Vicende familiari e locazione

Aldo Ferrari
20 Settembre 2017

Il contratto di locazione si interseca con la vita familiare, nelle sue varie accezioni, e la relativa disciplina prende quindi in considerazione tali vicende per regolarne l'impatto sul rapporto locativo. Il fine precipuo delle norme che regolano la materia è di assicurare, per quanto possibile, la tutela del «bene casa» per i membri del nucleo familiare e, per certi versi, la tutela del lavoro che si svolge nel locale commerciale. La ratio così individuata cerca di contemperare i suddetti interessi con quello del locatore e dei vari membri del nucleo familiare laddove le loro posizioni confliggano.
Il quadro normativo

Con riguardo al tema della successione nel contratto di locazione immobiliare, la norma di riferimento è l'art. 6 l. n. 392/1978 che disciplina tanto il caso di morte del conduttore quanto quello della separazione e dello scioglimento del matrimonio, stabilendo:

a) che in caso di morte del conduttore «gli succedono nel contratto il coniuge, gli eredi ed i parenti ed affini con lui abitualmente conviventi»,

b) che in caso di separazione giudiziale, di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili dello stesso «nel contratto di locazione succede al conduttore l'altro coniuge, se il diritto di abitare nella casa familiare sia stato attribuito dal giudice a quest'ultimo», mentre

c) in caso di separazione consensuale o di nullità del matrimonio «al conduttore succede l'altro coniuge se tra i due si sia così convenuto».

Diversamente, la successione nel contratto di locazione riferito ad immobili ad uso commerciale è, invece, disciplinata dall'art. 37 l. n. 392/1978.

Morte del conduttore

La disciplina in esame, relativa alla successione nel contratto di locazione immobiliare, supera quella generale posta dall'art. 1614 c.c. per dare netta prevalenza al fenomeno della convivenza. Per tale ragione l'erede non convivente non subentra nel contratto di locazione mentre il subentro e la prosecuzione del contratto si hanno senz'altro in favore degli eredi conviventi. L'art. 6 l. n. 392 /1978 stabilisce, infatti, che il subentro nel rapporto è riservato «al coniuge, agli eredi ed ai parenti ed affini con lui abitualmente conviventi». A parte, dunque, il necessario rapporto di coniugio, parentela ed affinità, l'elemento scriminante ai fini della prosecuzione del rapporto di locazione è proprio quello dell'abituale convivenza. È questo, infatti, l'elemento che in caso di contrasto va accertato ed è onere di chi pretenda di succedere nel contratto di dimostrare.

La giurisprudenza ha avuto occasione di chiarire come, ai fini della disciplina della successione nel contratto di locazione, l'abituale convivenza con il conduttore defunto vada «accertata alla data del decesso di costui, a nulla rilevando che gli aventi diritto alla successione nel contratto siano o meno rimasti nell'alloggio locato dopo la morte del dante causa, giacché la successione mortis causa nel contratto di locazione è fatto giuridicamente istantaneo che si realizza (o non si realizza) all'atto stesso della morte del conduttore, restando insensibile agli accadimenti successivi» (Cass. civ., sez. III, 1 agosto 2000, n. 10034).

Si è, inoltre, sottolineato come l'abituale convivenza vada intesa come preesistente (rispetto al decesso) comunanza di vita con il conduttore defunto che non è sufficiente che sia provata mediante la mera esibizione di una certificazione storico-anagrafica. Si ritiene, infatti, che la convivenza, rilevante ai fini della successione nel contratto di locazione, debba essere «pregressa, stabile, e abituale» non essendo sufficiente che l'aspirante successore si sia trasferito nell'immobile locato solo per ragioni transitorie (Cass. civ., sez. III, 27 gennaio 2009, n. 1951).

Crisi matrimoniale e locazione abitativa

Come si è fatto cenno, la disciplina in esame stabilisce quali conseguenze si riverberino sul contratto di locazione e, in particolare, in ordine alla posizione del conduttore in presenza di una crisi del rapporto matrimoniale che sia sfociata nella separazione o nel divorzio. In entrambi casi, l'art. 6, l. n. 392/1978 fa prevalere, ai fini della conservazione della situazione abitativa, il riferimento alla disciplina familiare che prevede, in linea di principio, maggior tutela per il soggetto debole ovvero per il coniuge privo di reddito o con reddito ridotto, o per il coniuge cui siano affidati o presso cui siano affidati i figli. E, invero, la norma in commento prevede che in caso di separazione giudiziale, di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili dello stesso «nel contratto di locazione succede al conduttore l'altro coniuge, se il diritto di abitare nella casa familiare sia stato attribuito dal giudice a quest'ultimo», mentre in caso di separazione consensuale o di nullità del matrimonio «al conduttore succede l'altro coniuge se tra i due si sia così convenuto».

In definitiva, nel caso in cui intervenga un provvedimento giudiziale che assegna la casa familiare in favore di un coniuge, questi subentra nel contratto di locazione ed analogamente, nel caso in cui venga omologata una separazione consensuale, il contratto prosegue con il coniuge cui viene assegnata in sede di accordi di separazione.

La giurisprudenza ha chiarito, con riguardo al tema della separazione personale dei coniugi che il «provvedimento di assegnazione della casa familiare determina una cessione ex lege del relativo contratto di locazione a favore del coniuge assegnatario e l'estinzione del rapporto in capo al coniuge che ne fosse originariamente conduttore» sicché tale estinzione di verifica «anche nell'ipotesi in cui entrambi i genitori abbiano sottoscritto il contratto di locazione, succedendo in tal caso l'assegnatario nella quota ideale dell'altro coniuge» (Cass. civ., sez. III, 30 aprile 2009, n. 10104).

Dal punto di vista pratico, si ritiene che la successione nel contratto del coniuge separato o divorziato avvenga automaticamente, in forza del provvedimento del giudice, di assegnazione della casa familiare, senza necessità che ne vanga dato avviso al locatore. In conseguenza, il coniuge non assegnatario non è più legittimato ad esercitare le azioni che derivano dal contratto di locazione e, inoltre, nel caso in cui l'assegnatario rinunci al contratto o abbandoni l'immobile non ha più diritto di subentrare nel contratto di locazione e di proseguirlo, dovendo ritenere che lo stesso, in tal caso, si estingua.

Si reputa, infine, che in caso di revoca dell'assegnazione o di riconciliazione dei coniugi si determini una retrocessione del contratto in favore dell'originario contraente e, quindi, una nuova successione nel contratto, questa volta in favore di quest'ultimo.

Convivenza more uxorio e figli naturali

Un aspetto particolarmente delicato e che ha richiesto un opportuno adeguamento alla modifica realtà sociale è quello legato alla tutela della posizione dei conviventi more uxorio e dei figli naturali. Come si è visto, difatti, la disciplina in esame, figlia dei tempi in cui ha visto la luce, faceva esclusivo riferimento al matrimonio ed alle vicende a questo collegato. Oggi gli interventi della Corte Costituzionale e un'interpretazione costituzionalmente orientata delle norme in commento ha ampliato l'ambito della norma prevedendo - almeno sotto vari profili - una tutela allargata ai conviventi ed ai figli naturali.

Il punto di svolta, ai fini duna lettura costituzionalmente orientata della norma, si è avuta con la sentenza della C. cost. 7 aprile 1988, n. 404, che dichiarava l'illegittimità costituzionale dell'art. 6 l. n. 392 /1978 nella parte in cui non prevedeva tra i successibili nella titolarità del contratto di locazione, in caso di morte del conduttore, il convivente more uxorio nonché l'illegittimità della norma anche nella parte in cui non prevedeva «la successione nel contratto di locazione al conduttore che abbia cessato al convivenza more uxorio, a favore del già convivente, quando vi sia prole naturale». La ratio di tale decisione, che vieppiù ispira l'interpretazione costituzionalmente orientata della disciplina posta dalla norma in commento, risiede nel riconoscimento di un diritto all'abitazione collocabile fra i diritti inviolabili dell'uomo di cui all'art. 2 Cost..

A seguito di tale decisione è stata, perciò, equiparata la morte del convivente more uxorio a quella del coniuge, ai fini della successione nel contratto di locazione. Nel caso, invece, della cessazione della convivenza more uxorio il subentro nel rapporto di locazione si determina esclusivamente in presenza di figli naturali (e dunque in vista della loro prevalente tutela).

La Corte di Cassazione in ordine alla convivenza di fatto ha chiarito che «in presenza di figli minori nati da due conviventi, l'immobile adibito a casa familiare è assegnato al genitore collocatario dei predetti minori, anche se non proprietario dell'immobile o conduttore in virtù di rapporti di locazione o comunque autonomo titolare di una posizione giuridica qualificata rispetto all'immobile». I giudici di legittimità hanno, infatti, opportunamente posto in rilievo che il genitore - collocatario «in virtù dell'affectio che costituisce il nucleo costituzionalmente protetto della relazione di convivenza è comunque detentore qualificato dell'immobile ed esercita il diritto di godimento su di esso in posizione del tutto assimilabile al comodatario, anche quando proprietario esclusivo sia l'altro convivente» (Cass. civ., sez. I, 11 settembre 2015, n. 17971).

Va, infine, segnalato come una nuova suggestione che si porrà certamente all'attenzione della giurisprudenza sarà quella di valutare come ed in quale misura assicurare analoghe tutele, rispetto a quelle innanzi esaminate, alle coppie omosessuali conviventi.

In conclusione

Alla stregua di tutti i rilievi svolti, emerge evidente come il contratto di locazione di immobili ad uso abitativo, tenuto conto della primaria ed essenziale esigenza abitativa che sono chiamati a soddisfare si intersechino strettamente con le vicende del nucleo familiare (all'interno o meno del matrimonio), ponendo la necessità di regolare la sorte del contratto nel caso di morte del conduttore ovvero di separazione o scioglimento del rapporto di coniugio o di convivenza c.d. more uxorio. In tale ambito, in caso di morte del conduttore il legislatore tutela il coniuge e i partenti o gli affini con lui abitualmente conviventi, assicurando la loro successione nel contratto di locazione, anche a prescindere dai diritti successori che eventualmente facciano capo agli altri eredi. Nelle altre ipotesi di crisi del rapporto coniugale o di convivenza la successione nel contratto (e dunque la prosecuzione del rapporto locativo ed il soddisfacimento dell'esigenza abitativa) viene assicurata in favore della parte cui tale diritto viene assicurato in basi ai principi del diritto di famiglia. Dunque generalmente succede nel contratto il soggetto più «debole» e laddove si sia in presenza di figli minori il legislatore privilegia la loro tutela, assicurando la successione nel contratto in favore del genitore collocatario.

Guida all'approfondimento

F. Padovini, Locazioni ad uso abitativo e diritti fondamentali, in Nuova giur. civ. comm., n. 1/2016;

M. Suppa, Morte del conduttore e successione nel contratto, in Corr. giur., n. 11/2013;

C. Grassi, Locazione di immobili urbani adibiti ad uso abitativo e crisi del rapporto familiare, in Nuova giur. civ. comm., n. 4/2012;

C. Ciliberto, Cessazione della convivenza more uxorio, in Fam. e dir., n. 11/2011.

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