straordinarie» è utilizzata dall'art. 1621 c.c., in materia di affitto. Ed inoltre il concetto di «ordinaria manutenzione» è utilizzato dall'art. 9 della l. n. 392/1978 in punto di riparto degli oneri accessori connessi al rapporto locativo. In proposito, è utile porre in evidenza che il problema della suddivisione delle spese di manutenzione in caso di concorrenza di diritti sulla medesima cosa si pone parimenti in tema di usufrutto. Ebbene, la disciplina dell'usufrutto individua la nozione di «riparazioni straordinarie» attraverso esempi di interventi sulla cosa tutti di notevole importanza: riparazioni straordinarie sono quelle necessarie ad assicurare la stabilità dei muri maestri e delle volte, la sostituzione delle travi, il rinnovamento, per intero o per una parte notevole, dei tetti, solai, scale, argini, acquedotti, muri di sostegno o di cinta (art. 1005, comma 2, c.c.). La disposizione, secondo la giurisprudenza, pone un'elencazione soltanto esemplificativa (Cass. civ., sez. III, 14 ottobre 1963, n. 2726; Cass. civ., sez. I, 3 aprile 1979, n. 1881) e si applica anche alla locazione, essendo espressione di un principio generale (Cass. civ., sez. I, 3 aprile 1979, n. 1881), dal momento che la distinzione tra manutenzione ordinaria e straordinaria «riguarda la materialità delle riparazioni sotto il profilo della tecnica edilizia e non la funzione e le finalità del negozio giuridico cui i beni si riferiscono» (Cass. civ., sez. III, 16 luglio 1973, n. 2061). Tenuto così conto che l'art. 1575 c.c. pone come obbligazione principale del locatore, quella di mantenere la cosa locata in buono stato di manutenzione, mentre solo quelle di piccola manutenzione sono a carico del conduttore, la straordinarietà della riparazione appare caratterizzata dalla natura particolarmente onerosa per il proprietario degli interventi di riparazione, che consistono nella sostituzione o nel ripristino di parti essenziali alla struttura dell'edificio e nel mantenimento del suo decoro architettonico. In sintesi, si può dire che non sono opere di manutenzione ordinaria quelle «rese necessarie, a breve o medio termine, dal godimento normale della cosa» e che presentano il «corrispondente costo sproporzionato al reddito» (Pugliese, 342), mentre la manutenzione ordinaria include gli interventi da effettuarsi con cadenze ricorrenti, secondo una scansione temporale normalmente prevedibile. Alla definizione degli interventi di manutenzione straordinaria concorre inoltre l'art. 31 della l. 5 agosto 1978, n. 457, che definisce «gli interventi di recupero del patrimonio edilizio esistente». Sulla base di tale disciplina il giudice di legittimità ha affermato che la norma ha carattere generale, con conseguente riflesso sulla qualificazione della nozione di cui si discorre (Cass. civ., sez. III, 21 luglio 1983, n. 5021; Cass. civ., sez. III, 29 novembre 1995, n.12397). Sul rilievo dell'onerosità dell'intervento ai fini della distinzione tra manutenzione ordinaria e straordinaria conviene la Suprema Corte:
Alla stregua di tali concetti, la Suprema Corte ha avvertito che la qualificazione e l'attribuzione dei lavori all'una o all'altra categoria «spettano al giudice di merito, involgendo anche indagini di fatto» (Cass. civ., sez. II, 4 gennaio 1969, n. 10; Cass. civ., sez. III, 16 luglio 1973, n. 2061), sicché le diverse situazioni vanno valutate caso per caso.
Sono stati altresì collocati in tale categoria la demolizione o ricostruzione, totale o parziale, dei pavimenti, dei rivestimenti ed intonaci interni e la loro pittura; il rifacimento o la sostituzione di impianti dei servizi accessori, come quello idraulico, fognario, di allontanamento delle acque meteoriche, di illuminazione, riscaldamento, ventilazione ed opere inerenti; i rivestimenti e le pitture di prospetti esterni, sempreché eseguiti senza modifiche ai preesistenti oggetti, ornamenti, materiali e colori (Lazzaro - Di Marzio, 695). Al di là delle riparazioni straordinarie si ha la ricostruzione, che importa il rifacimento, in tutto o in parte, dell'immobile, il quale viene a presentarsi cosi «sostanzialmente e profondamente trasformato», acquistando un «sensibile aumento di valore» (Cass. civ., sez. II, 29 ottobre 1969. n. 3566). L'obbligazione di manutenzione della cosa locata contemplata in via generale dall'art. 1575, n. 2), c.c., nel suo aspetto di obbligazione di riparazioni, va distinta dall'obbligazione di garanzia per i vizi della cosa locata come prevista dagli artt. 1578 ss. c.c.: ed è una distinzione rilevantissima per le conseguenze applicative che ne discendono, dal momento che il codice civile appresta in ciascun caso rimedi sensibilmente differenti. Val quanto dire che occorre distinguere il guasto dal vizio. Tralasciando il dibattito dottrinale sul punto, sembra potersi dire che il vizio è costituito, almeno in linea di massima, da un difetto intrinseco della cosa, il quale incide in modo apprezzabile sull'idoneità di essa all'uso convenuto, mentre il guasto, al contrario, si compendia in un difetto derivante dall'uso o dalla vetustà della cosa ed è generalmente suscettibile di riparazione – a differenza del vizio, il quale non è normalmente eliminabile – attraverso i necessari interventi ripristinatori (Cass. civ., sez. III, 18 aprile 2001, n.5682, la quale distingue tra «vizi intrinseci e strutturali» da un lato, «guasti o deterioramenti per effetto della naturale usura dovuta al tempo o ad accadimenti accidentali» dall'altro. In definitiva:
Il locatore, in forza dell'art. 1576, comma 1, c.c., deve eseguire «tutte le riparazioni necessarie», ossia tutti gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, «eccettuate quelle di piccola manutenzione che sono a carico del conduttore». Queste ultime, come è chiarito dall'art. 1609 c.c., «sono quelle dipendenti da deterioramenti prodotti dall'uso, e non quelle dipendenti da vetustà o da caso fortuito». I deterioramenti dovuti a vetustà o caso fortuito, indipendentemente dalla loro entità, restano a carico del locatore. Le riparazioni di piccola manutenzione, ai sensi del comma 2 della disposizione, «in mancanza di patto, sono determinate dagli usi locali». La definizione delle piccole riparazioni, a carico del locatario di fondo urbano, allorché le parti non abbiano invocato, ai sensi del secondo comma dell'art. 1609 c.c., né clausole contrattuali, né usi locali, è rimessa all'apprezzamento del giudice, il quale, deve, al riguardo, tener conto, in una valutazione d'insieme, della entità del relativo impegno economico, riferita alla rilevanza economica della locazione, nonché della destinazione dell'immobile e dei corrispondenti obblighi di custodia, gravanti sul conduttore (Cass. civ., sez. III, 27 luglio 1995, n.8191). Occorre insomma considerare: (a) l'elemento quantitativo, che si riassume nella modestia della spesa in proporzione al canone, alla durata del contratto, al tipo d'alloggio e a quant'altro; (b) l'elemento causale, ossia il nesso eziologico tra l'uso della cosa e l'insorgenza della necessità delle riparazioni di «piccola manutenzione» (v. sul tema l'ampia disamina in Cass. civ., sez. III, 9 febbraio 1982, n. 772). Le piccole riparazioni sono allora «quelle che debbono reputarsi conseguenza del modo come il conduttore ha usato della cosa locata ed il cui criterio discretivo deve essere tratto da un concetto d'insieme di tenuità del valore economico, di destinazione, di uso, di necessario affidamento di custodia della cosa stessa» (Cass. civ., Sez. III, 20 agosto 1973, n. 2359).
L'art. 1610 c.c. stabilisce infine che «lo spurgo dei pozzi e delle latrine è a carico del locatore». Eziologia del guasto ed obbligazione di riparazione
L'obbligazione di riparazione si concretizza per il fatto obiettivo della trasformazione peggiorativa della cosa locata, indipendentemente da ogni considerazione della riconducibilità della modificazione a responsabilità del locatore. Questa essenziale osservazione discende dalla natura stessa dell'obbligazione, quale obbligazione contrattuale: essa sorge cioè con la stipulazione del contratto – non in dipendenza della violazione di esso, a titolo di responsabilità, della quale è elemento costitutivo il requisito della colpa – e diviene attuale ogni qual volta l'intervento manutentivo si rende comunque necessario. L'obbligazione, tuttavia, trova un limite nell'imputabilità dell'intervento manutentivo al conduttore, il quale è tenuto ad osservare la diligenza del buon padre di famiglia nel servirsi della cosa locata ed è responsabile dell'eventuale perdita o deterioramento della medesima nel corso della locazione, ai sensi degli artt. 1587 e 1588 c.c.: non rientrano perciò nell'obbligazione di manutenzione a carico del locatore soltanto i danni causati dal conduttore – ovvero, argomentando dall'art. 1588, comma 2, c.c., da persone che egli ha ammesso, anche temporaneamente, all'uso o al godimento della cosa – cioè a lui imputabili. Dal momento che l'obbligazione di manutenzione sorge per il fatto obbiettivo della trasformazione peggiorativa della cosa locata, il locatore vi è tenuto anche in ipotesi di guasto imputabile a terzi. Così, dinanzi al caso ricorrente delle infiltrazioni che, provenendo dall'appartamento soprastante, abbiano danneggiato l'appartamento locato, il locatore è obbligato a ripristinare il «buono stato di manutenzione» dell'immobile – non, naturalmente, a risarcire i danni che il conduttore abbia subito per effetto delle infiltrazioni – salvo il suo diritto di rivalersi sul terzo, ove la causa del fenomeno sia ad esso imputabile (Cass. civ., sez. I, 27 febbraio 1962, n. 379). L'adempimento dell'obbligazione di manutenzione della cosa locata può inoltre richiedere interventi non solo su di essa, ma anche su immobili estranei alla locazione, quando le condizioni di questi si riflettano sul godimento della cosa locata: «L'obbligo del locatore di effettuare le riparazioni necessarie a mantenere l'immobile in buono stato locativo, di cui all'art. 1576 c.c., riguarda sia la parte dell'immobile di esclusiva proprietà del locatore sia le parti comuni dell'edificio, trattandosi di un obbligo strettamente connesso con quello, a suo carico, di riparazione e manutenzione dell'immobile locato; ne consegue che, dedotta ed accertata, anche a mezzo di CTU, la violazione del predetto obbligo, il conduttore dispone di azione risarcitoria consequenziale all'inadempimento e può, pertanto, chiedere il ripristino dei locali per utilizzarli secondo l'uso convenuto e il maggior danno da inadempimento » (Cass. civ., Sez. III, 28 giugno 2010, n.15372; Cass. civ., Sez. III, 25 gennaio 1991, n.759).
Obbligazione di consegna ed obbligazione di riparazione
L'obbligazione di riparazione opera in stretto collegamento con l'obbligazione di consegna, dovendo il locatore – come bene è stato detto – «mantenere la cosa nello stesso stato in cui è obbligato a consegnarla» (Tabet, 391). Occorre d'altronde avere sempre a mente che l'obbligazione in discorso va commisurata all'uso pattuito e non semplicemente all'astratta integrità della cosa: «in sostanza il locatore deve assicurare l'integrità del pattuito godimento della cosa locata» (Tabet, 396). Dal momento che l'obbligazione ha come termine di paragone la cosa come consegnata, riguardata sotto il profilo dell'uso pattuito, il locatore, salvo che non sia stato diversamente concordato, non è in linea generale tenuto ad apportare trasformazioni all'immobile (Cass. civ., sez. III, 28 novembre 1998, n.12085). Il tema dell'identificazione del termine di paragone dell'obbligazione di manutenzione, individuato nella cosa come consegnata, rinvia altresì alla questione se il locatore debba rimuovere ostacoli al godimento della cosa locata di cui il conduttore fosse consapevole al momento della conclusione del contratto. A tal proposito, vale la regola secondo cui la consegna di cosa inidonea a realizzare l'interesse del conduttore non comporta responsabilità del locatore per violazione del dovere di cui all'art. 1575, n. 1), c.c. quando risulti che il conduttore, conoscendo la possibile inettitudine dell'oggetto della prestazione, abbia comunque ritenuto conveniente concludere il contratto (Cass. civ., sez. III, 20 febbraio 1998, n.1777; Cass. civ., sez. III, 27 marzo 1997, n.2748). Ed allora, ben si comprende l'analogo atteggiamento assunto dalla Suprema Corte nell'affermare che l'obbligazione di cui all'art. 1575, n. 2), c.c., che impone al locatore di provvedere tempestivamente alle riparazioni necessarie per mantenere la cosa in stato da servire all'uso convenuto, pur essendo distinta dalla garanzia per vizi della cosa locata di cui all'art. 1578 c.c., tuttavia non sussiste per gli impedimenti al godimento dei quali il conduttore abbia dichiarato di essere a conoscenza, accettando la cosa di stato in cui si trovava, sempre che il locatore non abbia assunto uno specifico impegno (Cass. civ., sez. III, 22 novembre 1985, n. 5786).
In tema di locazione, non può ravvisarsi la responsabilità del locatore, in relazione agli obblighi sullo stesso incombenti ai sensi dell'art. 1576 c.c. ed avuto riguardo al successivo art. 1578, qualora il conduttore invochi la risoluzione del contratto per inidoneità dei locali alla destinazione di uffici aperti al pubblico in ordine all'osservanza di particolari regole tecniche previste da una normativa speciale senza che sia stata prevista in contratto alcuna clausola diretta appositamente a rendere operante tra le parti la suddetta normativa (nella specie riconducibile al d.m. Lavori pubblici 9 gennaio 1996, in G.U. 5 febbraio 1996) o, comunque, riguardante la sussistenza di determinate caratteristiche tecniche dei locali in relazione all'attività da svolgere al loro interno. Infatti, in tal caso, è onere della parte conduttrice, consapevole del tipo di attività da esercitare nei locali e quindi dei relativi sovraccarichi, accertarsi preventivamente che quell'attività (nella specie, agenzia di assicurazioni) sia compatibile con le strutture dell'edificio ovvero pretendere in contratto specifiche garanzie in proposito dal locatore. (Cass. civ., Sez. III, 9 giugno 2010, n.13841). Nel parametrare l'obbligazione di riparazione a quella di consegna, occorre altresì considerare che trova nella specie applicazione la presunzione di cui all'art. 1590, comma 2, c.c., secondo la quale, in mancanza di descrizione delle condizioni dell'immobile alla data della consegna, si presume che il conduttore abbia ricevuto la cosa in buono stato locativo, presunzione che può essere vinta solo attraverso una prova rigorosa (Cass. civ., sez. III, 26 luglio 2016, n.15361). Adeguamento a disposizioni di legge o della pubblica amministrazione
Questione già lambita e di notevole rilievo pratico è quella degli interventi sulla cosa da eseguirsi per disposizione di legge od ordine dell'autorità. In proposito una ricorrente massima della Suprema Corte è formulata nel modo che segue:
La dottrina, al contrario, distingue tra idoneità generica ed idoneità specifica dell'immobile locato, che si è interrogata sul quesito se, ad esempio, gravi sul locatore l'obbligo di adeguamento degli impianti elettrici a seguito della nuova disciplina sulla sicurezza degli stessi, dettata dalla l. 5 marzo 1990, n. 46. Si è al riguardo riconosciuta l'esistenza di un obbligo del locatore di intervenire con riguardo ad ogni aspetto relativo all'idoneità astratta dell'immobile ad essere utilizzato all'uso cui è destinato. A tale conclusione si giunge in virtù del rilievo che la norma dell'art. 1575 c.c. pone a carico del locatore l'obbligazione di mantenere la cosa «in istato da servire all'uso convenuto», con il limite della sopravvenuta impossibilità della prestazione. La risposta è invece negativa qualora il provvedimento amministrativo sopravvenuto imponga opere di manutenzione con riguardo allo svolgimento dell'attività specifica svolta dal conduttore nell'immobile locato: una volta che il locatore abbia reso l'immobile astrattamente idoneo allo svolgimento di molteplici attività resta, infatti, nella sfera del conduttore assolvere agli obblighi di manutenzione sopravvenuti che, soprattutto nel caso di locazioni per uso non abitativo, dipendano direttamente dalla scelta che egli ha compiuto in relazione alla specifica destinazione dell'immobile (Gabrielli - Padovini, 266). Sotto il profilo temporale, l'obbligazione del locatore di assicurare al conduttore il godimento della cosa locata, mantenendola in buono stato locativo, si protrae per tutta la durata del rapporto di locazione. È però da considerare che, nel quadro del rapporto locativo, il godimento del bene si prolunga sovente oltre la scadenza contrattuale, quando il rilascio non sia contestuale, ma successivo ad essa. Ed allora, merita sottolineare che dopo la cessazione de iure del contratto l'obbligazione di manutenzione viene meno, perché da questo momento il conduttore in mora nella restituzione dell'immobile ne mantiene solo abusivamente la detenzione, restando obbligato al pagamento del canone di locazione, ai sensi dell'art. 1591 c.c., solo a titolo di risarcimento del danno, senza che ciò implichi, a carico del locatore, la persistenza delle obbligazioni nascenti dal contratto di locazione ormai cessato.
Sull'argomento occorre tuttavia rinviare all'esame dell'art. 56 della l. n. 392/1978, riguardo al quale si è detto che, una volta inteso il termine per l'esecuzione quale termine di adempimento dell'obbligazione di rilascio, non può non ritenersi che il locatore rimanga assoggettato alle obbligazioni poste a suo carico fino alla scadenza di esso. Gabrielli - Padovini, La locazione di immobili urbani, Padova, 2001; Lazzaro - Di Marzio, Le locazioni per uso abitativo, Milano, 2002; Mirabelli, La locazione, Torino; 1972; Provera, La locazione. Disposizioni generali, in Comm. c.c. a cura di Scialoja e Branca, Bologna-Roma, 1980; Pugliese, Usufrutto (diritto vigente), in Noviss. dig. it., XX, Torino, 1975, 342-356; Tabet, La locazione-conduzione, Milano, 1972. |