Carenza iniziale o venir meno dei requisiti necessari per lo svolgimento dell'attività di amministratore
30 Agosto 2017
Il quadro normativo
La normativa relativa ai requisiti per lo svolgimento dell'attività di amministratore (art 1129 c.c., art. 71-bis disp. att. c.c. e d.m. n. 140/2014) viene ampiamente esaminata nella bussola di riferimento alla quale si fa rinvio. Un problema non di poco conto, connesso ai requisiti che l'amministratore di condominio deve possedere in forza della normativa vigente, riguarda le conseguenze che possono derivare dalla nomina di un soggetto sprovvisto di uno di tali requisiti ovvero di un soggetto in possesso al momento della nomina ma non in periodi precedenti, o infine, di un soggetto che non sia in possesso dei requisiti al momento della nomina ma lo sia successivamente. In proposito è necessario premettere alcune distinzioni in relazione alle diverse tipologie di requisiti. La fattispecie più grave in assoluto che si può verificare è quella prevista dal penultimo comma dell'art 71-bis disp. att. c.c. e consistente nella perdita dei requisiti di cui alle lettere a) b) c) d) ed e) del comma 1 della stessa norma (godimento dei dritti civili, condanna penale, sottoposizione a misure di prevenzione definitive, intervenuta interdizione o inabilitazione e annotazione del nome nell'elenco dei protesti cambiari. Infatti la stessa norma ricollega al verificarsi di una delle predette situazioni la conseguenza della cessazione dall'incarico. Si noti che si tratta di una conseguenza automatica non essendo necessari né una delibera assembleare, né tantomeno un provvedimento giudiziale di revoca. La seconda parte dello stesso penultimo comma dell'art 71-bis prevede addirittura che «in tale evenienza» ciascun condomino possa convocare senza formalità l'assemblea per la nomina del nuovo amministratore. Una disamina attenta della norma in esame consente di formulare alcune considerazioni. In primo luogo va rilevato come si versi in una fattispecie nella quale la convocazione dell'assemblea straordinaria può avvenire ad opera anche di un solo condomino (e non quindi almeno due, come generalmente previsto invece dall'art. 66 disp. att. c.c.) e indipendentemente dai millesimi di cui lo stesso soggetto è portatore (e quindi anche se essi siamo meno di un sesto dei millesimi totali). Ma soprattutto, la norma prevede che la convocazione dell'assemblea per la nomina dell'amministratore possa avvenire «senza formalità». La previsione normativa, il cui senso e la cui portata non sono del tutto chiari, lascia alquanto perplessi Deve ritenersi che il legislatore non abbia inteso affermare che possano non essere rispettati il termine minimo di preavviso o le formalità connesse alla formulazione e al contenuto minimo dell'ordine del giorno con il rischio dare la stura strumentalizzazioni e a inevitabili contenziosi, ma abbia voluto solo stabilire che, in tal caso, la convocazione da parte del singolo condomino possa essere «diretta» e non soggetta appunto alle formalità procedurali e ai termini previsti in relazione alla fattispecie della convocazione dell'assemblea ex art. 66 disp. att. c.c. da parte dei condomini, fermo restando che debbano essere comunque rispettati regole e principi previsti da norme che, come l'art. 66 disp. att. c.c. citato o come l'art. 1136 c.c. sono inderogabili per espressa previsione di legge. Quid iuris invece per l'ipotesi che venga nominato un soggetto che sia ab initio privo dei requisiti morali previsti dalle citate lettere a), b), c), d) o e) dell'art 71-bis disp. att. c.c.? Come nel caso che venga designato un soggetto che abbia già subito una condanna penale prima della delibera di nomina? Deve ritenersi che in questo caso quest'ultima sia da considerare nulla, anzi inesistente, tamquam non esset. Più complesso è il problema connesso alla mancanza dei requisiti relativi alla formazione professionale dell'amministratore. E' certamente causa di nullità della delibera di nomina la mancanza in capo al soggetto del titolo di studio costituito dal diploma di scuola media superiore, così come l'omessa frequenza da parte del medesimo del corso di formazione iniziale. Tali requisiti sono richiesti per tutti coloro che hanno iniziato la loro attività professionale di amministratore dopo il 18 giugno 2013, data di entrata in vigore della l. n. 220/2012. In questo caso infatti ci si trova di fronte ad un soggetto sostanzialmente privo di abilitazione tout court all'esercizio di un'attività professionale. Mancanza del requisito della formazione periodica
Maggiori dubbi si pongono invece per la fattispecie costituita dal mancato espletamento dell'attività di formazione periodica,cioè di aggiornamento, obbligatoria per tutti, vecchi e nuovi amministratori, con la sola eccezione di coloro che amministrano solo il condominio nel quale sono proprietari o usufruttuari di unità immobiliari. Naturalmente anche la delibera di nomina di un amministratore sprovvisto dei requisiti formativi periodici è certamente invalida, ma rimane il dubbio se possa parlarsi in tali casi di nullità o di mera annullabilità della delibera di nomina. Segnaliamo, in relazione a questo specifico tema, la recente pronuncia di merito (Trib. Padova 24 marzo 2017, n. 818) la quale affronta anche, incidenter, alcune delle questioni in tema di obblighi di formazione periodica in capo all'amministratore di condominio trattate nella bussola cui il presente focus si riferisce: in primis, il giudice patavino, nel confermare che l'obbligo di formazione (periodica) ha cadenza annuale osserva che. non parlando la legge di anno solare, deve ritenersi che l'obbligo di aggiornamento vada dal 9 ottobre 2014 (data di entrata in vigore del decreto) al 9 ottobre 2015 e così di seguito per gli anni successivi. Conclude poi il Giudice che, sulla scorta di questo meccanismo individuato dal legislatore, «non è possibile recuperare i corsi di formazione periodica annuali essendo ogni certificato valevole per l'anno successivo» e osserva essere «pacifico in giurisprudenza» che la mancanza di frequentazione del corso rende illegittima la nomina di amministratore di condominio, nel senso che l'amministratore non potrà assumere incarichi per l'anno successivo. Conclude infine il magistrato veneto che «la sua nomina sarebbe nulla». Riteniamo si possa concordare praticamente su tutte le considerazioni enunciate dal Tribunale patavino nella sua pronuncia, compresa quella della illegittimità della delibera di nomina dell'amministratore carente sotto il profilo formativo, ma resta il dubbio sulla conclusione relativa alla nullità della delibera stessa, che appare frutto di una valutazione apodittica. Va infatti osservato che la conseguenza della nullità o è prevista espressamente da una norma, o discende dall'essere stata violata una norma imperativa o di ordine pubblico e inderogabile. In dottrina, secondo un autorevolissimo orientamento più rigoroso la disposizione del citato art 71-bis sarebbe appunto norma di ordine pubblico e in quanto tale avrebbe carattere imperativo con l'effetto che la sua inosservanza comporterebbe la nullità radicale della delibera di nomina e del conseguente contratto di mandato stipulato. Va tuttavia obiettato che se è vero che l'art. 1138, comma 4, c.c. stabilisce l'inderogabilità delle disposizioni contenute nel precedente art. 1129, è altrettanto vero che l'art. 72 disp. att. c.c., non annovera tra le disposizioni inderogabili l'art. 71-bis, norma che, d'altro canto, non è neppure richiamata dallo stesso art. 1129 c.c.. Va inoltre osservato che, come già osservato in precedenza, il penultimo comma del citato art 71-bis, nel disciplinare la diversa fattispecie della perdita successiva dei requisiti in costanza di mandato, ha previsto la conseguenza della automatica cessazione o decadenza dall'incarico solo con riferimento alle ipotesi di cui alle lettere a), b), c), d) ed e), dal che sembrerebbe evincersi a contrariis che, al venir meno dei requisiti di cui alle lettere f) e g), non sono ricollegate conseguenze di analoga gravità e che il non possesso dei requisiti connessi alla formazione periodica cosi come la perdita di essi sono stati considerati dal legislatore meno gravi rispetto al non possesso o al venir meno di quelli morali. Mancanza dei requisiti di legge dei corsi frequentati
Fin qui abbiamo preso in considerazione fattispecie caratterizzate da omissioni o carenze imputabili al soggetto chiamato a svolgere l'attività di amministratore per aver egli omesso tout court di ottemperare alle norme concernenti la sua formazione professionale. Può però verificarsi che quest'ultimo abbia in concreto svolto o creduto di svolgere attività di formazione, ma lo abbia fatto frequentando corsi privi di tutti o di taluno dei requisiti richiesti dal d.m. n. 140/2014. Si pensi ad esempio: a) al caso di un corso organizzato e diretto da un responsabile scientifico privo dei requisiti previsti dal decreto; b) o al caso di «moduli» tenuti da formatori a loro volta sprovvisti di tali requisiti; c) a casi di mancato rispetto dei limiti minimi di durata del corso (ad esempio a causa di assenze del discente non recuperate con conseguente frequenza di un numero di ore inferiore al minimo obbligatorio); d) a casi nei quali non siano state inserite nel programma del corso e trattate alcune delle materie obbligatoriamente previste dal decreto; e) a casi nei quali non sia stata sostenuta la prova finale. Per non parlare dell'ipotesi a monte che non sia stata ritualmente inviata o sia stata inviata in ritardo la comunicazione a mezzo PEC di inizio corso al Ministero della Giustizia. Orbene, v'è da chiedersi quali siano le conseguenze di tali irregolarità, non solo sulla validità del corso, ma anche, di riflesso, sulla validità della delibera di nomina dell'amministratore che tale corso ha frequentato e ancora nei confronti del condominio gestito e amministrato da un amministratore carente per le ragioni indicate. E ancora possono sorgere problemi in ordine alle responsabilità per culpa in eligendo o in vigilando, contrattuale e/o extracontrattuale in capo al responsabile scientifico e ai formatori ed eventualmente all'associazione o all'ente che ha materialmente scelto e incaricato un responsabile privo dei requisiti e organizzato logisticamente un corso sprovvisto dei requisiti normativi e dei rapporti tra questi enti e il responsabile scientifico. Di tutto questo la normativa vigente nulla dice, ma sarà certamente interessante verificare in futuro cosa accadrà allorché si verificassero e venissero alla luce fattispecie siffatte. Il problema del controllo del rispetto degli obblighi formativi
Va in proposito evidenziato, a monte, che il decreto ministeriale non prevede alcuna forma di controllo da parte di organi pubblici sull'avvenuto rispetto degli obblighi formativi, né tantomeno sulla sussistenza dei requisiti morali previsti dalle lettere a) b) c) e d) dell'art. 71-bis disp. att. c.c. Anzi la relazione illustrativa del provvedimento chiaramente ed espressamente evidenzia a pagina 4) che «la normativa primaria di riferimento» (art. 71-bis disp. att. c.c.) «non introduce alcuna previsione in merito a registri albi e controlli» che, si osserva nella stessa relazione, comporterebbero per lo Stato ulteriori oneri per l'espletamento delle relative incombenze. Va rilevato quindi che gli unici soggetti che possono esperire i controlli de quibus sono proprio i condòmini cioè coloro che, in fondo, sono i veri destinatari della normativa in commento atteso che l'amministratore è chiamato a gestire il patrimonio immobiliare privato di cui essi sono i titolari. Se è vero che la mancata osservanza degli obblighi formativi non è specificamente ed espressamente contemplata nel novero delle ipotesi (peraltro esemplificative) giustificanti la revoca giudiziale, è evidente che tale omissione va considerata alla stregua di una delle più gravi irregolarità nelle quali l'amministratore può incorrere. Al di là di ogni considerazione sopra svolta in ordine alle possibili conseguenze sopra esaminate (nullità, annullabilità, decadenza) connesse alla carenza o al venir meno dei requisiti formativi, va rilevato che l'amministratore che venisse a trovarsi in una di quelle situazioni, potrebbe comunque essere sempre revocato non solo dall'assemblea in qualsiasi tempo, ma anche dall'autorità giudiziaria mentre certamente può ritenersi non dovuto il compenso analitico eventualmente deliberato dall'assemblea al momento della nomina. In conclusione
In conclusione, va sottolineato come le soluzioni da adottare in relazione alle problematiche esaminate e connesse alla natura della invalidità della delibera di nomina per le diverse cause prese in considerazione in modo analitico nel presente focus, sono rilevanti anche sotto il profilo della sorte e delle possibili conseguenze degli atti compiuti dall'amministratore eletto in mancanza dei requisiti di legge sia nei confronti dei condomini che dei terzi. In generale il problema del rispetto da parte dell'amministratore degli obblighi connessi ai requisiti morali e formativi assume un'importanza rilevantissima per la vita dei condomìni e quindi per la gestione del patrimonio immobiliare del nostro Paese, non solo per l'ovvia considerazione che la correttezza della gestione riposa prima di tutto sulla preparazione professionale degli amministratori oltreché sulla loro onestà, ma anche perchè il mancato rispetto dei requisiti stabiliti dalla legge può comportare devastanti conseguenze sulla gestione di un condominio, fino al punto di provocarne la paralisi. I condomini per primi, quali custodi della professionalità dei loro gestori, devono prendere coscienza del cambiamento radicale verificatosi sotto il profilo normativo e assurgere essi stessi ad attenti custodi del rispetto della normativa stessa e della professionalità dei propri amministratore, anziché limitarsi a valutare solo gli aspetti economici dell'offerta. |