Disdetta, motivi e sanzioni nelle locazioni abitative

23 Ottobre 2017

Si esamina la riforma degli affitti di immobili destinati ad abitazione sotto il profilo della durata sia dei contratti liberi, sia di quelli c.d. tipo, nonché della facoltà per il locatore di negare il rinnovo del rapporto alla prima scadenza, adducendo i motivi specifici e tassativi introdotti dalla l. n. 431/1998; inoltre, si esaminano le tipologie di contratto considerando gli aspetti di rinnovo contrattuale, disdetta, rinnovazione tacita del rapporto, motivi di diniego e sanzioni previste a carico del locatore che si sia avvalso della facoltà di negare il rinnovo alla prima scadenza e non abbia adibito l'immobile locato all'uso indicato nella disdetta comunicata all'inquilino.
Il quadro normativo

Gran parte delle locazioni abitative attualmente è regolata dall'autonomia libera delle parti, autonomia, comunque, limitata, sotto diversi aspetti, con le norme imperative della l. n. 431/1998, che, per tali contratti, definiti impropriamente come «liberi» (in contrapposizione, come si dirà, ai c.d. contratti tipo), pone precisi paletti alla libera esplicazione della volontà delle parti ed alle modalità dell'accordo negoziale.

Prima limitazione, relativa alla durata del rapporto, si trova nell'art. 2, n. 1), della l. n. 431 citata, con il quale si vieta alle parti di concludere contratti a canone libero per un periodo inferiore ad un quadriennio, decorso il quale il locatore è obbligato a rinnovare il contratto per un ulteriore quadriennio, salve le ipotesi di diniego di rinnovo alla prima scadenza per i motivi tassativi e specifici di cui al successivo art. 3.

L'attuale normativa prevede, a differenza di quanto previsto dall'art. 11 della legge sui patti in deroga - l. n. 359/1992, ove già, con una mini riforma, si era consentito, per questo tipo di locazioni, a condizioni analoghe alla disciplina vigente (durata quadriennale e obbligo di rinnovo del locatore, salvo necessità familiari o lavorative dello stesso) di concordare un canone libero in piena autonomia - ha stabilito che, alla seconda scadenza contrattuale ed a quelle successive, entrambe le parti abbiano il diritto di attivare la procedura per il rinnovo della locazione a nuove condizioni, comunicando la propria intenzione con lettera raccomandata da inviare alla controparte almeno un semestre prima della scadenza.

L'interpellato, a sua volta (sempre ai sensi dell'art. 2 cit.), dovrà rispondere positivamente, nel caso di accettazione della detta proposta, con raccomandata da inviarsi entro sessanta giorni dalla ricezione, mentre, in caso di mancata risposta o di accordo non raggiunto, il contratto s'intenderà scaduto alla data di cessazione della locazione.

Infine, in mancanza della comunicazione, il contratto s'intenderà, comunque, tacitamente rinnovato per un ulteriore quadriennio alle stesse condizioni (art. 2, n. 1, l. n. 431/1998).

Per quanto riguarda, invece, i contratti tipo, questi non possono avere durata inferiore a tre anni, ad eccezione di quelli di natura transitoria, e, alla detta scadenza, ove non si concordi il rinnovo, il contratto medesimo sarà automaticamente prorogato di un biennio, salva la possibilità per il locatore di negare la proroga per i motivi di necessità (o meglio di seria intenzione) di cui al successivo art. 3, inviando lettera raccomandata al conduttore almeno sei mesi prima della scadenza triennale (con indicazione specifica del motivo del diniego, a pena di nullità) la cui mancanza comporterà il tacito rinnovo del contratto per altri due anni alle stesse condizioni.

Durata della locazione nei contratti liberi e in quelli tipo

I contratti liberi, prevalenti nel mercato immobiliare, sono caratterizzati, rispetto a quelli tipo, dall'autonomia dei contraenti nella determinazione dell'ammontare del canone, stabilita con norma imperativa a favore del locatore; da una durata del rapporto locatizio non inferiore ad un quadriennio e dall'obbligo del locatore di rinnovare alla scadenza il contratto per un ulteriore quadriennio (ciò per un contemperamento degli interessi delle parti, imposto dalla Corte Costituzionale con numerose decisioni in materia).

Peraltro, quest'ultima disposizione è stata temperata dal legislatore, il quale ha consentito al locatore di negare il rinnovo alla prima scadenza in presenza dei motivi tassativi di cui all'art. 3 della l. n. 431/1998 cit., adottando la stessa procedura prevista dall'art. 30 della l. n. 392/1978 per le locazioni di immobili adibiti ad uso diverso dall'abitazione, in ipotesi di necessità abitative, personali, di ristrutturazione dell'immobile e dello stabile di cui si dirà a seguire.

Discorso analogo può effettuarsi nell'ipotesi di contratti tipo, per i quali è prevista una durata di tre anni più due, ovvero sostanzialmente di cinque anni, salva la possibilità per il locatore di evitare il rinnovo adducendo gli stessi motivi specifici previsti dalla legge per i contratti liberi, nonché adottando le stesse regole a momenti descritte in ordine al preavviso ed al procedimento da seguire in caso di mancata liberazione dell'immobile locato alla prima scadenza pattuita.

Va detto che i contratti tipo, che prevedono un canone legale determinato dai Comuni sulla base dei criteri stabiliti della Convenzione Nazionale, vengono adottati sempre più spesso, in quanto consentono una tassazione più favorevole ai locatori (che pagheranno la minor imposta sul reddito di cui alla nota cedolare secca), con relativo beneficio anche per i conduttori, che pagheranno un canone mensile legale predeterminato, certamente inferiore a quello di mercato.

Il rinnovo tacito

Va ricordato che, ai sensi dell'art. 1597 c.c., la locazione si rinnova, alle stesse condizioni del precedente contratto, se il conduttore rimane ed è lasciato nella detenzione dell'immobile locato o se, trattandosi di locazione a tempo indeterminato, non è stata comunicata la disdetta nel termine fissato dalla normativa vigente, ovvero, in difetto di questa, nel termine determinato nell'accordo dalle parti o dagli usi.

Con la nuova disciplina, invece, non può più desumersi il rinnovo tacito dalla mera permanenza dell'inquilino nell'immobile dopo la scadenza del rapporto locatizio, né dal pagamento e dall'accettazione da parte del locatore del canone (che, comunque, gli spetta, quanto meno a titolo di indennizzo da occupazione illegittima), occorrendo che questi due elementi siano corroborati da altri elementi idonei a far ritenere, senza incertezze, la volontà delle parti di mantenere in vita il rapporto locatizio, con tacita rinuncia del locatore a far valere gli effetti prodotti dalla avvenuta scadenza del contratto (così Cass. n. 22234/2014, ove la rinuncia tacita viene esclusa dall'ampio contenzioso in merito intercorrente tra le parti; conformi, v. Cass. nn. 13404/2012, 22374/2012 e 24456/2011)

I motivi del diniego

I motivi tassativi posti a base del diniego di rinnovo alla prima scadenza sono chiaramente individuati dall'art. 3 della l. n. 431/1998. In particolare, va notato che la norma non si limita a riprodurre i motivi di diniego indicati dall'art. 29 della l. n. 392/1978, ma aggiunge nuovi motivi per i contratti affittati ad abitazione, tra i quali spicca la vendita a terzi dell'immobile locato (art. 3, lett. g), alla quale sono strettamente collegati i diritti di prelazione e di riscatto, previsti in tal caso a favore del conduttore.

Circa la prelazione ed il riscatto previsti a favore del conduttore nei confronti del terzo acquirente, va detto che la ratio della norma deve individuarsi nell'esigenza di compensare il conduttore del mancato godimento dell'immobile per un secondo quadriennio con le utilità per il locatore di poter alienare l'immobile al prezzo di mercato degli immobili non occupati.

Dalla disposizione descritta, peraltro, deriva che, in caso di disdetta non motivata per la prima scadenza, (e, come tale, inefficace), ove il bene sia ceduto a terzi, il conduttore avrà solo il diritto al rinnovo del contratto, ma non anche alla prelazione ed al relativo riscatto (giurisprudenza costante sul punto, v., di recente, Cass. n. 5596/2014).

Va anche precisato che, nell'ipotesi esaminata di cui alla lett. g) dell'art. 3 della l. n. 431 cit., la prelazione ed il riscatto restano sempre regolati da quanto disposto dall'art. 29 della l. n. 392/1978 relativo alle locazioni non abitative.

Inoltre, va evidenziato che nelle ipotesi di cui alle lett. d) ed e): ovvero nei casidi immobile sito in edificio gravemente danneggiato da ricostruire o nel quale la presenza dell'inquilino sia di ostacolo all'esecuzione dei lavori e di immobile da ristrutturare integralmente per realizzare nuove costruzioni o il locatore intenda operare per demolirlo e ricostruirlo, sempre per realizzare nuove costruzioni o per sopraelevazioni che comportino lo sgombero dell'appartamento locato,per i quali lacondizione per un diniego di rinnovo valido è costituita dal possesso della concessione o dell'autorizzazione edilizia, se alla fine dei lavori il locatore vuole affittare di nuovo l'immobile, il conduttore ha il diritto di prelazione in caso di nuova locazione, previsto dall'art. 40 della l. n. 392/1978 per le locazioni abitative (in tal senso, v. Cass. n. 12250/2013).

Un cenno, infine va fatto sugli altri motivi indicati dall'art. 3 dell'attuale normativa: il diniego è previsto a favore del locatore (persona fisica e non giuridica) che intenda adibire l'immobile ad abitazione o ad attività lavorativa propria, del coniuge o dei parenti entro il secondo grado (lett. a); se lo stesso, persona giuridica, società o ente pubblico ovvero con finalità pubbliche, mutualistiche, cooperative, assistenziali, culturali o di culto, intenda destinare l'immobile all'esercizio delle attività dirette a perseguire le stesse finalità ed offra al conduttore altro immobile idoneo di cui abbia la disponibilità (lett. b); se il conduttore abbia disponibile nello stesso comune altro alloggio libero ed idoneo (lett. c); se il conduttore non occupi continuativamente l'alloggio senza giustificato motivo (lett. f).

Le sanzioni

L'art. 3, ai nn. 3), 4) e 5), della l. n. 431/1998 prevede le sanzioni a carico del locatore che abbia riacquistato, anche con procedura giudiziaria, la disponibilità dell'alloggio locato in virtù di diniego di rinnovo alla prima scadenza e non l'abbia poi destinato, entro un anno dalla riacquistata disponibilità dell'immobile, all'uso indicato nella comunicazione di diniego, stabilendo, in particolare, il diritto del conduttore al ripristino del rapporto alle stesse condizioni di cui al rapporto disdettato o, in alternativa, al risarcimento del danno da determinarsi in misura non inferiore a 36 mensilità del canone percepito.

Tuttavia, pur nella chiarezza della disciplina al riguardo, la giurisprudenza, con una pronuncia equa, logica e corretta giuridicamente, ha voluto precisare molto opportunamente che le dette sanzioni non sono applicabili qualora la tardiva o mancata destinazione dell'immobile all'uso dichiarato siano giustificate da «esigenze, ragioni o situazioni non riconducibili al comportamento, doloso o colposo, del locatore stesso» (così Cass. civ., sez. III, 21 gennaio 2016 n. 1050, con decisione relativa ad ipotesi in cui la mancata destinazione era stata causata dalla condotta del conduttore, il quale aveva istaurato un infondato giudizio di opposizione al rilascio, conclusosi dopo la scadenza fissata dalla P.A. per l'inizio dei lavori, previsto nel permesso a costruire).

In conclusione

Il rilevante tema del diniego di rinnovo dal contratto di locazione alla prima scadenza ha dato luogo, come emerge dalla copiosa, seppur non recentissima, giurisprudenza in materia, a numerosi contenziosi, ormai per lo più risolti definitivamente dalla Suprema Corte.

Ciò soprattutto in relazione all'introduzione, con la l. n. 431 del dicembre 1998, della normativa sul diniego (già esistente da oltre un ventennio per le locazioni adibite ad uso diverso) anche per i contratti degli immobili destinati ad abitazione.

Con l'attuale disciplina delle locazioni abitative, come si è visto, sono stati stabiliti nuovi motivi di diniego a favore soprattutto dei proprietari, tra i quali va evidenziata la possibilità ad essi offerta di vendere il proprio immobile (in quanto ormai liberato) a prezzo di mercato, compensandola con il diritto di prelazione e di quello di riscatto previsti in tal caso, a favore del conduttore.

La giurisprudenza, inoltre, ha chiarito definitivamente le questioni sorte in relazione alla disdetta (e, più precisamente alla comunicazione del diniego) alla prima scadenza; alla rinuncia preventiva ed al connesso rinnovo tacito del contratto, nonché alle sanzioni a favore del conduttore stabilite nell'ipotesi di mancata destinazione dell'immobile locato, entro un anno dal rilascio, al motivo indicato nella disdetta ed, infine, al discusso tema del rinnovo o meno e della scadenza dei contratti in corso al momento dell'entrata in vigore dell'attuale disciplina (argomento quest'ultimo esaminato nella bussola-base).

Guida all'approfondimento

Pizzimenti, Mancata attuazione del proposito indicato dal locatore quale motivo di diniego di rinnovazione a tutela del conduttore, in Nuova giur. civ. comm., 2014, I, 509;

De Tilla, Diniego di rinnovazione e realizzazione di opere pubbliche, in Immob. & diritto, 2011, fasc. 9, 40;

Cusumai - Maglio, Nullità del diniego di rinnovazione e conversione in disdetta per la seconda scadenza, in Ventiquattrooreavvocato, 2011, fasc. 7, 65;

Di Marzio, Locazioni: ultime sul diniego di rinnovazione, in Immob. & proprietà, 2010, 716;

Vettore - Paparo, Le locazioni abitative, Padova, 2002, 65.

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