Disdetta e rinnovo tacito nelle locazioni non abitativeFonte: L. 27 luglio 1978 n. 392
07 Settembre 2017
Il quadro normativo
Il legislatore, con la l. n. 392/1978 (all'epoca impropriamente definita «sull'equo canone» e rimasta tale nel tempo) in un'unica disciplina aveva regolamentato tutte le locazioni immobiliari, stabilendo norme imperative per tutti i possibili contratti di affitto degli immobili non adibiti ad uso abitativo, riconoscendo alle parti, dopo le preclusioni della precedente normativa vincolistica, una parziale autonomia contrattuale, anche se limitata, proprio nell'ottica di garantire una seria ed efficace tutela degli interessi contrapposti di entrambi i soggetti del rapporto di locazione. Da un lato, infatti, la normativa ha sancito definitivamente il diritto di negoziare liberamente l'entità del canone, reintroducendo, quindi, il libero mercato al riguardo e, dall'altro, ha tutelato le attività svolte dal conduttore, in favore del quale è stata stabilita non solo una durata minima contrattuale di sei anni (e di nove per le locazioni alberghiere e per le attività teatrali), ma anche il diritto al rinnovo del rapporto locatizio per una seconda egual durata minima (salva, come detto, la facoltà del locatore di negare il prosieguo del contratto in presenza dei motivi specifici e tassativi previsti dall'art. 29). Sempre a favore del conduttore e per le sole locazioni commerciali (cosiddette a piena tutela) sono stati ancora introdotti il diritto di avviamento per la perdita dell'avviamento commerciale, quello di prelazione (anche in caso di nuova locazione) e di riscatto, mentre, per tutti gli affitti di immobili non destinati ad abitazione, nell'ipotesi di diniego di rinnovo alla prima scadenza, il legislatore ha previsto che se il locatore, entro sei mesi dall'avvenuta consegna, non abbia adibito l'immobile oggetto del contratto all'uso indicato nelle comunicazione di diniego, lo stesso sia soggetto alle sanzioni del ripristino del contratto e del risarcimento del danno (art. 31). La normativa, pertanto, deve considerarsi improntata al «favor conductoris», con speciale riguardo alle destinazioni dell'immobile locato ad attività imprenditoriali e di lavoro, ma anche alle altre attività (ricreative, assistenziali, scolastiche, di culto, politiche nel senso di sedi di partiti, istituzionali pubbliche ecc.) regolate dall'art. 42 e protette, per quanto concerne la durata e il diniego di rinnovo, come le prime. Si è già accennato che la durata dei contratti di locazione ad uso diverso dall'abitazione è di sei anni più sei (nove più nove per le locazioni alberghiere ed adibite ad attività teatrali), nel senso che, ove il locatore non eserciti il diniego di rinnovo di cui all'art. 29 della legge del 1978, è obbligato (art. 28) alla proroga del contratto che avviene automaticamente, senza bisogno di nuovi accordi tra le parti al riguardo. Per quanto concerne la disdetta o, più precisamente la comunicazione del diniego di rinnovo, va evidenziato che questa deve essere inviata con lettera raccomandata almeno 12 mesi (18 per le locazioni alberghiere) mesi prima della scadenza. Essa si configura in una duplice dichiarazione: da un lato, della volontà di conseguire la disponibilità dell'immobile locato alla prima scadenza dell'accordo contrattuale e, dall'altro, di specificazione del motivo, tra quelli tassativamente indicati nell'art. 29 cit., sul quale la disdetta è fondata. Trattasi di adempimenti essenziali che, se omessi, rendono la comunicazione del diniego irrimediabilmente nulla, la cui naturale conseguenza sarà il rinnovo tacito automatico del contratto alla prima scadenza. Sul punto la giurisprudenza è più che costante, visto che la questione è stata decisa, in tal senso, dalle sezioni unite della Corte Suprema alla quale si sono sempre adeguati i giudici di legittimità e di merito (Cass. civ., sez. un., 16 maggio 2013, n. 11830). Pur se la disdetta è affetta da nullità (per omissione o mancata specificazione del motivo del diniego ovvero per mancato rispetto della tempestività della comunicazione), non per questo perde valore giuridico. Essa, infatti, ai fini della data di cessazione del contratto vale per la scadenza successiva. Tuttavia la giurisprudenza, in passato, aveva avuto modo di precisare che la disdetta intimata dal locatore alla prima scadenza, anche se intempestiva e non motivata, nei termini di cui all'art. 29 cit., e, cioè inidonea, di per sé sola, a produrre gli effetti suoi propri (il mancato rinnovo della locazione), determina, in caso di adesione del conduttore, la cessazione del rapporto locativo alla data bilateralmente concordata, non incorrendo nelle nullità previste dall'art. 79 della normativa medesima la rinuncia del conduttore al diritto di novazione del contratto alla prima scadenza, se compiuta dopo la stipulazione del contratto stesso. Pertanto, dopo l'adesione del conduttore alla richiesta di anticipato rilascio, il locatore che intendesse tornare sui suoi passi non potrebbe mai invocare i vizi dell'atto di disdetta (Cass. civ., sez. III, 21 novembre 2000, n. 15039). In sintonia e conformità con quanto appena precisato la giurisprudenza, ancora di recente ha chiarito che la disdetta inviata per la seconda scadenza contrattuale che, come è noto, non deve essere motivata, non consente più al locatore di inviare successivamente, seppure nei termini perentori per esso previsti, il diniego di rinnovo per la prima scadenza, comportando il primo preavviso una rinuncia implicita al diniego di rinnovo per la predetta prima scadenza del contratto (Cass. civ., sez. III, 18 dicembre 2016 n. 25508) ed ha affermato, altresì, che, ove, come è frequente e consentito dalla disciplina, il contratto iniziale abbia durata convenzionale superiore al minimo previsto in esso, il rinnovo tacito di esso, comunque, non deve avere una pari durata, essendo stabilito l'obbligo di rinnovo per il locatore solo per la minima durata fissata dalla legge (ovvero per sei o nove anni). La giurisprudenza di legittimità ha inoltre costantemente affermato, anche di recente, che il locatore ha l'onere di dimostrare la serietà dell'intento e, più precisamente, la sua realizzabilità potenziale tecnica e giuridica, ma non la sua effettiva e concreta realizzazione dell'intenzione indicata (Cass. civ., sez. III, 22 giugno 2016, n. 12891). Va ricordato, ancora, in tema di rinnovo tacito che, ai sensi dell'art. 1597 c.c., la locazione si rinnovava, alle stesse condizioni del precedente contratto, se il conduttore rimaneva ed era lasciato nella detenzione dell'immobile locato o se, trattandosi di locazione a tempo indeterminato, non veniva comunicata la disdetta nel termine fissato dalla normativa vigente, ovvero, in difetto di questa, nel termine determinato nell'accordo dalle parti o dagli usi. Con l'attuale disciplina, invece, non può più desumersi il rinnovo tacito dalla mera permanenza dell'inquilino nell'immobile dopo la scadenza del rapporto locatizio, né dal pagamento e dall'accettazione da parte del locatore del canone (che, comunque, gli spetta, quanto meno a titolo di indennizzo da occupazione illegittima), occorrendo che questi due elementi siano corroborati da altri elementi idonei a far ritenere, senza incertezze, la volontà delle parti di mantenere in vita il rapporto locatizio, con tacita rinuncia del locatore a far valere gli effetti prodotti dalla avvenuta scadenza del contratto (giurisprudenza costante in tema, v., da ultimo, Cass. civ., sez. III, 20 ottobre 2014, n. 22234, ove la rinuncia tacita viene esclusa dall'ampio contenzioso in merito intercorrente tra le parti). Infine, va sottolineato che la disdetta per diniego di rinnovo deve considerarsi valida, pur se carente di sottoscrizione del locatore, ove l'autenticità dell'intento risolutorio sia facilmente verificabile in virtù soprattutto del comportamento collaborativo del conduttore destinatario dell'atto (e ciò in osservanza degli obblighi di buona fede imposti alle parti nell'esecuzione del contratto). I motivi del diniego
I motivi tassativi posti a base del diniego di rinnovo alla prima scadenza sono chiaramente individuati nell'art. 29 della l. n. 392/1978. Da detta disposizione, peraltro, deriva che, in caso di disdetta non motivata per la prima scadenza, (e, come tale, inefficace), ove il bene sia ceduto a terzi, il conduttore avrà solo il diritto al rinnovo del contratto, non anche alla prelazione ed al relativo riscatto (giurisprudenza costante sul punto, v., per tutte, Cass. civ., sez. III, 11 marzo 2014, n. 5596). Le ipotesi più ricorrenti in materia sono quelle previste dalle lett. a) e b) della norma in esame, che riguardano le ipotesi in cui il locatore, per sé, per il coniuge o per i parenti in linea retta ed entro il secondo grado, intenda destinare l'immobile locato ad uso abitativo ovvero adibirlo ad usi non abitativi relativi alle attività indicate nell'art. 27 della stessa legge (commerciali, industriali, artigianali, professionali, di lavoro autonomo ecc.). Si noti che l'ipotesi di diniego contemplata dall'art. 29 è più ampia di quanto previsto nel caso di diniego relativo a locazioni abitative, introdotto per la prima volta dall'art. 3 della l. n. 431/1998, in quanto, a differenza da quest'ultima ipotesi, nei contratti adibiti ad uso diverso, l'intento può riguardare anche nonni e nipoti ex avo e non è più prevista la prova a carico del locatore di non poter trovare altra sistemazione idonea alla utilizzazione indicata nella disdetta. Sempre in relazione alla lett. b) della norma esaminata, va rilevato che l'ente pubblico locatore, anche non economico, che intenda adibire l'immobile all'esercizio di attività tendenti al conseguimento delle sue finalità istituzionali, non può limitarsi, nella sua comunicazione di diniego, ad un generico richiamo ai suoi fini istituzionali, dovendo anche specificare, onde fornire un motivo valido ed efficace per il diniego de quo, quale sia la concreta attività da svolgere nell'immobile locato, così da consentire al giudice ed al conduttore di verificare la serietà e l'attuabilità dell'intento indicato, «ancorché il giudice non debba valutare i procedimenti amministrativi avviati, né la probabilità del loro esito, ma solo l'eventuale assoluta impossibilità giuridica del conseguimento del risultato in base alla normativa vigente», restando il conduttore adeguatamente tutelato, comunque, in caso di mancata effettiva destinazione dalle azioni giudiziarie di cui all'art. 31 della l. n. 392/1978 (così Cass. civ., sez. III, 19 giugno 2015, n. 12711). Con la lett. c), è stata presa in considerazione l'esigenza di demolizione dell'immobile per la sua ricostruzione, ovvero per la sua ristrutturazione o per un restauro completo, nonché per interventi edilizi richiesti da un programma comunale di attuazione. Mentre si evidenzia che l'ipotesi di cui alla lett. d), riguardante la ristrutturazione dell'immobile per rendere la superficie dei locali destinati alla vendita conforme ai piani comunali - comunque, nel solo caso che l'intervento sia incompatibile con la permanenze del conduttore nell'immobile - deve ritenersi superata dal decreto Bersani (d.lgs. 31 marzo 1998, n. 114) che ha, anche sotto questo profilo, riformato la disciplina del commercio, in quanto il controllo delle attività distributive è divenuto una componente della pianificazione urbanistica, demandata alle Regioni ed ai Comuni, con la quale deve gestirsi l'equilibrio tra le concentrazioni spontanee e quelle pianificate. Va, infine, chiarito che, relativamente alle locazioni alberghiere, non è possibile per la parte locatrice il diniego di rinnovo del contratto alla prima scadenza, deducendo un intento di destinazione abitativa (così Cass. civ., sez. III, 8 maggio 2015 n. 9286). Le sanzioni
L'art. 31 della l. n. 392/1978 prevede le sanzioni a carico del locatore che abbia riacquistato, anche con procedura giudiziaria, la disponibilità dell'alloggio locato in virtù di diniego di rinnovo alla prima scadenza e non l'abbia poi destinato, entro sei mesi dall'avvenuta riconsegna, all'uso indicato nella relativa comunicazione. La norma stabilisce, in particolare, il diritto del conduttore al ripristino del rapporto locatizio alle stesse condizioni di cui al rapporto disdettato o, in alternativa, al risarcimento del danno da determinarsi in misura non superiore a 48 mensilità dell'ultimo canone percepito, nonché, se spettante (come avviene per i contratti destinati al commercio), all'indennizzo per la perdita dell'avviamento commerciale di cui all'art. 34 della normativa. Tuttavia, pur nella chiarezza della disciplina al riguardo, la giurisprudenza, con una pronuncia equa, logica e corretta giuridicamente, ha voluto precisare, molto opportunamente, che le dette sanzioni non sono applicabili qualora la tardiva o mancata destinazione dell'immobile all'uso dichiarato nella comunicazione di diniego siano giustificate da «esigenze, ragioni o situazioni non riconducibili al comportamento, doloso o colposo, del locatore stesso» (così Cass. civ., sez. III, 21 gennaio 2016 n. 1050, con decisione relativa ad ipotesi in cui la mancata destinazione era stata causata dalla condotta del conduttore, il quale aveva istaurato un infondato giudizio di opposizione al rilascio, conclusosi dopo la scadenza fissata dalla P.A. per l'inizio dei lavori, previsto nel permesso a costruire; conformi sul principio, v. Cass. civ, sez. III, 19 dicembre 2013, n. 28469 e Cass. civ., sez. III, 19 maggio 2011, n. 11014). In conclusione
L'interessante e rilevante tema del diniego di rinnovo dal contratto di locazione alla prima scadenza ha dato luogo, come emerge dalla copiosa giurisprudenza in materia, a numerosi contenziosi, sia nell'ambito abitativo, sia in quello ad uso diverso dall'abitazione, ormai per lo più risolti definitivamente attraverso le decisioni della Suprema Corte. Mentre per i contratti degli immobili non destinati ad abitazione, resta sostanzialmente in vigore la disciplina delle locazioni immobiliari introdotta dagli artt. 28 e 29 della l. n. 392/1978, per quelli adibiti ad uso abitativo, vi sono stati dei considerevoli cambiamenti con l'entrata in vigore della l. n. 431/1998 e, per quanto concerne il tema che interessa in questa sede, l'introduzione dell'obbligo di rinnovo e del relativo diniego da parte del locatore alla prima scadenza, contemplata dall'art. 3 dell'ultima normativa. Con essa, pur prevalentemente basata sui motivi di cui all'art. 29 della citata legge del 1978, sono stati stabiliti nuovi motivi di diniego a favore soprattutto dei proprietari, tra i quali va evidenziata la possibilità per il locatore di negare il rinnovo del contratto alla prima scadenza anche nell'ipotesi di vendita del proprio immobile ad un prezzo di mercato, compensandola con il diritto di prelazione (e di quello collegato di riscatto), previsto in tal caso a favore del conduttore. Tornando al diniego nelle locazioni non abitative, la giurisprudenza, inoltre, ha chiarito definitivamente le questioni sorte in relazione alla validità della disdetta (e, più precisamente alla comunicazione del diniego) alla prima scadenza, riguardanti le modalità e i motivi tassativi da porre alla base di essa e, in generale, le condizioni per la sua validità ed efficacia; alla rinuncia preventiva al prosieguo del rapporto ed al connesso rinnovo tacito del contratto, nonché alle sanzioni a favore del conduttore, stabilite nell'ipotesi di mancata destinazione dell'immobile locato, entro sei mesi dal rilascio, al motivo indicato nella disdetta. Pizzimenti, Mancata attuazione del proposito indicato dal locatore quale motivo di diniego di rinnovazione a tutela del conduttore, in Nuova giur. civ. comm., 2014, I, 509; Di Marzio, La locazione, diretta da Cuffaro, Bologna, 2013, 277; Scarpa, Locazioni commerciali. La disciplina per il rinnovo alla prima scadenza, in Immob. & diritto, 2005, 66; Del Torre, Il diritto al rinnovo per motivi attinenti alle esigenze edilizie dell'immobile e liberalizzazione degli interventi edilizi previsti nel T.U. dell'edilizia e nel d.l. dei cento giorni del nuovo governo, in Arch. loc. e cond., 2001, 777. De Tilla, Diniego di rinnovazione ed autorizzazione all'esercizio dell'attività commerciale, in Rass. loc. e cond., 1999, 560.
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