I procedimenti camerali in condominio e le spese di lite

Paolo Nasini
13 Settembre 2017

Il procedimento di nomina o di revoca dell'amministratore di condominio anche quando si inserisce in una situazione di conflitto tra i condomini o tra alcuni condomini e l'amministratore ha natura di procedimento di volontaria giurisdizione e, pertanto, si sottrae all'applicabilità delle regole dettate dagli artt. 91 ss. c.p.c. in materia di spese processuali, le quali postulano l'identificabilità di una parte vittoriosa e di una parte soccombente in esito alla definizione di un conflitto di tipo contenzioso. Ne consegue che le spese relative al procedimento in oggetto devono rimanere a carico del soggetto che le abbia anticipate assumendo l'iniziativa giudiziaria e interloquendo nel procedimento.
Il quadro normativo

Un problema aperto è quello relativo alla compatibilità della condanna al pagamento delle spese di lite nell'ambito dei procedimenti camerali in materia condominiale, attesa l'assenza di disposizioni specifiche e considerato che la disciplina indicata negli artt. 737 ss. c.p.c. è abbastanza scarna.

Occorre partire dall'art 91, comma 1, c.p.c., ai sensi del quale il giudice con la sentenza che chiude il processo davanti a lui, condanna la parte soccombente al rimborso delle spese a favore dell'altra parte e ne liquida l'ammontare insieme con gli onorari di difesa.

In materia condominiale, i procedimenti camerali per i quali viene in esame il problema della liquidazione delle spese sono sostanzialmente quelli di cui all'art 1129, commi 1 e 11, c.c., nonché quello di cui all'art 1105, comma 4, c.c. (in virtù del richiamo di cui all'art 1139 c.c.)

L'art. 91 c.p.c. e i procedimenti in camera di consiglio

I procedimenti in camera di consiglio sono disciplinati dagli art. 737 ss.c.p.c., normativa che si ritiene costituisca la disciplina processuale della c.d. volontaria giurisdizione.

Trattasi di giurisdizione diretta non a risolvere controversie, ma alla gestione di situazioni o di affari che richiedono comunque l'intervento del giudice, ancorché in un'ottica collaborativa, laddove la legge non consente ai privati di provvedere autonomamente alla soddisfazione dei propri interessi.

Si tende, perciò, a qualificare la volontaria giurisdizione come attività strutturalmente e funzionalmente di tipo amministrativo.

La differenza più evidente tra la giurisdizione volontaria e quellacontenziosa risiede nella natura del provvedimento finale: mentre in sede contenziosa i giudici emettono un provvedimento che è in grado di regolare con stabilità il rapporto controverso tra le parti in lite, nella volontaria giurisdizione, i provvedimenti del giudice possono essere in ogni tempo revocati o modificati.

Gli artt. 737 ss. c.p.c. non contengono previsioni in punto spese di lite.

La Corte di Cassazione ha avuto modo di affermare che le spese del procedimento di volontaria giurisdizione si sottraggono alle regole degli artt. 91 ss. c.c., le quali postulano l'identificabilità di una parte vittoriosa e di una parte soccombente in esito alla definizione di un conflitto di tipo contenzioso (Cass. civ., sez. II, 1 agosto 2002, n. 11483).

In tal senso, secondo un orientamento della giurisprudenza di legittimità, un procedimento di volontaria giurisdizione non può contemplare la condanna alle spese, in quanto il decreto non è una sentenza e non è configurabile una “soccombenza”, mancando la contrapposizione di situazioni soggettive (Cass. civ., sez. II, 26 settembre 2005, n. 18730; Cass. civ., sez. II, 27 agosto 2002, n. 12543; Cass. civ., sez. II, 11 aprile 2002, n. 5194; Cass. civ., sez. II, 30 marzo 2001, n. 4706)

In alcuni casi si assiste ad un contrasto giurisprudenziale.

La Cassazione, ad esempio, in caso di reclamo ex art 26 l. fallim., in un caso ha affermato che le spese del procedimento di volontaria giurisdizione, si sottraggono alla disciplina dettata dagli artt. 91 ss c.p.c. non essendo ravvisabile un contrasto di posizioni soggettive, concorrendo le parti al perseguimento di un interesse comune (Cass. civ., sez. II, 17 gennaio 2003, n. 650), mentre, in un altro caso ha sottolineato che l'art.91 c.p.c., intende riferirsi a qualsiasi provvedimento che, nel risolvere contrapposte pretese, definisce il procedimento e ciò indipendentemente dalla natura e dal rito del procedimento medesimo, con la conseguenza che la norma trova applicazione anche avverso il provvedimento del giudice delegato al fallimento, benché la disposizione richiamata manchi di una espressa indicazione circa il governo delle spese. (Cass. civ., sez. II, 18 luglio 2008, n. 19979).

In verità, sia in dottrina che in giurisprudenza si è valorizzata la circostanza che in taluni casi sussiste una effettiva contrapposizione tra le posizioni processuali delle parti e, quindi, tra gli interessi sottesi alle posizioni medesime, sicché non appare corretto sempre e comunque negare l'applicabilità dell'art 91 c.p.c.

Il procedimento di nomina dell'amministratore e ex art 1105, comma 4, c.c.

Per quanto concerne il procedimento di nomina dell'amministratore, la giurisprudenza di merito ha sottolineato come vi siano problemi a riconoscere una vera e propria soccombenza trattandosi di un procedimento azionato nell'interesse di tutte le parti.

In tal senso, sia l'inerzia dell'assemblea (e quindi degli altri condomini non ricorrenti) o l'eventuale contrasto insorto in ordine alla necessità della nomina dell'amministratore in sede giudiziaria non sarebbe idonea ad assumere i caratteri propri della controversia contenziosa, con conseguente inapplicabilità dell'art 91 c.p.c. (in tal senso, v. Trib. Ariano Irpino 6 febbraio 2008).

Peraltro, vi è chi ritiene che il ricorrente, pur non potendo chiedere la rifusione delle spese in sede giudiziale ai sensi dell'art 91 c.p.c. a carico degli altri condomini, possa richiedere in separata sede, nell'ambito di un giudizio contenzioso, il rimborso delle spese sostenute per la procedura giudiziale relativamente agli esborsi e all'assistenza legale (e ciò considerando l'arricchimento del quale gli altri condomini si giovano grazie all'azione esperita dal solo ricorrente).

In un'ipotesi applicativa dell'art. 1105, comma 4, c.c. (relativa a lavori di necessaria manutenzione delle facciate dell'edificio condominiale) una pronuncia di merito ha affermato che il contraddittorio instaurato tra le parti anche se non assimilabile a quello del procedimento ordinario di cognizione, ha comportato lo svolgimento di un'attività difensiva, conseguendone l'onere di erogare le relative spese e, quindi, il diritto al rimborso e, che il principio generale previsto dall'art. 91 cit. è estensibile a qualsiasi procedimento, atteso che il criterio della soccombenza non è legato alla definitività del provvedimento che chiude il processo davanti al giudice adito, ma all'esito della contesa tra le parti in relazione alla decisione del giudice (Trib Milano 3 novembre 1989).

In senso solo apparentemente favorevole alla tesi della liquidabilità delle spese di lite nei procedimenti de quibus va ricordata la pronuncia della Suprema Corte del 11 febbraio 2015, n. 2719: nella fattispecie, però, la pronuncia sulle spese trovava giustificazione in quanto il reclamante, malgrado la medio tempore avvenuta nomina dell'amministratore dal parte dell'assemblea dei condomini, aveva persistito nel coltivare il reclamo: in ciò la Suprema Corte ha ravvisato quella contrapposizione di interessi (tra il condomino che chiede al giudice la nomina di un amministratore e il condominio che invece ha nominato il suo amministratore e non intende farlo nominare da un giudice) che giustifica la condanna alle spese.

Il procedimento di revoca dell'amministratore di condominio

Il provvedimento, sia di accoglimento che di rigetto, del giudice su ricorso per la revoca dell'amministratore condominiale, ai sensi dell'art. 1129, comma 11 (già comma 3), c.c. è inidoneo al giudicato e non risulta destinato ad incidere su posizioni di diritto soggettivo, essendo modificabile e revocabile in ogni tempo.

D'altronde, questa tipologia di procedimento ha caratteristiche tipicamente litigiose con un vero e proprio contraddittorio e con la presenza di due parti portatrici di interessi personali in contrapposizione tra loro.

In particolare, l'amministratore, resistendo alla domanda di revoca nei suoi confronti, fa valere un diritto personale, secondo il regime ordinario della soccombenza di cui all'art 91 c.p.c.: sicché sarebbe iniquo che le spese processuali non dovessero essere poste a carico del condomino istante, salvo che ricorrano giusti motivi per compensarle ex art. 92 c.p.c. (in questo senso, v. Trib. Parma 12 marzo 1999; Trib. Velletri 10 agosto 1978).

D'altronde, la giurisprudenza di legittimità in via prevalente ha per molto tempo affermato che il procedimento di nomina o di revoca dell'amministratore di condominio anche quando si inserisce in una situazione di conflitto tra i condomini o tra alcuni condomini e l'amministratore ha natura di procedimento di volontaria giurisdizione e, pertanto, si sottrae all'applicabilità delle regole dettate dagli artt. 91 ss. c.p.c. in materia di spese processuali, le quali postulano l'identificabilità di una parte vittoriosa e di una parte soccombente in esito alla definizione di un conflitto di tipo contenzioso. Ne consegue che le spese relative al procedimento in oggetto devono rimanere a carico del soggetto che le abbia anticipate assumendo l'iniziativa giudiziaria e interloquendo nel procedimento. (Cass. civ., sez. II, 30 marzo 2001, n. 4706).

In senso contrario, si registra l'orientamento secondo il quale il procedimento diretto alla revoca dell'amministratore di condominio soggiace al regolamento delle spese ex art. 91 c.p.c. (Cass. civ., sez. II, 11 febbraio 2015, n. 2719), e che esclude, nella disciplina antecedente all'entrata in vigore dell'art. 1129, comma 11, c. c., come introdotto dalla l. 11 dicembre 2012, n. 220, che queste possano essere ripetibili nel rapporto interno tra il condomino vittorioso che le ha anticipate e il condominio, nei cui confronti pure si producono gli effetti della decisione, in quanto è nel rapporto processuale tra le parti del giudizio che le spese trovano la loro esclusiva regola di riparto (Cass. civ., sez. II, 1 settembre 2014, n. 18487).

Nel senso di sottendere l'ammissibilità alla condanna alle spese, poi, si rammenta la pronuncia della Suprema Corte secondo la quale in tema di condominio negli edifici, nel giudizio promosso da un condomino per la revoca dell'amministratore, interessato e legittimato a contraddire è soltanto l'amministratore, non anche il condominio, che, pertanto, non può intervenire in adesione all'amministratore, né beneficiare della condanna alle spese del condomino ricorrente (Cass. civ., sez. II,22 ottobre 2013, n. 23955).

Il nuovo comma 11 dell'art 1129 c.c., peraltro, con riferimento alla sola specifica ipotesi di gravi irregolarità fiscali o di non ottemperanza a quanto disposto dall'art. 1129 c.c., comma 12, num. 3) (ovvero mancata apertura ed utilizzazione del conto corrente condominiale), prevede che in caso di accoglimento della domanda di revoca, il ricorrente per le spese legali ha titolo alla rivalsa nei confronti del condominio che a sua volta può rivalersi nei confronti dell'amministratore.

Tale disposizione non esclude espressamente la possibilità per il giudice di condannare l'amministratore alla rifusione delle spese di lite in favore del ricorrente.

D'altronde, la previsione espressa del diritto del condomino ricorrente di rivalersi nei confronti del condominio per le spese legali dallo stesso sostenute, in caso di accoglimento della domanda di revoca, può essere suscettibile di interpretazioni diametralmente opposte: infatti, da un lato, potrebbe ragionarsi a contrario, nel senso di ritenere che con tale norma il legislatore abbia implicitamente ritenuto che, in caso di revoca per i motivi di cui sopra, il giudice non possa procedere alla liquidazione delle spese e che, per evitare la conseguenza iniqua a carico del condomino ricorrente, abbia previsto la suddetta procedura di rivalsa; dall'altro lato, tale norma potrebbe essere letta nel senso che il meccanismo di doppia rivalsa si applica laddove, nonostante l'accoglimento della domanda, il giudice non abbia condannato l'amministratore a rifondere le spese di lite (ad esempio, compensando le stesse) ovvero quando, pur essendovi stata la condanna, l'amministratore non paghi, in entrambi i casi al fine di non far sopportare al solo ricorrente gli oneri di un procedimento in realtà esperito nell'interesse anche degli altri condomini.

In ogni caso, deve ritenersi che l'eventuale interpretazione restrittiva del potere del giudice di liquidare le spese di lite in caso di procedimento di revoca giudiziale dell'amministratore sia limitato ai soli specifici casi previsti dalla norma e per i quali è previsto il meccanismo di rivalsa.

Pertanto, il procedimento diretto alla revoca dell'amministratore di condominio soggiace al regolamento delle spese ex art. 91 c.p.c., in quanto è nel rapporto processuale tra le parti del giudizio che le spese trovano la loro esclusiva regola di riparto.

Conclusioni

Per quanto, come sopra si è visto, regni un certo grado di incertezza in materia, può ben dirsi che mentre nei procedimenti di nomina dell'amministratore ed ex art. 1105, comma 4, c.c. la natura non solo volontaria, ma anche non oppositiva della giurisdizione (per mancanza di posizioni soggettive realmente contrastanti) giustifichi in linea di principio la non applicabilità dell'art 91 c.p.c., con riguardo al procedimento di revoca giudiziale la stessa conclusione non può essere condivisa.

Infatti, la natura sostanzialmente oppositiva di detto procedimento, essendo l'amministratore un controinteressato vantante un interesse proprio collegato al rapporto contrattuale che lo lega con il condominio e perfettamente speculare all'interesse della parte ricorrente, implica la configurabilità, nel caso di specie, di un'ipotesi di soccombenza sia con riferimento alla posizione del condomino ricorrente che a quella dell'amministratore.

Il fatto, poi, che la pronuncia conclusiva del procedimento non abbia natura di sentenza e non sia idonea né a passare in giudicato, né a definire la controversia, essendo comunque il decreto sempre suscettibile di revoca o modifica, non giustifica la soluzione negativa in punto condanna alle spese.

Si rammenti a questo proposito il provvedimento ex art. 669-octies c.p.c.: anche in tal caso il provvedimento cautelare non passa in giudicato ed è suscettibile di revoca o modifica, ma è altresì previsto specificamente che il giudice debba procedere alla liquidazione delle spese di lite.

Pertanto, a parere dello scrivente, in caso di revoca giudiziale, fatta salva la previsione speciale dell'art 1129, comma 11, c.c. di cui si è sopra detto, il giudice nel decreto deve procedere alla decisione in punto spese di lite.

In senso conforme, nella giurisprudenza di merito, il Tribunale di Modena ha recentemente statuito che la condanna alle spese giudiziali trova applicazione anche ai provvedimenti in materia di revoca dell'amministratore di condominio (Trib. Modena 18 gennaio 2017).

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