Il ritardo nel rilascio dell'immobile non legittima l'aumento dl canone, ma la richiesta di danno

18 Settembre 2017

Al conduttore che, alla scadenza del contratto, non rilascia l'immobile si può richiedere un canone in misura maggiore per il periodo di durata del ritardo, e la reiterata occupazione determina automaticamente un danno?

Al conduttore che, alla scadenza del contratto, non rilascia l'immobile si può richiedere un canone in misura maggiore per il periodo di durata del ritardo, e la reiterata occupazione determina automaticamente un danno?

Il conduttore di un immobile adibito ad uso diverso dall'abitazione, inadempiente nella riconsegna del bene alla scadenza del contratto o alla sua risoluzione, è solo tenuto a risarcire i danni lamentati dal locatore, sempre che costui provi concretamente il pregiudizio subito. Nessun maggior canone può essergli invece richiesto, dovendosi egli limitare a comunque versare il corrispettivo contrattuale sino al momento del rilascio (art. 1591 c.c.).

L'occupazione, a questo punto, venendo a mancare un valido titolo che la giustifichi, diventa abusiva, con tutte le conseguenze che ne possono derivare.

La corresponsione “dell'indennità” per il periodo di occupazione senza titolo, pari alla misura dell'ultimo canone corrisposto quando era in essere il contratto, è però una minima determinazione legale del danno conseguente alla mancata restituzione del bene. Il maggior danno da occupazione abusiva non può ritenersi automatico e nemmeno coincide con il semplice fatto dell'occupazione, essendo questa la condotta produttiva del danno e non già il danno stesso.

Nel nostro ordinamento, d'altro canto, il risarcimento è possibile solo se dalla lesione del diritto o dell'interesse sia derivato un concreto pregiudizio, talché il danno non può esistere per il solo fatto che sia stato pregiudicato un diritto: la lesione del diritto è il presupposto del danno, di cui se ne potrà parlare soltanto se dalla lesione del diritto sia derivata una perdita, quand'anche non patrimoniale.

Occorre dunque la dimostrazione da parte del locatore di una reale lesione del suo patrimonio, non essendo sostenibile un'automaticità del risarcimento del maggior danno solo sulla base ipotetica del valore locativo potenzialmente ricavabile dalla locazione dell'immobile.

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