Condominio e locazione

Divieto di innovazioni sulla cosa locata

Mauro Di Marzio
29 Agosto 2017

Una volta che il locatore abbia stipulato il contratto di locazione, egli si obbliga a far godere la cosa locata al conduttore per l'intero arco temporale convenuto: di qui sorge il precetto stabilito dalla legge secondo cui il locatore non può di regola effettuare innovazioni sulla cosa locata.
Inquadramento

Il divieto di innovazioni, posto a carico del locatore dall'art. 1582 c.c., costituisce secondo la dottrina vera e propria obbligazione contrattuale (Mirabelli, 395; Tabet, 423). Nell'analizzare il contenuto dell'obbligazione in discorso occorre muovere dal precetto posto dalla norma, secondo cui il locatore non può compiere sulla cosa innovazioni che diminuiscano il godimento da parte del conduttore. La disposizione, risolvendo un dubbio insorto nella vigenza del codice civile del 1865, rende manifesto che non ogni innovazione è preclusa, ma soltanto l'innovazione che diminuisce il godimento: ed infatti il godimento, non la cosa, «è il vero oggetto del rapporto» (Mirabelli, 396). In tal modo, inoltre, la norma ribadisce indirettamente l'estensione dei diritti del locatore sulla cosa, mostrando che quest'ultimo – che può non essere, ma normalmente è il proprietario – può non soltanto disporne, ma può altresì trasformarla, nella misura in cui la trasformazione «non sia in contrasto con l'attribuzione locativa» (Mirabelli, 397).

CASISTICA

Trasformazione a verde della superficie condominiale

È consentita al locatore la trasformazione a verde della superficie condominiale effettuata nel corso di svolgimento del rapporto locatizio anche senza il consenso del conduttore (Cass. civ., Sez. III, 14 dicembre 1985, n. 6345).

Installazione del servizio di riscaldamento

Qualora l'installazione del servizio di riscaldamento in un edificio in condominio risulti, in relazione alle caratteristiche ed alla situazione logistica dell'immobile, non gravosa né voluttuaria, tale innovazione, se approvata nei modi prescritti, è vincolante per tutti i condomini, con la conseguenza che, nell'ipotesi di un immobile dato in locazione, come il proprietario-locatore è tenuto a sostenere pro quota le spese di impianto, parimenti il conduttore non può sottrarsi, trattandosi di innovazione lecita ex art. 1582 c.c., al pagamento delle spese di esercizio fin dal momento dell'attuazione del servizio stesso, ancorché questo sia stato introdotto nel corso della locazione, essendo l'aumento degli oneri accessori giustificato dall'applicazione dell'art. 9 l. n. 392/1978, senza alterazione del rapporto sinallagmatico, posto che a fronte di una maggiore spesa per il conduttore vi è un obiettivo miglioramento delle condizioni di utilizzabilità del bene (Cass. civ., sez. III, 24 giugno 1993, n. 7001).

Le innovazioni vietate

Il locatore può apportare le innovazioni che non diminuiscono il godimento, non può apportare quelle che lo diminuiscono. Diviene perciò necessario chiarire, al fine di distinguere le innovazioni vietate da quelle lecite, la nozione di «diminuzione del godimento». Essa, è stato detto, può assumere tanto un rilievo quantitativo che qualitativo:

  • nel primo caso, l'esecuzione delle innovazioni impedisce al conduttore l'utilizzazione di una parte del bene;
  • nel secondo caso (si pensi alla chiusura di una finestra o alla soppressione del riscaldamento) il godimento si deteriora.

Occorre inoltre considerare l'aspetto temporale: la diminuzione del godimento va cioè commisurata non solo all'effetto dell'innovazione sulla cosa locata, ma anche al tempo necessario per realizzarla, rapportato al transitorio impedimento al godimento. Non è richiesto, invece, perché sorga il diritto ad opporsi alle innovazioni, che queste rechino danno al conduttore, ossia che gli producano una diminuzione patrimoniale sotto il profilo del danno emergente o del lucro cessante, ex art. 1223 c.c. (Mirabelli, 398 e la dottrina successiva; contra Giannattasio, 259).

CASISTICA

Diminuzione del godimento della cosa

Il divieto è operante qualora l'innovazione diminuisca il godimento della cosa, anche quando essa sia solo potenzialmente produttiva di danno, che non è elemento costitutivo della fattispecie (Cass. civ., sez. II, 8 agosto 1961, n. 1926; Cass. civ., sez. II, 20 marzo 1973, n. 772).

Accrescimento dell'utilizzabilità

Il divieto di innovazione è applicabile anche quando, all'esito dell'intervento, l'innovazione medio tempore produttiva di diminuzione del godimento, ne accresca l'utilizzabilità (Cass. civ., sez. III, 31 gennaio 1962, n. 180).

Occorre osservare, inoltre, che l'innovazione vietata deve consistere in un opus novum, e non può invece essere riconosciuta in qualsiasi attività che rechi indiretto pregiudizio al godimento. L'innovazione pregiudizievole per il godimento della cosa locata, vietata al locatore dall'art. 1582 c.c., è cioè solo quella che viene posta in essere attraverso un mutamento dello stato di fatto con riferimento al quale sia ipotizzabile un divieto di modificazione che trovi la sua origine nel contenuto tipico delle obbligazioni contratte dal locatore secondo lo schema negoziale delineato dalla legge o per effetto di specifica clausola contrattuale. Pertanto, non può essere inquadrata nella fattispecie indicata dall'art. 1582 c.c., ancorché idonea ad influire sull'utilità che il conduttore può trarre dalla cosa locata, l'innovazione consistente nella cessazione di un'attività, in senso lato, imprenditoriale del locatore, la cui prosecuzione, inerendo la libertà di iniziativa economica di una delle parti, non rientra nello schema tipico della locazione ma può entrare a fare parte del sinallagma contrattuale solo nell'ipotesi di espressa previsione (Cass. civ., sez. III, 10 ottobre 1992, n. 11093).

Ai fini dell'identificazione delle innovazioni vietate si è posto in dottrina il quesito se il conduttore sia tenuto a tollerare innovazioni che rechino minimo disturbo al conduttore. In proposito è stato osservato: «Sembra che una questione del genere vada risolta, oggi forse piu` agevolmente di ieri, facendo applicazione di quei principi di correttezza nell'assunzione e nella attuazione dei rapporti obbligatori (art. 1175 c.c.) e di buona fede nell'esecuzione dei contratti, che costituiscono un pilastro della nostra codificazione, ma non sempre trovano applicazione nella pratica e considerazione adeguata da parte della giurisprudenza. Se, quindi, si presenta la possibilità di un'innovazione, che soddisfi uno specifico e rilevante interesse del locatore ma arrechi un disturbo minimo al conduttore, non sembra che possa ritenersi sempre strettamente operante il divieto; il contrario dovrà dirsi se notevole sia l'aggravio del conduttore in proporzione dell'interesse del locatore ed entro questi limiti ampia può essere la gamma delle soluzioni da adottare caso per caso sulla base di quei principi» (Mirabelli, 397; nello stesso senso Provera, 223).

Al di là del rilievo che l'art. 1582 c.c. non contiene la locuzione «in modo apprezzabile», riferita all'idoneità della cosa all'uso pattuito, utilizzata invece dall'art. 1578 c.c. al fine dell'individuazione dei vizi della cosa, la soluzione appena menzionata è stata contraddetta sull'assunto che innovazioni non limitative del godimento sarebbero in concreto difficili da configurare: «Il locatore può, in teoria, apportare alla cosa innovazioni che non limitino il godimento del conduttore, senza con ciò incorrere nel rischio di una azione di risoluzione del contratto. Tuttavia, è evidente che, in pratica, è ben difficile che ciò avvenga senza interferire nel godimento della cosa: onde può dirsi che, in buona sostanza, il divieto di innovazioni a carico del locatore ha una portata pressoché assoluta» (Guarino, 59).

La diminuzione del godimento, come accennato, va valutata non soltanto in relazione alle condizioni in cui si troverà la cosa locata all'esito dell'innovazione, ma anche in considerazione del tempo necessario all'esecuzione dell'opera, nel suo riflesso sul godimento: si fa l'esempio del locatore che intenda edificare una piscina nel giardino della villa concessa in locazione – ed accrescere così la godibilità del bene –, determinando però la privazione del godimento del giardino medesimo per un tempo certamente non irrilevante (Gabrielli - Padovini, 289). Poiché anche la menzionata diminuzione di godimento va presa in considerazione, si è ritenuto difficile configurare quel «minimo disturbo» cui la dottrina fa riferimento. È stata così giudicata vietata qualsiasi diminuzione di godimento a meno che quest'ultima non sia estremamente modesta, tanto da essere impercettibile dal conduttore, al quale può, quindi, può imporsi di tollerare l'intrusione se essa non lo priva in modo significativo del godimento del bene (Gabrielli-Padovini, 290).

Sembra infine da escludere che possano essere ricondotti al divieto di innovazioni ora in esame gli interventi imposti autoritativamente sulla cosa locata. Una volta riconosciuto che il divieto di innovazioni è espressione di una vera e propria obbligazione contrattuale, diviene infatti agevole evidenziare che le innovazioni imposte al locatore non costituiscono inadempimento contrattuale a lui imputabile, secondo la regola generale dettata dall'art. 1218 c.c. (Tabet, 423; Gabrielli - Padovini, 292). Vengono a quest'ultimo riguardo in questione quegli interventi imposti al locatore per legge, come nel caso dell'adeguamento degli impianti di riscaldamento a fini di risparmio energetico ovvero degli impianti elettrici a fini di sicurezza. In queste ultime ipotesi, anzi, l'esecuzione dell'opera può presentarsi non già quale violazione dell'obbligazione negativa di mantenimento, ma, al contrario, quale adempimento della medesima obbligazione positiva: difatti l'esecuzione dell'opera imposta autoritativamente diviene indispensabile – se concernente l'idoneità generica della res locata – per consentire il mantenimento del godimento della cosa come originariamente pattuito (v. bussola Riparazioni alla cosa locata).

Eguali considerazioni possono svolgersi con riguardo all'ipotesi di costituzione coattiva di servitù di passaggio sul fondo concesso in locazione, ovvero alle innovazioni deliberate dall'assemblea condominiale e come tali imposte al condomino-locatore (Tabet, 424). Rientrano in quest'ultima ipotesi: «La ripulitura delle scale, la tinteggiatura della facciata, il cambiamento di attrezzi o modalità di un servizio comune (ascensore, termosifone, citofono, portierato ecc.), opere tutte che oggettivamente costituiscono innovazioni e che il conduttore potrebbe vietare se attuate dal solo locatore, e che invece estinguono l'obbligo negativo di questo, proprio in forza dell'art. 1256» (Tabet, 424). Nelle ipotesi considerate, è da ritenere che la tutela del conduttore resti affidata, oltre al recesso per gravi motivi (artt. 4 e 27 l. n. 392/1978), ove ne sussistano i presupposti, alla regola stabilita dall'art. 1464 c.c., dall'applicazione della quale può discendere la riduzione del corrispettivo (Gabrielli - Padovini, 292).

Innovazioni a cose non oggetto di locazione

Ci si interroga inoltre se il divieto di innovazioni si estenda anche ad opere eseguite dal locatore non già sulla cosa locata, bensì su altri beni nella sua disponibilità, qualora da ciò derivi una diminuzione del godimento nei termini previsti dall'art. 1582 c.c..

Quel che occorre accertare — è stato detto — «è se per il godimento pattuito sia necessario che la situazione dei luoghi circostanti permanga quale era, oppure no, non quale potesse essere la convinzione del conduttore; deve raffrontarsi, cioè , la destinazione contrattuale con l'incidenza dell'innovazione su tale destinazione, e non appare sufficiente compiere una mera valutazione dello stato dei luoghi all'inizio del rapporto; può peraltro essere considerato inadempimento a questa obbligazione l'autorizzazione data dal locatore ad altro inquilino o ad altro terzo, in genere, di esercitare attività o compiere opere che diminuiscano il godimento pattuito, sempre, appunto, che queste ostino all'attuazione della destinazione contrattuale» (Mirabelli, 400). Esemplificando, sembra potersi escludere che il locatore, concesso in locazione un immobile con un bel panorama, non possa, per ciò solo, edificare su fondo contiguo uno stabile che chiuda la visuale (Tabet, 422). Si è però ritenuto l'opposto nel caso della locazione di una palazzina destinata a casa di cura, circondata da giardini tali da assicurare l'amenità del soggiorno, quando tale caratteristica sia stata presa in considerazione nel contratto (Mirabelli, 400). Parimenti si è ragionato nel caso della trasformazione del cortile di un edificio in condominio in cantiere o cinematografo all'aperto. Ciò, però, solo se l'innovazione venga effettuata sul cortile di accesso all'abitazione, non invece se compiuto su un'area di semplice affaccio dell'immobile (Mirabelli, 400). È stata poi considerata vietata ai sensi dell'art. 1582 c.c. la trasformazione consistente nell'abbattimento di un muro di separazione tra due stabili contigui, entrambi del locatore, con unificazione del servizio di portierato (Mirabelli, 400).

Altri propendono per una soluzione di netta chiusura ponendo l'accento sia sull'argomento letterale – il locatore non può compiere innovazione «sulla cosa», ex art.1582 c.c. – sia sul rilievo che l'innovazione su beni estranei alla locazione rappresenta attività di per sé lecita, salvo non assuma il carattere di molestia, come tale vietata al locatore ad altro titolo (Cosentino - Vitucci, 72). Insomma, secondo questa impostazione, non costituiscono innovazioni vietate «tutte le attività che non incidono sulla materialità dell'oggetto del contratto» (Tabet, 420; Provera, 225).

In giurisprudenza lo specifico problema non risulta affrontato, se non in un pronuncia assai risalente che ha considerato responsabile per danni nei confronti del conduttore il locatore che aveva fatto eseguire opere su fondo contiguo a quello locato: Il locatore, il quale abbia commesso ad un appaltatore l'esecuzione di lavori di costruzione su un terreno di sua proprietà confinante con quello su cui sorge l'edificio locato, risponde, a titolo di responsabilità contrattuale, nei confronti degli inquilini, dei danni a questi derivati, dall'esecuzione delle opere avendo egli l'obbligo di garantire ai conduttori il pacifico godimento della cosa locata, ma ciò sempre che egli non dimostri che per fatto non suo si sia trovato nell'impossibilita di impedire il danno (Cass. civ., sez. III, 5 agosto 1964, n. 2228).

Tolleranza e consenso del conduttore

Va effettuata caso per caso l'interpretazione del significato da attribuire alla condotta del conduttore che, dinanzi all'innovazione apportata alla cosa, rimanga inerte. In ipotesi di innovazione eseguita alla presenza del conduttore, è sembrato preferibile valutare il suo comportamento come rinuncia al diritto di opporsi all'opus novum. Viceversa non si è ritenuto possa prestarsi alla medesima qualificazione il silenzio del conduttore assente che pure abbia avuto notizia dell'opera (Mirabelli, 400). In questo caso, dunque, si verserebbe in ipotesi di mera tolleranza, la quale – come può desumersi in termini generali dal principio sancito nell'art. 1144 c.c. – non produce alcun effetto sul diritto ad opporsi alle innovazioni. Si è inoltre affermato che, ove pure appaia configurabile una rinuncia al diritto di opporsi all'innovazione, non per questo può ritenersi insita in essa anche quella al risarcimento del danno, ovvero la riduzione del canone, qualora ritenuta ammissibile (Mirabelli, 401; Cosentino-Vitucci, 74).

Nel caso che il conduttore abbia prestato consenso all'esecuzione delle innovazioni, ovvero non si sia opposto ad esse, si è prospettato il problema se egli sia abilitato o meno al godimento dell'innovazione compiuta dal locatore e se quest'ultimo abbia facoltà di eliminazione delle innovazioni stesse. Autorevole dottrina ha in proposito chiarito quanto segue: «Se l'innovazione consiste in una opera costruita dal locatore per soddisfare un proprio bisogno ed il cui godimento non ha alcuna connessione con quello attribuito al conduttore, appare ovvio che il godimento di questo non si estenda alla nuova opera; se si tratta di opere che incidono nella sfera del godimento secondo la destinazione contrattuale, senza diminuirlo od anche, come avverrà di solito, in modo da facilitarlo o migliorarlo, il conduttore avrà di certo il diritto a goderne, ma non perché il suo godimento si estende all'innovazione, sibbene perché egli continuerà il godimento pattuito sulla cosa modificata. Ma argomentare da questa soluzione per sostenere che il locatore, una volta compiuta l'innovazione, non abbia diritto di eliminarla sembra veramente assurdo, o, per meglio dire, rende necessario ben distinguere le situazioni: se si è trattato di un accordo tra locatore e conduttore che, modificando il contenuto del rapporto in corso, abbia mutato l'oggetto del godimento, tale accordo, come qualsiasi contratto modificativo, va rispettato da entrambe le parti ed il locatore non può pretendere di ripristinare, unilateralmente, il precedente rapporto, consensualmente modificato; ma se la modificazione sopravvenuta è consistita unicamente nella rinuncia del conduttore ad opporsi all'innovazione od a pretenderne l'eliminazione, sì che questi abbia accettato di godere una cosa modificata, ma non abbia impegnato il locatore a mantenerla così mutata, nessuna pretesa può il conduttore avanzare al mantenimento dell'innovazione, neppure se, in effetti, egli possa avervi obiettivamente interesse; omettendo di stipulare una pattuizione specifica a soddisfacimento di tale interesse, egli, infatti, non si è provveduto di alcun mezzo per tutelarlo» (Mirabelli, 403).

Innovazioni vietate e tutela del conduttore

La violazione del divieto di innovazioni legittima il conduttore ad avvalersi di tutti gli strumenti di reazione all'inadempimento delle obbligazioni, in particolare negative, riguardo alle quali non trova applicazione la disciplina della mora di cui agli artt. 1219 ss. c.c., dal momento che, ai sensi dell'art. 1222 c.c., ogni fatto compiuto in violazione dell'obbligazione di non fare costituisce di per sé inadempimento.

Il conduttore, dunque, ha diritto al risarcimento dei danni, nella misura in cui, naturalmente, essi siano effettivamente riscontrabili. Inoltre, qualora l'inadempimento possieda il rilievo quantitativo di cui all'art. 1455 c.c., il conduttore può ottenere la risoluzione del contratto.

In alternativa può chiedere l'eliminazione dell'opera eseguita in violazione del divieto – in tal modo ottenendo l'adempimento dell'obbligazione negativa – con successiva esecuzione in forma specifica a sensi dell'art. 2933 c.c.

È discusso, invece, se il conduttore possa vantare, in ipotesi di violazione del divieto di innovazioni, il diritto alla riduzione del corrispettivo previsto dall'art. 1578 c.c., in tema di disciplina dei vizi della cosa locata, ed inoltre dall'art. 1584 c.c., concernente i diritti del conduttore in caso di riparazioni.

RIDUZIONE DEL CORRISPETTIVO: ORIENTAMENTI A CONFRONTO

Applicazione analogica

La riduzione del corrispettivo in proporzione della diminuzione non è prevista direttamente; si può giungere ad ammetterla soltanto se attraverso una considerazione sistematica della normativa generale che attiene alle ipotesi di diminuzione del godimento, si ammetta che sia applicabile per analogia la regola posta per ipotesi diverse, ma che presentano elementi di somiglianza; sia, infatti, in relazione all'ipotesi di vizi cosiddetti sopravvenuti (art. 1581, in riferimento all'art. 1578) sia in relazione all'ipotesi di riparazioni che diminuiscono il godimento in modo rilevante (art. 1584) è prevista, in alternativa, o meno, con la pretesa di risoluzione, l'esercitabilità di una pretesa di riduzione; se si ritiene che in queste norme sia espresso un principio connaturale al contenuto del rapporto locativo, in ragione della sinallagmaticità tra godimento e corrispettivo e dalla tutelabilità dell'interesse del conduttore a mantenere il godimento, sebbene menomato, si può pervenire a considerare ammissibile, anche nell'ipotesi di inadempimento al divieto di innovazioni, la pretesa di riduzione; si tratterà, peraltro, di pretesa cui sarà legittimato il solo conduttore e che si porrà come alternativa sia alla pretesa di adempimento sia la pretesa di risoluzione; il conduttore potrà, cioè, scegliere tra il pretendere l'eliminazione dell'innovazione, il promuovere la risoluzione del rapporto od il richiedere una riduzione del corrispettivo in proporzione della diminuzione del godimento; ma, sempre in forza dell'applicazione analogica, si dovrà ammettere che anche nell'ipotesi che scelga la pretesa di riduzione, possa richiedere pure il risarcimento dei danni se sussistenti quali conseguenza dell'innovazione, come è previsto nell'art. 1578, comma 2; se, invece, questa costruzione non viene accettata e si ritiene che il silenzio della norma importi l'applicabilità dei soli rimedi generali previsti per l'inadempimento, la pretesa di riduzione non potrà essere ritenuta esercitabile (Mirabelli, 399)

Ipotesi eccezionale

La violazione del divieto di innovazioni trova la sua completa disciplina nelle norme sulla responsabilità contrattuale, mentre gli artt. 1578 e 1584 c.c. prevedono ipotesi eccezionali, sottolineano che con l'azione di risarcimento del danno il conduttore potrebbe comunque ottenere di essere congruamente indennizzato per il pregiudizio derivante dall'obbligo di pagare un corrispettivo non più adeguato al valore locativo della cosa (Provera, 226)

In altre parole, l'impressione è che si tratti di un falso problema: affermare che il conduttore ha, nei confronti del locatore, diritto al risarcimento del danno a seguito di inadempimento contrattuale, significa, in sostanza, riconoscergli una pretesa che, in termini quantitativi, può coincidere con quella alla riduzione del canone.

Tale riflessione conferma l'inapplicabilità per analogia delle norme sulla riduzione del canone, le quali, come quelle sulla riduzione del prezzo nella vendita, muovono dall'idea, oggi per lo più superata dagli interpreti, che i vizi della cosa locata o venduta, non essendo fonte di responsabilità contrattuale in senso tecnico, non possono costituire i presupposti di un risarcimento del danno: in questo caso si riconosce, allora, il diritto alla riduzione del canone o del prezzo. Ma quando vi è responsabilità contrattuale in senso tecnico, come nell'ipotesi della violazione dell'obbligo di non intrusione, sussiste certamente il diritto al risarcimento del danno, con la conseguente perdita di significato di qualsiasi strumento di riduzione del canone, il cui risultato, sul piano economico, viene già raggiunto in via risarcitoria (Gabrielli - Padovini, 294).

Sul piano dell'individuazione degli strumenti processuali utilizzabili dal conduttore, si ammette che questi possa opporsi all'esecuzione dell'opera attraverso l'azione di spoglio di cui all'art. 1168, comma 2, c.c., ove ne sussistano i presupposti. Viceversa, contrariamente a quanto sostenuto dalla dottrina meno recente, è ormai generalmente escluso il ricorso alle azioni nunciatorie, che competono soltanto al proprietario, al possessore o al titolare di diritti reali di godimento, ex artt. 1171 e 1172 c.c. (Mirabelli, 401; Provera, 227; Cosentino - Vitucci 1986, 74; Gabrielli -Padovini, 294).

È stata pure prospettata l'ammissibilità del ricorso all'art. 700 c.p.c., ove necessario per evitare che si ponga in essere una situazione di pregiudizio irreparabile o difficilmente eliminabile (Mirabelli, 402; Cosentino - Vitucci, 74; Gabrielli - Padovini, 293).

Derogabilità del divieto di innovazioni

Con riguardo al divieto di innovazioni, la dottrina prevalente è incline ad ammettere una derogabilità limitata. Il conduttore, cioè, potrebbe rinunciare ad opporsi alle sole innovazioni che non comportino una rilevante diminuzione del godimento, al di là della quale rimarrebbe vanificata la stessa funzione tipica del contratto di locazione (Cosentino - Vitucci, 74).

Secondo altri, la risposta al quesito se il conduttore sia legittimato ad autorizzare il locatore a innovare senza limiti la cosa locata – in caso di locazione sottoposta alla disciplina codicistica – è sicuramente positiva, ancorché il contratto possa assumere qualche venatura di atipicità (Gabrielli-Padovini 2001, 294; v., per la stessa soluzione, Giannattasio, 260; Trifone, 475).

Il carattere meramente dispositivo dell'art. 1582 c.c. è affermato in una vecchia decisione (Cass. civ., Sez. III, 1° aprile 1958, n. 1136). Diversamente, in caso di locazioni abitative, assoggettate alla l. n. 431/1998, ovvero di locazioni non abitative regolate dagli artt. 27 ss. l. n. 392/1978, si è ritenuto che l'assenso del conduttore a qualsiasi innovazione potrebbe incidere sulla durata del rapporto, avuto riguardo al tempo necessario per realizzarle (Gabrielli-Padovini, 295).

Guida all'approfondimento

Cosentino - Vitucci, Le locazioni dopo le riforme del 1978-1985, Torino, 1986;

Gabrielli - Padovini, La locazione di immobili urbani, Padova, 2001;

Giannattasio, Della locazione, in Comm. c.c. diretto da D'Amelio e Finzi, Firenze, 1947; Guarino, Locazione, Milano, 1965;

Mirabelli, La locazione, Torino; 1972;

Provera, La locazione. Disposizioni generali, in Comm. c.c. a cura di Scialoja e Branca, Bologna-Roma, 1980;

Tabet, La locazione-conduzione, Milano, 1972;

Trifone, La locazione. Disposizioni generali e locazione di fondi urbani, in Tratt. dir. priv. diretto da Rescigno, IX, Torino, 1984.

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