Il diritto di riscatto a seguito della mancata comunicazione della prelazione
15 Settembre 2017
Il quadro normativo
Il diritto di riscatto (o retratto) è disciplinato dall'art. 39 della l. n. 392/1978 e consente al conduttore (retraente) di sostituirsi all'acquirente (retrattato) dell'immobile - o all'eventuale suo avente causa - diventandone proprietario in luogo di questi, dietro il versamento (rimborso) al retrattato stesso del prezzo, quale risulta dall'atto di compravendita. Qualora infatti il locatore proceda alla vendita a terzi del bene locato senza comunicare detta sua volontà al conduttore, impedendogli quindi di esercitare il diritto di prelazione spettantegli in forza del disposto di cui all'art. 38 della citata legge, questi può riscattare l'immobile, versandone il corrispettivo della compravendita. La priorità della trascrizione dell'acquisto non pregiudica l'esercizio del riscatto avvenuto successivamente. L'esercizio del riscatto ha come effetto la sostituzione ex tunc del conduttore al terzo, nella stessa posizione che questi aveva nel negozio concluso, sulla base della propria dichiarazione unilaterale recettizia, sicché la pronuncia che decide positivamente sul valido esercizio di detto diritto potestativo del conduttore è di mero accertamento del già avvenuto trasferimento (Cass. civ., sez. III, 31 luglio 2006, n.17433). La legge, nel caso di riscatto, riconosce dunque ad uno degli acquirenti (il riscattante) un diritto preferenziale rispetto al riscattato. E' un diritto che appartiene alla categoria dei diritti potestativi, essendo riconosciuto al conduttore, di cui sia stato violato il diritto di prelazione, il potere di operare una modificazione nella sfera giuridica dell'acquirente del bene locato, a prescindere dalla di lui volontà, anche contraria. L'esercizio del diritto di riscatto si estende anche all'ipotesi in cui il corrispettivo indicato nella comunicazione sia superiore a quello risultante dall'atto di trasferimento oppure al caso di vendita a condizioni meno gravose di quelle indicate nella comunicazione stessa. L'accoglimento della domanda di riscatto comporta l'attribuzione della posizione di acquirente al riscattante, che perde quindi la posizione di conduttore, cioè di titolare di un diritto personale di godimento sul bene, ed acquista quella di proprietario. Non si determina però un nuovo trasferimento del diritto sul bene dal terzo acquirente al titolare del diritto di riscatto, bensì la sostituzione con effetto ex tunc di detto titolare al terzo nella medesima posizione che quest'ultimo aveva nel negozio concluso. Il riscatto è stato ritenuto il rimedio tipico previsto per l'ipotesi di violazione della prelazione ed è stato qualificato come diritto potestativo complementare al diritto di prelazione, lo strumento per la tutela della prelazione, il mezzo che serve ad assicurare ed a realizzare gli stessi obiettivi perseguiti dalla legge con la prelazione. Le norme poste a fondamento dell'esercizio del diritto di riscatto (e di prelazione) sono inderogabili, talché non è invece ammessa una sua rinuncia preventiva (Cass. civ., sez. III, 29 settembre 2005, n. 19156). Esse infatti perseguono interessi superindividuali alla conservazione ed incentivazione delle attività produttive al cui positivo sviluppo è interessata l'intera collettività. Il parametro di riferimento della disciplina della inderogabilità è costituito dall'art. 79, che, proprio a salvaguardia della posizione del conduttore in quanto contraente più debole, prevede la nullità di ogni pattuizione derogatoria volta ad eludere la disciplina contenuta nella legge. La nullità delle singole pattuizioni, che può essere fatta valere da chiunque vi abbia interesse e persino d'ufficio dal giudice, non si estende all'intero contratto, ma comporta soltanto la sostituzione automatica delle clausole invalide con le disposizioni imperative di legge. Per patti contrari si devono intendere sia quelli inseriti nel contratto di locazione e sia quelli successivamente stipulati nel corso del rapporto locativo. Il diritto del conduttore di subentrare al terzo acquirente del bene immobile in caso di mancata osservanza delle norme sulla prelazione è un diritto potestativo del retraente che si estrinseca in una dichiarazione unilaterale recettizia. Tale dichiarazione va presentata nel termine legale di decadenza di sei mesi, che decorre dalla data della trascrizione dell'atto di vendita. Il termine assolutamente perentorio, talché per nessun motivo il diritto di riscatto può essere esercitato in tempi successivi, quali che siano le ragioni del ritardo. Non è invero suscettibile né di sospensione e né di proroga, neppure quando il ritardo sia addebitabile al comportamento fraudolento del proprietario o del compratore. E' dunque onere del conduttore controllare periodicamente i registri immobiliari per verificare eventuali passaggi di proprietà dell'immobile, individuando altresì la persona dell'acquirente cui inviare la dichiarazione di retratto entro il termine di decadenza semestrale. Le vicende modificative del rapporto di locazione verificatesi dopo l'esercizio del diritto di riscatto non vanno ad influenzare la titolarità nel diritto stesso, nel senso di un subingresso in esso del conduttore cessionario. Per altro verso, per il caso di vendita dell'immobile locato non destinato ad abitazione, il cessionario del contratto di locazione e insieme dell'azienda sita in detto immobile, il quale sia subentrato all'originario conduttore dopo la inutile scadenza del termine concesso a quest'ultimo per l'esercizio del diritto di prelazione, non ha diritto ad una nuova comunicazione e ad un nuovo termine per l'esercizio dello stesso diritto, in quanto per effetto della cessione del contratto si attua una vera e propria successione a titolo particolare per atto tra vivi nel contratto stesso con la conseguenza della sostituzione del cessionario nella identica posizione di diritti ed obblighi del cedente e dell'opponibilità, da parte del contraente ceduto, al cessionario di tutte le eccezioni derivanti dal contratto, ivi compresa la decadenza già verificatasi nei confronti del cedente (Cass. civ., sez. III, 3 settembre 1990, n.9095). Quanto alla forma, l'art. 39 non impone al conduttore alcun particolare requisito per manifestare la propria volontà di riscattare il bene, il che consente di affermare che questa può essere espressa con un qualsiasi atto scritto, purché, trattandosi di atti recettizi, essi siano ricevuti dal compratore entro il termine di sei mesi dalla trascrizione della compravendita. Basta la semplice dichiarazione negoziale del conduttore di voler esercitare il diritto di riscatto per far scaturire la sostituzione del conduttore stesso al terzo acquirente del bene immobile e non occorre pertanto agire giudizialmente. L'azione giudiziaria ha lo scopo non di costituire il riscatto, ma solo quello di dichiararne l'esistenza. Tale azione è inevitabile quando il compratore si opponga alla richiesta di riscatto oppure qualora si intenda esercitarlo a condizioni diverse da quelle risultanti dall'atto di vendita al terzo. Anche in tal caso però l'atto giudiziario deve pervenire al compratore entro il termine semestrale indicato dalla legge. Sotto tale profilo merita richiamo quanto recentemente affermato dalla Suprema Corte (Cass.civ., sez.III, 20 luglio 2016, n.14833) a proposito della domanda di riscatto contenuta nell'atto introduttivo del giudizio finalizzato a fare valere il diritto di riscatto, atto il cui mero deposito nel termine di sei mesi dalla trascrizione della compravendita non è sufficiente ad interrompere il termine previsto dalla legge a pena di decadenza, non potendo trovare applicazione il principio discissione degli effetti della notificazione per il notificante e per il destinatario. La questione aveva trovato linfa nella pretesa del retraente di attribuire efficacia interruttiva del termine non già dalla notifica dell'atto al compratore, bensì dalla data di deposito del ricorso presso la cancelleria del Tribunale del luogo in cui era sito l'immobile oggetto della sua domanda di riscatto. Si intendeva quindi ritenere adempiuto l'onere della comunicazione addirittura col mero deposito del ricorso giudiziario, in un momento quindi che addirittura precedeva l'avvio di qualunque attività di comunicazione o notificazione all'acquirente della volontà di esercitare il retratto. Il ragionamento operato dai giudici supremi è stato lineare e convincente laddove hanno ritenuto che, sebbene la dichiarazione di voler riscattare l'immobile locato possa essere effettuata anche con l'atto introduttivo del giudizio, non per questo deve escludersi la necessità, anche in tal caso, di osservare l'onere della comunicazione della comunicazione entro il termine semestrale indicato a pena di decadenza dall'art. 39 della l. n. 392/1978. Ciò in quanto gli atti unilaterali producono effetto solo al momento in cui pervengono all'indirizzo del destinatario. Da qui il principio per cui l'atto introduttivo del giudizio, indipendentemente dalla forma - di citazione o di ricorso - che ricopra, è idoneo ad impedire la decadenza di cui all' art. 39 cit. solo se portato a conoscenza del compratore entro i termini di legge, a nulla rilevando il fatto che tale atto sia stato messo nella disponibilità del giudice, appunto attraverso il suo deposito, nel rispetto del menzionato termine semestrale. E' stato peraltro affermato (Cass. civ., sez. un., 22 aprile 2010, n.9523) che nel caso in cui l'azione per l'esercizio del riscatto sia tempestivamente proposta solo contro uno o alcuni degli acquirenti, il consolidamento dell'acquisto viene impedito nei confronti di tutti a condizione che la nullità dell'originaria domanda conseguente alla mancata notifica dell'atto a tutti i comproprietari, i quali sono litisconsorti necessari nella relativa controversia, sia sanata con l'integrazione del contraddittorio nei confronti delle parti necessarie dapprima lasciate fuori del giudizio. E' bene sul punto ricordare che rispetto alla domanda rivolta nei confronti di uno solo dei contraddittori necessari, la giurisprudenza ragiona in termini di atto nullo, al quale consegue la nullità del procedimento e di tutti gli atti che ne sono derivati, comprese le sentenze, che si dicono inutiliter datae (Cass. civ., sez. III, 16 gennaio 2009, n.972). Nel caso in cui l'acquirente sia coniugato in regime di comunione legale dei beni, il riscatto deve esercitarsi pure nei confronti del coniuge, che è ugualmente litisconsorte necessario, anche quando non abbia partecipato al contratto di compravendita, ma abbia beneficiato dell'acquisto in comunione. L'acquisto del bene poi successivamente oggetto dell'azione di riscatto deve infatti ritenersi esteso, con efficacia ex tunc, anche all'altro coniuge, con conseguente determinazione di una situazione di titolarità, rispetto alla cosa, dal carattere unitario ed inscindibile, sulla quale andrà, per l'effetto, ad incidere l'esercizio del riscatto, così che la relativa domanda giudiziale dovrà ritenersi legittimamente proposta nei confronti di entrambi i coniugi, secondo i principi propri del litisconsorzio necessario, senza che a tanto osti la natura meramente dichiarativa dell'azione di riscatto, implicando il rapporto dedotto in giudizio una situazione sostanziale di tipo plurisoggettivo tanto sul piano genetico quanto su quello funzionale, il cui accertamento, la cui modificazione e la cui estinzione devono operare nei confronti di tutti i soggetti che ne partecipano. Il conduttore che esercita il diritto di riscatto deve versare il prezzo all'acquirente retrattato entro tre mesi: sono esclusi gli interessi e le somme spese dal compratore per l'imposta di registro, trattandosi di semplice sostituzione del riscattante al contraente originario. Il prezzo può essere liberamente determinato dal venditore-locatore, non imponendo l'art. 38 della l. n. 392/1978 alcun limite in tal senso, né altre condizioni di vendita, quali, ad esempio, la previsione del versamento, ad opera del compratore, di un compenso in favore del mediatore incaricato alla vendita del bene (Cass. civ., sez. II, 28 settembre 2016, n. 19226). Il che comporta che il retraente, nel corrispondere il prezzo, dovrà tenere conto non solo di quanto versato dal retrattato per la compravendita dell'immobile, ma anche di tutto ciò che egli ha sborsato anche in conseguenza di particolari condizioni a cui il venditore ha subordinato la conclusione del contratto. Sotto tale ultimo profilo, neppure ha rilievo la mancata prova degli esborsi da parte dell'acquirente in quanto la caratteristica del riscatto ex art. 39 sta proprio dal fatto che il retraente subentra con effetto ex tunc nella stessa posizione che il terzo acquirente aveva nel negozio stipulato con il venditore, per cui non presenta alcuna rilevanza se il terzo abbia versato in tutto o in parte il prezzo pattuito (ciò, infatti, riguarderà i rapporti tra locatore ed acquirente), dovendo invece il retraente adempiere al pagamento del prezzo nei confronti dell'acquirente con le stesse modalità previste nel contratto stesso. L'azione di riscatto va radicata nei confronti del terzo acquirente intestatario del bene locato e di ogni suo avente causa ed ha come effetto la sostituzione, con effetto retroattivo, del titolare del diritto di riscatto al terzo acquirente nella proprietà (Cass. civ., sez. III, 31 luglio 2006, n. 17433). Essa attiene ad un rapporto bilaterale intercorrente tra conduttore e terzo, rapporto cui l'alienante è estraneo tanto sul piano sostanziale che sul piano processuale. L'alienante non è litisconsorte necessario perché l'azione del conduttore, di natura reale, è rivolta solo contro l'acquirente, con la conseguenza che la sfera giuridica del venditore resta estranea agli effetti reali della sentenza (Cass. civ., sez. III, 27 maggio 2009, n. 12264). Ciò si evince chiaramente, d'altro canto, dall'esame obiettivo del secondo comma del citato art. 39 laddove precisa che, in caso di esercizio del diritto di riscatto, il versamento del prezzo debba essere effettuato, nei termini ivi indicati, a favore dell'acquirente o successivo avente causa e non già a favore del venditore, che rimane invece estraneo al rapporto intercorrente tra retraente e retrattato. Nel caso in cui il conduttore che abbia esercitato il retratto venga dichiarato fallito in pendenza di lite, la legittimazione a coltivare la suddetta azione si trasferisce al curatore fallimentare (Cass. civ., sez. III, 18 maggio 2012, n. 7931). Il conduttore, quand'anche abbia esercitato il riscatto, è tenuto a corrispondere il canone di locazione al terzo acquirente anche in pendenza del relativo giudizio, al cui esito favorevole consegue per lui l'acquisto della proprietà dell'immobile (Cass. civ., sez. III, 4 aprile 2014, n.7905). La decadenza dal riscatto e il danno
Si è visto più sopra che il mancato esercizio del riscatto nel termine perentorio previsto dalla legge, per qualsiasi motivo esso avvenga, comporta la decadenza del conduttore dal relativo diritto. Il conduttore decaduto dall'esercizio del diritto di riscatto, che ritenga di aver subito un danno dal comportamento illegittimo del locatore (in eventuale concorso con il nuovo acquirente), può richiederne eventualmente il solo risarcimento, non già a titolo di responsabilità contrattuale ma di responsabilità aquiliana, ove vi sia stata una condotta dell'uno e dell'altro rivolta ad indurlo a fidare nell'insussistenza del trasferimento (Cass. civ., sez. III, 30 agosto 2013, n. 19968). Il danno può essere infatti anche conseguenza del fraudolento comportamento tenuto dal locatore e dall'acquirente, che dopo il trasferimento abbiano volutamente sottaciuto al conduttore l'intervenuta vendita del bene locato, ingenerando in lui il falso convincimento che la locazione proseguisse con il vecchio locatore e distogliendolo quindi dall'onere di consultare i registri immobiliari. E così, ad esempio, è certamente colposa la condotta dell'acquirente dell'immobile che tolleri, proprio ai fini di trarre in inganno il conduttore, che il precedente locatore continui a presentarsi come tale al conduttore per l'incasso dei canoni. La prova da fornire per potere dimostrare il censurabile comportamento del venditore - locatore e/o del terzo acquirente non è certo semplice. Spetta infatti al conduttore dimostrare che ci sono stati comportamenti dolosi o colposi del venditore e/o dell'acquirente che lo hanno indotto in errore e che gli hanno impedito di tempestivamente controllare presso i registri immobiliari l'avvenuta vendita dell'immobile e che dal mancato acquisto dell'immobile è a lui derivato un danno, da rigorosamente individuarsi e quantificarsi come in qualsiasi causa risarcitoria. In conclusione
Può dirsi dunque, in estrema sintesi di quanto sopra esposto, che in caso di vendita dell'immobile, in alcuni casi particolari (essenzialmente quando nell'immobile viene esercitata attività commerciale, industriale o artigianale che comporta contatto con il pubblico) la legge riconosce al conduttore il diritto di prelazione, la cui violazione comporta l'insorgere di quello al riscatto del bene. Nel precisare la portata degli effetti dell'esercizio del diritto di riscatto, la Cassazione ha chiarito che esso non comporta la risoluzione del contratto traslativo a vantaggio del terzo e la contestuale formazione di un titolo di acquisto ex nunc a favore del retraente, né un nuovo trasferimento del diritto sul bene dal terzo acquirente al titolare del diritto di riscatto. Esso determina la sostituzione con effetto ex tunc di detto titolare al terzo nella stessa posizione che questi aveva nel negozio concluso, sulla base della propria dichiarazione unilaterale c terzo acquirente entro sei mesi dall'avvenuta trascrizione della vendita; pertanto, la pronuncia che decide positivamente sul valido esercizio di detto diritto potestativo del conduttore è di mero accertamento del già avvenuto trasferimento. Da ciò consegue che le vicende modificative ex latere conductoris che intervengono dopo l'avvenuto esercizio del riscatto ad opera dell'avente diritto, non valgono a trasferire al cessionario della locazione anche la titolarità del diritto di riscatto (Cass. civ., sez. III,12 gennaio 2006, n.410). Il diritto di riscatto, però, spira in tempi piuttosto brevi, siccome va esercitato mediante un atto di natura ricettizia entro sei mesi dal momento in cui viene trascritto in conservatoria l'atto di alienazione pregiudizievole del diritto di prelazione. Questa è l'unica data che conta, risultando invece irrilevante il momento in cui il conduttore ha avuto l'effettiva conoscenza dell'operazione. Ciò vale anche qualora il conduttore non se ne avveda, per effetto di una condotta fraudolenta posta in essere dal locatore e/o dal terzo acquirente. Al conduttore, quindi, non resta che prestare molta attenzione e ad effettuare, comunque, periodici controlli dei registri immobiliari Da ultimo, il mancato pagamento del prezzo nel termine anzidetto è sanzionato in modo lieve, siccome è considerato non una causa di decadenza del diritto di prelazione legittimamente esercitato, ma un mero inadempimento dell'obbligazione pecuniaria del conduttore-retraente, che nemmeno consente al locatore-venditore di chiedere la risoluzione del rapporto venutosi ad instaurare per effetto del riscatto. Avendo subito l'evizione conseguente all'esercizio del diritto di riscatto, chi ha acquistato l'immobile può rivalersi nei confronti del suo dante causa, cioè verso il locatore che ha violato il diritto di prelazione del conduttore e richiedere la restituzione di quanto corrispostogli, nonché il risarcimento dei danni patiti. Astone, Prelazione e riscatto, in Giust. civ., 2013, fasc.11-12; Calvo, La complessità della permuta nel prisma delle prelazioni legali, in Riv. trim. dir. e proc. civ.,2016; Luppino, Le locazioni immobiliari, Rimini, 2015; Signorelli, Contratto di locazione e giurisprudenza, in Resp. civ. e prev., 2005, fasc. 2; Tamborrino, Le locazioni commerciali, Milano, 2011; Trifone, La locazione: disposizioni generali e locazioni di fondi urbani, in Tratt. di dir. priv. diretto da Rescigno, XI, 1984; Triola, La prelazione urbana, Milano, 1990. |