Il dictum delle S.U. sull'impugnabilità dei provvedimenti emessi nella procedura di concordato

04 Settembre 2017

Il decreto con cui il tribunale dichiara l'inammissibilità della proposta di concordato, ai sensi dell'art. 162, comma 2, l.fall. (anche eventualmente a seguito della mancata approvazione della proposta, ai sensi dell'art. 179, comma 1) ovvero revoca l'ammissione alla procedura di concordato, ai sensi dell'art. 173, senza emettere consequenziale sentenza dichiarativa del fallimento del debitore, non è soggetto a ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 111, comma 7, Cost. non avendo carattere decisorio.
Massima

Il decreto con cui il tribunale dichiara l'inammissibilità della proposta di concordato, ai sensi dell'art. 162, comma 2, l.fall. (anche eventualmente a seguito della mancata approvazione della proposta, ai sensi dell'art. 179, comma 1) ovvero revoca l'ammissione alla procedura di concordato, ai sensi dell'art. 173, senza emettere consequenziale sentenza dichiarativa del fallimento del debitore, non è soggetto a ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 111, comma 7, Cost. non avendo carattere decisorio; viceversa, il decreto con cui il tribunale definisce (in senso positivo o negativo) il giudizio di omologazione del concordato preventivo, senza emettere consequenziale sentenza dichiarativa del fallimento del debitore, ha carattere decisorio, ma, essendo reclamabile ai sensi dell'art. 183, comma 1, l.fall., non è soggetto a ricorso straordinario per cassazione ai sensi dell'art. 111, comma 7, Cost., il quale è proponibile avverso il provvedimento della corte d'appello conclusivo del giudizio sull'eventuale reclamo.

Il caso

La Prima Sezione civile della Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi su un ricorso proposto da una società avverso il decreto con cui il tribunale adito aveva dichiarato inammissibile, ai sensi degli artt. 162, comma 2 e 179, comma 1, l. fall., la proposta di concordato preventivo da essa presentata, stante la mancata approvazione da parte dei creditori (in conseguenza del voto negativo determinante di uno di essi, ritenuto invalido dalla ricorrente), ha rimesso alle Sezioni Unite la questione relativa all'ammissibilità del ricorso straordinario per cassazione ex art. 111, comma 7, Cost. avverso il decreto con cui il tribunale, pur senza dichiarare anche il fallimento del debitore, dichiari inammissibile la proposta concordataria ai sensi delle norme sopra richiamate, e ha chiesto alle stesse Sezioni Unite di estendere il proprio intervento chiarificatore anche alle diverse ipotesi di provvedimenti negativi sulla proposta di concordato contemplate dagli artt. 162, 173, 179 e 180 l. fall.

Le questioni giuridiche e la soluzione

Come si evince dalla massima sopra riportata, con la pronuncia in commento le Sezioni Unite hanno affermato l'inammissibilità del ricorso straordinario per cassazione avverso il decreto del tribunale che dichiari inammissibilela proposta concordataria ex art. 162, comma 2, l. fall., nonché avverso il decreto di revoca dell'ammissione alla procedura di concordato preventivo ex art. 173 l. fall., allorché detti provvedimenti non siano seguiti dalla dichiarazione di fallimento del debitore (reclamabile – quest'ultima - ex art. 18 l. fall. anche con riferimento ad eventuali vizi della procedura concordataria), ritenendo i provvedimenti de quibus privi di carattere decisorio, in quanto inidonei ad incidere su diritti soggettivi delle parti con efficacia di giudicato. Le Sezioni Unite hanno altresì escluso la proponibilità del rimedio straordinario in esame avverso il decreto con cui il tribunale definisce il giudizio di omologazione del concordato preventivo senza dichiarare il fallimento del debitore, posto che quest'ultimo provvedimento, pur avendo - secondo la Corte - natura decisoria nel senso sopra indicato, non assume tuttavia carattere di definitività, essendo reclamabile ai sensi dell'art. 183, comma 1, l. fall., con la conseguenza che, in tal caso, il ricorso per cassazione è proponibile esclusivamente avverso il provvedimento della corte d'appello conclusivo del giudizio di reclamo.

Osservazioni

Con la sentenza in esame le Sezioni Unite hanno definito l'ambito di applicabilità del mezzo di impugnazione straordinario di cui all'art. 111, comma 7, Cost. in sede di concordato preventivo, discostandosi, almeno in parte, dagli orientamenti precedentemente seguiti dalla prevalente giurisprudenza di legittimità in materia.

Come noto, in via generale la proponibilità del ricorso straordinario per cassazione ex art. 111, comma 7, Cost. è pacificamente ammessa anche con riferimento a provvedimenti aventi forma diversa dalla sentenza, purché gli stessi presentino il duplice requisito della decisorietà e della definitività, dovendo intendersi il primo requisito, secondo la definizione accolta nella pronuncia in commento, quale “attitudine del provvedimento del giudice non solo ad incidere su diritti soggettivi delle parti, ma ad incidervi con la particolare efficacia del giudicato”, e il secondo quale non assoggettabilità del provvedimento a un diverso mezzo d'impugnazione.

Ciò posto, nel caso in esame le Sezioni Unite, chiamate a pronunciarsi su un ricorso ex art. 111, comma 7, Cost. proposto avverso un decreto che aveva dichiarato l'inammissibilità di una proposta concordataria ai sensi del combinato disposto degli artt. 162, comma 2 e 179, comma 1, l. fall., hanno escluso l'impugnabilità di tale provvedimento con il suddetto mezzo straordinario di impugnazione, sul rilievo che il decreto de quo, “pur presentando indubbiamente il carattere della definitività – in quanto espressamente dichiarato «non soggetto a reclamo» (art. 162, comma 2, l.fall.) – non presenta anche il carattere della decisorietà”, in quanto “viene emesso dal tribunale a prescindere da una controversia, anche solo potenziale, tra parti contrapposte, nonché all'esito di un procedimento che non prevede alcun contraddittorio, bensì la sola audizione del debitore”. Tale soluzione costituisce l'approdo di un'evoluzione della giurisprudenza della Cassazione successiva alle riforme del 2005, 2006 e 2007 - verosimilmente ispirata anche da un intento deflattivo del contenzioso in sede di legittimità nella materia qui in esame - che ha portato la Suprema Corte, in precedenza incline ad ammettere senz'altro l'esperibilità del ricorso straordinario per cassazione avverso i provvedimenti di inammissibilità o comunque di rigetto della proposta di concordato non seguiti da una sentenza dichiarativa di fallimento (cfr. Cass., 25 giugno 2014, n. 14447; Cass., 25 settembre 2013, n. 21901; Cass., 25 ottobre 2010, n. 21860; Cass., Sezioni Unite, 14 aprile 2008, n. 9743), a rimeditare progressivamente la sua posizione al riguardo, fino a negare, negli arresti più recenti, il carattere decisorio dei provvedimenti de quibus, da un lato, in quanto ritenuti non autonomi, ma inscindibilmente connessi alla successiva e consequenziale sentenza dichiarativa di fallimento (ancorché non contestuale), con la conseguenza che i loro vizi devono essere fatti valere mediante la specifica impugnazione cui detta sentenza è soggetta (come previsto espressamente dall'art. 162, ultimo comma, l. fall.), dall'altro, in quanto i provvedimenti in oggetto, in assenza di una successiva declaratoria di fallimento, non pregiudicano la proposizione di una nuova domanda concordataria, e appaiono dunque inidonei a incidere su diritti soggettivi con l'efficacia del giudicato, fatte salve solo le ipotesi - invero marginali - in cui il provvedimento negativo dipenda da ragioni che escludono una consequenziale dichiarazione di fallimento, quali ad esempio l'esclusione della qualità di imprenditore commerciale, l'assenza dello stato di insolvenza o il difetto di giurisdizione (in quest'ultimo senso, cfr., in particolare, Cass., 15 gennaio 2016, n. 653 e Cass., 20 febbraio 2015, n. 3452, relative, per vero, alla diversa ipotesi – su cui si tornerà subito infra – del diniego di omologa di un concordato preventivo, ma nelle quali la Suprema Corte ha espressamente affermato l'applicabilità dei medesimi principî anche al decreto “che neghi ingresso alla procedura richiesta dall'imprenditore per difetto delle condizioni di cui alla L. Fall., art. 160”; in senso conforme, si veda altresì Cass., 2 aprile 2010, n. 8186 nonché, con riferimento all'ipotesi di revoca dell'ammissione al concordato ex art. 173 l. fall., Cass., 8 maggio 2014, n. 9998).

A conclusioni opposte le Sezioni Unite sono invece pervenute - in ciò discostandosi dall'orientamento giurisprudenziale da ultimo richiamato - con riguardo al decreto che definisce il giudizio di omologa del concordato preventivo, al quale, nella pronuncia in commento, viene espressamente riconosciuta natura decisoria, dal che discende, secondo le stesse Sezioni Unite, l'ammissibilità del ricorso straordinario per cassazione avverso il provvedimento emesso all'esito del procedimento di reclamo ex art. 183 l. fall. Al riguardo, si osserva preliminarmente che le Sezioni Unite, su sollecitazione della Sezione semplice, si sono pronunciate su tale questione ancorché la stessa non rivestisse – a quanto è dato desumere dal testo della pronuncia in commento – specifica rilevanza nella fattispecie concreta portata all'esame della Suprema Corte. Di là da tale considerazione, il dictum delle Sezioni Unite segna, sul punto, un'inversione di rotta rispetto alla giurisprudenza di legittimità più recente, la quale, come si è visto, appariva propensa a escludere l'impugnabilità con il ricorso per cassazione dei provvedimenti resi ai sensi dell'art. 183 l. fall. (come dimostrano le già citate pronunce della Cassazione nn. 653/2016 e 3452/2015), e un ritorno all'orientamento precedentemente seguito dalla Suprema Corte, che invece ammetteva l'impugnabilità dei provvedimenti de quibus ai sensi dell'art. 111, comma 7, l. fall., in quanto idonei a incidere su diritti soggettivi e non altrimenti impugnabili (in tal senso, si vedano Cass., 4 novembre 2011, n. 22932, Cass., 15 luglio 2011, n. 15699 e Cass., 14 febbraio 2011, n. 3585). Secondo le Sezioni Unite, la “disparità di trattamento”, sul punto, tra le due tipologie di provvedimenti in esame (decreto di inammissibilità o di rigetto della proposta concordataria, da una parte, e provvedimento emesso in sede di omologa ai sensi dell'art. 183 l. fall., dall'altra) trova giustificazione nella struttura “contenziosa” del procedimento di omologa (che “comprende il contraddittorio tra parti contrapposte”), non ravvisabile invece nel procedimento di cui all'art. 162 l. fall., posto che quest'ultimo, come detto, “non prevede alcun contraddittorio, bensì la sola audizione del debitore”.

La pronuncia in commento ha l'indubbio pregio di fornire criteri sufficientemente chiari in una materia caratterizzata da una notevole incertezza e da frequenti oscillazioni giurisprudenziali. Ciò non toglie che, in merito alle questioni affrontate nella sentenza in esame, potrebbero addursi argomenti non meno validi anche a sostegno di soluzioni (almeno parzialmente) difformi da quella accolta dalle Sezioni Unite, soprattutto ove si consideri che anche il provvedimento di diniego dell'omologa emesso all'esito del reclamo ex art. 183 l. fall., al pari del decreto di inammissibilità della domanda concordataria ai sensi dell'art. 162, secondo comma, l. fall., non preclude, in assenza di una consequenziale declaratoria di fallimento, la successiva proposizione di una nuova domanda di concordato, sicché, sotto tale profilo, la natura “decisoria” del provvedimento de quo, intesa come idoneità dello stesso a incidere in via definitiva su diritti soggettivi, non appare totalmente scontata.

Si rileva infine che, anche a seguito dell'intervento chiarificatore delle Sezioni Unite, permane un margine di incertezza interpretativa in relazione a quelle ipotesi, cui si è fatto cenno supra, in cui il decreto di inammissibilità della proposta di concordato si fondi su ragioni che escludono la possibilità di una successiva dichiarazione di fallimento, risultando così idoneo a incidere in modo irretrattabile su un diritto soggettivo del proponente (e assumendo dunque, sotto tale profilo, un'indubbia natura “decisoria”). Ebbene, sulla base di un'interpretazione letterale del principio di diritto enunciatodalle Sezioni Unite - che non sembra contemplare alcuna deroga espressa - anche in tali particolari fattispecie l'impugnazione del decreto in questione con il ricorso straordinario per cassazione dovrebbe ritenersi esclusa; sennonché, una soluzione del genere parrebbe contrastare non solo con l'orientamento costantemente espresso dalla Suprema Corte nelle precedenti pronunce in materia (di cui si dà conto nella stessa motivazione della sentenza in commento), ma anche con ineludibili ragioni di tutela dei diritti del debitore concordatario, che si vedrebbe, di fatto, privato di tutela impugnatoria a fronte di eventuali profili di illegittimità del decreto di inammissibilità/rigetto della domanda di concordato pronunciato nei suoi confronti, sicché appare forse preferibile ritenere che, in simili casi, la deroga al principio dell'inammissibilità del ricorso ex art. 111 Cost. debba considerarsi implicita nel dictum delle Sezioni Unite.

Minimi riferimenti giurisprudenziali, bibliografici e normativi

Per comodità espositiva, i precedenti giurisprudenziali più rilevanti sono stati richiamati nel corpo del commento. In dottrina, si registrano opinioni contrastanti in merito all'impugnabilità con il ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost. del decreto di inammissibilità della domanda di concordato. Per la soluzione negativa, in ragione della riproponibilità della domanda, cfr. PAJARDI, PALUCHOWSKY, Manuale di diritto fallimentare,Milano 2008 e GUGLIELMUCCI, La riforma in via d'urgenza della legge fallimentare, Torino 2005; per la soluzione affermativa, cfr. MARELLI, L'impugnazione del decreto di inammissibilità e la reiterazione della proposta di concordato preventivo, in Fall., 2011, FERRO, Comm, Ferro, 1861, BONFATTI, CENSONI, Manuale di diritto fallimentare, Padova 2011 e TEDESCHI, Manuale del nuovo diritto fallimentare, Padova 2006.

La dottrina si è invece generalmente espressa in senso favorevole all'impugnabilità con il ricorso straordinario per cassazione dei provvedimenti emessi all'esito del reclamo ex art. 183 l. fall. (cfr. Codice commentato del fallimento diretto da LO CASCIO, 2256, e PICA, Fallimento e concordati, a cura di CELENTANO e FORGILLO).

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